13 giugno 2007

La scommessa culturale di Benedetto XVI


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La scommessa culturale di Benedetto XVI

Secondo il Sottosegretario del Dicastero dedicato a questo settore

ROMA, mercoledì, 6 giugno 2007 (ZENIT.org).- La scommessa di Benedetto XVI sulla ragione aperta ad ogni sua dimensione consente l’incontro fra le culture, constata monsignor Melchor Sánchez de Toca.

Il Sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Cultura ha tracciato le caratteristiche intellettuali del Papa in occasione di una delle conferenze organizzate dall’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, in omaggio a Benedetto XVI per il suo 80° compleanno e per il 2° anniversario della sua elezione al Soglio Pontificio.

“La cultura e Benedetto XVI” è il tema che monsignor Sánchez de Toca si è incaricato di affrontare il 30 maggio, presentando il Papa Joseph Ratzinger come “uomo di cultura”, e collocando il suo profilo sullo sfondo dei suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II.

Definendolo come un “umanista cristiano”, il sacerdote ha ricordato che fu con Paolo VI che “per la prima volta l’uomo moderno era arrivato al pontificato”.

“Il suo grande desiderio è di parlare all’uomo moderno che, a causa degli eventi della storia, si trova lontano dalla Chiesa”, ha constatato.

Come Pontefice, Paolo VI “si incontra con gli artisti nella Basilica di San Pietro nel 1964, un evento fino ad allora inedito; inaugura la galleria di arte moderna nei musei vaticani, un gesto audace; riceve i membri dell’Accademia delle Scienze; è il primo Pontefice che si presenta all’Assemblea delle Nazioni Unite e si presenta come esperto in umanità, ovvero come portavoce della saggezza bimillenaria della Chiesa, esperta di umanità”, ha precisato monsignor Sánchez de Toca.

Si tratta anche - ha aggiunto - del “primo Pontefice dei tempi moderni che attraversa i confini dell’Italia e apre il cammino ai viaggi internazionali di Giovanni Paolo II”.

Sulla base della grande tradizione classica, elaborata nei seminari e nelle Facoltà della Chiesa, Paolo VI “desidera entrare in dialogo con la cultura moderna”. In questo senso si colloca il suo discorso di chiusura dell’ultima sessione del Concilio Vaticano II, “un discorso memorabile - ha riconosciuto il sacerdote - quando dice: mai come in questa occasione la Chiesa ha sentito il bisogno di conoscere, di avvicinare, di comprendere, di penetrare, di servire, di evangelizzare la società circostante, di coglierla e di ripercorrerla nella sua rapida e continua evoluzione”.

Il seme del Pontificio Consiglio della Cultura

Se Paolo VI è il primo uomo moderno che è arrivato alla Cattedra di Pietro, Karol Wojtyla è, in compenso, il primo intellettuale moderno - filosofo, poeta, teologo, professore di etica - che è arrivato al papato”, ha proseguito.

A suo avviso, “la parola che meglio definisce Giovanni Paolo II - Karol Wojtyla è quella di ‘filosofo’, un filosofo originale, creativo”.

Lo stesso Joseph Ratzinger ha scritto che la prima volta che aveva sentito parlare di Karol Wojtyla è stato attraverso il suo amico filosofo Joseph Pieper, che aveva conosciuto il porporato polacco in un congresso di filosofia in Italia.

“Pieper diceva, entusiasta, che finalmente aveva incontrato un autentico filosofo, uno capace di porre le domande essenziali con una freschezza e con un intuito geniale, senza intrecciarsi in teorie accademiche, animato anzitutto dalla passione per la conoscenza e dalla volontà di conoscere la verità. E Pieper diceva a Joseph Ratzinger: ‘segnati questo nome perché farà parlare di sé’. Era l’anno 1975”, ha ricordato monsignor Sánchez de Toca.

Karol Wojtyla “è anzitutto un creatore”, ha chiarito; “per questo ha coltivato la poesia, il teatro, in via occasionale, ma sempre molto originale”.

È stato detto che, essendo stato attore, Karol Wojtyla “aveva facilità nel comunicare con la gente”, ma “credo che sia il contrario - ha sottolineato -: essendo un uomo creativo e un grande comunicatore, ha voluto fare l’attore”. In questo senso ci troviamo di fronte ad “un attore non nel senso moderno della parola, ma nel suo senso originario: un attore che agisce, un uomo d’azione”.

Per questo, “i gesti che inventava in lui risultavano spontanei; non erano una strategia di comunicazione”, ha affermato.

Nel suo rapporto con la cultura, Karol Wojtyla si muove contemporaneamente come su due piani: mantiene il contatto, come Arcivescovo di Cracovia, con artisti, intellettuali, fisici, scienziati.

E “questa è l’esperienza che ha voluto riportare a Roma, nella Santa Sede, quanto è stato eletto Papa, e che ha plasmato nel creare il Pontificio Consiglio della cultura - ha spiegato l’attuale Sottosegretario di tale Dicastero -, esattamente 25 anni or sono: come un ponte e un cammino di dialogo, perché la Santa Sede possa far arrivare la sua voce al mondo della cultura, e questo possa a sua volta far giungere la sua voce alla Chiesa”.

