10 giugno 2007
Aggiornamento della rassegna stampa del 10 giugno 2007 (1)
Vedi anche:
Rassegna stampa del 10 giugno 2007
VISITA DI BUSH: VIDEO DI SKYTG24
Il Paese reale e "l'iperuranio" dei mass media
La visita di Bush al Papa
La gaffe con Ratzinger «E’ bello essere qui, Sir»
E Benedetto XVI gli chiede “Com’è andata con Putin?”
MARCO TOSATTI
CITTÀ DEL VATICANO
Un incontro cordiale, ma il Papa ha chiesto al Presidente Bush che l’America cerchi una soluzione negoziata, e non unilaterale, ai drammi del Medio Oriente, dall’Iraq alla Terrasanta. Nei trentuno minuti di colloquio senza interprete il Presidente e il Pontefice, al loro primo incontro dopo l’elezione di Joseph Ratzinger al soglio di Pietro, hanno compiuto un esame a trecentosessanta gradi della situazione mondiale. Il Papa, all’inizio dell’udienza, si è informato di come fosse andato l’incontro tra Bush e Vladimir Putin, dopo le tensioni dei giorni scorsi tra Casa Bianca e Cremlino: in quel momento però, nella biblioteca privata, c’erano ancora giornalisti e fotografi, e l’ospite, mostrando la selva di obiettivi e microfoni, ha replicato: «Glielo dirò fra qualche minuto»; al che Benedetto XVI ha voltato la testa, ha visto la siepe mediatica e si è aperto in un largo sorriso. Le prime battute della conversazione sono state registrate dai microfoni ancora accesi. «È bello essere con lei, sir (signore)», ha esordito Bush, parlando subito del «successo» del vertice del G8 di Heiligendamm e delle iniziative per aiutare l’Africa e combattere l’Aids e la malaria. Qualcuno ha parlato di una gaffe, per l’uso di quel termine, «sir» (e non di «Your Holiness», Sua Santità); ma «sir» è un termine di rispetto usuale, e come tale può essere rivolto anche al Papa, da interlocutori di alto grado.
Se Bush ha trovato piena consonanza sui temi etici (aborto, eutanasia, bioetica, famiglia) con i suoi interlocutori vaticani (il Papa, il Segretario di Stato Bertone e il «Ministro degli esteri» Mamberti) su altri punti il percorso è stato meno agevole. Nei colloqui si è parlato dei risultati del G8, appena concluso in Germania; e da parte vaticana si è fatto rilevare che i piani previsti, per quanto lodevoli, non erano sufficienti. Anche per questo il Presidente ha tenuto a ribadire di essersi impegnato davanti al Pontefice: «sfameremo tutti gli affamati».
Il nodo principale dei rapporti resta comunque sostanzialmente il Medio Oriente, e la Santa Sede, contraria alla guerra sin dall’inizio, vorrebbe una gestione diversa della crisi, e l’ha detto. Si è discusso, spiegano in Vaticano, «per quanto riguarda il Medio Oriente, sulla questione israelo-palestinese, sul Libano, sulla preoccupante situazione in Iraq e sulle critiche condizioni in cui si trovano le comunità cristiane». Il Vaticano ha espresso tutta la sua opposizione all'idea di un'enclave cristiana (o «assira»), nella valle di Ninive per garantire la sicurezza dei cristiani in Iraq. E soprattutto ha espresso la sua posizione di contrarietà alle scelte unilaterali, chiedendo «ancora una volta, una soluzione “regionale e negoziata” dei conflitti e delle crisi che travagliano la regione mediorientale».
Subito dopo Bush ha ricevuto i vertici della Comunità di sant’Egidio. «Sono molto contento di incontrarvi perché siete dei problem solver», dei «risolutori di problemi», ha detto il Presidente. «Eravamo mediatori per la pace in Mozambico e voi solo osservatori», ha risposto il presidente, Marco Impagliazzo. L’incontro si è focalizzato sull’Africa e sulle grandi questioni dell’Aids, della povertà e della pace nel continente, e soprattutto della crisi del Darfur.
