10 marzo 2007

Rassegna stampa del 10 marzo 2007


Dubbi nel collegio cardinalizio, il pontefice sta considerando l´ipotesi di emanare un Motu proprio a Pasqua
IL RITO RITROVATO

Torna il latino, in stampa i messali
Ratzinger accelera, via alle bozze nell´edizione di Pio V

MARCO POLITI


CITTÀ DEL VATICANO - È in ristampa il messale romano di Pio V. Alcuni editori cattolici si sono silenziosamente messi all´opera in vista della liberalizazzione della messa tridentina in latino, cui papa Ratzinger sta tendendo a tappe forzate. Le bozze dell´edizione sono già pronte e andranno al vaglio dell´autorità ecclesiastica. Quando viene dato il «visto si stampi», è segno che le cose cominciano a muoversi. Il messale e il rito preconciliare sono già discretamente in uso in molte parrocchie del mondo. Dipende dalla decisione del vescovo locale, che può concedere il permesso a patto che la celebrazione sia segno di «affetto per l´antica tradizione» e non di contestazione della riforma liturgica introdotta dal concilio Vaticano II. È questo, infatti, uno degli scogli su cui si è arenato finora il processo di riconciliazione tra il movimento tradizionalista lefebvriano e la Santa Sede.
Papa Ratzinger sta comunque considerando di risolvere la questione con un Motu proprio, che dovrebbe essere emanato intorno a Pasqua. La decisione papale ha incontrato finora parecchie riserve e anche aperte opposizioni. Quando il pontefice ha sottoposto il problema ad una riunione del collegio cardinalizio, i porporati hanno frenato rispetto alla prospettiva di una completa liberalizzazione del rito pre-conciliare. In Francia, dove lo scisma del defunto (e scomunicato) vescovo tradizionalista Lefebvre scatenò una piccola guerra civile in seno al cattolicesimo, l´episcopato ha chiesto al Papa di non concedere un permesso in bianco. Ma Benedetto XVI ritiene che si possa andare avanti e in Vaticano si dà per imminente il suo placet definitivo. Il cardinale Estevez Medina ha dichiarato che la svolta «è imminente» e la pontificia commissione Ecclesia Dei, guidata dal cardinale Castrillon Hoyos, sta lavorando alacremente al progetto. Nel documento papale il rito di san Pio VI dovrebbe essere dichiarato ufficialmente «rito universale straordinario», affiancando il rito romano (post-conciliare) «ordinario».
D´altronde in un suo libro di memorie («La mia vita. Ricordi 1927 - 1977») Ratzinger ha commentato: «Rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia». Favorevole alla svolta è anche il Segretario di Stato, cardinale Bertone, per molti anni segretario della Congregazione per la Dottrina della fede, quando Ratzinger ne era il prefetto. Proprio Bertone, quando era arcivescovo di Genova, ha autorizzato la regolare celebrazione della messa tridentina in latino in una chiesa storica del capoluogo ligure: San Vittore e Carlo. A condurre il rito è abitualmente il teologo Gianni Baget Bozzo, che nel dopo-Concilio condusse insieme al cardinale Siri dure battaglie contro le cosiddette «deviazioni» nell´applicazione delle riforme del Vaticano II.

Repubblica, 10 marzo 2007


Accelerata per la messa in latino Sono già pronte le bozze

Per martedì prossimo è attesa la lettera apostolica del Papa legata al Sinodo del 2005 sull'Eucarestia. Molto probabilmente in essa verrà ribadito il "no" all'ammissione all'Eucarestia dei divorziati risposati, tranne che non vivano in assoluta castità. Non si sa invece se essa potrà contenere indicazioni relative alla delicata questione sul riprino della celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V. Fonti vaticane, però, fanno sapere che sarebbero già pronte le bozze del messale secondo il rito di San Pio V. Gli editori cattolici stanno dunque allestendo il messale in latino che comprenderà sia l'edizione per altare che quella indirizzata ai fedeli. Il testo sarà poi sottoposto all'approvazione della Pontificia Commissione Ecclesia Dei presieduta dal card. Dario Castrillon Hoyos. Quel che è appare sicuro è che il Papa sta lavorando al Motu proprio con cui si liberalizza l'uso del messale preconciliare. Il via libera potrebbe arrivare prima di Pasqua: il cardinale Estevez Medina ha già annunciato che il documento «è imminente». Così sarà "riabilitata" la Messa celebrata fino al 1969 e mai dichiarata decaduta, definendola un rito universale "straordinario".

