26 luglio 2008

L’"Humanae vitae", documento a difesa della dignità umana: l'opinione della prof.ssa Maria Luisa Di Pietro e di Giovanni Maria Vian (Radio Vaticana)


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L’"Humanae vitae", documento a difesa della dignità umana: l'opinione della prof.ssa Maria Luisa Di Pietro e di Giovanni Maria Vian

Nel compito di trasmettere la vita, i coniugi non sono “liberi di procedere a proprio arbitrio” ma, “al contrario, devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dall’insegnamento costante della Chiesa”: è uno dei passaggi forti dell’Enciclica Humanae vitae di Paolo VI, di cui si celebra in questi giorni il 40.mo anniversario. Sui contenuti fondamentali di questo documento magisteriale, Alessandro Gisotti ha intervistato la prof.ssa Maria Luisa Di Pietro, docente di Bioetica all’Università Cattolica di Roma e presidente dell’associazione “Scienza e Vita”:

R. - Ciò che Paolo VI ha messo in evidenza è lo stretto legame tra contraccezione, aborto e sterilizzazione. C’è poi un monito sulle politiche di controllo demografico delle quali allora si parlava ancora poco. Alla base di tutto questo indicava il rischio di una profonda banalizzazione della sessualità. I contenuti che questa Enciclica ci offre e che ci dovrebbero far riflettere sono dunque molti. Contrasta soprattutto questo ultimo punto, la banalizzazione della sessualità, che oggi porta a determinati atteggiamenti nei confronti della generazione umana e nei confronti della vita umana. Quindi, partendo da lì e riproponendo il vero concetto di sessualità, della coniugalità, della procreazione responsabile, possiamo porre le basi per quella sfida educativa di cui oggi tanto si parla.

D. - Sappiamo quanto questa Enciclica sia stata contestata anche all’interno del mondo cattolico. Perché secondo lei?

R. - Gli attacchi più forti sono stati quelli relativi al fondamento dell’insegnamento. L’altro punto di discussione è stata l’applicabilità dell’insegnamento dell’Humanae vitae e ancora oggi molti pensano che non sia applicabile. In realtà, l’insegnamento dell’Humanae vitae è stato poi storicizzato negli studi, nella ricerca della regolazione naturale della fertilità. Quindi, ciò che è stato contrastato è stato fatto forse molte volte per volontà di non ascoltare e per mancanza di cognizione di causa. Ciò che alle coppie si può dare - insegnando la vera procreazione responsabile, non come viene intesa oggi - è un grande patrimonio di ricchezza che la coppia può vivere nella sua realtà quotidiana e nella sua relazione con i figli. Quindi, questo è il grande messaggio che è stato lasciato ed è stata importante la lettura che Giovanni Paolo II ha dato dell’Humanae vitae.

D. - Jean Guitton definì l’Enciclica “ferma ma non chiusa”. Si può dire che in fondo c’è una visione integrale della persona umana, non limitata in questa Enciclica?

R. - Sicuramente. Ciò che Paolo VI ha fatto è stato chiarire, richiamare e porre nuovamente l’attenzione sui concetti di corporeità, di sessualità, di coniugalità e di procreazione responsabile. Guarda la persona in tutta la sua integrità, ma soprattutto nel rispetto della coppia e della donna. E’ un messaggio di grandissima speranza e soprattutto di richiamo a farsi rispettare nel proprio esistere e nella propria dignità di persona umana. Quindi, è un grande servizio che Paolo VI ha fatto, una grande eredità che ci ha lasciato. Questi richiami mettono al centro ancora una volta la dignità della persona umana e quella eccedenza che ogni persona umana rappresenta rispetto a tutte le altre specie viventi.

D. - Pensando anche all’anno in cui fu pubblicata l’Humanae vitae, il 1968, si può dire che un altro messaggio forte che viene dato da questa Enciclica è che non c’è libertà senza responsabilità?

R. - Certamente. La libertà e la responsabilità non possono essere scollegate tra di loro. Chi considera la libertà come qualcosa di separato dalla responsabilità e, quindi, dal valutare prima quello che si fa e farsi poi carico delle conseguenze che dalle proprie azioni derivano, ha un concetto completamente deviato di libertà.

“Segno di contraddizione”: così, il direttore de L’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian ha definito l’Humanae vitae in un editoriale pubblicato ieri nel 40.mo della firma del documento. In questa intervista di Luca Collodi, Vian si sofferma sulla lungimiranza dell’Enciclica di Paolo VI:

R. - Sicuramente, è un documento profetico di fronte agli sviluppi, anche inquietanti, dell’ingegneria genetica. Colpisce la preveggenza di questo documento papale, del quale Paolo VI spiegò tutte le ragioni: c’è tutto Paolo VI in questa Enciclica.

D. - L’Humanae vitae suscita ancora oggi accese discussioni. Alcuni ritengono che la Chiesa non sia legittimata a parlare di sesso. Legittimità che in sostanza viene riconosciuta alla sola scienza…

R. - A questa obiezione risponde già Paolo VI due giorni dopo l’uscita dell’Enciclica. La Chiesa parla - e lo aveva detto lui stesso anche tre anni prima all’ONU - "in quanto esperta di umanità”. Tra l’altro, la parola dell’Enciclica è interessante, perché benché l’insegnamento si rivolga chiaramente in primo luogo ai cattolici, valuta il matrimonio come un bene naturale e lo valorizza come tale. E’, quindi, una verità sull’uomo. La Chiesa non è nemica della scienza. E’ interessante anche questa insistenza di Papa Montini sul rapporto con gli scienziati. Su questo, tra l’altro, anche i 40 anni trascorsi dal 1968, dalla pubblicazione di questa che fu definita con derisione “l’Enciclica della pillola”, hanno dimostrato che i risultati della contraccezione artificiale non sono così positivi, hanno dimostrato che questi timori di una catastrofe planetaria per una crescita smisurata della popolazione sono infondati. E’ un panorama complessivo quello che tocca l’Enciclica. E’ un panorama umano sul quale la Chiesa cattolica ha, in coscienza, voce in capitolo.

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