13 maggio 2007
Aggiornamento della rassegna stampa del 13 maggio 2007 (1)
Vedi anche:
Conferenza stampa del Papa sull'aereo per il Brasile
VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE: SPECIALE
VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE (9-14 MAGGIO 2007)
Rassegna stampa del 13 maggio 2007 (family day)
In questo primo post dedicato al Papa leggiamo della visita di ieri alla fazenda che ospita un gruppo di giovani.
SERVIZIO DI SKYTG24
Il Papa contro i «mercanti di droga»: Dio vi chiederà conto
Luigi Accattoli
DAL NOSTRO INVIATO
GUARATINGUETA' (Brasile) — Anatema del Papa sui mercanti di droga, lanciato da una delle patrie del narcotraffico ed espresso con i toni biblici di quello rivolto da Wojtyla ai mafiosi: Dio «chiederà conto» del «male» che fanno, l'uomo non può essere «calpestato» così. Per indurre i trafficanti a ravvedersi — e come per toccare nel vivo ognuno di loro — Benedetto XVI ha citato uno dei detti più severi di Gesù, rivolto a chi «scandalizza» i piccoli: «Sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Matteo 18). «Un giorno verrà il giudizio di Dio», aveva gridato improvvisando Giovanni Paolo II dalla Valle dei Templi di Agrigento nel 1993. Ieri Benedetto XVI non ha gridato e non ha improvvisato, ma il suo testo scritto era della stessa forza e conviene riferirlo per intero: «Il Brasile possiede una statistica delle più rilevanti per la dipendenza dalle droghe e dagli stupefacenti. E l'America Latina non resta indietro.
Perciò dico ai mercanti della droga che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà loro conto di quello che fanno. La dignità umana non può essere calpestata in questo modo».
Poi è venuto il richiamo al monito di Gesù, che il Papa non ha pronunciato ma al quale ha rimandato — e il testo scritto distribuito ai giornalisti indica tra parentesi il passo evangelico in cui è riferito: «Il male da loro provocato è colpito dalla stessa condanna che Gesù rivolse a coloro che scandalizzavano i "più piccoli", i preferiti da Dio (Matteo 18, 7-10)».
Benedetto XVI ha fatto questa condanna più forte che mai — Giovanni Paolo II una volta dal Venezuela, nel 1985, aveva qualificato il narcotraffico come «moderna tratta degli schiavi» — visitando ieri mattina a Guaratinguetà (180 chilometri da San Paolo) la «Fazenda da Esperança» (Fattoria della speranza), cioè una comunità di recupero per dipendenti dalla droga e dall'alcol, che lì opera dal 1979 su iniziativa del francescano tedesco Hans Stapel. Stapel è un personaggio vigoroso che ha salutato il Papa e gli ha presentato la sua «Famiglia Speranza» (32 comunità in una decina di Paesi) che si ispira al francescanesimo e al movimento dei Focolari. Nel discorso davanti ad alcune centinaia di appartenenti alla comunità, il Papa ha ricordato le «molte altre istituzioni» che in tutto il mondo lavorano per «restituire la vita» sia ai giovani irretiti nel consumo della droga, sia agli alcolisti. Alla comunità visitata ha donato 100mila dollari per sostenere le sue attività. Oggi ad Aparecida — santuario mariano che ricorda un'apparizione della Madonna risalente al 1717 — il Papa inaugura la Quinta conferenza dell'episcopato latinoamericano e pronuncia il discorso più atteso di tutto il viaggio, che termina domani.
Corriere della sera, 13 maggio 2007
Narcos, l´anatema di Ratzinger
"Dio vi chiederà conto del male che fate con la droga"
La minaccia del giudizio finale sui trafficanti di morte
Il pontefice in visita a una fazenda brasiliana per il recupero di alcolisti e tossicodipendenti
MARCO POLITI
DAL NOSTRO INVIATO
APARECIDA - Mercanti di droga all´inferno. Benedetto XVI, in visita ad una comunità di recupero fondata da un frate tedesco, minaccia i narcotrafficanti del giudizio di Dio. Con un gesto che riecheggia l´invito pressante alla conversione che Giovanni Paolo II lanciò ad Agrigento agli «uomini della mafia».