Libero, 10 marzo 2007


Ben venga la liberalizzazione dell'antico rito!
Nessuno sara' ovviamente obbligato a scegliere la la Messa preconciliare e quella conciliare. Chi vorra' partecipare alle celebrazioni secondo il messale di San Pio V potra' tranquillamente farlo, mentre per gli altri non cambiera' nulla.
La decisione del Papa e' una grande apertura che rendera' felici moltissimi fedeli (fra cui la sottoscritta che ama la lingua latina e detesta gli show liturgici).
Papa Benedetto si e' dovuto confrontare con l'opposizione dei Vescovi francesi che vedono, da anni, una sorta di "migrazione" dei fedeli d'oltralpe dalle loro chiese a quelle sorte dopo lo scisma di Mons. Lefebvre.
Una sana concorrenza fra "messali" potra' portare ad una maggiore cultura dei sacerdoti ed al ripudio delle celebrazioni in cui il prete si mette al centro della scena a dispetto di Cristo.



"Troppi messaggi distruttivi da Internet e tv"
L'appello di Bendetto XVI

CITTÀ DEL VATICANO - Troppi messaggi distruttivi arrivano ogni giorno nelle case di miliardi di persone in tutto il mondo attraverso Internet, tv, radio. È il giudizio dato ieri da papa Ratzinger sui nuovi mass media elettronici che stanno rapidamente occupando lo spazio della carta stampata e concentrandosi nelle mani di poche multinazionali. «Senza dubbio - ha detto il Pontefice - i vari componenti dei mass media hanno dato un grande contributo al processo di civilizzazione. Inoltre, per quanto riguarda in particolare Internet, deve essere doverosamente riconosciuto che la rete ha aperto un mondo di conoscenze e possibilità di imparare a molti che prima avevano difficoltà di accesso, o non ne avevano per niente». Ma d´altra parte, ha concluso, «è anche chiaramente evidente che molto di ciò che è trasmesso in varie forme nelle case di milioni di famiglie in tutto il mondo è distruttivo».

Repubblica, 10 marzo 2007


Appello del Papa: Internet e tv aiutino la famiglia

ROMA Da internet e dalla tv arrivano troppi messaggi «distruttivi». Il Papa interviene all'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e lancia l'allarme sull'uso troppo disinvolto dei nuovi media. Che «hanno portato indubbiamente grandi benefici - dice il Pontefice - ma anche messaggi «distruttivi». «Mentre la carta stampata combatte per restare in vita prosegue Ratzinger - la radio, la tv e internet si stanno sviluppando in modo straordinario». Tuttavia, l'espansione dei media si scontra con «la crescente concentrazione nelle mani di poche multinazionali la cui influenza attraversa i confini sociali e culturali». In particolare, parlando di internet, se da una parte «ha aperto la conoscenza e il sapere a un vasto mondo», ha osservato il Papa, dall'altro «è evidente che ciò che viene trasmesso in diverse forme nelle case di milioni di famiglie è distruttivo». Benedetto XVI fa appello ai «leader dell'industria dei mass-media» a promuovere «la salvaguardia del bene comune, al servizio della verità» e nel «proteggere la dignità umana e promuovere il rispetto della famiglia». Ancora una volta, perciò, il Papa sottolinea l'importanza dell'educazione. I mezzi di comunicazione hanno «la responsabilità di educare i bambini alla via del bene e della verità» e in tal senso, ha concluso Ratzinger, i mass media devono «promuovere il vero valore del matrimonio e della vita familiare e gli sviluppi positivi dell'umanità».

