8 luglio 2007

Messa tridentina: lo speciale de "La Repubblica"


Vedi anche:

SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"

IL TESTO DEL MOTU PROPRIO (in italiano)

LA LETTERA DEL SANTO PADRE AI VESCOVI PER PRESENTARE IL MOTU PROPRIO.

Messa tridentina: lo speciale de "Il Corriere della sera"

Il motu proprio "Summorum Pontificum", qualche riflessione (di Raffaella)

Buona domenica a tutti


Messa in latino, via libera del Papa "Per conciliare, non per dividere"

Il rito su richiesta dei fedeli. I lefebvriani: ora superare la scomunica

Motu proprio di Ratzinger: le nuove norme in vigore dal 14 settembre
"Molti giovani attratti dalla liturgia antica" Fra tre anni, rapporto dei vescovi alla diocesi


MARCO POLITI

CITTÀ DEL VATICANO - Via libera di papa Ratzinger alla messa pre-conciliare di Pio V. Il Motu proprio "Summorum Pontificum" autorizza qualsiasi gruppo di fedeli di vedere celebrata l´antica messa in ogni parrocchia, in ogni giorno - la domenica non più di una volta - con i vescovi obbligati a organizzare le diocesi in modo da rispondere alle richieste. I fedeli, che respingono la riforma del Concilio, avranno anche diritto alla celebrazione secondo il rito pre-conciliare di battesimi, nozze, unzione degli infermi, funerali (comprese le cresime, se c´è l´accordo del vescovo diocesano).
Le nuove norme entreranno in vigore dal 14 settembre prossimo. In una lettera d´accompagnamento ai vescovi del mondo Benedetto XVI spiega la ragione del provvedimento: il rito antico «non è mai stato abrogato», non c´è contraddizione tra i due messali e bisogna «giungere a una riconciliazione interna nel seno della Chiesa». Immediata la reazione di Bernard Fellay, leader dei lefebvriani che hanno sempre contestato la riforma: «Ora il ritiro della scomunica, che colpisce i vescovi della Fraternità San Pio X (il movimento scismatico sorto dopo il Concilio, ndr)». I lefebvriani ringraziano per il decreto papale, ma parlano di «punti dottrinali» ancora da negoziare.
In due anni di pontificato questa è la prima grande riforma di Joseph Ratzinger, eppure appare come una sterzata verso il passato. Dall´autunno diventa un optional la riforma liturgica del Vaticano II, votata praticamente all´unanimità da un concilio universale (con 2159 a favore su 2178 votanti) e promulgata da Paolo VI. Per Benedetto XVI il messale di Paolo VI resta la «forma normale» della celebrazione liturgica. E, tuttavia, ogni fedele, ogni prete, suora o frate può decidere se vanno bene le riforme adottate dalla Chiesa cattolica nel 1963, dopo mezzo secolo di riflessioni e approfondimenti sul senso profondo dei gesti e delle parole liturgiche. Il decreto papale di fatto relativizza linguaggio e struttura dell´azione religiosa più sacra: la celebrazione eucaristica e la celebrazione dei sacramenti. Per pudore il Motu proprio parla di «Messale di Giovanni XXIII» (che ha soltanto eliminato l´invettiva contro i «perfidi giudei» e altre vecchie formule sgradevoli), ma si tratta in tutto e per tutto del rito tridentino di Pio V, che i seguaci del vescovo scomunicato Lefebvre hanno sempre considerato l´unico «vero rito» contrapposto a ciò che chiamano le «eresie del Concilio».
Con artificio linguistico si definisce il rito del Vaticano II «forma ordinaria» della liturgia e il rito pre-conciliare «forma straordinaria».
Nella realtà i fedeli, come consumatori, possono scegliere il prodotto più gradito. Il latino - come spesso è circolato erroneamente nell´opinione pubblica, quasi si volesse bandire dalle cattedrali il suono solenne di una lingua secolare - non c´entra niente. Anche il rito promulgato dal Concilio è disponibile in latino. E d´altronde i messali pre-conciliari sono già pronti in edizioni bilingui, perché molti fautori del Tridentino il latino non lo sanno.
La differenza fra i due riti è sostanziale. La messa del Vaticano II si rifà concettualmente all´Ultima Cena. L´attualizzazione del sacrificio di Cristo avviene in una cornice comunitaria. Sacerdote e popolo dei fedeli celebrano insieme il «mistero eucaristico» - non a caso guardandosi in faccia intorno all´altare ridiventato mensa - e la partecipazione dei fedeli durante la messa è attiva e molteplice. Il rito tridentino lascia, invece, i fedeli nella condizione di gregge, che interviene pochissimo e spesso non sente nemmeno il sacerdote che mormora a bassa voce parti intere della messa, come fossero riservate a lui in colloquio esclusivo con il Signore. La messa tridentina è il rito di una Chiesa ossessivamente gerarchica, trionfante, in cui il sacerdote è innalzato sulla moltitudine dei fedeli. Esattamente ciò che il Vaticano II ha voluto superare. Infatti non sono state le vecchiette, i mistici, gli asceti amanti del latino a organizzarsi per combattere la riforma, ma gli avversari dell´aggiornamento del Concilio, guidati dal vescovo conservatore Lefebvre.
Il decreto papale rende possibile una bipartizione permanente dell´universo cattolico: Vecchia Chiesa da una parte, Nuova Chiesa dall´altra. Se i parroci devono fare spazio ai fedeli, che vogliono il rito pre-conciliare, i vescovi sono invitati a creare eventualmente comunità parallele, cioè «parrocchie personali».
Anche all´interno degli ordini religiosi si dovranno consentire celebrazioni del rito antico e vi potranno essere intere congregazioni - Istituti di vita consacrata - che, accantonando la riforma del Vaticano II, optano per il rito del concilio di Trento. I preconciliari insoddisfatti potranno appellarsi alla commissione "Ecclesia Dei" in Vaticano.
Consapevole di malumori e opposizioni, Benedetto XVI definisce «infondato» sia il timore che venga intaccata l´autorità del Concilio sia che la comunità cattolica si divida. A parere di Ratzinger, la spaccatura provocata dei lefebvriani è nata dal fatto che un certo numero di cattolici - pur «fedeli» al Papa e al Vaticano II - rimasero legati alla tradizione poiché il messale postconciliare fu celebrato spesso con «deformazioni della liturgia al limite del sopportabile». La novità, aggiunge il pontefice, è che molti giovani sono oggi attratti dal rito antico. Benedetto XVI ammette «esagerazioni» da parte dei lefebvriani, ma insiste che va fatto tutto per «conquistare la riconciliazione».
Fra tre anni, comunque, ogni vescovo farà rapporto sulla situazione in diocesi. Conclude il portavoce papale Lombardi: «Il Papa non impone alcun ritorno indietro».

