13 maggio 2007

Orgoglio e pregiudizio


In attesa della pubblicazione completa dell'editoriale di "Avvenire" sui mass media, ecco qualche assaggino:


FAMILY DAY/ 'AVVENIRE': PIAZZA DI POPOLO VS TG E GIORNALI
Critiche al Tg1 di Riotta: finto ping-pong con piazza Navona

Roma, 13 mag. (Apcom) - Da una parte una piazza di "popolo" ("Dalle magliette da centro commerciale era evidente un'estrazione sociale non elitaria. Era la gente che incontri sui tram e in coda alla posta"), dall'altra il "credo liberal-radicale", le "fiction tv" e l'atteggiamento prevenuto dei grandi mass-media ("Quella folla mite ma determinata ha portato in piazza un'Italia tanto numericamente massiccia, quanto poco rappresentata nei tg e sui giornali"). E' la contrapposizione tracciata - e rivendicata - da 'Avvenire' il giorno dopo il successo del Family day.

"Anche quando il referendum (sulla procreazione medicalmente assistita, ndr) di due anni fa finì rovinosamente per i suoi promotori - scrive Marina Corradi in un editoriale di prima pagina sul quotidiano della Cei - l'interpretazione dei grandi media, massicciamente in mano ai devoti del pensiero politicamente corretto, fu che aveva vinto l'astensione, come a dire la pigrizia del popolo italiano". Nulla di più falso per 'Avvenire', secondo cui "la novità di ieri a San Giovanni è che quell'Italia invisibile si è vista".

Il quotidiano dei vescovi, in particolare, critica il Telegiornale di Rai Uno per il modo in cui ha messo in parallelo il Family day con la manifestazione di 'Coraggio laico' di piazza Navona: "Anche se hanno cercato di allestire un'improvvisata piazza alternativa, così da far sembrare dimezzata la prima (e consentire al Tg di Riotta di fare il suo finto ping-pong), ciscuno ha constatato dove stava l'Italia", scrive Corradi. Al tema è dedicato anche un corsivo nelle pagine interne dall'inequivocabile titolo "Bene tutti i Tg, delusione Tg1".


LA LETTERA

Lettrice indignata dopo l'ultima trasmissione di "Annozero"

Forte del suo potere Santoro mistifica e zittisce

Alberta Bevilacqua Padova

Caro Direttore,
ho ancora davanti agli occhi le immagini commoventi dell'incontro del Santo Padre, giovedì pomeriggio, con i giovani brasiliani: sento l'eco del loro entusiasmo sincero, appassionato, convinto…
Le confesso: ho bisogno, oggi, di ripensare spesso a quelle immagini e non solo per la loro bellezza. Debbo, infatti, cercare di dimenticare il disgusto che ho provato ieri sera seguendo - su Rai2 - qualche spezzone di "Annozero" condotto da Michele Santoro. Sì, profondo disgusto, non saprei come altro definirlo. Perché quello che loro chiamano ed esercitano come giornalismo, in realtà non ha nulla a che fare con una professione delicata qual è la vostra: è un'operazione sottile, perfida, di disinformazione, di manipolazione, di insinuazione più o meno velata, che nulla ha a che fare con il diritto-dovere di cronaca, perché ne distorce persino l'evidenza.
Intendiamoci: posso comprendere tutto, anche il fastidio per le posizioni della Chiesa. Lecito provarlo e manifestarlo. Non comprendo, invece, perché sia lecito gettare fango su un'istituzione religiosa in modo così scorretto, offensivo, volutamente ambiguo: bastava vedere "come" venivano montate le interviste, come venivano riferiti i fatti, da chi e dal modo in cui venivano poste le domande, dalla scelta degli ospiti che erano in studio, dagli ammiccamenti, dalle insinuazioni sottili, dalle immagini... Un'operazione che potrebbe far ridere pensando a quale stato di nevrosi devono essere arrivati questi personaggi, se non fosse "pericolosa" per il clima di violenza anche verbale che tende ad alimentare.
E vorrei allora che qualcuno una buona volta mi spiegasse tante cose, mi restituisse l'orgoglio, che ormai ho perso, di essere cittadina di questo Paese.
La chiamano libertà di pensiero, libertà di espressione, e se la ridono, forti del loro potere mediatico, arroccati nelle loro posizioni, dimenticando l'esistenza di un'etica professionale, disprezzando un valore importante in una comunità civile com e il rispetto che si deve a tutti, persino a loro stessi, abdicando dall'onestà intellettuale che dovrebbe "governare" le azioni e i comportamenti di chi opera attraverso i mezzi di informazione.
Vorrei tanto, ma proprio tanto, che qualcuno mi spiegasse perché se un cattolico protesta per le offese che puntualmente vengono lanciate contro il Papa, i vescovi, la Chiesa in generale, dev'essere bollato immediatamente come censore, ma se a voler zittire la Chiesa, il Papa, i vescovi, sono loro, si chiama libertà di parola. Perché si può zittire anche cambiando radicalmente il senso di un discorso: non riferire il vero è eguale a zittire, cioè a non dar voce. Lo si vede continuamente persino con le parole chiarissime del Papa in aereo sulla "presunta scomunica" dei politici abortisti... lo si sente anche nel modo in cui, in queste ore, certi telegiornali (anche della televisione pubblica) riferiscono le tappe del viaggio apostolico di Papa Benedetto.
Qualcuno dovrebbe spiegarmi perché persone lontane dalla Chiesa, non credenti, come Augias tanto per citarne uno, si arrogano il diritto di insegnare al Papa a fare il Papa, ai vescovi come fare i vescovi, persino di insegnare ai cattolici chi è veramente Gesù, perché altrimenti i cattolici non hanno strumenti per capirlo da soli, ma guai a far loro notare che la verità la si cerca a 360 gradi, cercando prima di capire bene l'argomento di cui si pretende di insegnare: ti dicono che tu non sei nessuno per insegnare loro il proprio mestiere!
Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché la Chiesa dev'essere additata di ingerenza quando nessuno mai - trovatemene uno! - ha subito ritorsioni di alcun tipo per non averla seguita nelle sue posizioni, e quando nessuno mai, neppure per ipotesi di fantasia, può esibire un documento legislativo che porti la firma di un vescovo qualsiasi. Glielo puoi ripetere all'infinito… Stai certo che loro, come un disco rotto, continueranno ad eclissare i tuoi argomenti e a ripetere ossessivamente l e loro litanie.
Dicono che la Chiesa non "si è evoluta", ma in realtà sono loro - sotto sotto - a non volere il dialogo, desiderano solo zittire chi non la pensa come loro, esibendo la loro libertà di parola ed il dovere degli altri di pensarla allo stesso modo. Ma così distruggono un bagaglio di civiltà conquistato faticosamente dai nostri padri.
Infine, caro direttore, vorrei che qualcuno mi spiegasse perché questa gente che, non credendo, in teoria dovrebbe coerentemente assumere un atteggiamento di indifferenza verso il cattolicesimo e tutto ciò che questo professa, in realtà sprechi tante energie per seguirne la sua quotidiana "evoluzione".
Volevo anche chiederle, direttore, se per caso lei sa che esiste in Rai qualcuno che risponde delle malefatte, e se in Parlamento qualcuno si interessa di ciò che manda in onda la Rai.

Avvenire, 12 maggio 2007

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