17 marzo 2007

Martini e il clamoroso autogol della politica...


Eccoci qui a commentare il "caso" Martini scaturito dalle dichiarazioni rilasciate dal cardinale, in pensione, a Gerusalemme.
Prima di riportare alcuni articoli "illuminanti" vorrei fare con voi qualche riflessione.
Mi sarei aspettata che stamattina i quotidiani recassero titoli a caratteri cubitali sul "coraggio" di Martini e sugli osanna ricevuti dai politici nella giornata di ieri.
Invece? Beh, siamo di fronte ad un caso clamoroso: per ora solo "Il Corriere" e "Libero" si occupano della vicenda. "Repubblica" ignora completamente l'argomento. Perche'? Io mi sono fatta un'idea precisa che vorrei condividere con il blog. A mio parere i mass media e i politici si sono resi conto di avere fatto un clamoroso autogol.
Se analizziamo le reazioni di cui abbiamo scritto (leggi qui), notiamo che i politici che ieri hanno cantato gli inni di lode sono gli stessi che gridano all'ingerenza del Papa nella politica italiana in nome della laicita'.
Qui, cari signori della politica nostrana, la laicita' non c'entra un bel niente! Diciamocelo una volta per tutte, senza ipocrisia e pregiudizi!
Non potete criticare (a volte insultare) Benedetto XVI perche' si occupa di temi etici e poi, sullo stesso argomento, lodare Martini perche' dice cio' che volete sentirvi dire.
Non e' cosi' che funziona, signori miei! E la coerenza?
Ieri mi sarei aspettata che qualcuno dei parlamentari interrogati dicesse: "Abbiamo rispetto per Martini (come dovremmo averne per il Papa), ma non riteniamo giusto che un cardinale, cioe' un membro della gerarchia ecclesiastica, si impicci degli affari dello Stato italiano). Questa sarebbe stata coerenza!
E invece abbiamo assistito ad un clamoroso autogol: qualcuno ha incoraggiato Martini a parlare, l'ha lodato, l'ha eretto ad icona della Chiesa vicina al popolo e, addirittura, ha dichiarato (duplice autogol) che e' il cardinale l'ispiratore dei DICO e della legge sull'accanimento terapeutico. Il Papa? Beh...lui deve stare zitto! Come osa parlare? Di che cosa si impiccia? I temi etici? Non sono affari che lo riguardano. Lo Stato e' laico! Peccato che si invochi la laicita' solo contro Ratzinger e non anche contro Martini! Autogol!
Come direbbe Santoro, sono stufa di questa politica arrogante che pretende che il Papa si adegui alla mentalita' conformista di questo momento storico, che insulta il Pontefice, perche' non cede, ed elogia un cardinale perche' invoca il dialogo. Ha ragione Gemma che, commentando il post citato, si chiede che cosa sia mai questo dialogo. Accettazione supina del conformismo? Ascoltare senza aprire bocca?
Chissa'...
Oggi, pero', "Il Corriere", onestamente, ritorna sul "caso" e mette in evidenza alcune contraddizioni su cui vale la pena riflettere.
Resta salvo il fatto che Martini puo' dire tutto cio' che vuole, ma, da cattolica, mi piacerebbe che dicesse a chiare lettere se si riconosce o meno nel Magistero della Chiesa.
Questa ambiguita' e' molto pericolosa e, come afferma Socci, crea scandalo fra i fedeli. Mi sembra, pero' che in questa occasione (come in tutte quelle precedenti) Martini voglia deliberatamente lasciare il dubbio, scompaginare le carte, restare sul vago. Se veramente e' stato male interpretato, si spieghi! Altrimenti considerero' valido il detto: chi tace acconsente (alle interpretazioni mediatiche)
Raffaella



Martini e la «Chiesa dall'alto» «Disapprovazione» della Curia
Giudicate «inopportune» le parole sulle coppie

