11 luglio 2008

Mentre Sgarbi critica in modo geniale il Camilleri pentito, Repubblica, Unità, Europa e La Stampa fanno i girotondi...sì, no, anzi sì


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Camilleri merita il Nobel ma dell’ipocrisia

di Vittorio Sgarbi

Mi chiedo per quale strana ragione quando io dovetti ascoltare il duo Grillo-Travaglio coadiuvati dall’ufficiale di collegamento Santoro insultare indifferentemente il professore e senatore Umberto Veronesi chiamato «affarista» e «Cancronesi», il presidente della Repubblica, giudicato inerme e addormentato, e quello del Consiglio chiamato psiconano e ridicolizzato per il suo aspetto fisico, e ancora ministri e parlamentari giudicati mafiosi davanti a una platea di quattro milioni di telespettatori ad Anno zero, il 1° maggio, nessuna anima bella si scandalizzò, non di me che avevo tentato disperatamente di frenarli (come sempre per i sacerdoti del politicamente corretto, sopra le righe), ma di loro che avevano fatto le prove generali della manifestazione dell’8 luglio che oggi vedo quasi da tutti esecrata.

Il giudizio più severo è certo quello del più coinvolto e del più vicino, l’innocente presentatore non moderatore Mattia Stella. Indignato dell’intervento della G. ha dichiarato: «Era come in preda a una stato di trance, pericoloso per sé e per gli altri. Quando è scesa dal palco sono andato a dirle quel che pensavo, da cristiano: che attaccare il Papa mi sembrava fuori luogo e offensivo per tutti quei cattolici che si sono sacrificati per questo Paese, che l’inferno non si augura a nessuno. E lei: “Che c’entra, io non credo all’inferno, e poi tu chi sei?”. Contro la Carfagna, poi, un moralismo da quattro soldi. Che vergogna. Per una volta ha ragione Berlusconi: monnezza».

Un bel risultato per una manifestazione contro Berlusconi: non aver convinto neanche il «conduttore» scelto da Pancho Pardi. Ovunque si sono lette le imbarazzate dichiarazioni degli organizzatori, lo sconforto di Furio Colombo, l’irritazione diffusa, soprattutto a sinistra per Grillo e la G..
All’indomani della mia difficile, e non complice partecipazione ad Anno zero, un comunista intelligente e illuminato come Luciano Canfora mi comunicò la sua indignazione parlandomi di «squadrismo». Tornando in piazza ad attaccare assenti, dal presidente della Repubblica al Papa con insulti innominabili, i picchiatori sono riusciti a scandalizzare anche i loro sostenitori. Così oggi si dissocia anche Andrea Camilleri, che pure ha partecipato attivamente alla manifestazione con le sue poesiole incivili. Non è stato, in verità né più persuasivo né più corretto di Grillo e della G. coll’aggravante di avere dissacrato, oltre che gli avversari, anche la letteratura. Oggi critica aspramente la G. e ritiene sbagliata l’aggressione alla Carfagna, quanto a Grillo afferma con perfetta lucidità: «Sono sempre stato critico con Grillo e a maggior ragione lo sono ora. La sua è un’azione negativa. È qualunquismo. Io non sono per l’antipolitica: sono per la buona politica. È opportuno mantenere posizioni distanti da quelle di Grillo». Non di meno oggi voterebbe Di Pietro di cui Grillo è l’ideologo.

L’ignoranza si appoggia all’ignoranza. Ma Camilleri è uno scrittore, ha una coscienza civile che passa attraverso la dignità letteraria.

Io ho avuto l’opportunità di seguire gli interventi in piazza Navona a partire dal suo attraverso Radio radicale. E prima di compiacermi del suicidio politico civile, oltre che dell’autolesionistica violenza di Grillo e della G., molto modesti, anche sul piano dell’interpretazione teatrale, ho sofferto per Camilleri sentendolo pronunciare versi insignificanti, di assoluta banalità e neppure spiritosi.

