13 maggio 2007

Rassegna stampa del 13 maggio 2007 (family day)


Iniziamo la carellata di articoli che i giornali propongono oggi.
Questa rassegna e' dedicata al family day, seguiranno i commenti sul viaggio del Papa in Brasile.

Raffaella


Quelle due piazze tra stendardi e turisti

In piazza c´era da una parte l´armata bianca neo-guelfa e dall´altra chi crede alla distinzione altare-trono
La famiglia e i Dico rappresentano ormai un pretesto e una ragione di identità
Fino a ieri "cattolici" e "laici" erano solo aggettivi vaghi. Da domani sarà diverso


FILIPPO CECCARELLI

A San Giovanni, sotto lo schioppo del sole, non si riesce a passare per il gran bivacco di famiglie con carrozzine, tende, teli e vettovaglie. A piazza Navona, comodamente seduti sotto gli ombrelloni dei caffè, i turisti mangiano il gelato e si guardano lo spettacolo del coraggio laico, retroflesso, ironico e un po´ spento.
Le masse cattoliche sfoggiano cappellini colorati; gli anticlericali sono a capo scoperto. Tamburi, danze e sonagliere da una parte; semplici applausi dall´altra. Tra festa e minaccia, sotto il palazzo del Laterano le immagini sacre sono ritornate sugli stendardi. Gesù e Maria sventolano alla rara brezza del maggio. Crocifissi e ombrellini, aquile e cuori vandeani, volti imbambolati, certi bei fratoni pieni di energia.
Intorno alla fontana dei fiumi le solite facce, le solite bandiere, la solita musica, le solite anche sensate recriminazioni. I radicali bussano a quattrini scuotendo le abituali scatole di cartone tenute insieme con lo scotch; al popolo bianco si cerca di rifilare con qualche successo «la medaglia miracolosa» che non è «come tutte le altre», spiega un depliant in odore di simonia, perché «viene direttamente dal cielo».
I raduni, grandi o piccoli che siano, sono pubbliche confessioni. Dicono a loro insaputa come gli individui intendono governarsi o da chi essere governati. Due piazze in uno stesso giorno aprono lo sguardo sull´armata bianca della riconquista post-guelfa e su un pezzetto d´Italia che le resiste in nome della distinzione tra altare trono. Ma poi le forme si ribellano agli schemi e s´intrecciano in un´effervescenza di suggestioni alimentate dalla tecnologia delle rispettive macchine emotive. Nell´una e nell´altra piazza vanno in scena liturgie che reclamano un consenso senza troppe spiegazioni. Alla lunga, la famiglia e i Dico finiscono per rappresentare al tempo stesso un pretesto e una ragione d´identità. Fino a ieri «cattolici» e «laici» erano due aggettivi vaghi, estesi e perfino innocui. Da domani la polarizzazione è netta, esclusiva e forse addirittura rischiosa.
Non è guerra di religione. Ma certo in questo sabato pomeriggio, in questa accalorata reductio a due, gli schieramenti si sono ben mostrati e valutati l´un altro. Il palco laico è vuoto, spazioso, infuocato nel linguaggio e rumoroso di suoni e percussioni. Il presentatore Cecchi Paone è assai protagonista e anche un tantino sopra le righe. Gli ospiti incarnano una loro comprensibile e legittima diversità. L´anticonformismo e la trasgressione sono sempre dietro l´angolo. Ogni personaggio che sale sul proscenio potrebbe, molto in teoria, risolversi in una sorpresa.
A San Giovanni tutto appare invece studiato e ristudiato. La scaletta è rispettata al centimetro e al minuto. La regia, a partire dalle immagini che vanno in diretta sui maxi schermi, è così perfetta da risultare alla lunga televisivamente oleografica, sdolcinata. Tutto sommato il modello è quello «Mulino bianco» - e sulla potenza dei marchi, tra parentesi, varrà qui la pena di segnalare un cartello che diceva «Pane famiglia e amore» recando per l´appunto due etichette di biscotti a conferma dell´ormai compiuta e simbolica evoluzione del ficolare e della discendenza nella linea Barilla. «Più famiglie per tutti» ha gridato d´altra parte qualcun altro al microfono. E pure le canzoni, da Baglioni a Battisti, sembravano scelte per celebrare i buoni sentimenti, ma sarebbero andate benissimo come colonne sonore di spot.
I conduttori ufficiali non fanno nessuno sforzo a risultare discreti e molto professionali. Ma attorno a loro c´è sempre un sacco di gente che fa effetto, bambini, anziani, medici, sportivi e carismatici leader di movimenti. Il capo dei neocatecumenali, Kiko Arguelo, saltella e suona la chitarra, esalta le famiglie numerose, quelle che hanno «dieci, dodici, quindici figli». Ogni tanto spunta fuori un clown, ad assestare al tutto un tocco un po´ felliniano. Il cantante Povia si congeda mostrando un cartellone con su scritto «Non farti cambiare dal mondo», dopo aver dovutamente onorato lo stupore infantile con la nota canzone dei bambini che fanno oh.
Ma a piazza Navona, detto con franchezza, la meraviglia non è esattamente di casa. L´atmosfera sembra un po´ moscia. Beatrice Rangoni Machiavelli porta il saluto dell´Internazionale liberale e ricorda la serata del 12 maggio del 1974 e «i tanti che non ci sono più». Un altro parla di Giorgiana Masi e dei tragici fatti del 1977.
Un paio di ragazzi indossano t-shirt con articolate freddure dialettiche: «Il Papa non crede nell´evoluzionismo. sono d´accordo, la Chiesa non è si è mai evoluta». Ma viene subito la tentazione di metterla a confronto con la risolutezza quasi apocalittica di un´altra t-shirt notata a San Giovanni. Diceva solo: «Gesù torna presto».
Il gioco delle differenze potrebbe continuare a lungo. Ma forse la vera questione è se e quanto le due piazze siano compatibili in una stessa società.