© Copyright Repubblica, 8 luglio 2007


Ah, Politi...Politi...Politi...la scelta degli aggettivi, degli avverbi, delle battutine, e' sempre emblematica nei Suoi articoli.
Scusi ma non era Lei che auspicava piu' democrazia nella Chiesa e piu' voce ai fedeli (tutti i fedeli e non sono quelli che a Lei, ed a altri, stanno piu' "simpatici")?
Scusi, Politi, ma ha letto la lettera del Papa? Guardi che Benedetto XVI non scrive che "la spaccatura provocata dei lefebvriani è nata dal fatto che un certo numero di cattolici - pur «fedeli» al Papa e al Vaticano II - rimasero legati alla tradizione poiché il messale postconciliare fu celebrato spesso con «deformazioni della liturgia al limite del sopportabile", ma che esattamente il contrario e, cioe', che lo scisma dei Lefebvriani non fu dovuto solo alla riforma liturgica, ma a qualcosa di piu' profondo (la teologia).
Questa riforma Le sembra un ritorno al passato, caro Politi? E' un passo indietro tendere una mano a Cattolici che non la pensano come Lei? Non credo...io preferisco parlare di liberta' e di mano tesa del Papa verso tutti.
Non vedo come il motu proprio relativizzi la celebrazione eucaristica visto che il rito e' unico (e' scritto, sempre, nella lettera). Caro Politi, abbia piu' rispetto per noi credenti e non ci qualifichi come consumatori...grazie
!
Raffaella


L´INTERVISTA/1

Monsignor Brandolini, della commissione liturgica della Cei

"Obbedirò al Pontefice ma è un giorno di lutto Si cancella la riforma"

ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - «Oggi per me è un giorno di lutto. Ho un nodo alla gola e non riesco a trattenere le lacrime. Ma, obbedirò al Santo Padre perché sono un vescovo e perché gli voglio bene. Tuttavia, non posso nascondere la mia tristezza per l´affossamento di una delle più importanti riforme del Concilio Vaticano II». In effetti, trattiene a fatica le lacrime, monsignor Luca Brandolini, vescovo di Sora-Aquino-Pontecorso e membro della Commissione liturgica della Cei (Conferenza episcopale italiana), quando gli si chiede un commento sulla reintroduzione della Messa in latino tridentina. «Per favore non chiedetemi nulla, non voglio parlare, perché sto vivendo il momento più triste della mia vita di sacerdote, di vescovo e di uomo».

