29 settembre 2007
Mons. Ravasi: il grazie così vicino alla grazia
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Il grazie così vicino alla Grazia nel giorno in cui sono vescovo
Gianfranco Ravasi
Ho voluto che il "Mattutino" oggi seguisse il suo corso, come in una delle tante giornate in cui le sue righe si affacciavano sulle opere e sui pensieri dei lettori con un invito a sostare e a riflettere. Ho chiesto, invece, uno spazio ulteriore al giornale perché – in modo molto semplice e spontaneo – mi rimangono alcune altre parole da dire in questa mattina.
Come ormai è noto, oggi papa Benedetto XVI mi ordinerà vescovo e mi avvierà verso un ministero pastorale un po’ speciale, quello della cultura. Un orizzonte che ho, certo, per anni già perlustrato lungo sentieri più modesti e che ora si aprirà davanti a me con nuovi e ben più ampi percorsi.
È, dunque, per me il momento di una svolta che è scandita anche a livello spaziale: lascerò Milano, le sale solenni e silenziose della Biblioteca e Pinacoteca Ambrosiana, le vie di una città che conoscevo spesso metro per metro durante i miei passeggi vespertini, condotti (un po’ paradossalmente) per riflettere nonostante il frastuono esterno, che in realtà era per me un sottofondo familiare. Qui a Milano, lascio anche la sede di Avvenire e quindi il giornale nel suo formarsi quotidiano. È stato il mio costante compagno di viaggio nello schiudersi di ogni giorno per ben quindici anni. Un legame che non riesco a troncare oggi perché – devo essere sincero – sarebbe una lacerazione troppo forte e sanguinante.
Per qualche tempo, dunque, mi preparerò a quell’addio che ci scambieremo a fine dicembre quando passerò la mano a un’altra penna e a un’altra voce. Ora è solo il tempo di un abbraccio per un saluto e un grazie. Soprattutto per il ringraziamento: questi anni che ho trascorso con voi, lettori del "Mattutino", saranno per me indimenticabili. È stato, infatti, un dialogo continuo, spesso implicito, altre volte trasformato in colloquio diretto quando ci incontravamo sui treni o per le strade delle molte città in cui passavo per le mie conferenze, oppure divenuto una conversazione che si svolgeva attraverso le vostre lett ere. Sì, quelle lettere che nei giorni scorsi mi hanno sommerso di parole affettuose, di rimpianti, di strette ideali di mano.
Un fremito percorre il mio cuore rievocando questo vincolo d’amicizia, che è uno dei doni più belli che abbia ricevuto nella mia esistenza. Il direttore Dino Boffo, che è stato l’artefice iniziale del "Mattutino", quando ancora io ero uno dei tanti studiosi e pubblicisti appena noti ad alcuni, ha voluto che questo legame divenisse oggi esplicito attraverso un segno: quando il Papa oggi me l’imporrà, la mitra episcopale che mi accompagnerà durante il mio ministero ecclesiale nei momenti più alti e solenni sarà appunto un dono di Avvenire. Un dono prezioso perché è stata intessuta in modo raffinato, nella consapevolezza che la bellezza esalta e trasfigura lo stesso dono e il suo significato.
Per questo devo oggi dire solo quella parola così semplice che ormai abbiamo trasformato in un freddo stereotipo, tant’è vero che conclude persino gli annunci nei supermercati, nelle stazioni e negli aeroporti, perdendo il suo valore profondo. È quel "grazie" che risale originariamente alla stessa "grazia" divina, un vocabolo che in sé evoca armonia e delicatezza, finezza e gentilezza e soprattutto affetto, benevolenza, generosità, simpatia. È tutto questo che ho ricevuto per anni da voi, amici di Avvenire, e sono questi i sentimenti che saranno in me oggi quando in S. Pietro Benedetto XVI mi imporrà le mani e su di me invocherà lo Spirito di Dio che rinnoverà la mia vita.
© Copyright Avvenire, 29 settembre 2007
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