Da questo punto di vista i radicali offrono sperimentate garanzie. Rivendicano uno Stato laico. Ironia della storia, sono loro oggi la tradizione. La straordinaria novità sta semmai nell´altra piazza, che appare insieme periferica e popolare, antichissima e post-moderna.

Tanto primaria nelle sue istanze quanto queste ultime vengono reinterpretate e adattate al regime delle rappresentazioni.
Facile richiamare qui le grandi adunate dei comitati civici e della Chiesa di Pio XII. O Padre Lombardi che a nome dell´anti-Stato rivendicava con orgoglio: «Gli italiani siamo noi». E le madonne pellegrine, la crociata «O con Cristo o contro Cristo», la scomunica e tutto il resto. A immergersi nella folla del Family day, folla mansueta e generosa; a ritrovarsi davanti a quelle immagini, a quelle parole sui cartelli («Dio», «anima», «annunzio», «indissolubile», «sterminio») sembrava in verità di tornare anche più indietro nel tempo. Alle insorgenze anti-risorgimentali, all´uso tutto politico di una sfera spirituale finora tenuta al riparo dalle contese, dai conflitti.
E si può sempre sorridere sull´ingenuità delle poesie diffuse da simpatici nuclei parentali: «Papà, mamma, figlio e figlia/ per noi questa è la famiglia/ nonno e nonna per tesoro/ in famiglia pure loro!».
C´è chiaramente un vuoto che si comincia a riempire. Spariscono le ideologie, muoiono i partiti, si rimescolano i vecchi interessi economici, si confonde la destra con la sinistra. Ed ecco che si muove un nuovo soggetto, un nuovo protagonista. O meglio: l´ha mobilitato e portato in piazza una Chiesa che a sua volta si è sganciata dal tran tran conciliare per slanciarsi - vai a sapere quanto compatta e con quanta prudenza, vai a sapere quali inconvenienti mettendo nel conto - su qualcosa che nella dimensione pubblica assomiglia pur sempre al potere. A scapito che cosa?
Colpiva ieri la chiarezza simmetrica e la reciproca determinazione con cui a piazza Navona chiedevano delle norme, mentre a San Giovanni reclamavano un diritto naturale, per giunta garantito da Dio. Colpiva l´insistenza con cui, nell´uno e nell´altro raduno, l´implicita contrapposizione fra i due mondi non andava a parare su argomenti concreti e quindi opinabili, ma sulla morale, sulla convivenza, sulla vita nuda, al limite sulla biologia. Con il che la politica comincia sul serio a muoversi su una frontiera assai delicata e impegnativa. Lungo un orizzonte di così inaudita complessità da meritarsi risposte davvero all´altezza dei tempi.