Le sue cinque poesie sono il punto più basso della manifestazione dell’8 luglio. Non poesie e neppure epigrammi, se uno pensa appunto al Pasolini da lui ricordato o al grande scrittore «comunista» Franco Fortini, a Tito Balestra o a Ennio Flaiano. Il degrado della letteratura in Camilleri, e la mortificazione della parola sono più gravi dell’umiliazione della satira di Grillo e della G.
Nella prima delle sue pretese poesie colpiscono il «fugace pretesto», il «delirio particolare», l’«ossessione devastante» riferite «ai monomaniaci» ma poi si dice: «Le sue parole scatenanti sono giustizia e giudici». Dal plurale si passa al singolare per l’«ossessione devastante» (in Camilleri) di Berlusconi. Così si devasta anche la grammatica, e si scrivono banalità come «il sorriso gli si muta in un ghigno». Inutile dire che, nella patetica conclusione appare insensato il riferimento a Cesare Lombroso. Come si sa Lombroso si occupava di folli e di folli criminali, non di furbi. L’obiettivo di Camilleri sembra essere quello di offendere comunque.
Nella seconda poesiola si continua colla grammatica traballante: si parla di uno, sempre Berlusconi, aggiungendo, ad abundantiam «solo per lui», e si dice «li iscrissero nel registro degli indagati». Poco chiaro anche cosa significhi mandare i Pm «in proscrizione». Nella terza si accostano gli scheletri dentro l’armadio alla cripta dei Cappuccini. Camilleri confonde la cripta dei Cappuccini di Palermo con quella di Roma, infatti a Palermo non vi sono semplici scheletri ma corpi semi imbalsamati e vestiti. Nella quarta, Camilleri dà lezione al Papa. Non si capacita che Ratzinger riceva il presidente del Consiglio italiano, confidando che egli giudichi gli uomini non con il Vangelo ma con il codice penale e assumendo la posizione dell’accusa. Ovviamente assoluzioni e prescrizioni, stabilite dai giudici, per Camilleri come per Travaglio sono condanne. E il suo Papa ideale, sotto la maschera non ha «una tavola di Lombroso», ma la faccia di Di Pietro. Così immedesimato nel suo Papa ideale, Camilleri, pur ammirando Pasolini, che cattolicissimo morì dopo un incontro a pagamento, tocca il punto più basso con: «Non importa che abbia avuto due mogli e che le sgualdrinelle confortino le sue notti».

Berlusconi è sempre colpevole, e i divorziati per monsignor Camilleri non possono neanche guardare il Papa che non dovrebbe ricevere Sarkozy ma che ha ricevuto, senza turbare Camilleri, Fidel Castro.

Infine Camilleri dimenticando lo «sgualdrinello» Pelosi, nella quinta poesiola, dice Pasolini «grandissimo». E, citandone i versi, nella imperfetta convinzione di stare dalla parte del bene, mentre Berlusconi e Maroni rappresentano il male, non si accorge di riferirli a se stesso: «Sei così ipocrita che quando l’ipocrisia ti avrà ucciso sarai all’inferno ma ti dirai in paradiso».
Povero Camilleri. Pentito (di Grillo, della G., di Travaglio) ma non di se stesso e delle ingiurie indirizzate non a Berlusconi, ma alla letteratura.

© Copyright Il Giornale, 11 luglio 2008 consultabile online anche qui.

Geniale :-)
R.

Il girotondo dei giornali di sinistra: sì, no, anzi sì

di Paolo Bracalini

La piazza dell’8 luglio ha ragione, anzi no è incivile, anzi no è giusta. A forza di girotondi a qualche giornale (e a diversi girotondini) è venuto un terribile mal di testa. In molti sono passati nello spazio di tre giorni dall’appoggio trionfale, allo sdegno per la violenza degli attacchi, fino al ripensamento del ripensamento stesso, in una contorsione da meditazione trascendentale yoga.

