8 luglio 2007

Messa tridentina: il commento di Enzo Bianchi


Vedi anche:

SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"

IL TESTO DEL MOTU PROPRIO (in italiano)

LA LETTERA DEL SANTO PADRE AI VESCOVI PER PRESENTARE IL MOTU PROPRIO.

Messa tridentina: gli speciali de "Il Giornale" e de "La Stampa"

Vittorio Messori intervista Bernard Fellay, superiore dei Lefebvriani (Corriere)

Antonio Socci: mi sento piu' a casa...

Messa tridentina: lo speciale de "La Repubblica"

Messa tridentina: lo speciale de "Il Corriere della sera"

Il motu proprio "Summorum Pontificum", qualche riflessione (di Raffaella)

Buona domenica a tutti

LE IDEE

Se il messale è una bandiera

ENZO BIANCHI*

Molto atteso dai pochissimi cattolici "tradizionalisti" e molto temuto dai vescovi e dalle chiese locali, è stato promulgato, dopo molte dilazioni indicatrici di incertezze, il "motu proprio" Summorum Pontificum che "liberalizza" il rito della messa vigente prima della riforma liturgica. Preconizzato da più di un anno, ha destato grandi preoccupazioni e ha acceso un dibattito di grande qualità.
conferenze episcopali, singoli vescovi, teologi e liturgisti hanno analizzato con spirito di pace e volontà di riconciliazione con i tradizionalisti scismatici i problemi e le derive che potrebbero inoculare contrapposizioni e ulteriori divisioni tra i cattolici. Sì, perché in questi quarant´anni del post-concilio, le chiese hanno percorso un lungo cammino, spesso faticoso, nell´attuazione della riforma liturgica, hanno registrato anche qua e là abusi e contraddizioni allo spirito dell´autentica liturgia cattolica ma, come ha affermato Giovanni Paolo II nel 1988, «questo lavoro è stato fatto sotto la guida del principio conciliare: fedeltà alla tradizione e apertura al legittimo progresso; perciò si può dire che la riforma liturgica è strettamente tradizionale, "secondo i santi padri"» (XXV annus n. 4). Di conseguenza, nel chiarire le possibilità offerte ai tradizionalisti Giovanni Paolo II precisava che «la concessione dell´indulto non è per cercare di mettere un freno all´applicazione della riforma intrapresa dopo il concilio »(Udienza generale del 28.9.1990).
Noi cattolici, ma per la convinzione profonda che il vescovo di Roma è il servo della comunione ecclesiale, obbediamo anche a prezzo di fatica, di sofferenza e di non piena comprensione di ciò che ci vien chiesto autorevolmente e che non contraddice il vangelo: siamo anche capaci di obbedienza pur dissentendo lealmente e con pieno rispetto. Questa obbedienza che vuole essere evangelica e "in ecclesia", richiede che ci esercitiamo a pensare e riflettere per capire maggiormente e per animare la comunicazione in vista di una comunione matura e salda, per fare di tutto affinché la chiesa non soffra di disordine e di ulteriori contrapposizioni: chi ha un vero sensus ecclesiae questo soprattutto teme!
Dunque questo "motu proprio" deve essere accolto come un atto di Benedetto XVI teso a metter fine allo scisma aperto dai lefebvriani e alla "sofferenza" di altri pur restati in comunione con Roma. Il papa è consapevole che più passano gli anni, più le posizioni si induriscono, più ci si abitua allo scisma e si affievolisce il desiderio di una reciproca riconciliazione tra chiesa e scismatici. Per questo il papa autorizza con liberalità la celebrazione della messa conformemente al messale detto di Pio V. Si esce così dall´indulto concesso da Giovanni Paolo II, perché allora si dava la possibilità di celebrare la messa detta di Pio V se il vescovo lo permetteva, mentre ora vi è la possibilità di celebrarla e il vescovo non può proibirla. Non è più dunque "eccezionale" ma "straordinaria", non è più una deroga alle regole ma permessa dalle regole.
Ma per chi è stata promulgata questa nuova legislazione? La risposta non è semplice perché quanti chiedono la possibilità di praticare il messale di Pio V sono una galassia numericamente ridotta ma molto variegata. In tutto il mondo questi cattolici con sensibilità tridentina sono circa 300.000 con circa 450 preti, sul totale di un miliardo e 200 milioni di cattolici, e di essi circa la metà appartiene alla porzione scismatica dei seguaci di mons. Lefebvre. Nel "motu proprio" si pensa certo a questi ultimi – per quali, afferma la lettera, "la fedeltà al messale antico divenne un contrassegno esterno" – ma c´è attenzione soprattutto ai tradizionalisti in comunione con Roma, quelli legati al rito diventato per loro familiare fin dall´infanzia.
Accanto a questi cattolici, scismatici o no, all´orizzonte affiorano anche giovani preti che vorrebbero ritornare all´antico rito e alcuni movimenti ecclesiali che auspicano una ripresa di un´identità fondamentalista cattolica; vi è poi un´appariscente deriva di confraternite e ordini cavallereschi vari che attendono di poter celebrare in latino per rinvigorire il loro folklore e ridare lustro alle loro livree medievali.
Ma qui sorge una serie di domande che esigono una risposta evangelica e una responsabilità conforme al sensus ecclesiae da parte di tutti: vescovi, presbiteri, fedeli cattolici. Non è che questi gruppi si nascondano dietro i veli della ritualità post-tridentina per non accogliere altre realtà assunte oggi dalla chiesa, soprattutto attraverso il concilio? Il messale di Pio V non rischia di essere il portavoce di rivendicazioni di una situazione ecclesiale e sociale che oggi non esiste più? La messa di Pio V non è per molti una messa identitaria, preferenziale e dunque preferita rispetto a quella celebrata dagli altri fratelli, come se la liturgia di Paolo VI fosse mancante di elementi essenziali alla fede? C´è oggi troppa ricerca di segni identitari, troppo gusto per le cose "all´antica", soprattutto in certi intellettuali che si dicono non cattolici e non credenti e misconoscono il mistero liturgico. E ancora, perché alcuni giovani che non sono nati nell´epoca post-tridentina e non hanno mai praticato come loro messa "nativa" quella pre-conciliare, vogliono un messale sconosciuto? Cercano forse un messale lontano dal cuore ma praticato dalle labbra? E se la celebrazione della messa risponde alle sensibilità, ai gusti personali, allora nella chiesa non regna più l´ordo oggettivo, ma ci si abbandona a scelte soggettive dettate da emozioni del momento. Non c´è forse il rischio, in questo soggettivismo, di incoraggiare ciò che Benedetto XVI denuncia come obbedienza alla "dittatura del relativismo"?
E perché coloro che chiedono il rito di Pio V si sentono i "salvatori della chiesa romana"? Salvatori rispetto a cosa? A un concilio ecumenico presieduto dal vescovo di Roma? Perché assicurano: «Vinceremo... tutta la chiesa tornerà all´antica liturgia!»? Questo non è un cammino di riconciliazione e di comunione, ma di rivincita, di condanna dell´altro, di rifiuto di riconoscere le colpe rispettive... Sì, c´è il timore che si risvegli nella chiesa una serie di rapporti di forza in cui c´è chi perde e chi guadagna. Ma questo risponde più a un´ottica mondana che a un´ottica evangelica!
Ogni cattolico – anche chi come me può testimoniare con gioia per averlo a lungo praticato che il messale di Pio V lo ha fatto crescere nella fede, nell´intelligenza eucaristica e nella vita spirituale e lo sente come un monumento liturgico, un´architettura rituale capace di far vivere la comunione diacronica di tutta la chiesa – deve interrogarsi per non lasciare spazio a forme di idolatria e, con il cardinale Ratzinger, «ammettere che la celebrazione dell´antica liturgia si era troppo smarrita nello spazio dell´individualismo e del privato e che la comunione tra presbitero e fedeli era insufficiente». Sì, nessun idealismo né sul messale né sulla sua pratica e non sia un messale a far guerra all´altro messale, perché così si sfascia la chiesa.
Mons. Fellay (il successore di Lefebvre alla guida della Fraternità San Pio X) ha dichiarato che «la liberalizzazione del messale di Pio V provocherà una guerra nella chiesa con una deflagrazione pari a quella della bomba atomica». Sono parole gravi, ma che ci fanno restare vigilanti! Benedetto XVI scrive nella lettera che d´ora innanzi non ci sono due riti ma "un uso duplice dell´unico e medesimo rito" e tuttavia non si possono tacere le differenze: tra un "uso" e l´altro ci saranno letture bibliche sempre diverse, si vivranno i tempi liturgici in modo diverso, con feste del Signore e dei santi in date diverse; con il messale di Pio V si sarà autorizzati a pregare in modo non conforme all´insegnamento ecumenico del Vaticano II, così si pregherà per «eretici e scismatici perché il Signore li strappi da tutti i loro errori», mentre per gli ebrei si userà l´espressione «popolo accecato». Cosa significherà questo nei rapporti ecumenici con le chiese e con gli ebrei?
Sì, verificheremo cosa accadrà nella chiesa e come crescerà o sarà contraddetta la comunione. Sarà determinante l´azione dei vescovi, ai quali "spetta salvaguardare l´unità concorde, vissuta nelle celebrazioni della diocesi" (Sacr. Car. 39). La stragrande maggioranza dei vescovi e intere conferenze episcopali nazionali e regionali, anche italiane, hanno manifestato la loro opposizione a questo provvedimento, ma ora nell´obbedienza e per amore della chiesa dovranno discernere come compaginare la comunione che è sempre innanzitutto comunione liturgica. I vescovi non smettano di chiedere a quanti vogliono praticare la messa di Pio V un´accettazione del concilio e della sua riforma liturgica come legittima e conforme alla verità e alla tradizione cattolica: le espressioni possono essere diverse, ma uno è il vescovo e il presbiterio attorno a lui. L´unità non può essere realizzata a qualsiasi prezzo, né a prescindere dall´autorità del vescovo in comunione con il papa. Il viaggio della barca della chiesa non è ancora giunto al suo termine e nessun porto può diventare una meta, ma solo un luogo di sosta e di transito: anche il messale di Pio V, anche quello di Paolo VI... C´è ancora un altro domani anche per la forma della liturgia.