Luigi Accattoli

CITTA' DEL VATICANO — Silenzio ufficiale, ma chiara disapprovazione: la reazione dell'ambiente vaticano all'ultima uscita del cardinale Martini è quella di sempre. Pochi l'approvano, anche chi gli è vicino vorrebbe «una maggiore prudenza» e prevale chi giudica «inopportune» le sue «aperture».
L'altro ieri da Betlemme l'ex arcivescovo di Milano ha invitato la Chiesa italiana ad «ascoltare la gente» e rivolgersi a essa per la via del «dialogo» e non con parole che potrebbero apparire «come un comando dall'alto». «I media — commenta un cardinale di Curia — hanno riferito le sue parole come se egli fosse a favore dei Dico e contro la "nota" che la Cei sta preparando e questa è una forzatura! Ma è vero che in quelle parole c'è qualcosa che si presta a una lettura strumentale».
Secondo il nostro interlocutore che non vuole essere nominato, il cardinale gesuita — che in questi giorni si è unito a un pellegrinaggio milanese che è laggiù anche per festeggiare i suoi 80 anni — dovrebbe «fare più attenzione» quando esce dal suo «ritiro».

Sono ormai molte le occasioni in cui il Martini di Terra Santa (da cinque anni vive laggiù per almeno metà del tempo) ha scosso la quiete — si fa per dire — della Chiesa italiana con le sue uscite: dal dialogo con il chirurgo Marino di un anno fa al testo pubblicato ultimamente sul «Sole 24ore» a proposito del caso Welby.
Il Papa continua ad attestargli la sua stima citandolo nei discorsi e ricevendolo mediamente due volte l'anno. Caloroso è stato il telegramma che gli ha mandato per gli 80 anni, pieno di «gratitudine» verso il «venerando fratello». Ratzinger e Martini hanno la stessa età (il Papa gli 80 li compie il 16 aprile) e da sempre si trattano con la magnanimità dei professori universitari impegnati nella stessa causa.
Ma il segretario di Stato cardinale Bertone non condivide la generosità papale: da quando è in quella carica tiene la lingua a freno, ma il maggio scorso in piena assemblea dei vescovi aveva detto chiaro e tondo che le uscite di Martini erano «inopportune», in quanto potevano dare l'impressione che ci fosse «divisione nel magistero».
Quell'impressione è così diffusa che due intellettuali cattolici si sono esercitati nel misurare addosso a Martini il titolo di «antipapa». Sandro Magister sull'«Espresso» ha definito il dialogo di Martini con Marino come «il manifesto di un antipapa». L'ha confutato Massimo Introvigne sul «Giornale» sostenendo che «sono i media della sinistra ad avere bisogno di un antipapa».
In Vaticano nessuno afferma che Martini voglia porsi come «oppositore», ma molti osservano che le sue «aperture» rendono «più difficile» il lavoro di chi «difende i valori».
A proposito dei titoli dei giornali di ieri, che enfatizzavano lo «strappo» di Martini sui Dico, il portavoce vaticano Federico Lombardi — gesuita come Martini — dice che «nella situazione conflittuale» che si è venuta a creare in Italia in materia di famiglia «risulta difficile recepire un richiamo alto come quello dell'ex arcivescovo di Milano senza schierarlo artificiosamente su uno dei due fronti». L'intenzione del cardinale «non era certo di gettare benzina sulle fiamme, ma di sollecitare a cercare possibili vie di uscita dal conflitto», aiutato dalla «lontananza della sua collocazione e anche dal suo attuale distacco da responsabilità di governo».
Gli fa eco il portavoce della Curia di Milano don Gianni Zappa: «Sia il cardinale Martini sia il cardinale Tettamanzi invitano a uno stile pastorale nell'affrontare la questione delle convivenze» ma la loro posizione in materia «non è affatto cedevole». Per Tettamanzi rimanda al discorso del 17 febbraio al Consiglio pastorale e per Martini a uno del 2000 intitolato «Famiglia e politica».

Corriere della sera, 17 marzo 2007

Beh, che si tratti di una posizione "non cedevole" e' tutto da dimostrare.
Ottimo, comunque, questo articolo di Accattoli che pone in evidenza la generosita' del Papa verso Martini: c'e' il telegramma di auguri di compleanno, ci sono le udienze e soprattutto gli attestati di stima che il generosissimo Benedetto ha concesso a Martini in occasione del dialogo con i giovani della GMG diocesana e dell'incontro con i seminaristi romani.
Mi pare, pero', che l'atteggiamento di Martini non sia altrettanto benevolo verso il Papa. Mai, e dico mai, nei suoi recenti interventi il cardinale ha citato il Pontefice e cio' mi pare indicativo!

