28 giugno 2007

Rassegna stampa del 28 giugno 2007


Vedi anche:

Benedetto XVI, le ragioni di una elezione...

Nuove nomine in Vaticano

Il Cardinale Ratzinger? Nettamente contrario alla norma che consentiva di eleggere il Papa con la maggioranza semplice


Cari amici, oggi iniziamo la rassegna stampa con un tuffo nella giornata di ieri per leggere gli articoli che non abbiamo fatto in tempo a consultare.
Raffaella


L’elezione del Papa

L’UNITÀ DELLA CHIESA, LE RAGIONI DEL RITORNO ALL’ANTICO

di FRANCESCO PAOLO CASAVOLA

CON LETTERA apostolica Benedetto XVI ha ripristinato norme per l’elezione papale, introdotte da Paolo VI con la costituzione Romano pontifici eligendo del 1° ottobre 1975, e che Giovanni Paolo II aveva modificato con la costituzione Universi Dominici gregis del 22 febbraio 1996.
Già il Papa innovatore aveva ricevuto non poche e autorevoli petizioni perché si tornasse alle vecchie regole. Benedetto XVI le ha accuratamente vagliate e ha dato loro seguito.
La questione tocca la maggioranza richiesta per la elezione del Papa da parte del collegio cardinalizio nel Conclave, che doveva essere dei due terzi dei votanti, secondo quanto stabilito da Paolo VI. Giovanni Paolo II, invece, aveva lasciato ai cardinali di decidere, dopo il tredicesimo giorno di conclave, corrispondente a trentatrè o trentraquattro votazioni, di procedere sempre cercando i due terzi dei consensi, oppure di passare alla maggioranza semplice, cioè della metà più uno, o di andare al ballottaggio tra i due cardinali più votati.
Con la lettera del 26 giugno di quest’anno, Benedetto XVI impone ai cardinali di passare al ballottaggio sempre però riunendo per una elezione valida la maggioranza dei due terzi. I due candidati che vanno al ballottaggio debbono astenersi dal voto. Quale significato ha questa decisione del Papa? Da un punto di vista procedurale, il collegio cardinalizio perde la facoltà di scegliere tra diverse maggioranze, i due terzi o la metà più uno. Il ballottaggio con elezione a maggioranza di due terzi è una via obbligata. Questo metodo limita accordi troppo frazionati, induce a cercare ampi consensi fondati su valutazioni e convincimenti in grado di resistere in più confronti di ballottaggio.
Non a caso la lettera del Papa stabilisce che un giorno sia dedicato alla preghiera, alla riflessione e al dialogo tra gli elettori. L’elezione papale diventa, o torna ad essere, più difficile. Gli osservatori esterni alla Chiesa usano proiettare su questo evento profili di diverse elezioni politiche, amministrative, accademiche, associative. Così la natura spirituale di una elezione, che si vuole assistita dalla ispirazione divina, sfugge del tutto. Le regole procedurali non esprimono preoccupazioni di correttezza e di legittimità dell’investitura. Rivelano con il loro accresciuto rigore la necessità che la Chiesa trovi al proprio vertice una figura umana il più possibile adeguata al suo compito più che umano, in una età della storia in cui, come alle origini del Cristianesimo, la Chiesa è in diaspora tra le nazioni in ogni civiltà e luogo della Terra.
La Chiesa è una e molteplice nelle razze, nelle lingue, nelle culture dei suoi fedeli e dei suoi pastori. Mai come in questo suo terzo millennio essa è universale, nel senso che tende ad essere un muovendo dalle periferie dei cinque continenti. La tradizionale compattezza europea le sta alle spalle, nel suo futuro sta il mondo come una sola terra di missione con incertezze e sfide centuplicate. E allora è giusto che il Papa nasca con più travaglio dalla coscienza di un pugno di uomini religiosi, che sentano il peso di rappresentare i credenti nella fede cristiana a qualunque popolo appartengano.

© Copyright Il Messaggero, 27 giugno 2007


A sorpresa Ratzinger modifica le norme per eleggere il suo successore: abolita la maggioranza semplice