La Stampa, 10 giugno 2007
La prima volta da Ratzinger: «Salve, signor Papa»
di CATERINA MANIACI
«Mi sono sentito in soggezione»: il presidente americano George W. Bush - l'uomo che guida la prima potenza mondiale non esita a confessare umilmente, davanti ai giornalisti convocati per la conferenzastampa congiunta con il premier Romano Prodi, quel che ha provato nel suo primo incontro formale con il pontefice Benedetto XVI. Si capisce che è rimasto molto colpito da questo incontro, che definisce «commovente», mentre papa Ratzinger è «una persona intelligente e affettuosa». Del resto, durante la visita in Vaticano, Bush aveva dato l'impressione di essere emozionato, anche se ha sfoggiato dei gran sorrisi, azzardando persino un colpetto sulla spalla - a mo' di pacca affettuosa - di monsignor James Harvey, americano e prefetto della Casa Pontificia, che lo ha accolto nel cortile di San Damaso. E poi Bush si è rivolto al papa più volte con la parola "Sir" (signore) , anziché con l'appellativo più formale di "His Holyness" (sua santità). Ma alla fine il clima era cordiale: strette di mano, battute, anche risate. «È bello essere qui», è stata la prima frase pronunciata da Bush stringendo con calore la mano a Ratzinger, nella Sala del Tronetto. Ed è cominciato un breve scambio di battute. «Lei viene da Heilegendamm...», ha detto il pontefice. «Sì», ha confermato il presidente, «dal suo vecchio Paese. Ed è stato un successo». «Un successo?», ha chiesto Benedetto e poi ha incalzato: «Avete preso decisioni? Non era facile». «Beh, c'erano molte opinioni differenti, ma è andato bene», ha ribadito l'inquilino della Casa Bianca. «Avete deciso qualcosa per l'umanità?», ha insistito il Pontefice: «Per l'Africa abbiamo varato forti iniziative contro l'Aids, raddoppiato la somma di aiuti», è stata la risposta di Bush. «E anche il dialogo con Putin è stato buono?», ha chiesto ancora Benedetto XVI. «Le dirò tra qualche minuto», ha replicato Bush, lanciando un'occhiata alla schiera di fotografie e telecamere presenti, il che ha provocato una risata comune. A questo punto è cominciato l'incontro privato, che è durato per circa trentacinque minuti. La successiva nota del Vaticano ha confermato che nei colloqui di Bush, prima con il papa e poi con il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, «sono stati passati in rassegna i principali temi di politica internazionale, soffermandosi in particolare, per quanto riguarda il Medio Oriente, sulla questione israelo-palestinese, sul Libano, sulla preoccupante situazione in Iraq e sulle critiche condizioni in cui si trovano le comunità cristiane. Da parte della Santa Sede si è auspicata, ancora una volta, una soluzione "regionale" e "negoziata" dei conflitti e delle crisi che travagliano la regione». Il papa è profondamente preoccupato per la situazione di vera persecuzione che si trovano a vivere i cristiani iracheni, che rischiano di essere costretti in una enclave e diventare così un più ancor facile bersaglio di violenze e discriminazioni. Bush ha detto di avere assicurato al Papa che gli Usa faranno il possibile per proteggere le minoranze cristiane in Iraq. Nelle conversazioni, poi, come spiega ancora la nota vaticana, «si è dedicata attenzione all'Africa e al suo sviluppo, con riferimento anche al Darfur, non mancando uno scambio di opinioni sull'America Latina». Non potevano poi essere ignorate «le questioni morali e religiose odierne», in primis la difesa e la promozione della vita, il matrimonio e la famiglia. Si ha comunque l'impressione che le questioni religiose e umanitarie siano state al centro dell'attenzione di Bush, in questa sua visita romana. Lo dimostra anche il suo incontro all'ambasciata Usa con i rappresentanti della Comunità di Sant'Egidio, incontro fortemente voluto, da parte americana, per meglio comprendere il "modello Sant'Egidio", un mix di diplomazia e di amicizia, giudicato molto efficace. Bush ha spiegato ai rappresentanti della comunità che il papa avrebbe chiesto agli Stati Uniti di assu-mere un ruolo guida per contrastare la sofferenza nel mondo: «Ci è stato chiesto se gli Stati Uniti abbiano un ruolo-guida contro la sofferenza e posso dire che possiamo provare a farlo», ha detto Bush, secondo quanto riferito dal presidente di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo. Tutto questo a testimoniare la volontà di Bush di accrescere l'impegno in tal senso, e forse di guardare a questa strada come il proprio futuro nel dopo-Casa Bianca. Il fondatore di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, però, non ha risparmiato un affondo: «La guerra è la madre di tutte le povertà». E a questo punto è iniziata la dettagliata descrizione della situazione nel continente africano, travagliato appunto da guerre che generano miseria, malattie, carestie. Ma anche la parte "positiva": come Sant'Egidio affronta da decenni queste piaghe e cerca di guarirle. I suoi successi, come quello in Mozambico, dimostrano tutta l'efficacia del "modello Sant'Egidio" e sono da molto tempo seguiti con attenzione dagli americani. Il capo della Casa Bianca ha assicurato il suo totale impegno per l'Africa e ha voluto ringraziare i suoi interlocutori «per essere parte dell'esercito internazionale dei "compassionevoli"».