Monsignor Brandolini, perché così contrariato?

«È un giorno di lutto, non solo per me, ma per i tanti che hanno vissuto e lavorato per il Concilio Vaticano II. Oggi è stata cancellata una riforma per la quale lavorarono in tanti, al prezzo di grandi sacrifici, animati solo dal desiderio di rinnovare la Chiesa».

Il ritorno facoltativo al rito tridentino rappresenta quindi un pericolo per la Chiesa?

«Speriamo di no. In futuro si vedrà, ma intanto oggi una importante riforma del Concilio è stata minata».

Perché è così toccato dalla decisione presa da papa Ratzinger?

«L´anello episcopale che porto al dito era dell´arcivescovo Annibale Bugnini, il padre della riforma liturgica conciliare. Io, al tempo del Concilio, ero un suo discepolo e stretto collaboratore. Gli ero vicino quando lavorò a quella riforma e ricordo sempre con quanta passione operò per il rinnovamento liturgico. Ora il suo lavoro è stato vanificato».

Lei, quindi, non accetterà il "motu proprio" di Benedetto XVI?

«Obbedirò, perché voglio bene al Santo Padre. Verso di lui nutro lo stesso sentimento che prova un figlio verso il padre. E poi, come vescovo sono tenuto all´obbedienza. Ma in cuor mio soffro molto. Mi sento come ferito nell´animo e non posso non dirlo. Comunque, se qualcuno della mia diocesi mi chiederà di poter seguire il rito tridentino non potrò dire di no. Ma non credo che succederà, perché da quando sono vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo non c´è stato mai nessuno che abbia espresso un desiderio simile. Sono certo che in futuro sarà sempre così».

© Copyright Repubblica, 8 luglio 2007

Come siamo conciati, mamma mia! Riforma cancellata, minata, lavoro vanificato...non Le sembra di esagerare, caro Monsignore? Sembra quasi che Papa Benedetto abbia deciso di sostituire la Messa conciliare con quella tridentina!
Raffaella


L´intervista/2

Il cardinale Poupard, "ministro" della cultura del Vaticano

"Così rimargineremo una ferita dolorosa nella nostra chiesa"

Il problema dei lefebvriani in Italia è meno sentito che all´estero

CITTÀ DEL VATICANO - «Un tentativo del Santo Padre per cercare di sanare una ferita dolorosa all´interno della Chiesa. È questo, secondo me, lo scopo principale del "motu proprio" promulgato ieri. Un passo importante per chi ha veramente a cuore l´unità della Chiesa, anche se i pericoli sono sempre in agguato».
La nuova riforma liturgica tridentina dell´era ratzingeriana vista da Paul Poupard, cardinale francese, presidente del Pontificio consiglio per la Cultura e, fino a pochi giorni fa, presidente anche del dicastero del dialogo interreligioso, al vertice del quale Benedetto XVI ha posto un altro cardinale francese, Jean-Louis Tauran. Poupard e Tauran, insieme a Roger Etchegaray, sono i tre porporati francesi incardinati in Vaticano. E, nessuno come loro in curia sa che in Francia non è stato mai digerito lo strappo del vescovo Marcel Lefebvre, scomunicato da papa Wojtyla nel 1988. «È una ferita ancora aperta che il Santo Padre ora spera di poter rimarginare», commenta a caldo il cardinale Poupard.

Eminenza, il "motu proprio" di Benedetto XVI guarda solo al recupero dei lefebvriani o punta a centrare anche altri obiettivi?

«Il "motu proprio" e la lettera papale sono due importanti documenti che vanno letti con grande attenzione. In essi emerge chiaramente il disegno del Santo Padre di voler sanare una ferita nel seno della Chiesa, vale a dire la scomunica dei lefebvriani. Speriamo che dopo questo importante passo la frattura possa essere ricomposta. Ci auguriamo che il gesto del Santo Padre sia accettato dai lefebvriani, in modo tale che il corpo della Chiesa torni ad essere unito».

Ma non teme che ora contro il "motu proprio" possano sollevarsi i fautori del rinnovamento conciliare?