Nonostante l'affetto sincero e la totale obbedienza al nostro Papa, non posso non essere d'accordo con il Cardinale Bertone.


L'ANALISI / 1

Melloni: ci sono diverse sensibilità Sbaglia chi non ne riconosce il valore

ALBERTO MELLONI

L'omelia del cardinale Martini a Betlemme aggiungerà nuova benzina al fuoco di chi dipinge Martini come l'antipapa. Più interrogativo sui temi della morale sessuale, più cauto nel toccare la soglia del morire, e ora più fermo nel dire che la chiesa, che certo non deve guadagnare consensi, ma non può nemmeno menar vanto di rendersi lontana, incomprensibile e sprezzante: non basta per contrapporlo al magistero così fitto di «ismi» di Benedetto XVI?
Chi ne è convinto non sente ragioni. Per questi ambienti ultramontani il conclave del 2005 non è stato un atto canonico, ma una ordalia fra i veri cattolici e i falsi cattolici. A questi ultimi, sconfitti dall'abbacinante superiorità di Ratzinger, è ora concesso solo sottomettersi limitandosi a dire e pensare solo ciò che il Papa ha già detto o pensato. Questo «partito» politico- religioso, ha finora individuato nella chiesa cattolica un numero limitatissimo di cattolici: dieci, quindici al massimo, riconoscibili perché si appellano ed allineano al pontefice non per sovrannaturale obbedienza, che è ancora una virtù, ma per un istinto sovrannaturale all'applauso. Fra i falsi cattolici o i non-abbastanza-cattolici, dunque, spicca Martini: e gli fanno corona in molti a partire dal suo successore cardinale Tettamanzi, il cui richiamo ad evitare le scomuniche infraecclesiali suona «relativista» ad orecchie ultramontane; per giungere fino al cardinale patriarca Scola, che, a causa di un suo interessante libro sulla nuova laicità, è stato liquidato dai blob di pettegolezzi ecclesiastici ispirati da ecclesiastici, come un cattivo esempio di «chiarezza concettuale e comunicativa»...
Ma il mito di Martini, non più antipapa, ma contrappeso del Papa, fa capolino anche nelle riflessioni che cercano di trovare a tutti i costi la perfetta sintonia, la piena concordanza e l'identità di vedute fra ciò che lui dice e ciò che Benedetto XVI esprime. Uno sforzo e un vezzo facilitato dal fatto che — cerca che ti cerca — una frasina del pontefice che attenui un'altra frase di Ratzinger o viceversa la si trova sempre. Ed allora le ortogonali del cardinal Martini, miti e chiare, diventano identiche al resto, circonlocutorie espressioni dell'identico: dove tutti capiscono che l'identico non c'è, ma che a sostenerlo non si rischia nulla.
Sotto queste semplificazioni strumentali, corre però un problema più grande e più grave, che riguarda il modo in cui la chiesa si pensa ed è pensata. C'è infatti il diffondersi dell'idea che il magistero quotidiano del Papa goda di una sorta di infallibilità generale, concessagli dal suo pensare isolato e solitario. Idea negata persino dal Vaticano I che non ha inventato l'infallibilità, ma al contrario l'ha circoscritta in modo tanto rigido finora solo Benedetto XV nel promulgare il Codice di diritto canonico e Giovanni Paolo II nel definire l'aborto «disordine morale grave» ne hanno fatto uso. Il magistero del Papa, proprio per la sua autorevole fluidità, non serve a individuare gli antipapi: al contrario — l'ha spiegato bene un grande giurista cattolico come Ernst Wolfgang Böckenförde — serve ad indicare con autorevolezza le questioni sulle quali ascoltare fraternamente il Vangelo e la vita dell'altro, le sensibilità che fanno ricca la chiesa e quelle che le sono distanti, le esperienze dei pastori e il magistero del Papa, che si rispetta col cuore e non con la lingua.
È dell'assenza di questo spazio di ascolto — che il cardinale Bernardin negli Usa lanciò con la formula del Common Ground e di cui la nuova Cei avrebbe bisogno più che dell'aria — che parlano le parole di Martini: ma l'unico modo per capirle è incorniciare le sue parole, così come quelle d'ogni vescovo e del Papa, non fra le righe nervose della politica, ma in una passione per l'altro e per il Vangelo che va continuamente alimentata, custodita, risvegliata.

