24 settembre 2007
Mons. Ravasi si congeda da Milano. Nell'omelia cita i mali odierni: superficialità e banalità
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(nella foto Mons.Ravasi)
In Sant'Ambrogio il saluto dell'ex prefetto dell'Ambrosiana. I milanesi: una grande perdita, ci mancherà
Ravasi: non dimenticherò mai questa città «Superficialità e banalità i mali di oggi»
Paolo Foschini
Basilica di Sant'Ambrogio affollata sin dentro ai confessionali, ieri, per il saluto di monsignor Gianfranco Ravasi in partenza verso Roma, dove da venti giorni è presidente del Pontificio Collegio della Cultura: «La mia città può fare a meno di me. Sono io — ha detto l'ex prefetto della Biblioteca Ambrosiana — che non posso fare a meno di voi. Milano mi scorre nelle vene e mi pulsa dentro a ogni battito del cuore». «Ci mancherà », è il commento dei fedeli. Un saluto, quello di Ravasi, che è stato anche una riflessione sui «mali del nostro tempo: superficialità, ovvietà, stupidità, il linguaggio- chiacchiera, la banalità», al servizio di un «homo televisivo fatto di lustrini e sceneggiate».
© Copyright Corriere della sera (Milano), 24 settembre 2007
«Bisogna ribellarsi all'homo televisivo fatto di lustrini e sceneggiate»
Paolo Foschini
«La mia città può fare a meno di me. Sono io che non posso fare a meno di voi. Milano mi scorre nelle vene e mi pulsa dentro a ogni battito del mio cuore». Così ieri mattina, in una basilica di Sant'Ambrogio piena come a Natale, monsignor Gianfranco Ravasi si è formalmente congedato da Milano. Perché il suo futuro è a Roma, dove da venti giorni Benedetto XVI lo ha voluto a presiedere il Pontificio Collegio della Cultura: notizia nota da tempo, è vero, ma che solo quando ieri è stata tradotta da Ravasi in quel saluto pieno di commozione — «Da domani non sarò più con voi» — è sembrata manifestare il proprio reale impatto sulla vita culturale e spirituale della città. «Felicissimi per lui e per quelli con cui lavorerà — era il commento più ripetuto dai fedeli all'uscita della basilica — ma per noi è una grande perdita».
Naturalmente il suo non è stato solo un saluto, ma una riflessione sui problemi — i «mali » — del nostro tempo: «La superficialità, l'ovvietà, la stupidità, il linguaggio-chiacchiera, la banalità», il tutto al servizio di un «homo televisivo fatto di lustrini e sceneggiate». D'accordo, anche Ravasi ha da 17 anni un suo rapporto con la tv visto il successo de «Le frontiere dello spirito» che conduce ogni domenica su Mediaset (senza che un solo spot, per contratto, possa interrompere le sue letture commentate delle Scritture). Ma l'atmosfera scelta per la messa di ieri era comunque tutta un'altra cosa, con la musica di Stravinsky, il Coro della Scala, l'Ensemble strumentale della Filarmonica diretto da Bruno Canino, la Messa per coro e fiati suonata per la prima volta alla Scala nel '48: «La musica purtroppo non cancella — ha detto l'ormai ex prefetto della Biblioteca Ambrosiana — l'amarezza di questo mio saluto. Ma vorrei approfittare di questa circostanza per invitare a contrapporre proprio la musica al rumore, al fracasso, al silenzio vuoto da cui invece siamo sempre più assediati. La parola "sordi" ha la medesima radice della parola "assurdo": ecco, non diventiamolo. Chi non ama la musica è sordo».
Perché è dalla capacità di ascoltare, ha aggiunto, che nasce la saggezza: «Dobbiamo ritrovare la sapienza. Lo stupido dice quel che sa, il sapiente sa quel che dice».
Ora Ravasi sarà, per dirla in sintesi, il ministro della Cultura di Ratzinger: un ruolo per il quale il pontefice non ha dato semplicemente un benestare, ma che ha personalmente sollecitato e voluto. La folla che al termine della celebrazione ha applaudito il sacerdote in partenza era stipata fin dentro i confessionali. E lo ha accompagnato col suo applauso fino all'uscita dalla chiesa.
© Copyright Corriere della sera (Milano), 24 settembre 2007
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