27 settembre 2007

Morte Giovanni Paolo II: Politi "sposa" la tesi di MicroMega, duro affondo di Avvenire


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"MicroMega" rilancia: per Wojtyla ci fu eutanasia

Ma il vaticano non commenta

MARCO POLITI

Paolo Flores d´Arcais, direttore di MicroMega, rilancia: «Secondo i criteri morali della Chiesa cattolica romana papa Wojtyla non ha ricevuto il trattamento obbligatorio nutrizionale in forme efficaci e anticipate e quindi il suo è un vero e proprio caso di eutanasia». Beatificazione in forse? Non tocca ai laici occuparsi di un procedimento interno alla Chiesa, ma la tesi della «mancata nutrizione» esposta sull´ultimo numero di MicroMega dalla dottoressa Lina Pavanelli, direttrice della Scuola di specializzazione di anestesia e rianimazione dell´università di Ferrara, è già rimbalzata all´estero sui principali media.
La Pavanelli, naturalmente, non mette in dubbio che l´equipe medica del Vaticano non abbia prestato la massima assistenza al pontefice, ma - in una conferenza stampa tenuta ieri - ha ribadito un elemento fondamentale. Il Parkinson, ha spiegato, sfocia inevitabilmente in difficoltà paralizzanti della respirazione e della deglutizione. Servono, dunque, terapie da mettere in campo in tempo e non solo nel momento finale della crisi. E se al soffocamento si ovviò con la tracheotomia durante il secondo ricovero del pontefice al Gemelli, desta stupore che non sia stata applicata a Giovanni Paolo II un sonda enterinale (Peg) alle pareti addominali, ben prima del suo ricovero nel febbraio 2005.
«Ai pazienti di Parkinson - ha sottolineato la Pavanelli - vengono prospettate le terapie necessarie già durante il procedere della malattia. Non posso immaginare che questo non sia stato fatto con papa Wojtyla. Il fatto è che non è stato alimentato nel modo giusto e nei tempi giusti». Lo stesso sondino gastro-nasale gli è stato applicato in fase molto avanzata del suo calo di peso.
Dunque? «Non applicare al paziente la terapia ottimale è una forma di eutanasia e nel caso di papa Wojtyla lo è».
Tutta la vicenda è complicata, peraltro, dal fatto che sulle condizioni di Wojtyla il Vaticano non ha mai diffuso bollettini medici, documenti responsabili di fronte al giuramento d´Ippocrate. I comunicati della Sala stampa vaticana sono documenti governativi e anche molto lacunosi.
Di fatto Giovanni Paolo II ha rifiutato il terzo ricovero al Gemelli perché non voleva finire intubato. In altre parole, si è lasciato morire o - se si vuole - ha lasciato che la natura facesse il suo corso senza speciali supporti artificiali, che rischiavano di immobilizzarlo tra la vita e la morte per mesi in una stanza d´ospedale. Non voleva essere un corpo inerte senza più vitalità. L´unica ipotesi possibile, sottolinea la Pavanelli, è che «i medici non sono riusciti a convincerlo ad accettare in tempo utile la nutrizione transaddominale». Ed è altrettanto chiaro che «solo il Papa può aver detto di no».
Per Paolo Flores la fine di Giovanni Paolo II contraddice, comunque, la posizione della Congregazione per la Dottrina della fede secondo cui la somministrazione di cibo e acqua ad un paziente, «anche per vie artificiali», resta «obbligatoria». Forse per questo nessuno del Vaticano ha raccolto l´invito ad un pubblico confronto. Giovanni Franzoni commenta: «Eutanasia significa morte buona. Perché demonizzare ciò che è un ossequio alla libertà che Dio dona alla persona?».

© Copyright Repubblica, 27 settembre 2007

E' stupefacente il fatto che il vaticanista Politi si limiti a riportare la voce di MicroMega e non accenni neppure lontamente alla presenza, in conferenza, di Luigi Accattoli, suo collega.
Vogliamo pensare che Politi non sappia come sono andate veramente le cose? Suvvia! Non mi piace il tono di questo articolo molto tendenzioso: secondo Politi il Vaticano non ha accettato alcun confronto perche' la morte di Papa Wojtyla urta contro il documento della Congregazione per al dottrina della fede. Francamente, cari amici, non credevo che si potesse arrivare a tanto...