Repubblica, 13 maggio 2007

Interessante articolo. Condivido la prima parte, non la seconda che cade nel solito luogo comune di rappresentare la Chiesa come un potere.
Ieri non c'era il Vaticano in piazza, ma il popolo delle parrocchie, i laici, anche i non credenti, che pero' hanno un concetto ben chiaro di famiglia!
E' mai possibile che si debba sempre e comunque insinuare che la Chiesa di oggi (che qualcuno, a torto marcio, chiama "la Chiesa di Ratzinger") sia tornata ai tempi del preconcilio? Non e' vero e i giornalisti lo sanno benissimo.
Nemmeno la lezione di ieri ha insegnato alla stampa che l'opinione pubblica la pensa in modo diametralmente opposto al comodo conformismo mediatico.
Mi fa piacere che si sia evidenziato un punto: il conservatorismo sta dalla parte dei laicisti
!
Raffaella (guelfa)


UNA NOVITÀ VERA

MASSIMO FRANCO

Lo schema delle «due piazze» si è rivelato forzato, inadeguato. Sarà brutale dirlo così, ma ieri se n'è vista soltanto una reale: quella di San Giovanni, gremita di circa un milione di persone per il «Family Day». L'altra, intestata maldestramente al «Coraggio laico» in piazza Navona, è risultata troppo piccola e prigioniera degli «amarcord» per rappresentare il mondo che pretendeva di incarnare.
Dando credito ai numeri e ai cliché, la conclusione dovrebbe essere che l'Italia è guelfa e orfana dei ghibellini. Ma la tesi regge poco. E soprattutto spiega poco. La sensazione è che ieri siano state ridimensionate queste categorie ereditate dal passato.
Si sono confermate arnesi culturali arrugginiti; incapaci di cogliere le novità di un protagonismo che si definisce «cattolico», ma lascia indovinare qualcosa di più profondo e inedito. A materializzarsi è stata una realtà che sfugge alla rappresentanza politica, e allo stesso circuito dei massmedia. Ed è così poco inquadrata e inquadrabile, da non potere essere annessa facilmente neppure al «partito dei vescovi». Emerge uno spezzone di Italia sommersa che esprime un retroterra di valori etichettati come nostalgici e passatisti; ma è figlio di una attualissima solitudine delle famiglie, che parla allo Stato e gli chiede protezione.
Si tratta di qualcosa di politicamente magmatico, eppure spontaneo e poco manovrabile in modo strumentale. Il senatore a vita Giulio Andreotti era a San Giovanni; e ha detto che non ricordava una manifestazione del genere dai tempi dell'Azione cattolica di mezzo secolo fa. Pensava al collateralismo di allora nei confronti della «sua» Dc. Ma oggi non c'è più un «partito di cattolici», né è visibile alcun tipo di fiancheggiamento. Silvio Berlusconi ha provato a fare lui, il fiancheggiatore del «Family Day», difendendo la Chiesa e sostenendo che un cattolico non può essere di sinistra. E da Stoccarda, Romano Prodi ha riproposto la separazione tra fede e laicità dello Stato.
Ma sono apparse entrambe analisi un po' logore di fronte ad un fenomeno nuovo, ambiguo e ancora poco decifrabile. Nella piazza che di solito riempiono i sindacati, e ultimamente il berlusconismo, è apparsa una realtà contraria ai «Dico», ma che non sembra curarsi troppo né di maggioranza né di opposizione. Si limita a presentarsi per ciò che è. Cerca risposte. E vuole capire chi gliele dà. Più che espressione di un «partito di Ratzinger», evoca la rete anonima e antimediatica delle parrocchie: un Paese «periferico» rispetto ai riflettori dell'attualità ufficiale, ma assai meno virtuale. È una «marginalità» assurta a protagonista. E ha ridotto i leader politici a comparse.
L'iniziativa non è nata dai partiti. E infatti la folla del «Family Day» ha cercato di tenerli a distanza senza polemiche, né aggressività: semplicemente metabolizzando e smaltendo la loro presenza fisica
. C'erano i vertici del centrodestra e i ministri Clemente Mastella e Giuseppe Fioroni, contestati dall'Unione per la scelta compiuta.
Ma le parole del potere sulla «centralità della famiglia» sono suonate come un omaggio tardivo e spaventato a quell'umanità decisa a contare; e come un tentativo di conquistarne, in prospettiva, il voto. Non sarà facile: neppure se i vescovi daranno indicazioni in un senso o nell'altro.
Le prime a rendersene conto sono le gerarchie ecclesiastiche, consapevoli di quanto sia caricaturale l'immagine di un mondo cattolico monolitico, ubbidiente e docile. Certo, colpisce la spaccatura che il «Family Day» ha prodotto nel centrosinistra: soprattutto nella Margherita. E sorprende l'assenza dei ds sia da San Giovanni che da piazza Navona. È come se, per non litigare, il maggior partito della sinistra avesse preferito non scegliere e quasi non esistere; e avesse lasciato a radicali e socialisti il monopolio dell'anticlericalismo. Si è limitato a evocare una conciliazione impossibile fra le «due piazze»: se non altro perché almeno una sembrava costruita a tavolino. Un boomerang laicista.

