15 maggio 2007

Risposta ai teologi della domenica...


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Rassegna stampa del 15 maggio 2007

Scalfari, Spinelli e le nuove "Bibbie domenicali"


Dio diventa Scalfari e dà lezioni al Papa

di LUIGI SANTAMBROGIO

Domenica 13 maggio, giorno in cui si celebra l'apparizione della Madonna ai tre pastorelli di Fatima e day after della grande manifestazione del milione e mezzo in piazza San Giovanni, Dio , Padre Eterno e Creatore, è sceso (per la seconda volta) sulla Terra. Si è ri-fatto uomo e poi anche donna, si è re-incarnato nelle sembianze umane per precisare agli stupidi mortali qualcosina che era rimasta in sospeso nella precedente visita in Palestina, 2000 anni fa. In verità, il bis era stato a lungo pensato e organizzato dalla vulcanica mente dello Spirito Santo. Ma domenica, dopo quel che era successo in piazza San Giovanni, il viaggio non poteva essere più rinviato. Troppe camarille erano state dette e fatte in quella piazza, troppo pericolosamente s'era passato il segno perché si potesse ancora ritardare la seconda discesa dai Cieli. A differenza della prima volta, adesso tocca a Jahvè, l'Altissimo, il Principale in persona. Solo lui, può eliminare quegli equivoci lasciati ahimè ancora aperti nella precedente missione dal figlio Jesus. E così l'altro ieri, Dio prende finalmente le sembianze e la penna di due illustri personaggi del giornalismo italiano. Il primo: Eugenio Scalfari, ex direttore di Repubblica, l'unico dei viventi già autopiazzatosi (in diverse occasioni) appena un gradino sotto l'unico Dio. Nei panni del profeta quando scrive l'omelia domenicale, Barbapapà, negli altri giorni della set- timana, diventa filosofo, moralista, teologo, predicatore e insigne Maestro dei Massimi Sistemi presso il quotidiano da lui creato e fondato dal nulla. Ma domenica è successo dell'altro. Per non far torto alle pari opportunità, l'Onnipotente ha voluto pure farsi donna: indossare le gonne di Barbara Spinelli, un'altra della categoria (gli evangelisti in fondo erano giornalisti), la maîtresse à penser de La Stampa, il prestigioso quotidiano di casa Fiat. I cammelli di Eugenio
Torniamo a Dio-Scalfari: ha firmato uno dei suoi più potenti editoriali, un pezzo maestoso, annunciato fin dal titolo dell'articolo: "I cammelli al galoppo nella cruna dell'ago". D'accordo, non è il massimo dell'originalità, ma lo svolgimento è da brivido: una sorta di quinto vangelo e di undicesimo comandamento. Insomma, di nuovo verbum caro factum est , grazie al Celeste Direttore. I cammelli al galoppo? Beh, facile la metafora: sono quel milione e mezzo di uomini, donne e bambini che sabato manifestavano la loro gioia di essere famiglia e chiedevano ai padroni del governo ulivista qualche diritto in più per tutti. Ma al Dio repubblichino (nel senso di Repubblica) non la si fa tanto facilmente. A lui, giusto e terribile, infallibile e misericordioso, presente in ogni luogo, quel popolo di italiani normali e reali fa subito «venire in mente i farisei denunciati da Gesù come sepolcri imbiancati». Farisei che «hanno trasformato la Chiesa italiana nella più potente delle lobby». E pensare che Gesù voleva invece una famiglia «aperta all'amore e non chiusa nel muro dell'egoismo di gruppo». Verbo di Padre Eugenio messo in colonna su Repubblica. Tiè, mio caro Ratzinger che vai ancora cianciando di famiglia fondata sul matrimonio, di coppia uomo-donna, di fedeltà e procreazione come si faceva una volta. Mica stan così le cose, e te lo dice uno che alla sua destra di solito non ha gente qualsiasi. Il vangelo scalfariano recita che la famiglia deve essere soprattutto aperta, allargata e allagata, pronta ad accogliere il nuovo e il diverso. Qualcosa di simile l'avevan pure praticato i figli dei fiori, nel '68 o giù di lì. Ma la magia della comune, delle ammucchiate, dello scambio dei figli e delle coppie finirono però quando quei farfalloni rimasero a secco di Lsd. Tutto ciò è acqua fresca rispetto al finale. Nelle sue nuove Tavole della Legge Scalfari arriva a proporre una rivoluzionaria quanto ridicola ammuina . L'ora è giunta, dice il Sommo Nonno, che i laici si riprendano l'insegnamento di Gesù Cristo, lo sfilino ai vescovi indegni e si autoproclami- no "veri cristiani". Testualmente: «Ha detto tante cose Gesù. l laici devono promuovere un raduno di massa per vedere fino a che punto la Chiesa di oggi abbia ancora il diritto di usarlo e non parli invece sempre più con lingua biforcuta». Insomma, laici di tutta Italia, svegliatevi. Fate un bel convegnone e alla fine scrivete l'editto: via i cattolici e viva noi, autentici cristiani. Quasi nello stesso momento in cui lasciava la redazione di Repubblica, il Creatore si materializzava nella faccia seriosa di Barbara Spinelli, opinion maker de La Stampa. Zeppa di riferimenti biblici e neotestamentari la lenzuolata della sacerdotessa col turbo. Gesù, attacca Barbara, «ha gettato la famiglia in un precipizio drammatico», prediligendo non «il vincolo del sangue ma quello dell'amore per il prossimo». Semplice no? E pensare che i Papi e tutti quei perditempo di teologi hanno impiegato secoli per non arrivare a una cosa tanto semplice. Anche Barbarella, come Scalfari, il meglio lo mette nella coda. «La famiglia», rivela l'oracolo di Torino, «non è un diritto naturale: è figlia di una tradizione. E il matrimonio diventa sacramento solo a partire dal XIII secolo, non è iscritto nella Bibbia». E per dare forza e autorità alla scoperta, cita l'esimio giurista Gustavo Zagrebelsky (mica paglia) che scrisse la stessa cosa in un articolo del 4 aprile su Repubblica (la Bibbia di riferimento). Conan la Barbara