Corriere della sera, 17 marzo 2007

Che cosa c'entra l'infallibilita' papale? Non mi pare che Benedetto XVI abbia mai usato questa sua prerogativa: non ha dichiarato infallibili alcuni concetti dell'enciclica "Deus caritas est", non ve ne e' traccia nella "Sacramentum Caritatis", non ci sara' alcun "bollo" nel libro su Gesu'. Il fatto che Papa Ratzinger non ricorra al timbro dell'infallibilita' non abilita cardinali, intellettuali o fedeli a metterne in dubbio il Magistero.


L'ANALISI / 2

Messori: nessun derby con il Papa Solo qualche differenza di carattere

VITTORIO MESSORI

«Il cardinal Martini: strappo sui Dico» : così, ieri, i titoli di alcuni quotidiani. In realtà, leggendo gli articoli si constatava che dei Pacs à l'italienne l'arcivescovo emerito di Milano non aveva parlato, almeno esplicitamente, e il suo discorso era partito dal commento a un brano biblico per le messa dei pellegrini ambrosiani a Gerusalemme. Se si fosse basato solo sulla titolazione, qualche lettore avrebbe potuto pensare al caso recentissimo delle «leggi contro natura» (con le virgolette, come si addice alle citazioni testuali) che Benedetto XVI avrebbe diffidato dal votare nella sua esortazione post-sinodale sull'eucaristia. Nei giorni scorsi, siamo stati assediati da editoriali pensosi e da sfoghi umorali a commento di quell'uscita del papa. Reazione adeguata: ma solo per chi non avesse letto le 138 pagine di quella Sacramentum caritatis, dove l'espressione «leggi contro natura» non c'è; non c'è proprio. E dove il riferimento ai soliti Dico esiste solo per chi possa pensare che il pontefice della Chiesa universale , sintetizzando i risultati di un sinodo mondiale di due anni fa sull'eucaristia, volga il suo pensiero ad ammonimento per qualche politico nostrano.
In realtà, per tornare ai titoli di ieri, si potrebbe osservare che, da molto tempo, l'informazione rischia forse una sorta di dialettica «da derby»: come se l'antagonismo tra Milan ed Inter, tra Roma e Lazio (o anche tra Prodi e Berlusconi), fosse trasposto nel duello Martini-Wojtyla e, ora, Martini-Ratzinger. Per più di vent'anni il bisogno, alla Carl Schmitt, di trovare ovunque lo schema «amico-nemico», ha portato certo sistema mediatico ad immaginare l'arcivescovo di Milano come il bellicoso referente dei «progressisti», contro la falange dei dogmatici «papisti». Uno schema che trova spazio anche ora che Giovanni Paolo II è passato a miglior vita e che l'ottantenne presule emerito, gravato dal Parkinson, si è ritirato a Gerusalemme in attesa — lo ha detto egli stesso — dell'«ultima chiamata». C'è da restare perplessi leggendo di sfide martiniane al magistero papale, dopo quasi un quarto di secolo di parole che dimenticavano che fu proprio Giovanni Paolo II a snidare il professor Carlo Maria dagli studi biblici e a volerlo — mantenendovelo sino al pensionamento — alla guida della più importante diocesi europea. Mi disse una volta, sorridendo,il cardinale, pranzando nel palazzo di piazza Fontana: «Da quando sono qui, decine di libri portano il mio nome ma io, in realtà, non ne ho scritto neanche uno. Sono tutte sbobinature di cose che ho detto nelle più varie occasioni». E poi, facendosi serio: «Sfido chi mi vuole in contrasto con papa Wojtyla a trovare in quelle pagine una frase che sia di discordia con il magistero pontificio». Uno stile personale, certo, un temperamento diverso, ma nulla che abbia mai messo in discussione obbedienza e ortodossia.
Quanto a Ratzinger: ciò che è filtrato sul Conclave parla di un Martini che, rifiutando i voti che inizialmente erano confluiti su di lui, invita i porporati a dirottarli proprio sul Prefetto dell'ex- Sant'Uffizio. Tra i due vecchi «operai nella vigna del Signore», è corsa sempre la stima che c'è tra confratelli e studiosi. Ciascuno, poi, ha accettato le naturali differenze caratteriali e ha compreso le esigenze del ruolo dell'altro. Ratzinger, chiamato ad essere custode dell'ortodossia — prima alla Dottrina della Fede e poi sul seggio di Pietro — e, dunque, tenuto a ribadire con fermezza dogmi e principi etici. Martini, chiamato a pascere un gregge di cinque milioni di battezzati, preoccupato della pastorale, dell'incontro, del dialogo, per far passare il Vangelo in una metropoli postmoderna. La chiarezza dei principi del Magistero, d'accordo; ma anche la flessibilità, il realismo, la pazienza del pastore avveduto. Questo il significato di parole che , più che uno «strappo», volevano — per come, almeno, le leggiamo — essere un richiamo alle strategie per un annuncio etico tanto esigente da sembrare duro se non incomprensibile a molti, oggi.