«Il Santo Padre lo ha detto chiaramente: il Concilio Vaticano II non viene toccato. Il rito eucaristico resta sempre uno solo, anche se c´è la possibilità di poter scegliere, spontaneamente, tra due liturgie. Ma l´arte di governare suggerisce prima di tutto di evitare i pericoli maggiori. Nel nostro caso le ferite del passato recente mai rimarginate. E su questo punto il Santo Padre è stato preciso. Ora speriamo che arrivino i frutti sperati. Il problema dei lefebvriani in Italia forse è meno sentito che in Francia, in Svizzera, in Germania o nel continente americano. E il Papa ha fatto bene a fare tutto il possibile per sanarlo. Per questo speriamo e preghiamo».
(o. l. r.)

© Copyright Repubblica, 8 luglio 2007


LA RICERCA

Il Censis: i praticanti sono soprattutto anziani e del Centro Sud. Calano anche le vocazioni

Ma tra i cattolici c´è ancora crisi ai riti solo un credente su cinque

Chi non partecipa dichiara di annoiarsi (33,7%) o ritiene le omelie banali (7,8%)

VLADIMIRO POLCHI

ROMA - «Di quante divisioni dispone il Papa?». Alla celebre domanda posta da Stalin, si potrebbe oggi rispondere citando i numeri dell´esercito dei fedeli: 97% i battezzati nel nostro Paese, 86% gli italiani che si dichiarano cattolici, 57,8% i praticanti. Ma quanti vanno regolarmente a messa? Solo il 21,4% dei credenti.
La liberalizzazione della liturgia in latino, decisa ieri da Benedetto XVI, interviene in un momento di crisi della messa domenicale e delle vocazioni, come ribadito dal Sinodo dei vescovi nell´ottobre 2005. Proprio in quell´anno, infatti, il Censis aveva fotografato la galassia dei cattolici in Italia. Il risultato? Il 57,8% degli italiani (che diventa il 59,5% tra i giovani 16/17enni e il 68,8% tra i residenti nel Sud e isole) si dichiara cattolico praticante, il 28,7% cattolico non praticante, il 4,3% è di un´altra religione, il 9,2% è ateo. Insomma, oltre l´86% degli italiani si definisce cattolico. La messa però non è per tutti. Dei cattolici praticanti, infatti, solo il 21,4% ci va settimanalmente (in Polonia è il 45% della popolazione); il 16,5% risponde di esserci andato la domenica precedente all´intervista, un altro 16% ci va saltuariamente e il 3% si reca a messa solo a Natale e Pasqua. In chiesa poi si incontrano soprattutto gli anziani (sopra i 64 anni) e i residenti del Sud Italia. Chi non partecipa alla messa ha le sue ragioni: il 33,7% dichiara di annoiarsi, l´11% di non sentire in chiesa la spiritualità, il 7,8% di ritenere le omelie banali e non stimolanti. «La messa - scrivono i ricercatori del Censis - ha perso in parte la capacità di operare come opportunità di socializzazione».
Termometro della forza del cattolicesimo in Italia sono anche i dati sull´ora di religione. Nell´anno scolastico 2004/2005 l´ha frequentata il 91,8% degli studenti italiani. La partecipazione è più alta nelle scuole materne (95,1%), elementari (95,5%), medie inferiori (93,2%), mentre cala tra gli studenti delle medie superiori (85,3%). Divisa l´Italia: al Sud l´1,6% degli studenti rifiuta l´ora di religione, rispetto al 13% nel Nord e all´8,9% nel Centro. Il record delle "astensioni" in Piemonte (28,6%), Liguria (27,1%) e Toscana (26,7%).
Si conferma poi la crisi delle vocazioni. «All´inizio degli anni ‘60 - scrive il sociologo Franco Garelli nel recente libro "La Chiesa in Italia" - le suore avevano raggiunto la quota record di 160mila unità, una ogni 300 abitanti; i sacerdoti erano 66.500; i seminaristi poco meno di 10mila. Nell´insieme il personale religioso attivo ammontava a 233mila unità». Poi è iniziato un declino inarrestabile. Scrive Garelli: «La situazione attuale vede 162 mila figure religiose. In 50 anni, il gruppo che ha subito la riduzione più pesante è quello delle suore (34% in meno)».
Ma la situazione potrebbe presto migliorare. La Chiesa italiana infatti «può ancora contare su personale religioso consistente e su una recente ripresa del flusso delle vocazioni».