Corriere della sera, 13 maggio 2007


E C'E' CHI PERDE COMPLETAMENTE IL CONTROLLO:

«Bullismo su Bagnasco» Duello Avvenire-Santoro

ROMA — La critica dell'Avvenire occupa una pagina intera: «Su Famiglia e Bagnasco il bullismo di Santoro». Il quotidiano dei vescovi ieri, proprio nel giorno delle due manifestazioni di Piazza San Giovanni e Piazza Navona, si è scagliato contro l'ultima puntata di «Annozero», la trasmissione condotta su Raidue da Michele Santoro. In particolare su un servizio «in cui il tema della famiglia e del Family Day era occasione per un attacco maligno verso Angelo Bagnasco, presidente della Cei». Su Avvenire parla pure Gianluigi Magri, membro dell'autorità garante della comunicazione, che annuncia di voler rivedere la registrazione della puntata per valutare l'ipotesi di un intervento.
Un attacco a tutto tondo, ma Santoro vorrebbe glissare. «Sono legittime opinioni», commenta infatti. Poi aggiunge: «Ognuno può dire quello che vuole guardando la tv». Ma si sente davvero con la coscienza a posto Santoro? Lui alza le spalle: «Beh, alla fine poi siamo tutte creature di Dio».
Nel servizio in questione — secondo il quotidiano della Cei — la giornalista Maria Grazia Mazzola «assillava monsignor Bagnasco con domande insistenti e importune, sempre riferite alla sua dichiarazione artatamente travisata», e cioè quella su coppie di fatto, incesto e pedofilia. Domande sui dico, sulle scritte contro di lui e sulla scorta che gli è stata assegnata, fatte dalla giornalista davanti alla parrocchia di San Marcellino di Genova dove il presidente della Cei era arrivato per celebrare le cresime. Nella trasmissione — sempre secondo l'Avvenire — monsignor Bagnasco era «presentato come nemico della libertà collettiva». Il quotidiano ha intervistato anche due religiosi che erano con monsignor Bagnasco e hanno assistito al pressing dell'inviata di Santoro: «Una situazione penosa — racconta il parroco della chiesa don Nicola De Virgilio —. C'era un clima di grandissimo affetto e la giornalista gli si è fiondata addosso per provocarlo».