Libero, 10 marzo 2007


«Da televisione e web messaggi distruttivi»

di Redazione

Molti messaggi veicolati da tv e internet sono «distruttivi». Lo ha detto papa Ratzinger, chiudendo ieri in Vaticano i lavori dell’assemblea plenaria del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali e spiegando: «Le mie preoccupazioni non sono differenti da quelle di una madre, di un padre, di un insegnante o di un responsabile pubblico». Nel mirino del Pontefice ci sono dunque la pornografia che dilaga nel web, i programmi televisivi di bassa qualità, le fiction che veicolano messaggi negativi per la famiglia, ma anche la concentrazione del potere mediatico mondiale nelle mani di poche multinazionali, «la cui influenza oltrepassa ogni confine sociale o culturale». Problema che riguarda «chiunque abbia a cuore il bene comune della società civile», spiega Benedetto XVI, dato che i media «invadono e permeano la cultura».

Il Giornale, 10 marzo 2007


Il discorso tenuto al Pontificio consiglio delle Comunicazioni sociali ha messo in rilievo l'eccessiva preponderanza di messaggi "distruttivi"

Il Papa: «Troppi media in poche mani»
Occorre salvaguardare la verità, difendere la dignità della persona umana e i diritti della famiglia

Elisa Pinna

CITTA' DEL VATICANO
Troppi messaggi "distruttivi" arrivano ogni giorno nelle case di miliardi di persone in tutto il mondo attraverso internet, tv, radio. Papa Ratzinger è partito da questa denuncia per tornare a chiamare in causa, durante un discorso in Vaticano, le responsabilità degli oligopolisti che controllano il mercato dei nuovi mass media: a loro il pontefice ha chiesto di agire per difendere la dignità della persona umana e i diritti della famiglia. Degli scenari e delle sfide insidiose che pone il mercato mediatico internazionale non solo alla Chiesa, ma anche ai responsabili politici e ai padri e alle madri di famiglia, Benedetto XVI ha parlato concludendo l'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali.
L'analisi di Ratzinger è partita dai rapidi mutamenti in corso nel mondo delle comunicazioni. «Mentre la carta stampata lotta per salvare la sua diffusione, nuove forme di media, come la radio, la televisione e internet si stanno sviluppando a una velocità straordinaria», ha spiegato. «Sullo sfondo della globalizzazione, questa affermazione dei media elettronici – ha aggiunto il pontefice – coincide con la sua crescente concentrazione nelle mani di poche multinazionali, la cui influenza oltrepassa ogni confine sociale o culturale».
«Quali sono gli effetti di questa crescita dell'industria mediatica?» si è chiesto Ratzinger. È una domanda – ha aggiunto – che riguarda «chiunque abbia a cuore il bene comune della società civile»e non solo la Chiesa: i media infatti, «invadono e permeano la cultura» moderna. La risposta che il Pontefice ha offerto è stata duplice. «Senza dubbio – ha esordito – i vari componenti dei mass media hanno dato un grande contributo al processo di civilizzazione. Basti pensare ai documentari di qualità, ai notiziari, all'intrattenimento generale, ai dibattiti, alle riflessioni, alle interviste. Inoltre, per quanto riguarda in particolare internet, deve essere doverosamente riconosciuto che ha aperto un mondo di conoscenze e possibilità di imparare a molti che prima avevano difficoltà di accesso, o non ne avevano per niente». «Tali contributi al bene comune – ha osservato – meritano plauso e devono essere incoraggiati».
«D'altra parte – ha tuttavia proseguito – è anche chiaramente evidente che molto di ciò che è trasmesso in varie forme nelle case di milioni di famiglie in tutto il mondo è distruttivo. Le mie preoccupazioni non sono differenti da quelli di una madre, di un padre, di un insegnante o di un responsabile pubblico». E a nome di questi soggetti, oltre che come capo spirituale di un miliardo circa di cattolici, Benedetto XVI si è rivolto ai tycoon dei media. «Mi appello – ha detto – ai leader dell'industria mediatica perché sollecitino gli autori dei programmi a difendere il bene comune, a salvaguardare la verità, a proteggere la dignità e a promuovere il rispetto per i bisogni della famiglia».
Ad applaudirlo, vi erano in tutto una settantina di persone, vescovi e prelati responsabili per conto della Santa Sede del settore delle Comunicazioni sociali: a loro il Papa ha consegnato un messaggio particolare: «fate che la luce della verità di Cristo illumini le ombre». Le ombre, s'intende, prodotte da altri comunicatori di massa.