*L´autore è priore della comunità monastica di Bose

© Copyright Repubblica, 8 luglio 2007

36 commenti:

mariateresa ha detto...

L'articolo di Bianchi è il più schiccio di quelli che ho letto e non c'è dubbio che non siamo di fronte a un ignorante (vedi Repubblica)nè a un tarantolato come Melloni.
Enzo Bianchi ,per quel che ne so, ha una formazione dossettiana e deve vivere questa vicenda come un vero calcio nei denti tanto che era sicuro che il Motu proprio non uscisse mai. Invece è uscito, lo accetta per obbedienza ma è imbastito di ogni tipo di paure. Faccio fatica a seguirlo perchè alcuni scenari mi sembrano un po' enfatizzati da suoi timori di tipo ideologico che io non condivido, ma che non costituiscono certo un'eresia. Il fatto è che le posizioni diverse nella Chiesa ci sono sempre state, sin dalla sua nascita. Ora persone credenti che hanno una diversa visione dalla sua sul piano ecclesiale, liturgico e anche storico ci saranno sempre. Ma questo non deve minare la comunione nella Chiesa e qui mi sembra che lo capisca anche lui. Quello che gli brucia di più , mi sembra, è il riconoscimento che a lui pare implicito che queste persone ricevono dal provvedimento del Santo Padre. Insomma per lui sarebbe meglio che fosse continuata una sorta di tacita disopprovazione di quel modo di essere cristiani e di quel modo di pensare, ritenendo il suo quello giusto.
Ma questo è esattamente quello che pensano i tradizionalisti più militanti degli avversari.
Insomma io credo che il Papa ci inviti ad andare oltre queste contrapposizioni : lui guarda questo vecchio rito e dice "è legittimo", fa parte della tradizione della Chiesa , non è dannoso, è un patrimonio di tutti i credenti, può aiutare la riconciliazione. Il resto è ideologia, che viene confezionata garbatamente da Bianchi, ma è ideologia.
Bianchi è sempre molto sospettoso anche verso quei non credenti che simpatizzano con la Chiesa, come se fosse una cosa censurabile e inquietante , ma il punto è che quei non credenti che non lo convincono, sono tutti della stessa parte politica. E' questo che non mi fila.
Insomma, non bisogna nascondersi dietro un dito, per lui una parte politica, la sua, è più vicina al cristianesimo dell'altra. Ma questo è molto opinabile e non credo centri niente con il Concilio.
Anche il fatto che ci siano giovani che preferiscono il vecchio rito, che a lui sembra oltremodo strano, non gli suggerisce delle domande? Già, come mai questi giovani cercano qualche cosa di diverso, non sarà che gli è stato proposto qualcosa di talmente banale, sonnolento e privo di quel "mistero" , da fargli desiderare altro?
A me sembra così.

Cristiano ha detto...

In questo articolo si evidenziano alcune preoccupazioni legittime, ma anche altre assolutamente infondate!
Quando ci si chiede: "perché alcuni giovani che non sono nati nell´epoca post-tridentina e non hanno mai praticato come loro messa "nativa" quella pre-conciliare, vogliono un messale sconosciuto?" si manifesta scarsa conoscenza dell'animo di molti fedeli!
Ci sono molti giovani che, anche senza sapere dell'esistenza di una messa pre conciliare hanno sempre colto l'aspetto sacrificale del rito, trovando insopportabili e fuori luogo l'eccessivo vitalismo e pascalismo delle celebrazioni moderne.
Ci sono tanti giovani che hanno sempre colto l'importanza della preghiera bisbigliata, bisbiglio che è il modo per parlare teneramente tra innamorati. Non credo che sentiranno la mancanza del canone urlato nei microfoni!
Ci sono molti giovani che amano trascorrere molto tempo in preghiera davanti al S.S.Sacramemnto. per essi il fatto che durante la messa non ci fosse spazio nè per le proprie orazioni particolari nè per un raccoglimento silenzioso era un fatto innaturale. Sono molte le cose che si potrebbero dire, anche su certe vane preoccupazioni evidenziate nell'articolo. Speriamo che chi ne è vittima non lavori per reificarle!

