30 settembre 2007

Ordinazioni e nomine: gli articoli del Giornale e del Corriere (Milano)


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A Roma si celebra il «rito ambrosiano» Tre i vescovi milanesi, c’è anche Ravasi

di Andrea Tornielli

Il rito è stato rigorosamente romano, ma ieri mattina, nella lunga e suggestiva cerimonia per la consacrazione di sei vescovi celebrata in San Pietro da Benedetto XVI, si respirava un’atmosfera molto «ambrosiana»: ben tre dei nuovi presuli, infatti, appartengono al clero milanese. C’erano migliaia di fedeli a far festa al nuovo presidente del Pontificio consiglio per la Cultura, Gianfranco Ravasi, illustre biblista e volto noto della televisione per i suoi apprezzati commenti al Vangelo della domenica; al nuovo arcivescovo di Camerino-San Severino Marche, Giovanni Brugnaro, che già da anni aveva lasciato Milano per il servizio alla Santa Sede; e a Vincenzo di Mauro, che assume l’incarico di segretario della Prefettura degli affari economici della Santa Sede.
Si rafforza di molto, dunque, la compagine milanese in Vaticano, già ben rappresentata dal cardinale Attilio Nicora, presidente dell’Apsa (l’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede), dal vescovo Coccopalmerio (presidente del Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi), dal nuovo Prefetto della Biblioteca vaticana Pasini e dall’assessore in Segreteria di Stato Gabriele Caccia.
Oltre ai tre milanesi, Papa Ratzinger ha consacrato vescovi l’ex segretario di Giovanni Paolo II e suo, Mieczyslaw Mokrzycki, nominato coadiutore del cardinale di Leopoli dei latini, in Ucraina, il Prefetto dell’Archivio segreto vaticano padre Sergio Pagano e monsignor Tommaso Caputo, già capo del protocollo della Santa Sede ora inviato come nunzio a Malta e in Libia.
Nell’omelia, Benedetto XVI ha parlato delle figure dei tre arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, di cui proprio ieri si celebrava la festa. Il Papa ha ricordato come nei tempi antichi i vescovi venissero qualificati come «angeli» delle loro rispettive Chiese e ha spiegato che l’angelo «è una creatura orientata con tutto l’intero suo essere verso Dio» e «proprio perché sono presso Dio, possono essere anche molto vicini» agli uomini presso i quali sono «messaggeri di Dio». Ratzinger ha quindi citato le caratteristiche di Michele, che lotta contro il drago, il «serpente antico», il diavolo.
Quest’ultimo – ha spiegato il pontefice – tenta «di far credere agli uomini che Dio debba scomparire, affinché essi possano diventare grandi; che Dio ci ostacola nella nostra libertà e che perciò noi dobbiamo sbarazzarci di lui». Ma, ha aggiunto il Papa, «chi accantona Dio, non rende grande l’uomo, ma gli toglie la sua dignità. Allora l’uomo diventa un prodotto mal riuscito dell’evoluzione». Mentre «la fede in Dio difende l’uomo in tutte le sue debolezze e insufficienze». È dunque «compito del vescovo, in quanto uomo di Dio, di far spazio a Dio nel mondo contro le negazioni e di difendere così la grandezza dell’uomo». Poi, parlando dell’arcangelo Raffaele, che ha il compito di guarire, Benedetto XVI ha parlato dell’uomo «ferito, bisognoso di essere guarito» e ha accennato particolarmente a un ambito necessario di guarigione, quello del matrimonio, «minacciato in modo molteplice dal peccato», ma che da Cristo ottiene la «forza risanatrice che in tutte le confusioni dona la capacità della riconciliazione».
Dopo l’omelia, il Papa, che concelebrava con i cardinali Tarcisio Bertone e Marian Jaworski, ha imposto le mani sui sei nuovi vescovi, seguito nel medesimo gesto da decine e decine tra cardinali e vescovi presenti in San Pietro. Tra di loro anche l’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi.