© Copyright Repubblica, 8 luglio 2007

Si annoiano? Omelie banali? Oppure, magari, semplice pigrizia e rifiuto di alzarsi un'ora prima la domenica? Troppo comodo scaricare la colpa sui sacerdoti!
Riflettiamo, pero', sull'ultima frase: le vocazioni stanno aumentando. E' una notizia davvero positiva. Continuiamo a pregare in questo senso
.
Raffaella

19 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono veramente sgomenta....... Mons Brandolini non le sembra di esagerare?????? addirittura vanificato il lavoro del concilio ma scherziamo??????? Qui si sta lavorando verso l'unità della chiesa non verso la sua divisione. Non mi pare per niente che si vada contro il Concilio qui siamo alle solite si fa una lettura del tutto personale del significato del Concilio Vaticano II secondo le proprie necessità ed i propri comodi. Se questi sono i papaveri della chiesa poveri noi !!!!!!!!!!
Brandolini come Melloni!!!!!!

francesco ha detto...

vabbè politi più che mala fede dimostra scarsa conoscenza della fede e della disciplina della chiesa... chiaro che poi si interpretano le cose in maniera così grossolana: è una questione di professionalità... un vaticanista dovrebbe, ad esempio, sapere che il concilio non ha approvato i libri liturgici, ma la costituzione dogmatica sulla liturgia... che il documento non impone nulla alle parrocchie ecc. ecc. mah!
brandolini (che conosco e stimo come vescovo intelligente e buono e grande liturgo della sua chiesa) è uno di quelli che la liturgia la promuove con zelo e con grande senso del sacro... è vero che dalle nostre parti trdizionalisti non ce ne sono (come fa notare il card. poupard) e questo fa la differenza: non si capisce il perché di questa decisione quando tutto procede bene con la liturgia attuale... in molti luoghi ci sarà lo stesso atteggiamento di brandolini, specialmente lì dove la riforma liturgica è stata vissuta senza abusi e con vera devozione...
nefasta è far passare l'idea che il papa voglia mettere sullo stesso piano i due messali o le due forme liturgiche...
di nuovo mi sembra importante ribadire che l'essenziale del documento non è la liturgia ma la disciplina ecclesiale e la teologia della Chiesa
francesco

francesco ha detto...

ah vabbè... a sentire certe omelie anch'io mi annoio... quando nella liturgia il 40% del tempo è occupata dall'omelia fanno bene i fedeli ad annoiarsi!
la liturgia non è l'aula del catechismo o il luogo dei comizi... ma è l'azione santa del popolo di dio... eh! a conoscerla la teologia liturgica!!!
ci vorrebbero almeno una decina di mons. brandolini in più... che sa far amare la liturgia come pochi!
francesco

euge ha detto...

Politi, Politi lei è veramente incorreggibile proprio non riesce a vedere o non vuole vedere quello che questo Motu Proprio permette, permette ai fedeli che lo desiderano e questo mi sembra rilevante di scegliere tra la celebrazione Post Conciliare e quella Pre Conciliare e qual'è il problema perchè iondignarsi tanto per questo??????? per giunta tutto questo è facoltativo con la prova di tre anni non mi pare una cosa così terribile!!!!!!! Vorrei aggiungere una mia riflessione sulla statistica del Censis se non sbaglio; vedi cara Raffaella tu hai ragione a dire che non bisogna riversare la colpa sui preti, però ti posso assicurare che molto spesso in certe parrocchi come la mia, ti passa la voglia di andare a messa e ti spiego anche le motivazioni: omelie molto brevi fratte in fretta per non perdere molto tempo, ragazzini che durante la messa, si permettono di correre tra i banchi, persone che ciarlano e spettegolano durante la celebrazione come se fossero al bar, gente che mentre va a ricevere l'eucarestia guarda in giro e saluta come se fosse ad un ritrovo di amici, i canti poi non ne parliamo sembrano più canzonette da festival che canti di preghiera per la messa........ e cosa fa il mio parroco??????? bontà sua non dice niente tace. Io non ho mai sentito fin'ora qualcuno che si sia preso il disturbo di far notare che certi comportamenti forse non sono del tutto consoni ad una celebrazione eucaristica. Ormai la messa è diventata qualcosa che si fa tanto per fare ci si va tanto per andare e quando si è dentro non si vede l'ora di uscire. Francamente, io non sono per nulla invogliata ad andare ad una simile celebrazione e non si tratta di pigrizia perchè la mia parrocchia dista pochi metri da casa mia. Tutto questo a mio avviso è successo perchè così facendo, forse si pensava di avvicinare molto di più le persone al rito ma, molte come me, proprio per questo si sono allontanate. Spero solo ma ne dubito, che da me si possa accedere al rito Tridentino.
Grazie eugenia

Anonimo ha detto...