francesco ha detto...

commento esemplare...
evidenzia con chiarezza diverse criticità non da poco e in maniera costruttiva lascia intravedere cammini possibili ma anche possibili derive...
con una lucidità che pochi hanno
un grazie al grande monaco
francesco

francesco ha detto...

caro cristiano
anche a me come a bianchi lascia moooolto perplesso l'atteggiamento di "giovani" (ma dobbiamo includere anche tutti quelli nati intorno agli anni 60... diciamo da 55 in giù) che non possono accampare ricordi, nostalgie ecc.
che vuol dire questa devozione al messale del 1962? in termini spirituali si direbbe un'illusione... se poi, come dici te, è a causa di elementi che non ci sarebbero nell'attuale edizione del messale qui è un fraintendimento "lefreviano" e si commenta da solo
giustamente bianchi, da esperto di cose spirituali, vede puzza di bruciato in questo affetto...
anche io - sono tra questi - conosco persone cui piace gustare il silenzio, pregare davanti al santissimo e che sono disturbati da certi modi urlati e vitalistici di vivere la liturgia
ma non è il libro liturgico il problema
piuttosto è la coscienza di fede che anima chi celebra, la comunità ecc.
a volte è questione di legittime differenze...
e la questione a mio modo non è chiarita: perché questo affetto per qualcosa di passato che non fa parte della mia esperienza? soprattutto è bene accontentare questi desideri?
una guida spirituale direbbe iuxta modum
bianchi non è un ideologo, ma un monaco... di sapienza spirituale non manca e anche di franchezza evangelica... semmai può difettare - siamo mica tutti come il grande papa gregorio I!!! - di "saggezza politica", di "realismo di governo" che sono i valori più forti del motu proprio
questi non li coglie...
però - da un punto di vista ecclesiale - non è un gran difetto
francesco

Anonimo ha detto...

Caro Francesco io sono nata nel 1965 quindi ho quasi 42 anni; non ho conosciuto ne mai assistito alla celebrazione della Messa con il Messale di Giovanni XXIII per ovvie ragioni ma, questo non significa che, assistendo ad una celebrazione secondo tale rito, io non lo possa apprezzare e preferirlo a quello attuale che male ci sarebbe?????? credo nessuno. Da come parlano gli articoli di tante menti eccelse, l'unico messale che si deve seguire senza se e senza ma è quello di Paolo VI e perchè mai?????? ora che c'è la possibilità di scegliere è giusto che chi non conosce il rito tridentino lo conosca perchè non c'è niente di sconveniente in questo a mio avviso.

francesco ha detto...

eh cara gianna...
allora io ritorno alla domanda di partenza: perché pio v sì e il sacramentario veronese no?
se si tratta di usare libri liturgici appartenuti alla pratica della chiesa perché preferirne alcuni piuttosto che altri? soprattutto perché non accettare quello che la chiesa di oggi usa?
qui si rischia un pericoloso relativismo liturgico (e spirituale) per cui ognuno si sceglie la liturgia che gli piace di più... quelli che alcuni chiamano la spiritualità del supermarket... e allora bisogna stare attenti...
a mio parere la norma del papa trova senso come atto di governo di un pastore della chiesa e non come scelta liturgica e spirituale... a mio parere a questo livello ci sono troppe cose che non reggono
e se il papa ha sentito l'esigenza di accompagnare il motu proprio con una lettera di presentazione (che non accade mai!!!) si rende conto di questo e forse di altro che solo lui sa...
francesco

Cristiano ha detto...

Don Francesco, lei parla di accontentare il desiderio di qualcosa di passato... ma sono moltissimi, più di quanto creda, i fedeli che hanno praticato sempre ed esclusivamente l'Usus Tridentinus! E sono fedeli che si documentano, studiano, soprattutto vivono una vita di Fede e di preghiera perchè avvertono di più i problemi del mondo di oggi! Come può essere così duro di cuore da pronunciarsi con un tiepido iuxta modum, riguardo ad una perfetta comunione con loro?
In secondo luogo bisogna sfatare un mito: il Santo Padre ha pensato sì ai fedeli e alla loro libertà di scelta, ma per prima cosa ha pensato ai Sacerdoti!
Sono essi che offrono insieme a Gesù il sacrificio del Calvario! E' di loro che parla per prima nella MP, e saranno loro che renderanno partecipe il popolo dei tesori spirituali del Vetus Ordo...

Cristiano ha detto...

Quanto all'ecclesiologìa di Bianchi secondo me si farebbe bene a leggere quello che ha scritto Mariateresa, che ha detto a mio avviso delle grandi verità! Brava!

francesco ha detto...

caro cristiano
non intendevo riferirmi a chi usa il messale del 1962 ininterrottamente da allora, ma a quelli che ad un certo punto cominciano ad usare il messale
forse potresti provare a rispondere alle mie osservazioni... dici che tu appartieni ad una comunità che invece usa il messale antico da sempre... anche tu dovresti dunque capire le mie perplessità per chi celebrasse per disistima del novus ordo o per una forma di snobismo...
sull'ecclesiologia di bianchi mi pare che sia corretta... solo che lui come il papa è educato ad una franchezza evangelica che oggi nella chiesa sembra molto debole e fioca
francesco

Anonimo ha detto...

Grazie Cristiano per il tuo intevento e visto che al contrario di Don Francesco che risponde ad una domanda ben precisa con un'altra domanda tu dai delle risposte ti chiedo per cortesia di leggere il mio post e di darmi tu una risposta. Ti ringrazio fin d'ora; ti pregherei anche, s puoi di spiegarmi per quale motivo, secondo te, c'è tutta questa avversione verso il rito tridentino. Riguardo a lei Don Francesco, la ringrazio per la sua non risposta.

francesco ha detto...

cara gianna
le tue domande erano chiaramente retoriche (tanto che le risposte te le dai tu)
comunque la risposta diretta alla tua domanda è che dal concilio di trento la chiesa di rito romano ha una sola forma liturgica e, fedele a tale tradizione, il concilio vaticano secondo e chi ha curato l'applicazione delle sue indicazioni ha semplicemente riformato e adeguato i libri liturgici...
l'attuale motu proprio non autorizza l'uso indiscriminato del vetus ordo ma lo sottopone al governo dei vescovi locali come forma straordinaria (anzi più precisamente extraordinaria) del rito romano che resta ordinariamente quello di paolo vi...
ora l'accoglienza di una minoranza (che, per quanto mi riguarda, deve ancora dimostrare il suo desiderio di comunione con tutta la chiesa) non significa che quella diventi la regola e la norma, ma è un atto di apertura e di dialogo...
quanto a cristiano vorrei aggiungere che le ragioni del fatto che il documento si rivolga dapprima ai presbiteri non è tanto di ordine teologico o liturgico, ma piuttosto disciplinare, canonico...
francesco

brustef1 ha detto...