Libero, 10 giugno 2007
Bush in Vaticano, appello del Papa: "No a ghetti per i cristiani in Irak"
di Andrea Tornielli
«Un incontro cordiale e utile». Così nei palazzi d’Oltretevere definiscono l’udienza di George Bush con Benedetto XVI e il successivo dialogo del presidente americano con il Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Nei colloqui si è parlato della crisi in Medio Oriente, della grave situazione dei cristiani in quell’area, della necessità di un approccio multilaterale e negoziale per affrontare le crisi come quella iraniana. Ma si è parlato anche di libertà religiosa, difesa della vita, lotta a povertà e pandemie, salvaguardia dell’ambiente.
Bush, alla sua quarta visita in Vaticano, che avviene a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali in un momento di difficoltà interna e internazionale, è entrato con la limousine blindata nel cortile di San Damaso dopo essere arrivato da Piazza del Sant’Uffizio e non da via della Conciliazione, dove l’attendevano invano parecchi curiosi. Scortato dalle guardie svizzere e dai «gentiluomini di Sua Santità» è arrivato sulla soglia della biblioteca ed è stato accolto il Pontefice. «È bello essere qui», ha detto il presidente al Papa. Durante le foto di rito, Bush ha commesso una piccola gaffe, rivolgendosi più volte a Ratzinger chiamandolo «sir», cioè «signore», invece di «santità». In presenza dei cronisti, Benedetto XVI ha chiesto al presidente se al G8 si è deciso qualcosa di importante per l’umanità: «Sono state prese delle decisioni? Non è così facile». «Come lei sa – ha risposto Bush – ci sono tante differenti opinioni, ma è andato tutto bene. È stato un vertice che ha avuto successo. Per l’Africa abbiamo varato forti iniziative contro l’Aids, raddoppiando la somma degli aiuti. Ci lavoreremo con il Congresso». Il presidente ha quindi ricordato al Pontefice che il G8 si è svolto in Germania, «il suo vecchio Paese». E quando Ratzinger ha chiesto come fosse andato il colloquio con Putin, Bush ha indicato i giornalisti: «Glielo dico tra un minuto...».
Il faccia a faccia è durato 34 minuti, un tempo abbastanza lungo. Poi c’è stato lo scambio dei doni. Il Papa ha regalato una stampa con una veduta di Roma, Bush un lungo bastone intarsiato di scritte di diversi colori. Subito dopo è seguito il colloquio con il cardinale Bertone. Con i giornalisti, il presidente ha definito «un’esperienza commovente» l’incontro con Benedetto XVI spiegando che «il nostro obiettivo è debellare la malaria in tutta l’Africa e sfamare gli affamati». Nel comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede si legge che «nei cordiali colloqui sono stati passati in rassegna i principali temi di politica internazionale, soffermandosi in particolare, per quanto riguarda il Medio Oriente, sulla questione israelo-palestinese, sul Libano, sulla preoccupante situazione in Irak e sulle critiche condizioni in cui si trovano le comunità cristiane». Il Vaticano è contrario a qualsiasi progetto di ghettizzazione dei cristiani irakeni, come quello che prevede la creazione di un’enclave cristiana nella piana di Ninive. A Bush è stato chiesto una particolare attenzione per l’area e un approccio multilaterale. «Da parte della Santa Sede si è auspicata, ancora una volta, una soluzione “regionale” e “negoziata” dei conflitti e delle crisi che travagliano la regione». Anche per quanto riguarda la crisi con l’Iran, il Vaticano ha chiesto agli Usa di far prevalere la diplomazia e di non cedere alle spinte di chi vorrebbe ripetere soluzioni come quella irakena, dimostratasi già disastrosa. Si è parlato anche dei cristiani di Terrasanta, e delle loro difficoltà. Al presidente la Santa Sede ha chiesto un appoggio nei negoziati in corso tra Vaticano e Israele per arrivare all’attuazione degli accordi sottoscritti e mai attuati. «Nelle conversazioni – continua il comunicato vaticano – si è dedicata attenzione all’Africa e al suo sviluppo, con riferimento anche al Darfur, non mancando inoltre uno scambio di opinioni sull’America Latina».