Corriere della sera, 17 marzo 2007

Se Martini e' stato interpretato male, lo inviteri a scrivere una bella lettera ai giornali per spiegare che i suoi interventi non sono un attacco a Benedetto XVI.
Non dicendo nulla, avvalora la tesi di chi ne vuole fare una sorta di antipapa.




Martini torna ancora a fare l'anti-Papa

di ANTONIO SOCCI

La disobbedienza pubblica al Papa del cardinal Martini non è solo triste e inquietante. È ormai anche uno scandalo per noi semplici fedeli cristiani. L'effetto di questo suo controcanto al Vicario di Cristo l'ho colto in una mail che ho ricevuto ieri da un mio contestatore cattoprogressista. Dimenticando che contrapporsi al Papa in nome di una "Vera Chiesa" è un pessimo argomento (perché usato nei secoli scorsi da eretici e scismatici) costui mi scriveva: «Caro Socci, per fortuna esiste la Vera Chiesa che non la pensa come lei o Ratzinger e Ruini. Il cardinale Martini, espressione della parte migliore della Chiesa uscita sconfitta nel conclave dalla parte più retriva e conservatrice, rappresentata da Ratzinger e Ruini, scende in campo contro la deriva reazionaria vaticana ...». A cosa si riferisce? Semplice. Martedì 13 marzo Benedetto XVI ha pubblicato la sua Esortazione Apostolica, frutto del Sinodo dei vescovi, nella quale invita i cattolici a testimoniare i «valori non negoziabili», come la vita e la famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna. Il Papa richiama anche i politici cattolici alla «coerenza eucaristica», quindi a «non votare leggi contro natura». Pur essendo un documento destinato alla Chiesa universale è ovvio che queste parole rappresentino, per i "politici cattolici" italiani come la Bindi e Prodi, un autorevolissimo altolà. Il gran richiamo
Costoro erano in attesa dell'annunciata "Nota" della Cei, temendo che vi possa essere un richiamo vincolante al voto contro i Dico (come annunciato da Ruini) ed ecco arrivare qualcosa di ben più pesante. Ancora più autorevole della Nota della Cei, il Papa stesso richiama i deputati cattolici, vincolandoli a votare contro quel riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali. Per i cattolici del centrosinistra è stato un colpo da ko. Ma nel giro di 48 ore è arrivato il "soccorso rosso" (anzi: porpora). Il cardinal Martini tuona in una intervista alla Repubblica: «La Chiesa non dia ordini, serve il dialogo laici-cattolici». C'è una precisa contestazione delle parole del Papa. Benedetto XVI infatti aveva affermato: «I vescovi sono tenuti a richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del loro gregge». Così segnalava ai vescovi l'obbligo che hanno di insegnare la verità di Cristo ribadendo ai pastori italiani la doverosità di quella "Nota". Ebbene, Martini come fosse un Antipapa - due giorni dopo afferma: «Credo che la Chiesa italiana debba dire cose che la gente capisce, non tanto come un comando ricevuto dall'alto, al quale bisogna obbedire perché si è comandati». È chiaro che Martini vuole scongiurare che la Nota della Cei contenga parole vincolanti per i politici cattolici. Naturalmente i vescovi italiani terranno fede al "dovere" loro indicato dal Papa, altrimenti si configurerebbe una disobbedienza che avrebbe il sapore di un'aperta ribellione al Vicario di Cristo. Ma cosa può aver indotto Martini a una mossa così temeraria? Di certo il fortissimo allarme che c'è fra i cattolici dell'Unione, che si sentono ormai completa- mente delegittimati dalla Chiesa. Ma anche ragioni ecclesiastiche. Del resto l'attacco di Martini appare del tutto astratto e pregiudiziale. Per mesi infatti il cardinal Ruini, la Cei e il Papa hanno motivato e spiegato la posizione della Chiesa sui Dico e sulla deriva nichilista dell'Europa, raccogliendo anche molti consensi laici (e della maggioranza degli italiani). Quindi non si tratta per nulla di un ordine incomprensibile che piove dall'alto. D'altro canto è triste che un prelato come Martini che proviene Compagnia di Gesù, il cui quarto voto è l'obbedienza assoluta al Papa ("perinde ac cadaver", come un corpo morto nelle mani del Papa), indichi oggi al pubblico disprezzo il «comando ricevuto dall'alto, al quale bisogna obbedire perché si è comandati».