CITTÀ DEL VATICANO — Per eleggere il Papa sarà sempre necessaria una maggioranza qualificata di due terzi degli elettori. Il «motu proprio» di Benedetto XVI è arrivato ma non è quello che si attendeva sulla liberalizzazione della messa in latino: anche questo comunque è una sorta di ritorno all'antico. Con il «motu proprio» reso pubblico ieri, ma che reca la data dell'11 giugno scorso, papa Ratzinger ripristina la norma tradizionale sulla maggioranza richiesta nell'elezione del Sommo Pontefice. In base a tale norma, perché il Papa «possa considerarsi validamente eletto è sempre necessaria la maggioranza dei due terzi dei cardinali presenti in Conclave». Secondo le nuove disposizioni, inoltre, dopo la 33/a o 34/a votazione, si passerà direttamente, e obbligatoriamente, al ballottaggio fra i due cardinali che avranno ricevuto il maggior numero di voti nell'ultimo scrutinio. Anche in questo caso, però, sarà necessaria una maggioranza dei due terzi. Viene inoltre specificato che i due cardinali rimasti in lizza per l'elezione non potranno partecipare attivamente al voto, avranno quindi solo voce passiva. Papa Ratzinger, cancellando l'ipotesi della maggioranza semplice della metà più uno degli elettori, è andato così a ritoccare, con un'importante modifica nel regolamento per l'elezione in Conclave del Sommo Pontefice, la Costituzione apostolica «Universi Dominici Gregis» promulgata nel 1996 da Giovanni Paolo II, che stabiliva - al punto 75 - che dopo il 33/o o 34/o scrutinio, qualora gli elettori non avessero trovato un'intesa, si sarebbe potuto procedere anche a votazioni per le quali fosse sufficiente «la sola maggioranza assoluta». Il documento odierno di papa Ratzinger abroga proprio quanto stabilito nel paragrafo 75 della «Universi Dominici Gregis», in cui si stabiliva appunto come «valida elezione» del Romano Pontefice - qualora «le votazioni non avranno esito» - quella ottenuta «o con la maggioranza assoluta dei suffragi o con il votare soltanto sui due nomi, i quali nello scrutinio immediatamente precedente hanno ottenuto la maggior parte dei voti, esigendo anche in questa seconda ipotesi la sola maggioranza assoluta». Col «motu proprio» di ieri, Benedetto XVI fa salvo quanto sancito dal suo predecessore laddove in termini generali si richiedevano «per la valida elezione del Romano Pontefice i due terzi dei suffragi, computati sulla totalità degli elettori presenti». Dopo la promulgazione della Costituzione apostolica wojtyliana, il 22 febbraio 1996, fa notare Benedetto XVI, giunsero a Giovanni Paolo II «non poche richieste, insigni per autorità», di ripristinare la norma precedente dei «due terzi». Di qui la decisione di «abrogare le norme prescritte nel paragrafo 75 della Costituzione apostolica «Universi Dominici Gregis» di Giovanni Paolo, e di sostituirle con le norme che seguono: se gli scrutini di cui al paragrafo 72, 73 e 74 della Costituzione non hanno esito, si indica un giorno di preghiera, riflessione e dialogo». Negli scrutini seguenti, prosegue il nuovo documento pontificio, i due cardinali che nel precedente scrutinio abbiano ottenuto la maggioranza dei voti devono fare in modo che «non si receda dall'esigere che anche in queste votazioni venga richiesta per una valida elezione la maggioranza qualificata dei suffragi dei cardinali presenti». D'ora in poi, quindi, perchè il Papa possa considerarsi validamente eletto, anzichè la metà più uno degli elettori, sarà sempre necessaria «la maggioranza dei due terzi dei cardinali presenti», prescindendo dal numero delle votazioni e dalla durata del Conclave. Benedetto XVI stabilisce, infine, che la nuova norma entri in vigore da ieri con la pubblicazione del «motu proprio» sull'Osservatore Romano. La modifica, in ogni caso, riguarda una situazione che non ricorre più da secoli. Tutti gli ultimi Pontefici, infatti, sono stati eletti ben prima della 33/a votazione e con una maggioranza superiore ai due terzi. Di fatto, però, Benedetto XVI ha prospettato la via affinchè l'elezione del suo successore abbia un mandato consistente e di ampia portata, con la necessità di un accordo largo e senza la possibilità di nominare un Papa attraverso un braccio di ferro tra fronti contrapposti. Lo stesso portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha commentato che le nuove norme «servono a garantire il più ampio consenso al nuovo Papa». Tra l'altro, l'introduzione, seppure in particolari circostanze, della possibilità di eleggere il successore di Pietro con la maggioranza assoluta, contraddiceva una tradizione di secoli per la maggioranza qualificata dei due terzi, che risale addirittura al Concilio Lateranense III celebrato a Roma sotto papa Alessandro III nel 1179.