«Vi è stato infine un esame delle questione morali e religiose odierne, tra cui quelle relative ai diritti umani e alla libertà religiosa, la difesa e la promozione della vita, il matrimonio e la famiglia, l’educazione delle nuove generazioni, lo sviluppo sostenibile». In particolare, la Santa Sede ha chiesto a Bush di non cedere, ora che il Congresso americano è a maggioranza democratica, sui grandi temi etici relativi alla difesa della vita e della famiglia, e sulla difesa del diritto alla libertà religiosa, i temi dove esiste maggiore accordo tra l’amministrazione Usa e la Chiesa. Il presidente americano ha invitato il Papa negli Usa: una visita che potrebbe avvenire nella primavera 2008.
Il Giornale, 10 giugno 2007
George e Laura alla dura prova del cerimoniale
di Redazione
Mentre lui colloquiava con il capo dello Stato, lei ammirava le bellezze del quirinale con la moglie di Giorgio Napolitano, Clio. Quando lui ha incontrato il presidente del consiglio, lei si è concessa una colazione a Villa Doria Pamphili con Flavia Prodi, Flavia Veltroni e le mogli degli ambasciatori Giorgia Spogli e Lilla Castellaneta.
Non hanno passato l’intera giornata assieme, i coniugi Bush. Ad accomunarli, la sfida al rigidissimo cerimoniale che per tutto il giorno li ha messi a dura prova. Non sono mancati quelli che in inglese si chiamano «mishap», piccole gaffes. A George W., in verità, è andata peggio che a Laura. Al Quirinale, per dire. È stato tutto perfetto fino al momento della foto di rito: Bush doveva mettersi in posa accanto al suo omologo, invece ha lasciato il posto d’onore a Laura, restando all’esterno sul lato destro. Sono stati i fotografi a richiamarlo al rispetto del protocollo.
E in Vaticano. Quando Benedetto XVI, che il presidente incontrava per la prima volta, gli ha chiesto come fosse andato il suo incontro di giovedì con il presidente russo Vladimir Putin, lui ha risposto: «Ah sì, tra un momento magari glielo spiego». Ma quello che ha destato più stupore è stato quel «Sir» (signore) con cui il presidente si è più volte rivolto al Papa, anziché con il più appropriato «His Holiness» (Sua Santità).
Anche la First lady è stata protagonista di un paio di episodi divertenti. Durante la visita al Colle, per esempio, nella Sala del Torrino, da dove si gode una vista a 360 gradi su Roma, ammirando il panorama ha esclamato: «Che meraviglia!», per poi chiedere: «Ma dove sono i sette colli?».
Non sono stati solo i coniugi Bush, comunque, a tradire in qualche punto il cerimoniale. Quando Laura ha fatto visita all’American Academy, elegantissima in completo nero, s’è trovata di fronte Manfredi Beninati, artista e scultore palermitano, in pantaloncini: «Mia madre mi raccomandato di mettermi la camicia e io l’ho accontentata - s’è giustificato lui -, ma i pantaloni lunghi proprio no, faceva troppo caldo».
Il Giornale, 10 giugno 2007
Piccola gaffe del capo della Casa Bianca che si rivolge al Pontefice con un «Sir» non previsto dall'etichetta
L'invito del Papa a favorire in Medio Oriente una soluzione «negoziata» dei conflitti
Giorgio Acquaviva
VATICANO
«È bello essere qui», dice George W. Bush stringendo la mano a papa Ratzinger, nella Sala del Tronetto. I microfoni aperti dei giornalisti registrano le prime battute dell'incontro, mentre i due si dirigono allo studio privato del pontefice: «Lei viene da Heilegendamm...», chiede. «Sì, nel suo vecchio Paese. Ed è stato un successo». «Un successo? E avete preso decisioni? Non era facile», incalza Benedetto XVI. «Beh, molte opinioni differenti, ma è andata bene, è andata bene». «Avete deciso qualcosa per l'umanità?», «Per l'Africa abbiamo varato delle forti iniziative contro l'Aids, raddoppiato la somma di aiuti». «E anche il dialogo con Putin è stato buono?», «Le dirò tra qualche minuto», replica Bush, lanciando un'occhiata significativa alla schiera di fotografi e telecamere presenti. A quel punto, tutti e due scoppiano in una risata. Comincia così il colloquio privato in inglese, durato 34 minuti, sforando simbolicamente il tempo previsto per dare importanza all'evento fra l'80enne teologo e capo della Chiesa cattolica e il «cristiano rinato», protestante con venature fondamentaliste, presidente della superpotenza planetaria.