Il quarto voto

Il cardinale ha dimenticato il suo quarto voto? O forse ha dimenticato - lui, un biblista - che la Legge di Dio è per l'appunto «un comando ricevuto dall'alto», sul Sinai, da Mosè? O ha dimenticato che la natura stessa del cristianesimo è per l'appunto la Rivelazione di Dio? Nell'intervista a Repubblica, Martini contrappone «le nostre parole» (le parole cioè della Chiesa) che gli sembrano «cadute dall'alto», al Vangelo che «non porta parole strane, incomprensibili, ma parla in modo che tutti possono intendere». Che vorrà dire? Le parole di Gesù nel Vangelo sono ben più esigenti e decise di quelle che usano in genere i vescovi di oggi. Lui non concedeva niente all'opinione pubblica dominante. Le sue parole sembravano talora così "dure" e controcorrente che un giorno dovette dire ai suoi stessi apostoli: «Volete andarvene anche voi?». Infine è strano che Martini inviti a dialogare con «chi ha un'altra religione». Perché non chiede lui ai musulmani d'Italia cosa pensano dei Dico? Il gesuita padre Samir, nei giorni scorsi, su Asianews, ha scritto: «L'Islam è stato sempre spietato sui rapporti omosessuali. Eppure in Italia c'è silenzio del mondo musulmano su coppie di fatto e omosessualità. Curiosamente, su questo problema, le comunità musulmane - tanto difese dai progressisti liberal - non si sono pronunciate. L'Ucoii, ad esempio... parla solo quando gli conviene politicamente».

Strumentalizzazioni

Perché non parlano? E la Sinistra perché sui Dico non considera i musulmani? «Come mai», si chiede padre Samir, «quando si è trattato di togliere alcuni segni visibili della tradizione cristiana (il crocifisso, il presepio, ecc...) parecchie voci hanno utilizzato l'argomento dei musulmani da non offendere (come se il presepio fosse un offesa per loro!), e quando si tratta di questioni così fondamentali per loro non se ne parla? Non sarà che il mondo liberal li sta strumentalizzando, utilizzandoli per confortare una sua opinione solo quando fa comodo? Questo non è rispetto, ma manipolazione». Gli argomenti di Martini insomma appaiono infondati. Poi c'è il problema enorme del suo controcanto al Papa. Sia chiaro, Martini può ben ritenere che la Chiesa sulla questione dei Dico dovrebbe usare un altro linguaggio e fare altre scelte. Ma è un cardinale di Santa Romana Chiesa (oltretutto in pensione), ha giurato obbedienza al Papa, e, se proprio ci tiene, sarebbe tenuto a dire le sue idee al Papa, non a fargli pubblicamente il controcanto. Perché una tale opposizione pubblica crea scandalo, ha un effetto devastante sui fedeli, lacera il Corpo di Cristo. Infine scredita l'autorità della Chiesa facendo ritenere che quella del Papa sia solo un'opinione fra le tante, che ogni vescovo vada per una strada diversa e che ogni cattolico possa pensarla come crede su questioni fondamentali. Oltretutto non è la prima volta. Basti ricordare la clamorosa intervista, dell'anno scorso, di Martini all'Espresso, il "dialogo filosofico" col senatore Ds, Ignazio Marino. Il vaticanista dell'Espresso, Sandro Magister, sottolineò che era stata lanciata con clamore proprio «negli stessi giorni in cui i media di tutto il mondo illustravano e commentavano il primo anno da papa di Benedetto XVI». Magister spiegava: «Durante il pontificato di Giovanni Paolo II, il cardinale Martini è stato universalmente considerato come il più autorevole esponente dell'opposizione "progressista". E il medesimo giudizio continua a circolare, su di lui, anche in rapporto al papa attuale». Magister segnalava tutti i temi su cui Martini si contrapponeva all'insegnamento del Papa e della Chiesa. E definiva questa intervista come «il primo grande atto di opposizione a questo pontificato, ai livelli alti della Chiesa». Quanto può perdurare tutto questo?