Corriere della sera, 13 maggio 2007


Liberazione: famiglia assassina Bertinotti irritato, il Prc diviso

ROMA — "Famiglia assassina": uno dei titoli in prima pagina su Liberazione, quotidiano di Rifondazione comunista, diceva così ieri mattina. E poi: "Come è possibile festeggiarla? È lì che si afferma il potere maschile". Titolo forte, ma «in redazione non abbiamo avuto dubbi», testimonia il caporedattore Antonella Marrone. L'articolo è di Angela Azzaro, vi si afferma che "in famiglia che avvengono il 90 per cento delle violenze che mutilano, uccidono, umiliano le donne". «Queste provocazioni vengono spontanee — dice l'editorialista Rina Gagliardi — quando vedi celebrare la famiglia in termini così strumentali, ipocriti, poco limpidi. Nel giorno in cui vanno in piazza per la famiglia cattolici divorziati, politici dediti alla poligamia...». "Famiglia assassina", il titolo voleva provocare e fa discutere. «Non avrei fatto quel titolo — dice Sandro Curzi, consigliere di amministrazione Rai, già direttore di Liberazione —.
È un titolo violento. Se penso alla mia famiglia, mi sento offeso. La mia famiglia, come altre, è stato un nucleo importante di formazione. Io credo che con titoli di questo tipo si accentui il fondamentalismo». E Giuliano Pisapia, giurista, già deputato di Rifondazione: «I dati sulle violenze sono sostanzialmente veri, ma il titolo è inopportuno e sbagliato. Le responsabilità non appartengono all'istituto familiare o a una intera famiglia, bensì ai singoli componenti di una famiglia».
Dal Cairo, Fausto Bertinotti non vuole commentare «formule giornalistiche». Dice tuttavia che «la famiglia non va messa sugli altari né trascinata nella polvere, che la famiglia, come la società, è investita da un processo corrosivo, ma non per questo si può dire che sia una forma di organizzazione di segno negativo». Il segretario di Rifondazione, Franco Giordano, difende il titolo del suo giornale: «Ma sì, toglie il velo dell'ipocrisia. Nel nord un omicidio su due avviene in famiglia. Evitiamo di costruire una bolla ideologica, non immaginiamo una famiglia virtuale...». E Graziella Mascia, vicepresidente del gruppo di Rifondazione alla Camera: «Mia figlia oggi mi ha detto: mamma non credevo dovessimo ancora difendere divorzio e aborto...».

Corriere della sera, 13 maggio 2007


C'E' ANCHE LA FIERA DELL'INTOLLERENZA (O DELLA PAURA?)

Bologna, Prc e Verdi contro la processione

BOLOGNA - Una trentina di donne di Rifondazione comunista e dei Verdi, hanno contestato ieri la Chiesa bolognese nella centralissima piazza del Nettuno, durante la tradizionale processione che accompagna la Madonna di San Luca dalla basilica sul colle omonimo alla cattedrale di San Pietro. Le contestatrici hanno innalzato cartelli che inneggiavano ai «Dico» e alle unioni civili. Un ragazzo, invece, ha mostrato una maglietta con la scritta: «Bagnasco vergogna», identica a quella comparsa sui muri di alcune città italiane, compresa Bologna. «Siamo in piazza per rilanciare la nostra battaglia culturale per i diritti di tutti» ha detto Gabriella Vetere delle donne Prc. «Bisogna amarli più degli altri perché non sanno quello che fanno», ha replicato il vescovo ausiliario Ernesto Vecchi nell´omelia dal pulpito della cattedrale. L´arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra ha preferito non commentare il fatto.