Posta al centro di una valle verdissima solcata da un torrente, tra colline e montagne, la «Fattoria della speranza», dove il pontefice arriva in tarda mattinata, è un piccolo miracolo. Il muggito di una mandria di mucche nere accoglie Benedetto XVI, che si ritrova tra pascoli, orti, casette ordinatissime. Clarisse ed ex tossici, francescani e Focolarini lavorano insieme per ridare una prospettiva a drogati, alcolizzati, ragazze abbandonate con i figli, malati di Aids. Un francescano tedesco, Hans Stapel, e un giovane parrocchiano di Guaratinguetà, Alì Nelson Rosendo, hanno messo in piedi l´iniziativa tra i «ragazzi di strada» negli anni Ottanta e ben presto si sono aggiunte due donne, Luci Rosendo e Iraci Leite, fondando il ramo femminile.
La formula, come in tante comunità, è: lavoro, preghiera, vita comunitaria. Ma chi ha visto le desolate bidonville sudamericane, chi conosce la violenza sfrenata che attraversa le metropoli e l´altissimo tasso di uccisioni che qui colpisce proprio la gioventù, sa che ci vuole molto di più a riportare ad un equilibrio umano un emarginato che proviene da queste giungle d´asfalto senza legge né Dio che qualche ragazzo viziato della nostra borghesia o uno sventurato delle periferie italiane. Il Brasile, come dirà il pontefice, ha nel continente il tasso più alto di tossicodipendenti.
Qui la violenza non è un concetto astratto. Si respira, si tocca, incombe. In un parco di San Paolo come nel vicono di un quartiere. La polizia militare, che venerdì sera in autostrada scortava la stampa del seguito papale, diretta verso l´albergo, per chiedere un´informazione in un area di servizio scende pistola in mano.
Oggi di «Fattorie della speranza» ce ne sono quaranta in Brasile, Paraguay, Argentina, Guatemala, Mozambico, Filippine e persino in Russia. Diecimila giovani sono passati attraverso questa esperienza e migliaia di volontari continuano a sostenerla. Tra i giovani che salutano il Papa c´è, accanto ad un´ex anoressica e una coppia luterana, anche Alexei. E´ un ex tossico di Mosca, di religione ortodossa, che è arrivato fin qui per ricominciare a vivere prima di far ritorno in Russia e creare la propria famiglia. Qui ha riscoperto Dio, ma nessuno ha voluto che abbandonasse la sua Chiesa.
Nella «valle della speranza» Joseph Ratzinger si trova a suo agio. Disteso, un po´ abbronzato, ascolta i canti e segue le coreografie che gli ospiti della comunità gli offrono in segno di benvenuto. In genere il papa tedesco non ama gli show, ma qui segue tutto sorridente, perché sente che danze e canzoni sono il frutto di un riscatto. «Qui scopriamo che la bellezza della creature e l´amore di Dio sono inseparabili», esclama evocando il semplice obiettivo di Francesco d´Assisi e di santa Chiara: vivere il Vangelo.
Poi il monito: «Dico ai mercanti di droga che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali. Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto! La dignità umana non può essere calpestata in questo modo». E tra gli applausi Benedetto XVI ricorda il severo avvertimento di Gesù a chi «scandalizzava i più piccoli». Il Papa non esplicita l´ammonimento di Cristo, ma nel Vangelo sta scritto: meglio cavarsi un occhio o tagliarsi una mano o un piede che causare simili scandali.