I segni più evidenti di schizofrenia acuta sono apparsi sulle colonne di Repubblica, paurosamente oscillante tra la linea Di Pietro sulle leggi vergogna e la linea-Veltroni sul dopo piazza Navona.

E la crisi di identità si è manifestata nella persona del suo direttore Ezio Mauro, sconfessato dai suoi stessi editorialisti, che il giorno dopo l’anti-Cav day si sono industriati nell’analizzare le cause di quella «parodia di un talk show deteriore» (Edmondo Berselli), di quel «delirio pagliaccesco» (Filippo Ceccarelli) avvenuto in piazza Navona.
Esegesi impeccabili se non fosse che Repubblica, fino a 24 ore prima, sponsorizzava la manifestazione descrivendola come «il primo test dell’opposizione in piazza», e affidando al vicedirettore D’Avanzo un fondo sul Cavaliere con un titolo che pareva già uno slogan perfetto per gli striscioni di piazza Navona: «Le magie dell’Intoccabile». E se non fosse, soprattutto, che il suo direttore si era nel frattempo espresso in termini inequivocabili sul valore politico del girotondo anche per il Pd.

Cosa aveva detto Mauro a Repubblica tv, alla vigilia dell’8 luglio? Semplicemente, un piccolo inno al girotondismo travagliesco: è «una manifestazione non solo opportuna ma doverosa», il «primo segnale di ripresa della democrazia», «si capisce benissimo il nostro giornale da che parte sta».

Ora non si capisce più, perché ormai gli tocca far convivere due anime nelle stesse pagine, che in modo subliminale ieri hanno preso forma in due editoriali affiancati, diametralmente opposti senza essere un esplicito pro e contro. Nel primo Giorgio Bocca, adoperando toni da piazza Navona, dopo aver dipinto un’Italia «da incubo, uno Stato mafioso, fuori legge, senza rispetto della Costituzione», chiude scendendo in piazza con Di Pietro, Travaglio e Flores D’Arcais, insomma con quella «manifestazione romana che ha denunciato la progressione autoritaria» dell’Italia berlusconiana. Una bella medaglia al merito sul petto dei no-Cav, come se Bocca si fosse perso la Repubblica del giorno prima.
Peccato che nel pezzo a fianco Curzio Maltese dica l’opposto e tratti i girotondini Beppe Grillo e S. G. (di cui tra l’altro è stato coautore nell’infelice Raiot) alla stregua di saltimbanchi che hanno fiutato nell’antipolitica un business per il proprio tornaconto personale. Uno pari e palla al centro.

E che dire dello psicodramma di Furio Colombo e Antonio Padellaro, incredibili girotondini-antigirotondini? L’Unità è riuscita nel miracolo di contraddirsi due volte in 48 ore, con l’aggravante che i protagonisti della giravolta erano in piazza mano nella mano con gli stessi da cui si dissociano.

In sintesi: Colombo e Padellaro hanno fatto propaganda alla manifestazione fino al giorno stesso, poi Colombo ha preso le distanze e anche Padellaro ci ha ripensato («Peccato!»), poi però ci hanno ripensato ancora e hanno ospitato due commenti di Marco Travaglio e Lidia Ravera allibiti dall’Unità del giorno prima e dall’idea della «bella piazza rovinata da Grillo». Quindi? Dategli del tempo, ci devono riflettere.

Non aspettavano altro i cugini di Europa, l’altro quotidiano del Pd che è amico dell’Unità come il gatto Silvestro del canarino Titti, per il regolamento di conti finale. «Chiunque la diriga, è finita la vostra epopea» gli ha sparato lì il direttore Menichini; «Diffamatore», gli hanno risposto quegli altri.