Intellettuale illustre e trasparente

Con Joseph Ratzinger, “arriva per la prima volta al papato un teologo nel senso stretto del termine - ha constatato monsignor Sánchez de Toca -, che ha coltivato questa disciplina nell’università, nei suoi anni di gioventù, e poi come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede”.

Ma è difficile – ha continuato – catalogare Joseph Ratzinger in quanto teologo: “non è un dogmatico, non è un bibblista, né un liturgista; è un teologo aperto a tutte le dimensioni della rivelazione”.

In questo senso, Joseph Ratzinger “è soprattutto un intellettuale, nel senso più nobile della parola, perché è uomo di pensiero”, e come “teologo e pensatore è intervenuto in molteplici fori, affrontando discussioni corpo a corpo con gli interlocutori più diversi”.

Tratto caratteristico dell’attuale Papa “è l’onestà intellettuale”. Non è “l’uomo di ferro”, come lo si voleva presentare – ha ricordato monsignor Sánchez de Toca –, ma un uomo che ascolta e che prende sul serio la posizione del suo interlocutore”.

E dà testimonianza di questo: “Alcune Conferenze episcopali, al termine della loro visita ‘ad limina’, stilano una sorta di valutazione: quasi sistematicamente l’incontro che risultava maggiormente apprezzato dai Vescovi era quello con il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per la qualità umana dell’accoglienza, per la profondità del dialogo e per l’attenzione con la quale il Cardinale Joseph Ratzinger ascoltava le domande e offriva le risposte chiarificatrici”.

“Intellettuale illustre e trasparente, apprezza il dibattito – ha poi constata –; abbiamo una dimostrazione preziosa di questo nel suo libro ‘Gesù di Nazaret’, nel quale egli instaura un dibattito attraverso il tempo con il rabbino Jacob Neusner, il quale a sua volta entra in dialogo e in discussione con Gesù di Nazaret”.

A ben delineare lo stile del Papa è il Cardinale Paul Poupard – ha ricordato monsignor Sánchez de Toca – che lo descrive come “benedettino nella sua spiritualità e agostiniano nel suo pensiero”.

“Che il Papa Benedetto sia benedettino è evidente, a partire dal suo nome - ha constatato -. San Benedetto, il Patriarca d’Occidente, è una figura di riferimento e il Papa ha fatto del benedettino ‘ora et labora’ un programma di vita. Sant’Agostino, d’altra parte, che è stato oggetto della sua tesi, è il suo autore preferito. È il Padre della Chiesa più citato nei discorsi del Papa”.

La ragione, essenza della cultura

Per approfondire il pensiero di Ratzinger, il Sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura ha ricordato che “San Benedetto e i monaci benedettini”, piuttosto che “dal lamentarsi per la caduta dell’impero romano, trasmettono il patrimonio intellettuale della stessa Roma che aveva perseguitato la Chiesa”.

“In sintonia con questa spiritualità benedettina, Joseph Ratzinger sottolinea la necessità di riconciliarsi con l’eredità dell’Illuminismo”, che “ha fortemente perseguitato la Chiesa ed ha cercato di emarginarla”, ha ricordato.

In questo senso si spiega il forte discorso del Cardinale Ratzinger a Subiaco, alla vigilia della morte di Giovanni Paolo II.

Allora aveva affermato che l’Illuminismo, nonostante tutto, continua ad essere un fenomeno di origine cristiana, e che il Concilio Vaticano II, in particolare nella “Gaudium et Spes”, ha posto in rilievo la profonda corrispondenza tra Cristianesimo e Illuminismo cercando di arrivare ad una vera conciliazione tra Chiesa e modernità.

“Ciò è possibile perché il Papa è convinto che l’elemento essenziale della cultura è il Logos, la scommessa sulla ragione, una ragione aperta ad ogni sua dimensione, che è ciò che consente il contatto e l’incontro fra tutte le culture”, ha confermato monsignor Sánchez de Toca.
La visione del Papa “sulla cultura e l’incontro tra Chiesa e cultura”, si riflette - ha segnalato il sacerdote - nel discorso di apertura della V Conferenza Generale dell’Episcopato latinoamericano ad Aparecida (Brasile), dello scorso 13 maggio.

Nel suo discorso, il Santo Padre “si interrogava sull’incontro tra la fede portata dai missionari e le culture delle popolazioni americane”.

“L’annuncio di Gesù e del suo Vangelo – affermava il Papa – non comportò, in nessun momento, un'alienazione delle culture precolombiane, né fu un'imposizione di una cultura straniera, perché le autentiche culture non sono chiuse in se stesse [...] sperano di raggiungere l'universalità nell'incontro e nel dialogo con altre forme di vita”.

In questo contesto – ha insistito monsignor Sánchez de Toca – il Papa ha voluto così affermare che “Cristo, essendo realmente il Logos incarnato, ‘l'amore fino alla fine’, non è estraneo ad alcuna cultura né ad alcuna persona”.

Zenit

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