Repubblica, 13 maggio 2007


Con un pennarello sul parcometro del garage del centro commerciale
Scritte contro Bagnasco e il Papa nel parcheggio della Ex Minganti

Due nuove scritte, contro il presidente della Cei Angelo Bagnasco e contro il Pontefice, sono comparse ieri in città. Nel garage del centro commerciale delle "Officine Minganti" in via Ferrarese qualcuno ha tracciato sui parcometri le frasi "Bagnasco ********" e "Ratzinger ******". La prima è stata scritta sull´apparecchio all´ingresso, la seconda all´uscita, utilizzando un pennarello nero, probabilmente da qualcuno che per farlo si è limitato ad abbassare il finestrino della propria auto. Le due scritte sarebbero state tracciate recentemente, ma non è chiaro se siano state fatte proprio ieri, in concomitanza col "Family Day" a Roma. Dopo la segnalazione gli investigatori hanno compiuto un sopralluogo e la Polizia Scientifica ha fotografato gli slogan, che adesso saranno messi a confronto con i messaggi analoghi scoperti nelle ultime settimane in città. Il primo, contro il presidente della Cei, fu tracciato nella notte dell´11 aprile in via Lame, davanti alla sede delle Acli: la scritta "Bagnasco ******" fu ritrovata il mattino dopo sotto il portico, dove venne imbrattata con la vernice color porpora anche la targa dell´associazione.
Nei giorni successivi, dopo la spaccatura in consiglio comunale su un ordine del giorno presentato dalla Margherita in segno di solidarietà all´arcivescovo di Genova, ancora scritte ingiuriose contro la Chiesa e le alte gerarchie del clero. Il 16 aprile un altro messaggio contro Bagnasco, sempre con vernice porpora, viene tracciato sotto il cavalcavia ferroviario di via Zanardi. Quindi, lo stesso giorno, ancora scritte e insulti, questa volta contro la Chiesa, di fianco ad un negozio specializzato in articoli religiosi in via Altabella, a due passi dalla Curia. Inutili fino ad ora le verifiche delle telecamere di sicurezza: gli autori delle scritte non sono stati identificati.

Repubblica, 13 maggio 2007

Povera gente...forse dovremmo dire una preghiera per questi intolleranti schiavi delle loro paure...che pena!
Raffaella (a ragion veduta guelfa)


Rifondazione dà i numeri

di Redazione

«La manifestazione per l’orgoglio laico sarà inferiore numericamente alla parata messa in scena dalla chiesa. Ma chi manifesta a piazza Navona è maggioranza nel Paese. Le istituzioni repubblicane sono laiche, è bene che tutti ricordino questo dettaglio». Così parlò il capogruppo del Prc al Senato, Giovanni Russo Spena. Alla faccia della democrazia e della partecipazione. Per la sinistra certi elettori «pesano» più di altri. Insomma, sono «più uguali».

Il Giornale, 13 maggio 2007


Dal bebè al catto-patriota: ecco chi ha sfilato

di Angelo Mellone

Roma - Chi c’era a piazza San Giovanni? Cerchiamo di raccontarvelo così.

I passeggini cingolati. La grande novità della manifestazione. Mai tanti bambini in una manifestazione pubblica che giocano, mangiano, si sdraiano sull’asfalto, pigliano sculacciate, si lamentano per il sole. I carri armati di queste legioni sono dunque i passeggini: di ogni forma, multiposto, a incastro, ultraleggeri, cappottabili. Lunghissime colonne di passeggini intasano la circolazione. Una capo-fila urla: «State tutti azzeppati!». Arrivano Francesco e Alessandra con tre passeggini per i loro quattro figli, se gli chiedi come fanno ti rispondono tondo tondo: «Se non hai la fede è impossibile». Comprensibile. Una coppia di Scandicci, invece, usa magliette in stile calcistico: «1 I’babbo», «2 La mamma». Il resto della truppa, ovviamente, è una squadra di bebè.

I Dico-manco-per-niente. Sono quelli politicamente arrabbiatissimi col governo e quelli che le coppie gay proprio non si può. Issano stendardi antipannelliani: «No radical no taliban» e «Laicisti talebani». O stendardi politico-gastronomici tipo «Menù di oggi, Pollastrini allo spiedo». Vanno a ruba le t-shirt con le facce della Bindi e di Prodi: «Meno cattolici adulti. Più bambini cattolici». E Romano diventa l’«ammazza-famiglie». Gettonatissimi gli slogan anti-Bindi: «A Rosy Bindi Dico: vergogna!», «Dico No alla Bindi!» e variazioni sul tema. Qualcuno pizzica pure Mastella.