Libero, 17 marzo 2007

Con tutta la buona volonta', non riesco proprio a contestare nemmeno una parola dell'editoriale di Socci.
Ripeto: se c'e' stata malafede in certe interpretazioni, invito Martini a sciogliere il dubbio.


Leggi anche:

Il “Day after” di Carlo Maria Martini di Sandro Magister

Nuova puntata della fiction "Tutti contro Ratzinger": l'asse Martini-Dziwisz-mass media

3 commenti:

Luisa ha detto...

Sono rassicurata di osservare che le nostre reazioni su questo blog sono condivise da membri della Curia e da stimati giornalisti.
Continuo a pensare che il Cardinal Martini ha oltrepassato i limiti del tollerabile. È più che tempo che egli intervenga per rettificare l`interpretazione che è stata data alle sue parole, dalle solite persone che non fanno che servirsi di lui per vendere la loro merce, le loro idee.
Se il cardinal Martini non lo farà, sarà lecito dedurne che egli approva l`uso fatto delle sue parole e ciò sarebbe molto grave.
Quanto a sir Melloni che tira in ballo l`infallibilità del Papa associandola al suo "pensiero solitario e isolato", non posso che dirmi che decisamente certe persone non sanno più che cosa trovare per criticare Benedetto XVI !
È chiaro che la riflessione è solitaria , ma in seguito Benedetto XVI, ci trasmette il frutto delle sue riflessioni. Il suo pensiero profondo, luminoso , chiaro che si appoggia non solo sulle sue conoscenze ma sulla forza della sua fede ,
arriva a noi direttamente grazie alla chiarezza ,alla semplicità delle sue parole , tutto il contrario di un "magistero fitto di ismi" !!
Io sono felice e grata di poter beneficiare dell`insegnamento di Benedetto XVI , ma sono anche cosciente che le sue parole forti e coraggiose che richiamano i valori fonadamentali della nostra fede, possono scuotere , disturbare, ma le sue sono parole necessarie e direi hanno il carattere dell`urgenza per le nostre società in perdita totale di valori.
Allora signor Melloni e compagnia, se è lecito che voi esprimiate le vostre opinioni, per favore cercate di farlo senza attaccare il Santo Padre , la vostra strategia è condannata al fallimento. Permettetemi di dirvi, che dal vostro accanimento si potrebbe dedurne, che non solamente non avete ancora digerito che il Papa non sia uno dei vostri ammiratori, ma che sopratutto vi sia intollerabile che il Papa sia Joseph Ratzinger , uomo di grande autorità e competenza indiscutibile.
A me piace la discussione ma qui mi sembra che siamo confrontati a una divisione che non può che nuocere alla Chiesa !

Anonimo ha detto...

Ciao Luisa, sembra che per i giornali esistano due Chiese: una ufficiale, che qualcuno chiama gerarchica (per disprezzo), l'altra vicino alla gente (compassionevole e umana).
In realta' la Chiesa e' una come uno e' il Corpo di Cristo. La religione cattolica e' tale perche' universale e ha come presidente nella carita' il Vescovo di Roma che e' anche Papa.
A proposito, sapete che cosa significa Papa? E' la contrazione di Pastor Pastorum (il Pastore dei Pastori).
E' chiaro che all'interno della Chiesa ci possano essere opinioni divergenti (stili diversi, toni piu' o meno attenuati, privilegio di questo o l'altro tema pastorale), ma cio' che conta e' la comunione con il Papa, Vicario di Cristo.
Mentre sono accettabili opinioni critiche, non sono altrettanto ammessi interventi che possano causare scandalo o divisione fra i fedeli. Mi sembra che da qualche tempo a questa parte Martini non faccia altro che cogliere sempre nuove occasioni per distinguersi dal Papa e dal suo Magistero. Forse e' ora di darci un taglio.
Ciao
Raffaella

Unknown ha detto...