Gazzetta del sud, 10 marzo 2007


L’INTERVISTA/Il presidente della Cei traccia le linee del programma: il relativismo minaccia l’uomo, ma rinasce il senso religioso

Bagnasco: niente ingerenze, difendiamo i valori

«Con l’Islam dialogo nell’identità». Il Papa: messaggi distruttivi da web e tv

di CARLO FUSI

ROMA Quando Benedetto XVI fu eletto, la prima cosa che disse fu che «i signori cardinali» avevano scelto di fare Papa «un umile lavoratore della vigna del Signore». Angelo Bagnasco, 64 anni, neo successore di Camillo Ruini alla presidenza della Cei, la prima cosa di sè che dice è: «Mi sento un servitore dei miei confratelli vescovi. Lo spirito con cui mi accingo a svolgere il mio incarico è di favorire in tutti i modi la comunione e l’operato comunitario dei vescovi italiani».

Monsignore, quando il cardinal Ruini ha lasciato ed è arrivato lei, in tanti hanno tirato un sospiro di sollievo sicuri che nulla sarebbe cambiato. Tanti altri invece hanno storto la bocca, e per lo stesso motivo. Ecco: se dovesse indicare le linee guida del suo mandato, su cosa punterebbe?

«In nessun campo la storia comincia con noi. Grazie a Dio, ognuno di noi quando assume una responsabilità si inserisce sempre in un solco. Che viene portato avanti nei valori, nella ricchezza, nella bellezza di ciò che è stato fatto prima di noi».
Ma nel guidare la Cei lei ci metterà pur qualcosa di suo...
«Ci metterò qualcosa di mio strada facendo: del carattere, della storia, della sensibilità personale. Senza dimenticare un altro elemento, che poi è il primo: la parola del Papa. Le sue direttive sono illuminanti e rappresentano il criterio da seguire innanzi tutto e prima di tutto».

Monsignore, il nemico principale della Chiesa è il relativismo?

«Non solo della Chiesa, ma dell’uomo. Perchè all’interno di una posizione relativistica intesa come sistema, la persona si perde, e non è in grado di costruire una società veramente umana. Pensi al partito dei pedofili in Olanda, oppure al fratello e sorella che hanno figli e vogliono continuare a farli. All’interno di una cultura relativistica non si può far altro che dire: perché no? Al contrario, serve un criterio oggettivo per affermare: questo no, questo non va bene».

Anche i Dico fanno parte del sistema relativistico? Lei ha sostenuto che ci sono valori non valicabili. Ma questo ”non possumus” fino a dove arriva?

«La Chiesa serve l’uomo in nome del Signore e dunque tutte le volte che interviene su alcuni valori fondamentali svolge un servizio verso la persona umana e la società nel suo insieme».

Vede monsignore, alcuni settori laici hanno un nome per questo: ingerenza.