© Copyright Il Tempo, 27 giugno 2007


Ripristinata la maggioranza tassativa dei due terzi per l’elezione del Papa

Conclave, ritorno al passato

ALCESTE SANTINI Città del Vaticano. Con un Motu proprio, pubblicato ieri ma con la data dell’11 giugno scorso, Benedetto XVI ha stabilito che per eleggere il prossimo Pontefice sarà necessaria, tassativamente, la maggioranza dei due terzi dei cardinali presenti in Conclave. Con ogni altra maggioranza l’elezione non sarà valida. In base alla Costituzione Universi Dominici Gregis, emanata da Giovanni Paolo nel 1996, veniva stabilito al paragrafo 75 che, dopo il trentatreesimo o il trentaquattresimo scrutinio, qualora gli elettori non avessero trovato un’intesa, si sarebbe potuto procedere a ulteriori votazioni per le quali sarebbe stata sufficiente «la maggioranza assoluta». Con le nuove norme la maggioranza qualificata per eleggere il nuovo Papa, è «esclusivamente dei due terzi dei cardinali presenti e partecipanti alla votazione». Viene, inoltre, precisato che i due candidati che riportano più voti e, quindi rimasti in lizza per l’elezione, «non potranno partecipare attivamente al voto», ma avranno «solo voce passiva». La nuova normativa, secondo il Motu proprio, è già entrata in vigore nella data di pubblicazione, cioè ieri. Quanto ai motivi per cui Benedetto XVI ha deciso di procedere a questa nuova normativa relativa alla delicata elezione del nuovo Pontefice, ce ne sono almeno due. Il primo risale al tempo di Giovanni Paolo II quando questi aveva ricevuto diverse «richieste autorevoli» (auctoritate insignes) da parte di vescovi e cardinali decisi a rendere sempre più collegiale il collegio elettorale su cui, nei secoli e anche in tempi recenti, non sono mai mancate discussioni. Anzi, dopo il Concilio Vaticano II, questo dibattito è divenuto sempre più vivo. E il secondo motivo, legato al primo, riguarda la riscoperta dell’esperienza della Chiesa apostolica su cui Benedetto XVI insiste continuamente per poter rimettere al centro il messaggio di Gesù. È, infatti, storia della Chiesa che spettava alle Comunità dei fedeli eleggere i sacerdoti come i vescovi e i cardinali e questo accadeva fin dai primi secoli della Chiesa cattolica. Un criterio sempre più oscurato quando la nomina dei cardinali e l’elezione del Pontefice erano diventate inseparabili dall’intreccio che si era creato fra trono e altare. Basti ricordare l’ultimo episodio di grave interferenza politica quando venne eletto il 4 agosto 1903 Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto) per superare un conclave drammatizzato dal veto posto dall’imperatore austriaco nei confronti del cardinale Rampolla. Perciò, con il Motu proprio di Benedetto XVI per un verso si ritorna alla norma tradizionale, nata dalla riforma di Pio X, che però entrò in vigore dopo la sua morte con Benedetto XV, e, per l’altro, si attuano i nuovi orientamenti scaturiti dal Concilio Vaticano II che propongono una maggiore collegialità. E su questa strada Benedetto XVI compie un piccolo passo in avanti insistendo sulla «la maggioranza dei due terzi» dei cardinali.

© Copyright Il Mattino, 27 giugno 2007


Armi e santi per quel voto

Nei primi due secoli, durante la persecuzione dei cristiani, i Papi venivano eletti nella clandestinità dal clero. Con l'editto di Costantino del 313, la Chiesa ebbe il riconoscimento ufficiale e prese avvio la sua organizzazione con le relative modalità per la nomina dei vescovi, dei cardinali e del Papa. Fu Alessandro III che introdusse la regola della maggioranza dei due terzi, approvata dal Concilio del Laterano con la costituzione «Licet de vitanda». Clamoroso rimane l’episodio di Perugia nel 1216 quando diciannove cardinali vennero rinchiusi in un palazzo pontificio ed elessero Onorio III. Ma fuori erano le potenti famiglie (Caetani, Orsini, Colonna, Aldobrandini, Barberini, ecc.) a confrontarsi per la sua elezione. La storia dei conclavi è praticamente quella della Chiesa. Ed è soltanto dopo il Concilio Vaticano II che Paolo VI con la Costituzione Romani Pontifici, stabilì che a eleggere il Papa dovessero essero solo 120 cardinali di età inferiore agli ottant’anni. Una norma tuttora valida.