Conclusione di Conan la Barbara: «Un'epoca è finita: quella degli Stati europei che riesaminavano con una certa vergogna la propria storia; quella di Giovanni Paolo II fondata sul mea culpa ».

Beh, a parte il vezzo un po' vigliacchetto di rimpiangere gli uomini di Chiesa solo dopo la loro morte, speriamo che pure la nostra Santa Barbara possa, magari tra un paio d'anni, riesaminare «con una certa vergogna» (come gli Stati europei di una volta), il suo bell'articolo. Che tristezza. Con questi predicatori della domenica, c'è da chiedersi su quale ramo abbiano piazzato i loro nidi, da quale lente strabica continuino a sbirciare, distrattamente e falsificandola, la realtà della gente comune.

Fino al punto di uccidere i fatti, di soffocarli nelle fantasie di una ideologia resistente a tutti gli assalti. Viene in mente, a leggere i loro articoli, il bellissimo film "Le vite degli altri", del tedesco Donnersmarck sul sistema poliziesco nella Ddr del compagno Hönecker. La rete spionistica del regime comunista si sgretola nel cuore di un funzionario che si lascia vincere dall'evidenza, dai drammi, dagli affetti di uomini e donne reali, in carne e ossa. E scopre la menzogna, le crudeltà e le ipocrisie di un sistema marcio e che si regge sulla barbarie di un'utopia. Niente di più sbagliato che l'espressione di "socialismo reale". Quello era semmai dittatura di una fantasia deviata. Difficile, comunque, immaginare Scalfari e la Spinelli nei panni di agenti della Stasi. Ma uniformi a parte, la solfa è la stessa: la verità son loro, e se i fatti dicono il contrario, tanto peggio per i fatti. Come al tempo del Muro. Insultano e si fanno beffe del popolo quando in piazza ci va per obiettivi e richieste che l'élite illuminata non gradisce. E allora, pure il Papa diventa un'appendice di Berlusconi e il cardinal Bagnasco un iscritto a Forza Italia. Bugie, che diventano follie. Con cui celebrano i loro riti scaramantici papi e papesse del convento laicista.

Libero, 15 maggio 2007

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