Il "grande monaco" si guarda bene dal qualificare santo Pio V, e questo la dice lunga sulla sua "obbedienza dossettiana".
Bruno

Anonimo ha detto...

Caro francesco allora Il Motu Proprio non autorizza l'uso indiscriminato del vetus ordo, lo sottopone al controllo dei vescovi è un'apertura al dialogo........ e allora perchè tanto astio se qualcuno dovesse preferire a quello attuale quello tridentino????? che male c'è ??????? Parlare di spermarket della fede mi pare non solo poco rispettoso ma, onestamente fuori luogo se io come fedele ho la possibilità di scegliere liberamente, ben venga conoscendo entrambi i modi di celebrare, posso eventualmente capire a quale dei due mi sento più vicina senza che nessuno mi imponga di seguirne uno soltanto; io a mio giudizio la vedo come una forma di democrazia da non biasimare anzi........ se non sbaglio il concilio era anche contrario ad ogni forma di imposizione quindi........

francesco ha detto...

cara gianna
non conosco la storia della tua vita di fede, ma mi permetto di ricordarti due cose basilari
la liturgia della chiesa non è cosa che si sceglie: è quella, la si accoglie
nella chiesa, poi, insegna il concilio vaticano secondo, non c'è una democrazia, ma una hierarchica communio...
ora se un "tradizionalista" leggesse il tuo ultimo commento inorridirebbe... o forse si scaglierebbe contro il modernismo del concilio e amenità del genere...
però il tuo esempio mi pare esemplificativo per vedere come questa "liberalizzazione" possa esser fortemente fraintesa...
francesco

Anonimo ha detto...

Va bene Don Francesco tanto è inutile perlare con lei ....... lei non sa ascoltare ma cerca sempre di imporre i suoi modi di vedere. Io non sono una teologa ne aspiro ad esserlo vorrei soltanto capire, perchè si ostacola tanto il rito tridentino ci sarà una motivazione plausibile oppure siccome non c'è ci s'inventano giri di parole per confondere le idee e per far risultare colpevole senza appello agli occhi del Concilio il fedele che vuole anche conoscere il rito tridentino????? Allora è vero che i grandi democratici usciti dal concilio in questo caso sono più conservatori dei veri conservatori o tradizionalisti come lei li definisce. Comunque la ringrazio lo stesso del suo intervento io mi limito solo a risponderle che se mi capiterà sarò ben felice di assistere ad una messa tridentina visto che è nel mio diritto. Ho sempre accettato nella mia vita tutto quello che mi è stato proposto dal magistero della chiesa ora, siccome il Motu proprio è un atto del Papa sarò ben felice di accettare anche questo. Mi dispiace soltanto per quelli che come lei si ostinano a vedere in questo atto, un passo indietro oppure uno svilimento della fede fino a paragonarla alle spese del supermarket ( questo lo ha detto lei ) invece di essere grati al Papa che cerca in qualche modo di unificare il Corpo Mistico di Cristo e non di dividerlo come insinua lei. Peccato questo Papa ha il destino di essere sempre frainteso anche se parla molto chiaro e senza mezzi termini; forse se la stessa cosa l'avesse proposta Giovanni Paolo II, a lei sarebbe andata a genio.
Grazie

francesco ha detto...

cara gianna
mi pare che vuole imporre il proprio modo di vedere sia lei... lei mi accusa - in maniera retorica - di pensare che il motu proprio sia un passo indietro ecc. e la prego allora di andarsi a leggere i miei commenti sul documento in questo blog... le ho risposto soltanto ad alcuni svarioni di tipo spirituale e teologico presenti nelle sue risposte...
non mi pare sia nell'intenzione del papa permettere indiscriminatamente di partecipare all'una o all'altra forma del rito romano come se fossero equivalenti: una è ordinaria e l'altra ha un carattere di extra ordinarietà... il suo modo di intendere la decisione del papa è oggettivamente sbagliata
a me, come prete, mi sembra importante farlo notare... poi ognuno è libero di fare quello che vuole
francesco

Cristiano ha detto...

Cara Gianna, scusa se ti ho lasciata in balìa di Don Francesco:-))dico per ridere sia chiaro Don Francesco;-)
Credo che l'uso tridentino sia antipatico a molti perchè è essenzialmente un sacrificio umano e incita al sacrificio umano (in cambio, s'intende, della Vita Divina...). Ciò costituisce un offesa agli usi e costumi della nostra società, per cui bisogna essere vitali, allegri, sorridenti, in forma... Anche la liturgìa che l'uomo di oggi richiede è "bella","viva", talvolta "simpatica", come è stato ripetuto di recente. Ci sarebbe bisogno comunque di spazio per argomentare, perchè già mi sembra di vedere Don Francesco scrivere la sua obiezione (e so anche quale...la risposta è: "non è assolutamente vero, si vada a rileggere l'IGMR!")

Anonimo ha detto...

Grazie Cristiano per la tua risposta!!!!!!!!!!!!!!!!!

P.s io non sono una teologa ed i svarioni che dice lei mi dovrebbero essere almeno consentiti. Non volgio imporre il mio modo di vedere a nessuno cosa che invece lei fa puntualmente e so benissimo senza che lei offenda che cosa significa straordinaria. Appunto perchè ho letto in giro i suoi post noto sempre verso questo Motu Proprio, un senso di diffidenza e di rifiuto. In uno dei suoi primi post addirittura prima dell'uscita di questo Motu Proprio lei parla di diavolo sottoforma di angelo di luce lo vada a rileggere è penoso, oppure parla del Papa costretto ad agire sotto la pressione dei conservatori....... ma, per favore Don Francesco!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

francesco ha detto...

caro cristiano
non preoccuparti! gianna sa cavarsela da sola!!!
a me il vetus ordo non sta antipatico, anzi... mi gusterà celebrarlo di tanto in tanto...
quanto al sacrificio (o meglio, come dici tu, alla partecipazione della Chiesa al sacrificio di Cristo) è un dato teologico pienamente presente nell'attuale ordinamento del messale (esatto l'igmr ma io ieri ho riletto con gusto la missale romanum e questa storia dell'abrogazione mi pare una cosa poco corretta)... che poi nella prassi e nella catechesi liturgica non lo si metta in luce questo non è imputabile al novus ordo
quanto all'accusa di aver tacciato il documento del papa di esser un diavolo vestito di luce o di non esser un documento "libero" penso che è stato frainteso il mio pensiero... che forse, leggendo con attenzione le cose, si può cogliere chiaramente
francesco

Cristiano ha detto...

Ma io lo so, Don Francesco, che contrariamente a quanto sembra, lei è una persona seria;-)ha fin d'ora il mio "prosit"!

Ammette lei stesso che il novus ordo, per motivi vari (anche condivisibili...) mette in luce solo l'aspetto commemorativo, l'aspetto assembleare, l'aspetto di "coena", non quello di sacrificio... non basta che questo sia presente più o meno nominalmente, esso deve poter essere vissuto, assentito nella sua evidenza!