Anche la Stampa ha affidato a una sua firma la lettura «sociologica» di piazza Navona, presa però molto sul serio fino al giorno prima. È l’ex spin doctor di D’Alema, Fabrizio Rondolino, scrittore-autore di reality show per Mediaset, a raccontare il «carnevale» di una protesta che ha più rapporti con l’avanspettacolo che non con la politica. Lo spieghi al direttore dell’Unità Padellaro, che il giorno dopo gli insulti ammoniva: se inviti Grillo avrai Grillo. Profezia recapitata sfortunatamente con 24 ore di ritardo. Ma tra tutti gli acrobati farà scuola il giovane veltroniano Mattia Stella, ancora più spericolato di Mauro, Colombo e Padellaro, e che con un colpo di classe ha risolto tutti i patemi d’animo degli intellettuali radical: «Ha ragione Berlusconi, certa gente è da monnezza». Mattia Stella chi? Sì, il giovane presentatore del girotondo di piazza Navona. È sua la palma del no Cav che sui no Cav è d’accordo col Cav.

© Copyright Il Giornale, 11 luglio 2008 consultabile online anche qui.

5 commenti:

mariateresa ha detto...

Questo articolo rende bene la schizofrenia di certi giornali. Più leggo più mi escono gli occhi dalle orbite. Ci si smentisce nel raggio di 24 ore con una disinvolta faccia da tolla. L'incredibile esibizione di piazza Navona segna, secondo me, la fine di una egemonia culturale e credo che le conseguenze si vedranno bene nel tempo. In realtà quella egemonia è finita da tempo, solo che tra il parlarsi addosso e tra di loro e avendo perso in modo macroscopico il contatto con la realtà, certuni sono stati colti di sorpresa. Stamattina ho letto in diagonale l'editoriale di Ezio Mauro e ancora stanno rotolando le mie palline in terra. Sono sempre gli stessi discorsi: è in pericolo la democrazia. Non ci sono storie. Tutte le volte che il dibattito si fa duro : è in pericolo la democrazia.Quinti tutti uniti contro i mostri.In realtà anche verso papa Benedetto è stato svolto ,e per mesi, lo stesso argomento da Flores: la Chiesa è un pericolo per la democrazia. Insomma , incuranti di intepretare la storia di Pierino con "al lupo al lupo" da almeno 25 anni, lorsignori hanno deciso che gli unici difensori della democrazia sono loro.
Gli altri sono cacche. E se li votano gli italiani anche gli italiani sono cacche.
La gente in piazza e i comici sul palco hanno padre e madre.

Scenron ha detto...

Ah...qualcuno allora ricorda Fidel Castro che stringe la mano al Papa! Stavo cominciando a perdere le speranze... Grande Sgarbi! :D

Anonimo ha detto...

Ciao Raffaella, ti suggerisco due articoli per uscire da quest'argomento di Piazza Navona perchè mi ha stufato... Il papa se ne infischia altamente delle volgarità e anche io, pur stigmatizzando le orribili parole che io non riuscirei a dire neanche al più insopportabile, mi astengo dalle ulteriori polemiche del tutto inutili. Due cose abbiamo capito: che ci sono fratture del PD e c'è un laicismo orrendo che cerca di minare la crescita dell'italia.

I due articoli pubblicati da repubblica di ieri: uno in cui si parla del bilancio economico della santa sede che quest'anno presenta un disavanzo, l'altro riguarda la figura del card. Pacelli quando era segretario di stato. Dalle sue lettere sono uscite nuove considerazioni che smentiscono ancora una volta il suo silenzio sul nazismo.

Grazie, ciao
Marco

Raffaella ha detto...

Dobbiamo rendere testimonianza e tutti questi articoli devono rimanere a futura memoria affinche' episodi del genere siano di insegnamento.
L'argomento va esaurendosi ma non ci passero' sopra facilmente.
R.

Anonimo ha detto...

Mah, ahimè Raffaella, non insegnano per niente chi ha le orecchie ma è sordo, chi ha occhi e non vede...

Io in questi giorni ho la testa a sydney e spero che possa essere un evento memorabile per i tanti giovani che sono là e per noi che siamo a casa. Marco