Ancora ci chiediamo il perchè di questo documento?????? allora la cosa è grave e lo è ancora di più se espressa da un membro CEI. Infatti, è grave che questo monsignore grande liturgista,non abbia compreso che i fedeli devono aver diritto di poter scegliere ed in questo non ci trovo niente di nefasto; non posso pensare che all'interno della chiesa ci siano persone che non riescano a capire anche se degne di cotanto rispetto. Senstirsi addolato mi sembra veramente troppo stia tranquillo monsignore che non si torna al medioevo ma, si cerca di dare a tutti la possibilità di celebrare secondo non due riti distinti e diversi tra loro ma, secondo un'unico rito con due versioni; torno a dire a mio avviso qui non c'è alcuna rottura con il Concilio poichè il Messale di Giovanni XXIII, è stato emanato nel 1962 in pieno svolgimento del Concilio stesso e mai abrogato!!!!!!!! questa mi sembra veramente una presa di posizione che mira soltanto a screditare il Santo Padre e da parte di un membro CEI a me sembra una cosa molto grave!!!!!!!

mariateresa ha detto...

Credo che umanamente si possa capire Mons. Brandolini, di fronte a un cambiamento. Anche la riforma post-conciliare ha fatto piangere parecchie persone, soprattutto i primi tempi, ma per le ragioni opposte. Prendiamo questo per fisiologico.
L'articolo di Politi non lo commento nemmeno, è troppo ignorante.La contrapposizione che fa fra i due tipi di messe, l'una, conciliare, luminosa e partecipata, l'altra oscura con i fedeli nel ruolo di pecore belanti, che lui chiama con disprezzo "gregge",è troppo infantile e faziosa per essere degna di un commento.Io credo che Politi pensi che il lettore sia un cretino pronto a bersi qualsiasi cosa.
Tutti questi articoli comunque sono "a caldo " per così dire e c'è secondo me, una buona dose di luoghi comuni. Sarà più interessante tra un po' di tempo. Spero.

euge ha detto...

Cara Mariateresa molte persone hanno sofferto per gli abusi del dopo Concilio ma, devi ammettere, che per quanto sia fisiologico rimanere un'attimo spesati dal Motu proprio, la reazione di Mons. Brandolini è davvero esagerata e fuori luogo.
eugenia

Luisa ha detto...

Non dimentichiamo che Politi è un non credente, ma ciò non è una scusa per chiamare i fedeli consumatori di liturgia che poi, se hanno la cattiva idea di preferire il rito tridentino si trasformano in gregge formato da vecchiette, asceti e mistici....
Gregge : questa parola fa così paura a Politi?
È così ignorante?
Ha capito che cosa è la participatio actuosa?
Mah, il silenzio, mi sembra essere la migliore reazione alla prosa politesca, veramente infantile, e ripetitiva.
Quanto a Monsignor Brandolini,se i suoi propositi hanno almeno il merito della sincerità, avrei preferito una maggior discrezione e finezza. È chiaro che la sua identificazione alla riforma conciliare è totale,ma parlare di lutto...mi sembra un tantino esagerato!

euge ha detto...

Sono pienamente d'accordo con te Luisa

Eugenia

mariateresa ha detto...

beh, ai nostri occhi e orecchie pare esagerata, cara Euge. Ma se è vero, come dice Francesco, che Monsignor Brandolini è sempre stato molto accurato nel rispetto della nuova liturgia, si può capire che per lui il cambiamento sia una prova pesa perchè lui è stato fedele alle consegne. Ma gli abusi ci sono stati eccome. Ho visto e sentito cose in questi anni che non racconto per carità di patria.
Non ho mai capito come certi sacerdoti abbiano potuto arrivarci, non me lo spiego se non con una massiccia dose di superficialità. Mio padre, anni fa, era arrivato al punto di lasciare la messa a metà e uscire perchè non riusciva a sopportare l'atmosfera. Poi andava a seguire un'altra messa sperando gli andasse fatta bene. Ma lui era un testone che non demordeva. Ma quanti ,magari usciti perchè gli sembrava di essere in una gabbia di matti, andavano poi a casa? Non voglio generalizzare, questo è quello che posso testimoniare io.
Anche ai miei figli, due generazioni dopo, ho visto strabuzzare gli occhi durante certe messe, se non ridacchiare. Certo ci sono limiti anche umani, che nessun rito forse può migliorare; alcuni sacerdoti sembrano essere lì obtorto collo , altri sembrano presi dalla fregola di rendere tutto vivace e interessante e in alcuni casi si rendono ridicoli, mi dispiace dirlo.
In questo senso, anche chi preferirà continuare con la messa odierna , c'è uno stimolo in più a curare le cose, a parlare di Dio , a trasmettere il sacro. E non altro.