Nel vetus ordo tutto è regolato in funzione dell'aspetto sacrificale. Mi è stato chiesto perchè l'uso tridentino è antipatico a molti e io l'ho scritto: perchè fa paura a chi è attaccato alla vita e contiene cose inaccettabili per un uomo moderno.... Heu quia frequenter impeditus ero deinceps!

Quanto all'abrogazione del missale, non ricordo cosa dice la MR, ma se Paolo VI avesse seriamente voluto abrogarlo avrebbe compiuto un atto invalido... tant'è che è sentenza comune che non intendesse assolutamente abrogarlo! Non rientra nelle prerogative di un Pontefice!

Anonimo ha detto...

Caro don Francesco,
un punto su cui fare chiarezza - e su cui tutti glissavano inspiegabilmente - è che l'Ordo del 1962 (di Giovanni XXIII, il papa buono, proprio colui che ha indetto il Vaticano II) non è mai stato abrogato.
Lo ebbe a dire Giovanni Paolo II, e lo ripete ora Benedetto XVI.
E' poi curioso che, da un punto di vista esclusivamente disciplinare, in una Chiesa dove tutti invocavano giustamente maggiore libertà l'unica cosa vietata - e mantenuta tale con zelo da molti Vescovi, compreso il mio - fosse proprio la Messa tridentina, cioè quello che per secoli si era fatto da tutti, in piena comunione, nella Chiesa latina.
Gli stessi vescovi che magari presiedevano a liturgie a dir poco fantasiose.
Questo - da ex-giovane, nel senso che ora ho 47 anni, ma l'epoca della riforma liturgica, con pregi ed eccessi, l'ho vissuta sin dall'infanzia (e gli eccessi continuano, dai sacerdoti che vagano per la chiesa a stringere mani, a formule da "equo canone" fai-da-te più che da Canone Romano, a canti che non consiglierei di ascoltare al mio peggiore nemico - mi ha avvicinato alla conoscenza del rito "antico", anche se poi (per disciplina, sì, non ci crederà) vi ho partecipato una sola volta.
Ora si può, senza patemi d'animo..
Chiedere la celebrazione della Messa di S.Pio V non equivale a rifiutare il Concilio, che sta a pieno diritto nel patrimonio della Tradizione.
La riforma liturgica ha avuto molti pregi, tra i quali senz'altro il lezionario, ma anche qui il Papa apre ad una contaminazione reciproca tra i due riti.
Lo dico a tutti, a me per primo: non abbiamo paura di chi professa gli stessi nostri valori, magari in modo diverso, e chiede ascolto su questioni non secondarie.
I problemi veri stanno altrove.

Anonimo ha detto...

Caro Paolo io personalmente l'ho scritto in più di un post che il Messale di Giovanni XXIII è del 1962 quindi in pieno Concilio che non è stato mai abrogato, che secondo me non c'è nulla di male se viene liberalizzato, non ritengo giusto che chi desidera la celebrazione della Messa in latino venga condannato e bollato come conservatore ad oltranza o come branco di pecore belanti in buona sostanza gente senza cervello...... però chissà perchè questa mia domanda non ha mai avuto risposta oppure, si rispondeva con un'altra domanda. Solo nel post di Cristiano che ha risposto a Gianna65 peraltro, considerata poco intelligente perchè non aveva compreso il termine straordinario a detta di Don Francesco, ho avuto una risposta che però secondo me non giustifica un tale atteggiamento. Caro Paolo secondo me il motivo di fondo è un'altro....... qui si ha paura che la gente come me e come te che non sopportano più le Messe che sembrano feste tra amici, sfilate di moda, concorsi canori etc. etc., possano definitivamente apprezzare il rito latino ed allora tutti coloro che impostano le celebrazioni in tal modo, che fine farebbero????????? o si adeguano ma di malavoglia o addirittura come è successo nella parrocchia vicino casa mia, si chiede preventivamente di non chiedere la messa tridentina; venendo meno di fatto, al Motu Proprio del Papa.

francesco ha detto...

non penso che il carattere sacrificale dell'eucaristia sia soltanto "detto" nel novus ordo... non sarebbe una liturgia cattolica!
che poi nella prassi liturgica non lo si evidenzi (o diventi occasione di spettacolarizzazione come mi pare di vedere recentemente col proliferare di candelieri e parate di chierichetti vari al momento della consacrazione ecc., vabbè sarebbe lungo il discorso) è un fatto che va corretto, ma a livello disciplinare e locale...
l'attacco al vecchio rito è fatto da fronti diversi... da chi lo fa strumentalmente, per ragioni "ideologiche" non mi occupo, lascia il tempo che trova... ma da liturgisti e uomini di chiesa che amano la liturgia le osservazioni sono molte e non riducibili ad un banale "vitalismo"... se la chiesa al tempo di paolo vi ha ritenuto di rinnovare la liturgia e il messale era per chiari motivi teologici e pastorali... come dice il documento approvato oggi tale rinnovamento non cambia la sostanza della fede (della lex orandi atque credendi) ma intende "svilupparla, approfondirla ed esporla più ampiamente"... ho riletto la missale romanum ed è illuminante e chiara! vi consiglio di rileggerla...
e vengo allora alla questione dell'abrogazione... che chiaro sarebbe stata invalida, ma anche non necessaria... sempre dal documento citato si comprende bene che l'intenzione della chiesa e del papa non era fare un altro libro liturgico, un altro messale, ma editare quello di pio v come avevano fatto altri papi tra cui giovanni xxiii (nel 1962 non si era in pieno concilio... ma è vero che al concilio si è celebrato con quella riforma)... nessuna di queste altre edizioni aveva abrogato la precedente, ma era chiaro che il nuovo messale "sostituiva" il vecchio... tutti i preti e i vescovi dopo il concilio hanno inteso così...
perfino chi non accettava il nuovo messale non ha posto la questione della non abrogazione, ma il non accettare la nuova edizione del messale...
ed è qui che la questione dell'abrogazione storicamente (giuridicamente l'avete detto anche voi) non tiene e - come già ho detto - è un punto debole del recente motu proprio di benedetto xvi

caro cristiano prova a difendermi tu se ci riesci... come capisci i miei ragionamenti sono in vista di una ricerca di ciò che è vero... comunque tu e raffaella siete invitati alla mia prima celebrazione (privata) col vetus ordo!!! e grazie del prosit!
francesco

Anonimo ha detto...

Accetto volentieri :-)

Cristiano ha detto...

Accetto volentieri anche io caro Don Francesco, e mi lusinga la menzione d'onore assieme alla padrona di casa:-))
Io lo vedo che lei cerca la verità e non è fazioso... non voglio neanche insistere più di tanto a parlare del novus ordo perchè mi sentirei sacrilego.
Credo comunque fermamente che molti avversari della dottrina tradizionale cattolica e del S.S.Sacrificio siano seriamente malintenzionati. Essi propagano una dottrina distorta.
Il cosiddetto ecumenismo e l'organizzazione assunta dalla S.Chiesa in questi ultimi decenni hanno visto anche incresciose concessioni a uno "spirito" che un cattolico può solo deprecare.
Fortunatamente il nostro Santo Padre di queste cose ha una visione perfetta e stà lavorando sodo per rigovernare la navicella di Pietro. Non vedo i punti deboli che evidenzia lei nelle Sue decisioni.
Tutto ciò che si oppone al famigerato "spirito" del concilio (che è in contrasto perfino con gli stessi documenti del CVII), anche il tradizionalismo più superficiale, riscuote il mio consenso. Al contrario qualunque saggia e ponderata posizione "progressista" mi trova in disaccordo. Questo perchè è meglio zoppicare lungo la strada giusta che correre lungo quella sbagliata. Il problema liturgico è un caso, importante tra altri.
Spero comunque che ci sia occasione per scambiarci di nuovo i nostri punti di vista sull' argomento...
Saluti!

