20 luglio 2007

"Gesu' di Nazaret": il commento del cardinale Martino


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Il Cardinal Martino: “Gesù di Nazaret”, un “vero libro da Papa”

BENEVENTO, giovedì, 19 luglio 2007 (ZENIT.org).- Un “vero libro da Papa”. E' quanto ha detto il Cardinale Renato Raffaele Martino, intervenendo il 15 luglio scorso nella piazza Torre (detta di San Bartolomeo) a Benevento, nel corso della presentazione del libro “Gesù di Nazareth” di Joseph Ratzinger.

“Gesù di Nazareth è un libro 'sorprendente' – ha spiegato il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace – con osservazioni acute e controcorrente, spunti originali ed anche provocatori. Il lettore è frequentemente 'sorpreso' da notazioni di questo genere, che deviano la sua attenzione da quanto è politicamente corretto”.

Insomma, secondo il porporato un libro “corposo” e, “se permettete l’ironia, di peso soprattutto perché é frutto di un ampio disegno nell’approfondimento di alcuni aspetti del volto di Cristo”.
Il Cardinale Martino ha spiegato che “Gesù di Nazateh è molto pacato nell’espressione e nell’argomentazione, ma acuto – e talvolta acuminato – nelle cose che dice. In altre parole, esso contiene anche molte frecciate. E’ quindi un libro con il sale e il pepe – e in certi passi anche con il peperoncino –, come certi piatti estivi molto gustosi che si cucinano da queste parti”.
Nell’approfondire i passaggi in cui il libro si collega con la Dottrina Sociale della Chiesa, il porporato ha rilevato il passaggio in cui Ratzinger scrive: “La povertà puramente materiale non salva”.
“Mi ha molto colpito questa affermazione – ha affermato il Presidente del Dicastero vaticano – in quanto è una frecciata verso tutte le possibili letture sociologiche o sociologistiche del Vangelo”.

“Il Santo Padre ritiene che all’origine della povertà materiale stia quella spirituale e non viceversa – ha sottolineato –. Non si può, quindi, partire dalla povertà in senso sociologico perché essa, in quanto tale, non dice nulla di significativo”.

“L’essere materialmente poveri oppure diventare tutti più poveri non contiene, di per sé, nessun messaggio di salvezza”, ha ribadito il Presidente di Giustizia e Pace, aggiungendo che “è dalla povertà spirituale – la Chiesa come 'comunità dei poveri di Dio' – che nascono le energie per la lotta alla povertà materiale che, così, viene riscattata dal suo stesso materialismo”.

Secondo il Cardinal Martino queste sono “indicazioni di grande respiro che contengono, delle frecciate verso tante posizioni che, nel passato come nel presente hanno proposto di percorrere il cammino opposto e di assumere come criterio di discernimento non più Dio ma la povertà sociologicamente intesa”.

Un altro passaggio segnalato dal Presidente di Giustizia e Pace è il dialogo tra Ratzinger e il teologo ebreo Jacob Neusner.

“Questo dialogo – ha spiegato il Cardinal Martino – è tra le cose più belle del libro. Cristo costruisce una comunità nuova e così facendo fa morire l’ 'Israele eterno' che si fonda sulla Torah; fa morire la famiglia e la stirpe, i legami della carne, distrugge la legge del sabato e non offre alcuna struttura sociale realizzabile concretamente ma un 'Nuovo Israele' portatore di una promessa universale”.

Neusner capisce che questa “pretesa” può derivare solo da Dio, ma non rinuncia all’Israele eterno, alla comunità fondata sul sangue e sulla legge. Benedetto XVI, invece, pensa che Gesù non supera la Torah ma la porta a compimento. “Nasce qui la dottrina sociale della Chiesa”, ha precisato il porporato.

Per il Cardinale Martino, notevole anche il commento del Santo Padre alla parabola del Buon Samaritano.

“Mi ha colpito – ha affermato infine il porporato – non solo il ritorno all’idea di fondo che anima tutto il libro, ossia la necessità di Dio perché il mondo funzioni come mondo, ma anche lo schietto riconoscimento che culture e religioni non portano alcuna salvezza. Disprezzo per le culture e le altre religioni? No. Rivendicazione della 'pretesa' cristiana? Sì”.

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