Altri 40 minuti Bush li passa nell'ufficio del Segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, per un'analisi più dettagliata. Il comunicato finale elenca i temi passati in rassegna, soprattutto in politica internazionale: per il Medio Oriente (questione israelo-palestinese e Libano, la «preoccupante situazione» in Irak e le «critiche condizioni in cui si trovano le comunità cristiane») l'auspicio della Santa Sede è per una soluzione «regionale» e «negoziata» dei conflitti e delle crisi. Sono stati toccati anche i nodi nevralgici del Darfur e dell'America Latina (Cuba?). Ma c'è stato anche «un esame delle questioni morali e religiose odierne», fra cui i diritti umani e la libertà religiosa, la difesa e la promozione della vita, il matrimonio e la famiglia, l'educazione dei giovani e lo sviluppo sostenibile. Temi su cui le posizioni statunitensi sono più convergenti con quelle del Vaticano.
«Commovente». è il commento che George W. dà dell'incontro e poi nel pomeriggio spiegherà che «ci è stato chiesto se gli Stati Uniti abbiano un ruolo-guida contro la sofferenza e posso dire che possiamo provare a farlo». Dopo il colloquio col Papa, alla presenza delle delegazioni, lo scambio dei doni: da Bush un bastone opera di ex senzatetto del Texas su cui sono incisi i 10 comandamenti. «Tutti?», chiede Ratzinger; «Yes, Sir», risponde il presidente, con una piccola gaffe di etichetta. Benedetto XVI dona un quadro con una litografia raffigurante una veduta di Roma, e in particolare la basilica di S. Pietro nel XVII secolo, oltre alle medaglie del suo pontificato.
Gazzetta del sud/ Quotidiano nazionale, 10 giugno 2007
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3 commenti:
Osservo che tutti i giornali si soffermano sulle mancanze protocollari di Bush. Quel suo essere a disagio , così evidente, nell`attraversare le magnifiche e ricche Sale vaticane, me lo ha reso piuttosto simpatico!
E poi ammiro la semplicità dell`uomo a capo della più grande potenza mondiale, che con umiltà, sincerità ammette essersi sentito in soggezione davanti al Papa, di essere commosso dall`incontro con Benedetto XVI, uomo intelligente e affettuoso.
Quanti "moschettieri dell`informazione", di casa nostra, piuttosto che di ammettere di sentirsi in soggezione davanti alla brillante intelligenza del Santo Padre, alla forza del suo pensiero, piuttosto che di riconoscere l`amabilità del suo carattere, preferiscono denigrarlo, attaccandolo non solo sulle idee, ma anche sulla sua persona.....e tutto ciò con un coraggio ammirevole, visto che Benedetto XVI non può più replicare!
Beh...lo facciamo e lo faremo sempre noi, nel nostro piccolo, e come potremo farlo, con i nostri mezzi limitati !
Ciao Luisa, sono d'accordo con te.
La politica di Bush puo' piacere o non piacere pero' ieri e' stato molto rispettoso nei confronti del Santo Padre e la sua emozione mi e' parsa sincera.
Mi auguro che ascolti le parole del Papa (come chiede il 70 per cento dei cittadini statunitensi) e che porti nel suo cuore l'emozione dell'incontro di ieri.
Ciao
Raffaella
E' quello che spero anch'io vivamente che quei 35 minuti che Benedetto XVI ha dedicato a Bush che alla fine dell'incontro mi sembrava ancor più intimorito che all'inizio, lascino nel cuore del presidente americano, un segno talmente forte da fargli capire dov'e' che ha sbagliato e se è possibile, trovare un rimedio direi urgente!!!!!!!
Sempre con Benedetto XVI - Eugenia
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