© Copyright Il Mattino, 27 giugno 2007

E c'e' chi non ha afferrato per nulla la portata innovativa, giuridica e storica, del motu proprio. Mi chiedo come si sia sentito, ieri mattina, Paolo Francia nel leggere le analisi degli altri quotidiani :-)
Raffaella


CONCLAVE NUOVO, ANZI ANTICO

Benedetto XVI a sorpresa

Paolo Francia

DEV’ESSERE proprio nel dna di ogni Papa volersi impicciare dei meccanismi del Conclave, se non vi si è sottratto neppure il prudente Benedetto XVI, oltretutto con una modifica che, con ogni probabilità, è la più irrilevante delle centinaia apportate dai vari Pontefici nei due millenni di vita della Chiesa. Che cosa ha statuito infatti Ratzinger con il suo motu proprio? Che dalla trentatreesima votazione non basta la maggioranza semplice fissata dalla costituzione Universi dominaci gregis di Giovanni Paolo II, ma occorre, per l’elezione, che si raggiungano i due terzi dei voti, proprio come nelle prime trentadue votazioni. Acqua fresca, ci sia permesso. Non si ha memoria, almeno da molti secoli in qua, che un Conclave sia mai stato così tribolato.

IL RECORD di durata, quasi tre anni, risale a quello del 1268 dopo la morte di Clemente IV. Poiché i cardinali non trovavano l’accordo (ma non sembra che allora si procedesse con votazioni vere e proprie), il podestà di Viterbo (dove si svolgeva) e il capitano delle milizie scoperchiarono il palazzo della riunione e misero gli elettori a pane e acqua. Il Papa neoeletto, Gregorio X, con la costituzione Ubi periculum diede otto giorni di tempo, trascorsi i quali i cardinali avrebbero potuto disporre, appunto, solo di pane e acqua.

BENEDETTO XVI ha istituito il ballottaggio, dalla trentatreesima votazione, fra i due cardinali con più voti nello scrutinio precedente. Un altro pressoché inutile formalismo. Come ha dimostrato anche la sua rapida elezione, i cardinali entrano in Conclave con le idee chiare e comunque non hanno tempo, voglia e in qualche caso salute per protrarre a otto-dieci giorni la propria scelta. A meno che, con l’evolversi dei tempi e delle situazioni, il Papa tedesco non tema che la scelta del suo successore possa provocare contrasti e lacerazioni all’interno del Sacro Collegio; il che ci sembra in ogni caso quanto meno improbabile.
Sono diverse decine i Papi che hanno messo mano alle regole. Nel secolo scorso si sono avvicendati Pio X e Pio XI, Pio XII e Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, questi due ultimi con le costituzioni più organiche. Con riguardo al quorum, Pio XII aveva imposto i due terzi più uno dei voti «non potendo nessuno mai autoeleggersi, ovvero dare il voto a se stesso». Giovanni XXIII aveva tolto il «più uno», ritenendo che un candidato al soglio di Pietro potesse liberamente autovotarsi. Paolo VI aveva riportato in vita la tesi di Pio XII e Giovanni Paolo II ha invece optato per quella di Giovanni XXIII, confermata da Ratzinger.

SOLO Benedetto XV è intervenuto «soft» sulle regole del Conclave, rendendo più severe quelle sulla segretezza. C’era la guerra e Della Chiesa aveva altro a cui pensare. Benedetto XVI a sua volta ha inteso comunque marcare un suo sia pur impercettibile segno.

© Copyright Quotidiano nazionale, 27 giugno 2007

Scusate se rido ma qui siamo andati proprio fuori strada :-)
Del resto, non e' la prima volta che Francia usa toni irrispettosi verso Benedetto XVI
...
R.

1 commento:

euge ha detto...

Ormai cara Raffaella penso sia fisiologico che quando si parla di Benedetto XVI, ci si identifichi in un modo di pensare e di concepire la chiesa in maniera dissueta.Molti però, non vogliono capire, che apportare dei cambiamenti non significa snaturare un'ordinmento su cui si sono retti millenni di storia; si posso apportare delle modifiche ma senza sovvertire l'ordine delle cose. Ora è ingiusto pensare Benedetto XVI come un restauratore dell'antico; tutto ciò che egli fa, lo fa sapendo benissimo le varie pecche e beghe interne, prova ne sia che già nel 2001, a proposito del nuovo sistema applicato per lo'elezione del Papa lui non fosse d'accordo!!!!!!!!!! Ovviamente, anche in quel caso come in altri, nessuno lo prese in considerazione e adesso non lo si può accusare che egli stesso abbia beneficiato di quel tipo di votazione; anche perchè sullo scenario di due anni fa come in questo di oggi, nessuno dei papabili, sarebbe in grado di guidare una chiesa ridotta in tali condizioni e nessuno a parte lui, sarebbe in grado di condurre trattative, per rinsaldare in nome dell'ecumenismo, i rapporti con gli ortodossi. Quindi, smettiamola una buona volta di vedere Benedetto XVI come un " fantasma medievale" e cerchiamo di comprendere le sue decisione e di capirne almeno in parte, il loro significato.
Eugenia.