«Nient’affatto. Non abbiamo alcuna volontà di ingerenza, di interesse o di egemonia. Parliamo del valore della persona umana in quanto tale e su questo terreno la Chiesa ha molto da dire. Quando è in gioco il concetto di vita, la sua difesa dalla nascita alla morte; il concetto di famiglia fondata sul matrimonio; la libertà educativa; la giustizia; la pace: sono cose che toccano la persona, non sono accessori. E perciò non sono, dal nostro punto di vista, opinabili proprio perchè è il gioco la dignità, il valore della persona che è il fondamento della società».

Il cardinal Ruini ha annunciato sui temi etici, Dico compresi, una nota vincolante per i cattolici, parlamentari compresi. Se votano sì si pongono fuori dalla Chiesa?

«Il cardinal Ruini ha annunciato una parola ponderata, meditata. Ne parleremo nelle sedi opportune, alla luce sempre del magistero del Santo Padre. Certamente, e insisto, su alcuni valori fondamentali la Chiesa ha il dovere di ricordare la verità in difesa dell’uomo. Senza altra mira. Vede, se volesse rincorre il consenso, alla Chiesa basterebbe dire dei grandi sì. Ma qui il punto è un altro: se si toccano alcuni nuclei portanti cade la persona, il suo bene integrale e la società nel suo insieme».

Oggi è in programma a Roma una manifestazione a favore delle coppie di fatto. E altre si preparano in contrapposizione a quella. Siamo alla vigilia di uno scontro tra laici e cattolici in Italia?

«La Chiesa non vuole nessuno scontro, non l’ha mai ricercato. Ma su alcuni punti non può venir meno: tradirebbe l’uomo».

Scusi la brutalità, monsignore, ma il punto è che in tanti giudicano l’intransigenza sui Dico votata ad un unico obiettivo: impedire i matrimoni omosessuali. E’ così?

«La famiglia - lo ricorda anche la Costituzione italiana - è fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Questo è un valore che attraversa i millenni e le culture in tutte le parti del mondo. Tanto più per noi cristiani e cattolici è un valore fermissimo, ma che non è avulso dal contesto e l’esperienza universale». Lei ha detto: «I cattolici non possono solo affermare che ci sono. Devono dimostrare la forza della loro identità».

Un richiamo all’integralismo?

«Tutt’altro. La fede deve essere testimoniata nell’annuncio del Vangelo a tutti. Deve avere anche una valenza di tipo culturale, nel senso che la fede deve essere pensata. Pensata nelle sue ragioni e nelle sue conseguenze, che hanno una valenza anche sociale ed antropologica».

Ancora. «Noi cattolici fatichiamo a definire la nostra identità». Perché la fede per molti non è più un richiamo adeguato?

«Laddove impera il consumismo e l’individualismo certamente la voce dello spirito tende ad affievolirsi, anche se non a spegnersi perché il senso di Dio è connaturato all’uomo. La prima sfida per la fede sta qui. Anche se, per certi versi, questo è anche un momento favorevole come ha ricordato il Papa a Verona. Favorevole perchè il senso religioso sta rinascendo. Secondo alcune ideologie degli anni ’70 e ’80 sembrava che la religione fosse morta. Al contrario, nonostante il secolarismo diffuso - e forse proprio a causa di esso - assistiamo ad una reazione. Ricordiamo Sant’Agostino: ad un certo punto l’uomo si accorge che certe vie sono senza sbocco, sono vie cieche. E allora si rende conto che esiste una dimensione che è dentro di noi e che dobbiamo recuperare. Il senso religioso è oggi in una fase di risveglio. Un po’ in tutto l’Occidente si sta recuperando la valenza della religione nella dimensione pubblica».

E lei dove avverte questi segnali?

«Nel contatto con la gente. I sacerdoti colgono nel profondo delle coscienze il bisogno di Dio, di valori spirituali e morali. Per questo è fondamentale il rapporto diretto con le persone che i sacerdoti hanno e devono avere. La Chiesa italiana da questo punto di vista è un esempio particolarissimo. Basta pensare alle 26 mila parrocchie seminate nel Paese, alla capillarità della presenza ecclesiale. Non c’è confronto con altri Paesi. E la vita della Chiesa è stare accanto alla gente».