Anonimo ha detto...

.....contaminazione tra i due riti citava Paolo, forse è questa la chiave positiva che potrebbe permettere la crescita della comunione ecclesiale tra chi crede di essere una razza superiore di cristiano nelle entrambe posizioni (anche posturali), potrebbe ridurre la sciatteria presente in certe Messe e in certi canti da un lato, e potrebbe far capire che anche una bella stretta di mano anche a chi si è pulito prima il naso ha il suo valore e che non basta uscire soddisfatti per aver partecipato a un rito che ti fa sentire molto, molto spiritualizzato!!!???? attenzione alla magia e alla suggestione del suono e dell'incenso......e anche se parlo le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho la carità...... ciao Roberto

Anonimo ha detto...

Vorrei ricordare cosa diceva effettivamente il Concilio (Sacrosantum Concilium), che a questo punto tutti (intendo quelli interessati alla questione, per carità...) dovrebbero rileggere per capire.
N.36.
1. L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini.
2. Dato però che, sia nella messa che nell'amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado l'uso della lingua nazionale può riuscire di grande utilità per il popolo, si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti.
3. In base a queste norme, spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all'art. 22- 2 (consultati anche, se è il caso, i vescovi delle regioni limitrofe della stessa lingua) decidere circa l'ammissione e l'estensione della lingua nazionale. Tali decisioni devono essere approvate ossia confermate dalla Sede apostolica.
4. La traduzione del testo latino in lingua nazionale da usarsi nella liturgia deve essere approvata dalla competente autorità ecclesiastica territoriale di cui sopra.

Il documento conciliare è molto ricco, e a mio giudizio non è affatto "eversivo", come molti hanno sostenuto; e rimane la base per una sintesi tra le tante posizioni, visto che apriva nuove prospettive alla liturgia, ma non chiudeva affatto con il passato.
D'altra parte nessun cattolico degno di questo nome può mettere in dubbio l'autorità di un concilio validamente convocato e ratificato dal Papa.
E poi il mio parroco, anziano, ma spiritoso, mi diceva sempre che si tratta di un concilio soprattutto pastorale, anche perché "in fondo ai documenti non c'è scritto: si quis.. non..., anathema sit".
Lo diceva -capiamoci- con lo spirito del card.Newman, quando brindava alla propria coscienza, prima che all'infallibilità del papa; ma mi ha fatto effetto trovare la stessa tesi in un recente articolo di Socci (su Libero, mi pare).

Purtroppo, per allargare il discorso (o buttare benzina sul fuoco), il furore post-conciliare (e non dei padri conciliari, insisto) ha devastato anche la pietà popolare; e tante pratiche, a cominciare dal Rosario, sono state salvate proprio solo dalla devozione individuale, di gruppi o di intere comunità locali.
E per il bene di tutti ora mi cheto, ricordando però quel che disse il mio (precedente) vescovo in un'omelia che ricordo ancora, in occasione di una "peregrinatio Mariae" di un quarto di secolo fa: la lotta alle immagini - meglio, all'iconoclastia che voleva le immagini bandite e persino materialmente distrutte - la vinse, con sofferenza, prima il popolo cristiano, con quel "sensus fidei" che a volte è decisivo nella storia della Chiesa, e che -diceva lui- fa pensare che lo Spirito Santo non si esprime solo nella Tradizione, nelle sue forme classiche.
Vinse il sensus fidei dei semplici contro i teologi "illuminati" e anche contro alcuni pastori che si erano fatti convincere.
Come non cogliere l'analogia con fatti del recente passato?

Ah, il mio vescovo ERA UN TEOLOGO, OLTRE CHE UN PASTORE.

Anonimo ha detto...

Grazie, Paolo, per questo tuo importante contributo!
Posso chiederti chi e' il Vescovo di cui parli?
R.

Anonimo ha detto...

Carissima Raffaella, non riesco a registrarmi sul Tuo stimabile forum perciò perdonerai che per fare prima mi firmo come Anonimo, anche se a tutti gli effetti sono Alexanderw4, uno vecchio nick...
Ti "incollo" la lettera che ho mandato il giorno della festa della Madonna del Carmelo al Priore di Bose.
Deciderai tu se renderla pubblicarla o no.
Grazie per quanto stai facendo !!!


Alla cortese attenzione del

Priore Prof. Enzo Bianchi

Priore di Bose



Illustrissimo Priore,

sono uno dei “pochissimi cattolici” (Cfr Suo articolo su Repubblica 8 luglio 2007) che ha gioito, usque ad lacrimas, per la pubblicazione del recente Motu Proprio “Summorum Pontificum” di Papa Benedetto XVI.

Sono orgogliosamente “figlio” del Concilio, per motivi anagrafici e culturali.

Nella mia famiglia, durante lo svolgimento del Concilio, si pregava ogni sera, alla fine del Santo Rosario, per quei santi lavori ecclesiali.

Mio padre è mancato proprio nella mia fanciullezza e da allora ogni momento della mia vita, del mio pensare e del mio fare è stato per la Chiesa e nella Chiesa.

Attualmente sono impegnato costantemente nel volontariato liturgico, a livello diocesano, senza dimenticare tuttavia di tuffarmi , quando mi è possibile, della fresca e rigenerante acqua della tradizione nella forma liturgica che il Concilio Vaticano II ha esaltato nel mirabile “Sacrosantum Concilium”.

Mi sono precipitato a leggere il Suo intervento su Repubblica, riportato, nei giorni scorsi, anche sulla prima pagina del sito del Suo monastero.

Lei, Priore, è, per me, una delle “icone” della Chiesa dei nostri giorni : Lei si è sempre battuto, con molta onestà intellettuale, a favore della “verità tutta intera” e della giustizia.

Mi aspettavo che anche Lei avesse gioito con me per i “pochissimi cattolici”, che hanno pregato per mesi e che, per lungo tempo, hanno fatto dei “fioretti” affinché la Divina Provvidenza ci donasse una maggiore liberalizzazione della Liturgia antica.

Fra questi “pochissimi cattolici” ci sono anche diversi miei ex alunni, quindicenni e sedicenni, che sono andati a lavorare d’estate per volere contribuire personalmente alle spese prossime per sostentare una parrocchia povera nella quale poter celebrare i divini misteri con la forma liturgica antica.