Il Cardinal Martini ha fatto una cosa strana: in occasione del suo ottantesimo compleanno ha mandato un biglietto di auguri a Benedetto XVI, che è più giovane di qualche mese. Questi auguri, che anticipavano quelli del Papa allo stesso Martini, contenvano l'augurio che Benedeto XVI possa avere sempre l'obbedienza che gli è dovuta per il bene della Chiesa.
Insomma che un gesuita abbia una mente raffinata e difficilmente riducibile alle semplificazioni non dovrebbe stupire. Quando si parla di Cardinali, bisognerebbe avere una certa cautela a definirli "fuori dalla chiesa". Nella Chiesa c'è spazio per tanti, figuriamoci se non c'è spazio per il Cardinal Martini.
Il Cardinal Martini ed il Cardinal Ratzinger sono gli unici due porporati citati da Giovanni Paolo II nel suo libro. Nel pontificato Giovanpaolino sono state le due menti più lucide e più alte, da Wojtila voluti e tenuti ai più alti incarichi il più possibile. Soltanto il morbo di parkinsson ha permesso a Martini di ritirarsi a 75 anni, quando già da almeno 5 aveva capito che era esaurita la sua funzione in una diocesi come Milano, la più importante del mondo.
I due uomini hanno molte affinità e molte diversità. Il papa teologo, il cardinale biblista. Anzi il Teologo ed il Biblista per antonomasia. Accenti diversi, il Papa insiste molto sulla Ragione, il Cardinale sulla Parola che dà vita. Si stimano molto. ALcune differenze: uno è figlio di un piemontesi ricchi e liberali, col padre ostile alla vocazione, l'altro povero, bavarese e con una famiglia che ha incoraggiato le vocazioni. Ma la differenza più grande è il diverso ambiente in cui hanno svolto i loro studi: dopo aver partecipato al Concilio, come membri vivaci ed attivi (Martini è l'unico Biblista cattolico che ha redatto la versione interconfessionale della bibbia, mentre Ratzinger era considerato "rosso") Martini si è ritrovana a dirigere la Gregoriana in un ambiente protetto, Ratzinger invece si è trovato a scontrasi nelle università col clima del '68. E' questa la differenza fondamentale: esperienze diverse. Poi per il resto una dialoga con Renè Girard, l'altro con Habermas, i maggiori esponenti della cultura laica che sa interrogarsi. Entrambi studiosi, schivi, timidi vedevano male l'enfasi del Giubileo, salvo poi ammettere d'aver sbagliato valutazione. Ratzinger metteva sotto controllo Milingo, mentre Martini impediva a Milingo di mettere piede nella sua diocesi.
Ratzinger invita a scoprire il DIO-AMORE, Martini richiama per tutti la strada della Santità. C'è così grande differenza?
Che poi si pensi che un cardinale schivo, ma intelligentissimo e raffinato come Martini, smaliziato in quanto gesuita, amante della Chiesa come la sua storia dimostra, abbia scelto di scrivere un articolo sul giornale più qualificato della stampa italiana (ILSOLE24ORE) per smarcarsi ed indebolire il magistero papale, proprio nell'epoca in cui ormai attende l'ultima chiamata del Signore a Gerusalemme, è forse riduttivo.
La Chiesa è sapiente, è santa ed è Una. Se qualcuno pensa che Martini abbia agito da cane sciolto, si sbaglia. E quale papa trascurerebbe l'intelligenza e l'autorevolezza di Martini, chi non vedrebbe in lui una risorsa? Lo scoprì Paolo VI, lo creò Caridnale Giovanni Paolo II, e volete forse credere che un collega come Benedetto XVI non lo tenga in considerazione?