Raffaella


I tentativi di travestire da «eutanasia» la morte di Papa Wojtyla

Riecco gli stregoni delle diagnosi a distanza

Luigi Geninazzi

«Lasciatemi andare dal Signore». Furono le ultime parole pronunciate con un debolissimo filo di voce da Giovanni Paolo II sul letto di morte, il 2 aprile del 2005. La sua agonia era iniziata sotto gli occhi di tutto il mondo quando, pochi giorni prima, si era affacciato alla finestra del suo studio senza riuscire a parlare, lo sguardo velato dalle lacrime, la mano che cercava di afferrare inutilmente il microfono, il volto attraversato da un’umanissima tristezza. Una via crucis che commosse il mondo intero e divenne un tempo di grazia per i credenti, posti davanti all’ultimo grande capitolo del pontificato wojtyliano, quello della sofferenza che non si nasconde ma testimonia il mistero salvifico di Dio. Fino all’estrema preghiera: «Lasciatemi andare dal Signore». Come i grandi mistici Giovanni Paolo II si sentiva ormai vicino all’abbraccio col Padre. Un abbraccio intensamente voluto, supplicato, desiderato. Il contrassegno della morte cristiana, di una morte serena. Che oggi, incredibilmente, qualcuno vuole trasformare nell’icona della "dolce morte di Karol Wojtyla". È il titolo di uno scritto comparso sulla rivista Micromega (micro, immaginiamo, per la capacità d’analisi, mega per l’impudenza a spararle grosse), a firma di un’anestesista, la dottoressa Lina Pavanelli, che ieri è tornata sull’argomento in una conferenza stampa.

Con grande sprezzo del ridicolo ha voluto ribadire che «il trattamento medico ricevuto da Papa Wojtyla nelle ultime settimane di vita fu un vero e proprio atto di eutanasia». Giovanni Paolo II infatti sarebbe morto per aver rifiutato la nutrizione artificiale, un procedimento che gli avrebbe potuto allungare la vita. Insomma, quel «lasciatemi andare» sarebbe da intendere come un «sospendete le cure».

Siamo in trepidante attesa del prossimo articolo della Pavanelli sul Nunc dimittis del vecchio Simeone: che sia il manifesto biblico della dolce morte? L’anestesista che non c’è mai stata (al capezzale di Papa Wojtyla) ha ricevuto già una sonora smentita da chi c’era, il professor Renato Buzzonetti, medico personale di Giovanni Paolo II fin dal 1978. Come ha dichiarato in un’intervista a Repubblica «non è vero che le cure al Santo Padre furono interrotte. La sua è stata una lunga Passione... E dal 30 marzo fu sottoposto a nutrizione enterale mediante il posizionamento permanente di un sondino naso-gastrico perché non era più nelle condizioni di nutrirsi per via orale». Ma a "Micromega" la sanno più lunga e rincalzano: il 30 marzo, due giorni prima della morte? Troppo tardi!
A dire il vero, è trapelato già da tempo che un sondino per la nutrizione artificiale sarebbe stato applicato anche nei giorni precedenti, seppure non in modo permanente. Lo ha fatto osservare durante la conferenza stampa il giornalista del Corriere della Sera, Luigi Accattoli. Ma anche quest’obiezione è stata respinta dai severi giudici di "Micromega": bisognava procedere alla nutrizione artificiale molto tempo prima. Non si limitano a teorizzare l’eutanasia, si comportano pure come stregoni della diagnosi a distanza. Senza aver mai visto il paziente e a due anni dalla sua morte... Un tentativo tanto più penoso quanto più dettato da furore ideologico. Non esiste il minimo appiglio fattuale per una ricostruzione così arbitraria e assurda. Quand’era in vita Giovanni Paolo II veniva scrutato in ogni sua manifestazione di sofferenza, in ogni più piccolo gesto di stanchezza. «Se voglio sapere com’è il mio stato di salute leggo i giornali», ironizzò una volta. Non c’è limite al peggio: adesso, per sapere com’è morto, dovremmo leggere Micromega? ?

© Copyright Avvenire, 27 settembre 2007

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma Politi dov'era quando moriva Giovanni Paolo II? Se lo ricorda Navarro, che annuncia con voce rotta che "le funzioni vitali sono compromesse"?