Luisa ha detto...

Cara Maria Teresa, non so se ho l`età di tuo padre, ma una cosa è certa ho fatto a lungo del "turismo liturgico" ai tempi della riforma liturgica, sono uscita prima delle fine dell Messa più di una volta,talmente mi sentivo aggredita, ferita, direbbe il Santo Padre, e poi mi sono allontanata.
Ho ricominciato il turismo al mio ritorno nel gregge nel 2005, questa volta mi sono intestardita e ho finito per trovare una parrocchia tenuta da religiosi. Ma anche qui, bambini che coprono la voce del prete con i loro pianti o grida, che corrono fra i banchi, i confessionali presi per piccole sale da gioco, con i genitori incuranti del disturbo provocato, letture fatte da adolescenti mal preparati, insomma mi devo talvolta ancorare al banco per non uscire.
Dunque non dipende che da me di andare ad una Messa presto la mattina, nella speranza che a quell`ora i bimbi dormono....ed è una mamma di 3 figli che scrive!

Luisa ha detto...

Scusate, vedo che i miei pst ogni tanto escono a doppio, non so perchè....ne approffitto per aggiungere che sentendo parlare di lutto come lo fa Mgr.Maggiolini mi chiedo: ma chi o che cosa è morto?
Forse la credenza personale di Mgr. Maggiolini che il rito tridentino era morto e seppellito à tout jamais !
Ma è comunque una parola troppo forte e fuorviante che potrebbe inflenzare negativamente chi lo legge o ascolta, e che non corrisponde alla realtà dei fatti.
L`emozione non dovrebbe oscurare la ragione, sopratutto al livello di competenza e di responsabilità di Mgr. Maggiolini.

euge ha detto...

Cara Mariateresa nel mio post ho scritto che comprendo il disprientamento se così si può definire di Mons. Brandolini che rispetto ci mancherebbe ma, torno a ripeterti senza giri di parole che come dice Luisa parlare di lutto, non solo lo trovo esagerato ma, decisamente ostile verso il Santo Padre bastava essere più posati nell'espressione altrimenti si finisce per equivalere all'espressione di Melloni " sberleffo al Concilio" mi meraviglia inoltre, se mi permetti che un liturgista della cei possa giudicare così negativamente, un messale peraltro rielaborato da Giovanni XXIII che è considerato da sempre emblema del Concilio. Non posso accettare scusami, che si continui a discriminare un rito che fa parte del tesoro culturale della chiesa in questo modo proprio da un liturgista. Riguardo alle messe attuali e rispondo a luisa, io sono proprio una di quelle che si rifiuta non per prigrizia ed anche con la morte nel cuore perchè sono credente e grazie a Benedetto sto ricominciando a percorrere la mia via di fedele,di partecipare alle messe che sempre di più assomigliano a delle rimpatriate di vecchi amici dove il silenzio, il raccoglimento, il rispetto per ciò che si celebra è considerato sempre di più un optional; quella che mi addolora e mi fa arrabbiare è l'indifferenza totale del parroco che non parla per paura....si paura di far scappare via le gente!!!! non rendendosi conto, che così fa scappare quelli che come me credono fermamente nel valore di certi sacramenti e celebrazioni che da troppo tempo ormai, sono considerati dei puri e semplici passatempi. Su questo la CEI dovrebbe interrogarsi non sentirsi a " lutto " espressione un pò fortina e colorita per il Motu Proprio del Papa.
Grazie Eugenia

euge ha detto...

Scusate qualche parola scritta male e qualche nome in minuscolo........ ho scritto un pò troppo velocemente.

Grazie

lapis ha detto...

