24 luglio 2008

Card. Dias alla Conferenza di Lambeth: "Oggi il mondo ha bisogno di chi testimoni la bellezza della fede cristiana senza vergogne o compromessi"


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VATICANO - Alla Conferenza di Lambeth, il Card. Ivan Dias parla di “Missione, Giustizia sociale ed Evangelizzazione”: oggi il mondo ha bisogno di chi testimoni “la bellezza della fede cristiana senza vergogne o compromessi”

Città del Vaticano (Agenzia Fides)

Nell'ambito dei lavori della “Conferenza di Lambeth”, l'incontro decennale di tutti i Vescovi anglicani del mondo, che si svolge a Canterbury (Inghilterra) dal 16 luglio al 3 agosto, il Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, è stato invitato a parlare, la sera del 22 luglio, sul tema “Missione, Giustizia sociale ed Evangelizzazione”.
L'intervento del Card. Dias ha preso le mosse dal mandato di Gesù relativo all'evangelizzazione, e il Cardinale ha sottolineato come il tema sia particolarmente appropriato “in questo anno in cui commemoriamo il bimillenario della nascita del grande evangelizzatore, convertitosi da Saulo, il persecutore dei cristiani, a Paolo, l'Apostolo dei Gentili”. Citando il discorso di Gesù nella sinagoga di Nazaret, dove Gesù parla della sua missione parafrasando il profeta Isaia (cfr Lc 4,18-19), il Card. Dias ha sottolineato che qui possiamo vedere lo stretto rapporto esistente “tra la missione di annunciare la Buona Novella e la necessità di essere attenti alle necessità dei nostri fratelli riguardanti gli aspetti sociali e della giustizia”. Ciò significa tradurre l'amore verso Dio in opere di amore verso il prossimo: è questa l'essenza del Nuovo Comandamento dell'amore lasciatoci da Gesù e sul quale saremo giudicati nell'ultimo giorno.
Gesù ha assegnato ai suoi discepoli la missione di rinnovare la faccia della terra annunciando il messaggio di salvezza a tutta l'umanità.

“Egli ha voluto che la sua Chiesa fosse dinamica, non statica – ha sottolineato il Card. Dias -, e trasformi l'umanità dall'interno, essendo sale della terra e luce del mondo e lievito nella pasta, per preparare l'avvento di una nuova creazione”. “Per un discepolo di Cristo quindi, predicare il Vangelo non è una opzione ma un comando del Signore” ha proseguito il Cardinale, che ha messo in evidenza come l'urgenza di annunciare il Vangelo sia attuale oggi come duemila anni fa, nonostante alcuni abbiano ingenuamente dichiarato che “Dio è morto”. Dopo aver ribadito l'unicità di Gesù Cristo e l'universalità della sua Salvezza, il Card. Dias ha affermato che “il mandato missionario ci fa entrare nella profondità del cuore di Dio, che vuole che tutti gli uomini, le donne e i bambini siano salvi e giungano alla conoscenza della Verità.

Un cristiano quindi deve considerarsi in missione per proclamare la sacra persona e la missione salvifica di Gesù Cristo in tutti i tempi e senza compromessi, e per diffondere i valori del Vangelo in ogni cuore, in ogni casa, in ogni cultura”.

Il Card. Dias si è poi soffermato sulle sfide all'evangelizzazione oggi: “Se in passato le tradizionali aree di evangelizzazione erano il cuore dell'uomo e la casa, la sanità e l'educazione, i malati e gli anziani, non possiamo ignorare i nuovi orizzonti che devono essere illuminati dalla luce di Cristo”.

Tra i moderni “areopaghi” - richiamando ancora la predicazione di San Paolo nell'areopago di Atene - che hanno bisogno di essere evangelizzati oggi, vi sono soprattutto i mass media, il mondo della scienza e della tecnologia, delle comunicazioni politiche e sociali, dei rifugiati e dei migranti, e altri ancora.
“Quindi c'è la vasta gamma delle culture e religioni non cristiane” ha proseguito il Cardinale, che esercitano una profonda influenza sul modo di pensare e sullo stile di vita dei loro seguaci. Questo mosaico di culture e religioni è reso ancor più complesso dalle questioni poste sull'identità dell'uomo e sullo scopo della sua vita. Nel nostro mondo postmoderno spesso le risposte a queste domande ignorano la dimensione trascendentale della vita e cercando di rendere Dio irrilevante. Nel mondo occidentale, che prendendo le distanze dalle sue radici e tradizioni cristiane ha prodotto un contesto di confusione morale, i principi ed i valori cristiani, morali ed etici, sono minacciati da più parti.