© Copyright Il Giornale, 30 settembre 2007


L’«Osservatore Romano» cambia direttore

di Andrea Tornielli

Cambio della guardia alla guida dell’Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede: Mario Agnes, che lo guidava da ventitré anni ed è stato un fedele interprete del pontificato di Giovanni Paolo II e dei primi passi di quello di Ratzinger, lascia l’incarico diventando «direttore emerito».
Al suo posto arriva Giovanni Maria Vian, romano, classe 1952, storico del cristianesimo, è professore ordinario di Filologia patristica all’Università di Roma «La Sapienza», membro del Pontificio Comitato di Scienze Storiche nonché editorialista del quotidiano «Avvenire». Ha studiato il giudaismo e il cristianesimo antichi, la storia della tradizione cristiana e il papato contemporaneo; ha pubblicato un’ottantina di studi specialistici, e tra i suoi volumi più recenti c’è «Bibliotheca divina. Filologia e storia dei testi cristiani» e «La donazione di Costantino».
Insieme al nuovo direttore è stato pubblicata anche la nomina del suo vice, Carlo Di Cicco, vaticanista dell’agenzia Asca e autore di un libro sugli inizi del pontificato di Benedetto XVI. Sia il nuovo numero uno che il numero due sono ben conosciuti dal cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato.

Con questa nomina, il Papa e Bertone intendono rilanciare l’Osservatore Romano, rendendolo più presente sulla piazza mediatica (anche attraverso internet) e con tutta probabilità anche più interventista nel dibattito culturale.

Vian, che è figlio di Nello, che fu amico e collaboratore di Paolo VI, è infatti uno studioso che non ha mai rinunciato al confronto anche polemico dalle colonne del quotidiano «Avvenire» e ha ricostruito, ad esempio, l’origine della leggenda nera contro Pio XII. Il cambio della guardia sarà effettivo dal 27 ottobre, dopo la visita del Papa a Napoli.

© Copyright Il Giornale, 30 settembre 2007


Ravasi e il dibattito su Milano

LA CULTURA DI QUALITA'

di MARCO GARZONIO

La polemica esplosa dopo le provocazioni di monsignor Ravasi su Milano «capitale dell'effimero più che della cultura » mostra la vivacità del momento, ma rischia di essere sterile se limitata a numero e varietà di iniziative. È indubbio: si fan tante cose, in campi diversi (musica, teatro, mostre), vi sono centri d'eccellenza (Scala, Triennale, Piccolo, musei, atenei), si organizzano eventi (letture di Dante e Virgilio), operano editrici e media, imprenditoria e creatività vanno a braccetto. Ma la dovizia di calendari e cartelloni ha efficacia se ruota attorno a un'idea di città, portando ciascuno il suo apporto a una visione condivisa di crescita e sviluppo, che punta a mete comuni. Altrimenti il pericolo è di far parlare di singole realizzazioni, ma di non lasciare tracce significative nel contesto, di accentuare smagliature nel tessuto urbano, di mancare in cittadinanza e socialità. Ognuno tende a procedere per conto proprio, ignora il vicino nel quale vede un concorrente che gli dà ombra più che un'opportunità di sinergie. Se poi riscuote successo, ne mena vanto. In caso di flop, sotto accusa è la città e una regia che non c'è.
Non di eventi da «consumare» per suggestione di marketing (altra eccellenza della città, peraltro), ma di iniziative che facciano sistema ha bisogno Milano. Ciò vuol dire parlarsi tra protagonisti (con considerazione e rispetto reciproci!), tra essi e il pubblico e, insieme, con il mecenatismo che in passato fu il valore aggiunto. Significa cercare la «sezione aurea», la proporzione, il punto di incontro fra espressioni artistico/creative, iniziative di divulgazione, passione civile. Grande assente, questa, oggi, mentre è la realtà che anima e contagia, coinvolge e sprona a cambiare, a trovare occasioni di una buona convivenza.
Milano è viva più di quanto masochismo meneghino e latitanza della politica fanno credere. Ma non riesce a coordinare forze per progettare, guardare insieme lontano, sognare. Le realizzazioni sono importanti; più essenziale è però investire in un fermento reciproco fra preoccupazioni e istanze diverse, dove ogni iniziativa, piccola o grande, sia pensata per far crescere, dibattere, ritrovare la gente attorno a qualcosa che merita, a valori. Figli e generazioni future non ci chiederanno conto di quante manifestazioni abbiamo fatto, ma della qualità della vita e della speranza che gli avremo trasmesso. Questa è cultura.

© Copyright Corriere della sera (Milano), 30 settembre 2007

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