Migliaia di giovani e vecchi applaudono, felici di vedere il Papa. Uno di loro, Felipe, tiene una bandana rossa in testa e sotto la maglietta ha il torso trapunto di tante coltellate. Ce ne sono molti qui, che hanno vissuto esperienze estreme. Ma non c´è odio per il passato sui loro volti. E quando l´orchestrina intona un «Salve Regina», accompagnato da chitarre suadenti, tutti si dondolano sui fianchi. E Joseph Ratzinger impara che anche una preghiera può avere la dolcezza di un ballabile.
Repubblica, 13 maggio 2007
Politi...Politi...Politi...vedo che abbiamo fatto un salto di qualita' e, oggi, premettiamo al cognome del Papa il suo nome, Joseph! E gia' qualcosa, signor Politi.
Mi permetta di puntualizzare che mi pare un tantino indelicato affermare che il Papa impara qualcosa, non Le pare?
Comunque noto che Lei e' l'unico ad aggiungere un particolare importantissimo: Benedetto XVI e' abbronzato. Una piccola nota di frivolezza...anche Lei, signor Politi, impara che non e' necessario essere sempre seriosi? :-)
Manca il riferimento ai 100mila dollari!
Raffaella
Il Papa: mercanti di droga nemici del mondo
di Andrea Tornielli
«Dio chiederà conto ai mercanti di droga di ciò che hanno fatto». È il monito che Benedetto XVI lancia a chi commercia in droga attribuendo ai narcotrafficanti la stessa gravissima riprovazione che nel Vangelo è dedicata a chi scandalizza i bambini. Ratzinger è attorniato dall’abbraccio festoso di migliaia di giovani nella Fazenda da Esperança, la comunità di recupero per tossicodipendenti fondata da fra Hans Stepel fra le colline di Guarantinguetà. È un Brasile molto diverso da quello metropolitano che il Papa ha incontrato nei primi giorni. Giunto ad Aparecida, alla tappa finale del viaggio, l’inaugurazione della V assemblea dell’episcopato latinoamericano, Benedetto XVI ha voluto dedicare la mattinata a quest’opera di recupero nata nel 1979 per iniziativa di un francescano tedesco. Ragazzi di strada, tossicodipendenti, malviventi, prostitute, hanno ritrovato una speranza di vita impegnandosi nel duro lavoro manuale. In molti hanno incontrato la fede. Ora le «Fattorie della speranza» si sono moltiplicate in tutto il mondo e tra chi racconta al Papa la propria esperienza c’è anche un ortodosso russo e un luterano. Una ragazza tedesca si commuove più volte, raccontando come lei, malata di bulimia e poi di anoressia, dopo aver tentato per due volte il suicidio, si è sentita finalmente amata e accolta.
Il Papa è contento e non guarda all’orologio, sforando tutti gli orari previsti. Nel suo discorso, ricorda che il Brasile «possiede una statistica delle più rilevanti per ciò che riguarda la dipendenza chimica delle droghe e degli stupefacenti. E l’America Latina non resta indietro. Perciò dico agli trafficanti di droga - sottolinea - che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto. La dignità umana non può essere calpestata in questo modo». Poi il Papa introduce questo paragone: «Il male provocato riceve la medesima riprovazione che Gesù espresse per coloro che scandalizzavano i più piccoli, i preferiti da Dio».
«Il mio pensiero - aggiunge - va ora a molte altre istituzioni di tutto il mondo che lavorano per restituire la vita, e una vita nuova, a questi nostri fratelli nella nostra società, e che Dio ama con un amore preferenziale». Alle «fattorie della speranza», il Papa ha donato centomila dollari. Appena giunto alla Fazenda, prima dell’abbraccio con i giovani, Ratzinger aveva incontrato la comunità di monache clarisse di clausura che vivono nella struttura di recupero e uniscono le loro preghiere «per vincere le prigioni e rompere le catene delle droghe che fanno soffrire i figli amati da Dio».
Il Giornale, 13 maggio 2007
Papa Ratzinger, grazie!