Buongiorno a tutti e buona domenica; vorrei commentare un momento questo passaggio dell'articolo di Politi:
"Il rito tridentino lascia, invece, i fedeli nella condizione di gregge, che interviene pochissimo e spesso non sente nemmeno il sacerdote che mormora a bassa voce parti intere della messa, come fossero riservate a lui in colloquio esclusivo con il Signore. La messa tridentina è il rito di una Chiesa ossessivamente gerarchica, trionfante, in cui il sacerdote è innalzato sulla moltitudine dei fedeli".
Dal momento che non sono esperta di liturgia e non ho mai assistito a una Messa celebrata secondo l'antico rito, chiedo lumi a chi ne sa più di me, ma il giudizio di Politi, che paventa una situazione in cui i fedeli sono ridotti a pecore e il sacerdote si eleva in trionfo al di sopra di essi mi sembra un po' affrettato. Tutto sommato se il sacerdote si posiziona nella stessa direzione dell'assemblea è quasi più "allineato" con i fedeli, e quindi meno protagonista e "trionfante" che non nel caso contrario; mi dà l'impressione, cioè, come avviene durante l'adorazione Eucaristica, che tutta l'assemblea, sacerdote compreso, siano orientati verso l'altare per "ricevere" tutti, indistintamente, la Grazia che proviene da Cristo, mentre, se vogliamo, è proprio quando il sacerdote celebra sempre con le spalle all'altare che può apparire più protagonista e unico "regista" della funzione religiosa.
Certo, non dubito che l'antica liturgia possa essere risultata ostica in passato a tanti fedeli che non avevano gli strumenti per accedere alla sua comprensione e che questo a volte possa essere stato quasi un "abuso" nei loro confronti, ma è innegabile che anche il novus ordo, se non applicato con lo spirito giusto, può diventare fonte di diversi abusi. In conclusione, mi sembra che la preparazione del sacerdote e il desiderio di consapevolezza da parte dei fedeli siano fondamentali per la celebrazione di qualsiasi Messa, sia che vengano usati l'"antico" messale o quello "nuovo". E oggi ritengo che ci siano gli strumenti per lavorare bene in entrambe le direzioni, anche grazie a Papa Benedetto che, nel campo della liturgia come in quello della catechesi, sa presentarci ogni cosa con chiarezza e limpidezza cristalline. Peccato che si debba sempre perdere tanto tempo a ripulire le nostre conoscenze, spesso già scarse, dalle deformazioni apportate, più o meno intenzionalmente, da coloro che invece dovrebbero, come Politi, contribuire alla nostra comprensione. E, per inciso, anche gli articoli di Accattoli non mi sono sembrati un gran che, con quell'insistenza sulla solita questione dei "perfidi giudei".

Luisa ha detto...

...scusate mi rendo conto di aver scritto Maggiolini invece di Brandolini!
Chiedo scusa a Mons. Maggiolini.

laMericana ha detto...

Mi spiace contraddire con tutti voi. Mons. Brandolini ha ragione. Il portato del Concilio Vaticano II viene minato con questo semplice cambiamento. Non e' solo un tendere una mano; altrimenti, a quante altre realta' (non passibili di scomunica) la Chiesa dovrebbe tendere la mano? Con cattiveria, potrei dire che si introduce il tanto vetuperato "relativismo" nella Chiesa. A proposito, piacevole questo blog. Peccato, sia profondamente sbagliato nel merito. La liberta' e la coscienza del credente richiedono che quando necessario, si possa (anzi, si debba) discutere i pronunciamenti del Papa. Ah...il relativismo!

laMericana ha detto...

Un commento ancora, al post di Lapis. Nel rito del Concilio Vaticano, il centro della celebrazione e' l'altare, cioe' la tavola eucaristica. Dal post di Lapis, mi pare si evinca una leggera confusione tra altare e tabernacolo. Tanto e' vero che vi faccio questa domanda: se vi trovate a cerimoniare ad una funzione religiosa, e dovete passare tra altare e tabernacolo, dove rivolgete l'inchino?

Anonimo ha detto...

Personalmente rivolgo un inchino sia all'altare che al tabernacolo,che custodisce il Corpo di Cristo. Sono relativista perche' faccio un doppio inchino? E che cosa mi costa? Il motu proprio non introduce forme direlativismo perche' unico e' il rito romano. Se si intende per relativismo il fatto che si possa scegliere (e, visto l'andazzo vescovile non e' detto che sia possibile) fra la celebrazione tridentina e quella conciliare, faccio rispettosamente notare che siamo tutti Cattolici e che non esistono credenti di serie A e credenti di serie B.
Ciao