Lei è stato Ordinario militare. Come giudica il ruolo dell’Italia in Afghanistan e in Libano?

«Non entro nel merito. Posso solo testimoniare che nelle missioni estere che ho visitato ho potuto ovunque constatare la grande umanità dei militari italiani. Svolgono il loro servizio d’ordine e di sicurezza. In più, però, si adoperano con un approccio dal punto di vista umano, tanto che le popolazioni locali hanno sempre avuto nei loro confronti atteggiamenti di simpatia».

Nei rapporti con l’Islam basta il dialogo o serve qualche altra cosa?

«Il dialogo è certamente la via maestra. Ma - e questo lo dico a prescindere dall’Islam - perchè il dialogo possa esistere, possa essere costruttivo e non limitarsi ad un ascolto passivo, è necessario si fondi su una identità personale. Presuppone la riscoperta e la chiarificazione di ciò siamo, di ciò che abbiamo da dire. Perchè se non abbiamo niente da dire che dialogo è?».

Il Messaggero, 10 marzo 2007


La responsabilità dei media nell’allarme di Benedetto XVI «preoccupato come un padre»

«Da internet e tv messaggi distruttivi»

L’appello del Papa: più programmi che rispettino la famiglia e l’uomo

di MARCO MOLENDINI

ROMA - E adesso la tv (ma anche internet) riceve una bolla papale. Una denuncia globale che viaggia al di là dei confini nazionali, affronta il ruolo dei mass media nella cultura contemporanea, il problema della concentrazione nelle mani di pochi dei bottoni dell’informazione e punta a difendere i valori di frontiera del cattolicesimo. «Le mie preoccupazioni non sono differenti da quelle di una madre, di un padre, di un insegnante o di un responsabile pubblico» ha spiegato il Papa, intervenuto ieri in Vaticano alla riunione plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. E ha proseguito, lanciando un allarme già formulato in passato: «Molto di ciò che è trasmesso in varie forme nelle case di milioni di famiglie in tutto il mondo è distruttivo».
E allora l’appello va agli ”oligopolisti” e ”ai leader dell'industria mediatica” specie in questa fase di trasformazione del sistema della comunicazione dove «la carta stampata lotta per salvare la sua diffusione e altre forme di media, come la radio, la televisione ed internet si stanno sviluppando ad una velocità straordinaria». La necessità impellente, per Benedetto XVI, è quella di «sollecitare chi fa i programmi a difendere il bene comune, a salvaguardare la verità, a proteggere la dignità umana individuale ed a promuovere il rispetto per i bisogni della famiglia». E, ancora, a «educare i bambini e i giovani alle vie della bellezza, della verità e della bontà».
L’intervento corre sul filo della constatazione che riguarda il rapido sviluppo dei mezzi di comunicazione che ormai «pervadono e permeano» la cultura moderna. «Ma, sullo sfondo della globalizzazione, questa affermazione dei media elettronici coincide con la sua crescente concentrazione nelle mani di poche multinazionali, la cui influenza oltrepassa ogni confine sociale o culturale». Tutto ciò senza dimenticare di riconoscere «il grande contributo al processo di civilizzazione. Basti pensare ai documentari di qualità, ai notiziari, all'intrattenimento generale, ai dibattiti, alle riflessioni, alle interviste» ha detto Benedetto XVI riferendosi in particolare al ruolo della tv, ma senza entrare sul degrado qualitativo in particolare di quella di casa nostra, ma restando sul piano generale del mezzo di comunicazione globale. Considerazioni e riconoscimenti, questi, che vanno di pari passo con quelli riservati ad internet che, si ammette, «ha aperto un mondo di conoscenze e possibilità di imparare a molti che prima avevano difficoltà di accesso, o non ne avevano per niente». Tutti contributi al bene comune, questi, che comunque «meritano plauso e devono essere incoraggiati».

Il Messaggero, 10 marzo 2007

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