I laico-familisti. Non ci sono solo gli appelli o il videomessaggio di Souad Sbai. Mimetizzati in mezzo a croci e rosari ci sono anche loro, i laici mobilitati affianco ai movimentisti cattolici. Gli ambientalisti di «Forza Verde» srotolano lo striscione. Arriva il signor Renzo, che fa avanti e indietro col cartello dei «Socialisti 2005»: «Non sono credente», spiega, «ma la famiglia non si tocca».

I nonni Goldrake. Da vederli, i nonni. Nonni aitanti, nonni che si reggono col bastone, ultraottantenni che marciano compatti, nonni in carrozzella portati a spasso dai ragazzi. Organizzano la piazza di San Giovanni come un paese meridionale nelle sere d’estate: sedie, sdraio, seggiolini di legno, stuoie apparecchiate a picnic, coperte, cartoni di pizza, capannelli di vecchiette che ciacolano. Due anziani esibiscono le t-shirt «Pane, amore e famiglia». Gliel’ha preparata la nipotina. Arriva Emmanuele, romano, con la barbona bianca e una scritta adesiva sul borsalino: «40 anni di matrimonio. Famiglia è bello». Se lo dice lui.

Le divisioni del Papa. Fosse stato qui, il Baffone, si sarebbe ricreduto. C’è questo strano esercito che mette i cartelloni rivolti all’indietro per non perdere gente per strada. Delle foto dei giornalisti gliene frega poco. Le sigle sono una miriade, dalla «Gioventù ardente mariana» agli «Apostoli di Maria figli dello Spirito Santo». I cartelli inequivocabili, da «Benedetto XVI siamo tuoi!» a «Noi siamo col Papa», issato da una giovane mulatta col cappellino di Cuba e la maglietta della Madonna di Medjugorje. L’Avvenire viene distribuito dagli strilloni come un foglio militante. Ci sono i francescani in scarpe da ginnastica, un parroco consulta il Blackberry. Eccole qui, le «parrocchie rumorose». A piazza Navona, qualche ora dopo, nell’altra piazza si discute dell’enormità dei numeri. Tra un insulto e l’altro spunta una rossa col dono della sincerità: «Li avrà pure pagati la parrocchia, Lucio. Ma quello è normale, l’amo fatto pure noi. C’hanno dato i biglietti per andare a Vicenza a contestà l’americani...». Come darle torto.

I catto-tricolori. La zona destra di San Giovanni. Si vedono un ragazzo con la maglia della Folgore, un altro che passa con la maglietta «Dio, patria e famiglia», un alpino con lo stendardo di Alleanza cattolica. Girano delle magliette rosse con la scritta «Dico mai», pare che le abbia stampate Ferlandia, un must di Predappio. Il Foro 753, centro sociale della destra romana, issa un mega-stendardo. Da lontano una ragazzetta in motorino gli urla: «W i froci!». Partono pernacchie.

La ludo-piazza. Segno distintivo: chitarra e bonghi, ma anche flauti e persino una cornamusa. Sarà per questo che Franco Battiato, sostenitore della messa in latino, se n’è andato a piazza Navona? Boh. L’orchestra sul palco detta la colonna sonora, da Lucio Battisti che accende passioni a Mia Martini. Ma è nel corteo che si scatena la fantasia. Sfilano i catto-campeggiatori, i family-trendy che vestono griffatissimi, i giovani identici nel look ai loro coetanei: il ragazzo di Sanguinetto che annoda i capelli rasta, un altro con la barba come il cantante dei System of a Down.

Postscriptum. Il signor Renzo ha un cartello piccolino dedicato a quelli di piazza Navona che stanno rievocando la vittoria del divorzio 33 anni fa: «12 maggio 1974? La Lazio vince lo scudetto. Il resto nun me lo ricordo». Indimenticabile.

Il Giornale, 13 maggio 2007

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