Il Pontefice ieri in Brasile ha attaccato quanti in America latina «commerciano con la droga»
Benedetto XVI: «La dignità umana non può essere calpestata così»
Narcotrafficanti, riflettete sul male che state facendo a una moltitudine di giovani
Maurizio Salvi
APARECIDA (BRASILE)
Ammonendo duramente ieri nella Fattoria della Speranza, vicino al santuario di Aparecida, quanti in America latina «commerciano con la droga», papa Benedetto XVI ha messo il dito nella piaga di uno dei grandi mali della regione, che sconvolge la vita di molti paesi, dall'Argentina al Messico, passando ovviamente per il Brasile da lui attualmente visitato. Governi, organismi internazionali, polizie e perfino eserciti, sono mobilitati in Messico, Perù e Colombia, per contenere il vorticoso sviluppo del narcotraffico, che coinvolge tutti gli strati della popolazione, dagli indigeni e contadini fino a personalità politiche, in uno sforzo che per gli esperti è lungi dall'ottenere grandi risultati. Perfino la stabilità di vari paesi è stata messa in discussione dal fatto che l'America latina concentra la totalità della produzione mondiale di foglia di coca, di pasta base e di cloridrato di cocaina; che produce marijuana sufficiente per il consumo interno e l'esportazione, e che ha una crescente produzione di amapola, fondamentale per la produzione di oppio e eroina. Il consumo al minuto di droga interessa invece le periferie abbandonate della grandi città. In Brasile le sterminate baraccopoli, che qui si chiamano favelas, di San Paolo e Rio de Janeiro, fungono da centri di raccolta e smistamento di sostanze stupefacenti, spesso rudimentali e pericolose. Decine di migliaia di bambini, "meninos de rua", e adolescenti, messi al margine da ogni condizione di vita degna e di speranza, entrano senza fare resistenza nel giro di droghe come il crack, l'ecstasy e la "cola de zapateiro" (colla da calzolaio), una pratica che da qualche tempo ha attecchito anche in Italia. Di per sé il Brasile non è certo il paese dove il narcotraffico nel senso industriale del termine è più forte, ma con una popolazione di 190 milioni di abitanti, il fenomeno è considerato, in termini numerici, assai preoccupante. Inoltre, dagli anni 90 gli organismi internazionali hanno segnalato che i fiumi brasiliani sono diventati una delle rotte privilegiate dei carichi di cocaina che raggiungono l'Atlantico per essere inviati in Europa. Per questo, il governo del presidente Luis Inacio Lula da Silva ha creato a Manaus un battaglione specializzato nell'intercettazione dei mezzi fluviali composto da 22.000 uomini. Nell'emergenza esistente oggi in Messico, paese che ha ormai strappato alla Colombia lo scettro di leader nel commercio delle droghe, dall'inizio dell'anno sono morte in modo violento 960 persone, e la stampa insiste che di fronte all'azione irrefrenabile dei killer professionali che massacrano implacabilmente chi «sgarra», è ormai in gioco la sicurezza nazionale del paese. Ricardo Garcia Villalobos, presidente del Tribunale superiore agrario, ha lanciato di recente un ennesimo grido di allarme sostenendo che i Cartelli della droga messicani controllano orma il il 30% delle terre, orientando con le buone, ma spesso con le cattive, gli agricoltori a dedicarsi alla produzione di coca o marijuana.
In Bolivia, dove il nuovo presidente Evo Morales proviene direttamente dalle organizzazioni di coltivatori di coca, il governo difende la produzione di foglia a fini alimentari, rifiutandosi di criminalizzarla. Ma in uno studio di alcuni anni fa il Consiglio economico per l'America latina (Cepal) sosteneva che l'attività legata alla coca generava 135.000 posti di lavoro, il 6,4%.
In Colombia, infine, lo scoperchiamento del Vaso di Pandora costituito dai traffici delle organizzazioni paramilitari con narcotrafficanti da una parte e mondo politico dall'altra, ha creato un terremoto di cui si sta avvantaggiando la guerriglia delle Farc, che pure con i produttori di coca ha numerosi contatti.
Gazzetta del sud, 13 maggio 2007
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