Voglio citare quanto il Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca Cardinale Karl Lehmann, ha detto per esprimere la posizione della Chiesa locale sul Motu Proprio :

“Sono assolutamente convinto che si tratti di un passo positivo per tutti coloro che amano questo tipo di Messa e che non vogliono essere accantonati in un angolo come se appartenessero ad una setta e come se facessero qualcosa di anormale. Non è giusto mettere in negativo un tipo di Messa che nella Chiesa è stata utilizzata per secoli. Chi ha cercato di farlo e parla di rottura in questo senso, in realtà non ha capito nulla.”

Dopo che Lei avrà letto queste povere ed insignificanti mie parole spero che di poter avere posto nel Suo cuore, assieme a coloro che con me condividono la gioia del Motu Proprio, per godere del Suo amore : noi “pochissimi cattolici- tradizionalisti-” abbiamo diritto di ricevere l’amore dei nostri fratelli nella fede e di avere il nostro posto della Santa Chiesa.

Noi siamo poveri in tutti i sensi e ce ne vantiamo : perché il nostro solo aiuto è nel Signore .

Noi non abbiamo il dono della Sua intelligenza e della Sua cultura però, malgrado i nostri peccati, amiamo, usque ad effusionem sanguinis, la Santa Chiesa.

Siamo, soprattutto , Suoi fratelli nel Battesimo e l’Eucaristia e come tali ci aspettiamo un Suo abbraccio nell’unico Maestro e Signore.

Anonimo ha detto...

Grazie Alexander per la tua testimonianza e per avere diviso con noi la lettera che hai indirizzato a Enzo Bianchi.
Se vuoi che compaia il tuo nome, quando scrivi un commento, seleziona la casella "altro" e inserisci il tuo nome :-)

Anonimo ha detto...

Cari amici,
sono stufo di essere chiamato "cattolico tradizionalista" (però nessuno ci prova davanti...).
E anche voi fate lo stesso, perché noi non siamo né scismatici, né sedevacantisti, né altro se non "cattolici" senza aggettivi, fedeli al Papa, alla Chiesa e (speriamo) a Cristo.
Se ad un aggettivo aspiro, è a stare con quelli - guarda caso - che il Canone Romano definisce: "cum orthodoxis catholicae atque apostolicae fidei cultoribus".
Che non sono i Vescovi, come qualche prete ho sentito dire manipolando il suddetto canone in italiano, che è poi tradotto in modo per certo verso brillante: "con quelli che custodiscono la fede cattolica trasmessa dagli Aposotoli" - peccato che "orthodoxis" sia stato smarrito per strada, e "cultoribus" sia diventato "coloro che custodiscono", quando tanto meglio sarebbe stato rendere il senso con "professano".
Segnalo, incidentalmente, che il rito "antico" era qui, come in altri aspetti, assai più democratico (se così ci vogliamo esprimere) nel valorizzare il ruolo dei fedeli (vedi il doppio Confiteor, ed altri passi del Canone).
A Raffaella rispondo con ritardo che quel Vescovo era mons. Matteucci, allora Arcivescovo di Pisa.

Scipione ha detto...

Sto notando, da quando seguo con maggiore attenzione, il dibattito crescente suscitato dalle incisive e benefiche iniziative dell’attuale Sommo Pontefice (dopo troppi anni di grande spettacolarizzazione ad uso dei media… ma di poca sostanza…) un modo di procedere, di impostare il discorso da parte di quelli (troppi e spesso nemmeno qualificati: vedi i tanti atei ecc.,) che disapprovano tali interventi, che mi sta lasciando perplesso o meglio mi preoccupa. Mi riferisco al fatto di usare come pietra di paragone, come punto fermo, assoluto, immutabile, vero faro di verità eterna alla luce del quale valutare la giustizia o meno delle azioni di Papa Benedetto XVI, ma anche le opinioni di chiunque prenda posizione rispetto ad esse… il Concilio Vaticano II.
Ora io non sono un teologo e nemmeno un docente di storia della Chiesa, però a quanto ne so di concili ecumenici ce ne sono stati una ventina: tutti più o meno hanno stabilito regole e leggi fondamentali per l’esistenza della Chiesa , molti anche dogmi (mi risulta, in specie, che proprio il vaticano II non ne abbia invece stabiliti…) ossia verità di fede - quelle sì intangibili. Ad ogni modo la Chiesa si è sempre riferita, per difendere la propria essenza e rivendicare la propria verità, appunto alla verità del Vangelo; su di esse ha fondato la sua autorità, il suo magistero e collateralmente su quell’immensa opera chiarificatrice e approfonditrice che delle scritture e dei dogmi ufficiali e in genere di tutta la teologia cattolica, hanno nei secoli compiuto i grandi dottori della Chiesa.
Da dopo il vaticano II invece, nulla di tutto ciò pare avere più realmente valore, tutto sfuma, si relativizza, sbiadisce nel grigiore, quasi si trattasse di una vecchia e usurata stampa oramai inutile e fuori moda rispetto allo splendente tecnicolor ad alta definizione dell’ultimo concilio. Quest’ultimo, senza riserve e senza legami con l’aborrita tradizione (eh… quanta soddisfazione si legge nelle parole di Bianchi quando snocciola numeri per dimostrare che anche “democraticamente” parlando, i poveri e insulsi tradizionalisti sono una mini-minoranza…), si erge isolato e titanico come unico totem da adorare, come vera colonna d’Ercole da non oltrepassare, come punto di non ritorno ecc. ecc.
Ora tutto ciò, oltre ad essere per me incomprensibile e preoccupante (come dicevo i concili per quanto importanti sono solo concili… non sono la chiesa, né la fondano e soprattutto se ce ne sono stati 20 possono essercene altri 20…) nel caso specifico mi indispone un poco. Già, perché per ben 19 volte abbiamo avuto concili “tradizionalisti” ossia arcigni e antidemocratici (e fondamentalisti… direbbe Bianchi) concili che osavano opporsi con fermezza alle derive del mondo ma, nonostante questo nessuno di essi osò porre se stesso come ultima linea rerum, come momento unico, ultimo e insuperabile (infatti furono tutti… “superati”… ma meglio sarebbe dire, integrati): proprio il vaticano II invece, il concilio aperto, tollerante. modernista, innovatore, il concilio che fa pace con il mondo, che si sforza di far convergere la chiesa verso il mondo (rinunciando di fatto ad ottenere l’opposto e più auspicabile – m,a più scomodo! - risultato), dicevo, proprio il vaticano II ecco che mostra un inquietante volto monolitico e tirannico, assolutista. E questo nonostante lo scarsissimo successo che in termini di aumento quantitativo e qualitativo della fede, abbia palesemente ottenuto!
Ma in fondo è logico: non è forse la nostra cara modernità, il sistema meno tollerante (quanto ci sarebbe da dire – magari citando S. Ambrogio - su questa insinuante ma pericolosa e spesso subdola parola!) che sia mai esistito? Il sistema che apparentemente accetta e lascia spazio a tutto e a tutti… purché, ben inteso, tutto e tutti diventino moderni come lei? E non mi stupisce nemmeno di vedere i preti “fondamentalisti conciliari”, loro che da grotteschi sessantottini ecclesiastici hanno ridicolamente contestato tutto e tutti, all’interno della Chiesa stessa e continuano pure a farlo (si veda anche solo il caso dell’abito talare… che nella maggioranza delle nostre chiese è diventata una polo, con tanto di firma “Lacoste” alla faccia delle norme del Codice di diritto canonico e delle disposizioni della CEI e dei richiami dell’attuale Papa…), dicevo… vedere oggi quegli stessi preti (o intellettuali cattolici) richiamare “gli altri” (i residuali e residuati tradizionalisti) all’ordine e all’obbedienza più stretta… ovviamente dell’intangibile idolo e Leviatano: il Concilio Vaticano II.