Di fronte a questo contesto mondiale, il Cardinale ha incoraggiato i Vescovi a non essere spettatori passivi: “fedeli alla nostra missione dobbiamo essere attivi e non solamente reattivi, leggendo i segni dei tempi e progettando i nostri impegni missionari, fermamente convinti che Colui che ha nelle sue mani il destino dell'umanità ha promesso di essere con i suoi discepoli fino alla fine dei tempi”.

Tra le vie per l'evangelizzazione ai nostri tempi, il Card. Dias ha citato innanzitutto l'esemplarità della vita cristiana. Nei primi tempi dell'era cristiana i pagani erano attratti dalla fede soprattutto vedendo il comportamento dei cristiani, il loro modo di vivere.

Oggi il mondo ha ancora bisogno della “testimonianza credibile dei cristiani, che vivono nel mondo, con le sue gioie e dolori, speranze e tribolazioni, ma non sono del mondo”. Quindi i Vescovi devono incoraggiare i fedeli “a dare testimonianza della speranza che è in loro”, perché il mondo ha bisogno di persone come il Cardinale Newman, Chesterton, Lewis, Hilaire Belloc e tanti altri che hanno brillantemente testimoniato “la bellezza della fede cristiana senza vergogne o compromessi”.

Altre due vie possono contribuire alla causa dell'evangelizzazione: l'inculturazione ed il dialogo interreligioso. “L'inculturazione è il processo attraverso il quale il messaggio del Vangelo viene incarnato nelle culture e nei contesti locali – ha sottolineato il Card. Dias -. Purtroppo una delle grandi tragedie dei nostri tempi è il divorzio tra fede e cultura. I Vescovi devono quindi incoraggiare le iniziative che hanno per obiettivo l'armonica fusione di fede e cultura attraverso l'arte, la musica, la danza e la liturgia”.
Riguardo al dialogo interreligioso, il Card. Dias ha ribadito che anche nelle altre tradizioni religiose e culturali ci sono elementi autentici, buoni e santi.
“Il patrimonio spirituale delle tradizioni religiose non cristiane è un invito a dialogare, non solo in quelle cose che esse hanno in comune con la cultura cristiana, ma anche nelle loro differenze.

Il dialogo infatti non è mai un tentativo di imporre il nostro punto di vista agli altri, perché in questo modo il dialogo diventerebbe una forma di dominazione spirituale e culturale, e nemmeno significa abbandonare le nostre convinzioni. Significa invece, mantenendo ferme le cose in cui crediamo, ascoltare rispettosamente gli altri per discernere tutto ciò che vi è di buono e santo, tutto quello che favorisce la pace e la cooperazione”.

Quindi il Cardinale Dias ha ricordato i diversi tipi di dialogo a livello interreligioso – di vita, di azione, di idee, di esperienze – ed ha esortato a saper cogliere nelle religioni non cristiane quei valori che possono essere un valido punto di partenza per un fruttuoso dialogo interreligioso.
Il Card. Dias si è quindi soffermato sulla dimensione ecumenica dell'evangelizzazione: “L'evangelizzazione è prerogativa unica dello Spirito Santo, che ha bisogno di canali attraverso cui possa fluire. Questo sarà possibile nella misura in cui vi sarà unità e coesione tra i membri della Chiesa, tra loro e i loro pastori, e, soprattutto, tra gli stessi pastori, sia all'interno delle loro comunità come con le altre Confessioni cristiane”. Quando si agisce in unità di intenti e di cuore, l'impegno missionario è rafforzato, ma quando la diversità degenera nella divisione, diventa una contro-testimonianza che compromette seriamente la loro immagine e i tentativi di annunciare la Buona Novella di Gesù.
Al termine del suo intervento il Cardinale ha invitato a guardare a Maria, la Stella della nuova evangelizzazione, che può essere il modello per i cristiani, punto di riferimento per il dialogo interreligioso, e guida per i Vescovi nel loro ministero di discernimento. (S.L.)

© Copyright (Agenzia Fides)

Il testo integrale del discorso del Card. Dias, in inglese

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