P.S.
Davvero bello e interessante questo spazio. Un saluto.

Anonimo ha detto...

Grazie Scipione, sei sicuro di non essere un esperto in materia? Sei davvero molto preparato! Condivido la tua critica al concetto di modernita' e aggiungo che ormai coloro che una volta si definivano anticonformisti si sono trasformati nei piu' grandi assolutisti :-)

Scipione ha detto...

No, Raffaella, non sono un esperto, sono un “aspirante” fedele folgorato sulla via dell’indifferenza religiosa dalla profondità, dal coraggio e dalla assoluta verità del magistero di Benedetto XVI. Ogni cosa che il Sommo Pontefice fa o dice, mi scuote - come credo capiti a molti - e mi apre nuovi orizzonti; toglie da ogni prospettiva religiosa quella subdola “polvere della modernità” che invecchia e rende indistinto e scarsamente interessante tutto ciò su cui si posa.
Così corro subito ad informarmi, con la voglia di capire che la sensazione che qualche cosa si stia facendo e si stia muovendo mi infondono.
Io nemmeno sapevo con precisione la questione del messale del 1962 fino a pochi mesi fa… ma una cosa tira l’altra e pian piano certe trappole si svelano. Così quel fantomatico Concilio Vaticano II con la citazione del quale, assieme ai nomi di Kennedy e Kruscev, si chiudevano - a suggello della finalmente raggiunta “pienezza dei tempi nuovi” - tutti i libri di storia di quando andavo io a scuola, adesso mi appare sotto una luce davvero nuova.
E questo lo devo anche all’acrimonia con cui i suoi strenui difensori, quelli che ai loro tempi lo usarono come ariete per cambiare tutto e tutti, non preoccupandosi minimamente di infrangere norme poste dai 19 concili precedenti… e non solo, ora lo venerano. Possibile che un Pontefice non possa più pronunciare un giudizio, fare un’osservazione, tentare un’interpretazione, usare dei propri poteri in materia magisteriale e legale senza dover prima, dopo e durante, profondersi in mille assicurazioni circa la sua non volontà di “toccare” il mitico Concilio vaticano II? Questo vitello d’oro che si rischia di venerare più della divinità che dovrebbe averlo ispirato e di cui dovrebbe essere stato solo mero strumento?
Qui gatta ci cova mi sono detto, vedendo la furia iconoclasta di tanti “liberali e tolleranti modernisti” pronti a risuscitare nei fatti una vecchia dottrina religiosa, il Conciliarismo condannata dalla Chiesa nel Concilio Lateranense V e definitivamente superata durante il Concilio Vaticano I (che viene fatto apparire un po’ come il fratello maggiore “cattivo” del II!) con la definizione del dogma dell’infallibilità papale. Un Conciliarismo logicamente “attualizzato” (beh… siamo nel III millennio… mica le regole di giustizia assoluta valide per tanti secoli oggi valgono ancora, nemmeno le verità del Vangelo e della Chiesa possono permettersi di sfuggire a qualche adeguato restiling, aggiornamento… Oggi suonerebbe male che “Qualcuno” dicesse: “Io sono la via, la verità e la vita”… meglio sarebbe relativizzare il tutto per non ferire le orecchie dei moderni e dire: “Io potrei essere una via, una verità e una vita… ma comunque parliamone e se sbaglio vi chiedo anticipatamente scusa!”). Un Conciliarismo secondo il quale non tutti i Concili avrebbero autorità superiore a quella dei Papi (sennò come giustificare i cambiamenti di rotta impressi dai papi del Concilio vaticano II rispetto a quanto stabilito dal Concilio vaticano I?) ma, specificamente, i concili e i Papi “moderni” su tutti i Papi e concili “non-moderni”… o fondamentalisti come di fatto oggi vengono considerati
Ecco dunque che all’orizzonte si profila il nuovo, vero e intangibile dogma fondante che vige fra certi intellettuali e prelati cattolici: la Modernità. Chiaramente non è un dogma espresso, anche perché non è un dogma originariamente cattolico ma mutuato dal mondo “laico”. A questo punto resterebbe da decidere cosa è moderno… ma questo solo i modernisti cattolici o meno (anzi soprattutto non cattolici visto che il dogma è “laico” quindi i “laici” sono i veri dottori in materia) possono farlo. E nella sostanza l’hanno fatto: essere moderni significa e significherà - in saecula saeculorum - fare e dire quello che hanno fatto e detto loro.
Ancora complimenti.

Anonimo ha detto...

Grazie a te, Scipione :-)

Anonimo ha detto...

Gentile Alexanderw4 e gentili tutti,
a voi, fratelli in Cristo, Dio elargisca la sua benedizione.

C'è un'espressione dell'em. rev. cardinale Ruini (spero di non fare confusione di nomi) letta la quale si può comprendere meglio il nodo sottaciuto della questione.
Ebbene egli, il card., invocava che del Concilio Vaticano II si possa alfine avere un resoconto storico «non di parte».
Questo a significare che quelli sin qui redatti sono etichettabili come «di parte», tesi cioè a dimostrare tesi altre dalle intenzioni manifestate dai rev.mi padri conciliari attraverso i documenti da essi predisposti ed emanati dal Santo Padre.
V'è inoltre e costituisce la base motivante delle tante perplessità sin qui espresse, la concezione progressita o, forse meglio, dossettiana sia del cristianesimo che del Vaticano II.
In sintesi, per quel che a me risulta, tale concezione postula:
per il Vaticano II l'importanza dell'evento in sé, un evento i cui documenti sono impossibilitati a darne ragione compiuta.
In altri termini c'è stato il Vaticano II per cui decide "il singolo" quel che è bene e quel chce è male;
per la conduzione della Cosa Pubblica il dossettismo postula uno statalismo a tutto sesto. Non per nulla il sindaco santo di Firenze, anch'egli del giro, partecipava «nascostamente» alle riunioni all'ambasciata russa di Roma, ma un giorno sbagliò ambasciata e la cosa si riseppe!
Credo che un approfondimento sul tema dossettismo, o «cattolici adulti», possa compiutamente svelare cosa celano le molto "improbabili" preoccupazioni di tanti accorati, a parole, difensori dello status quo.
Per quel che concerne me, mutuandolo da San Giovanni Bosco, io sto con il Santo Padre, vicario di Cristo e capo della Sua Santa Chiesa, per dogma infallibile, per cui nessuno, che voglia essere cattolico, dovrebbe ardire disobbedienza massime dopo la pubblicazione del documento!
Ma tent'è!
Cristo è risorto!