13 marzo 2007

Rassegna stampa del 13 marzo 2007


LA VISITA
Ratzinger riceve il capo del Cremlino, si lavora per il viaggio in Russia
Tra Cremlino e Vaticano l´incontro del disgelo

MARCO POLITI

ROMA - Parleranno in tedesco, papa Ratzinger e il presidente Putin. Almeno qualche battuta. «Herr President», "Presidente". «Heiligkeit», "Santità" . Perché è troppo singolare e nemmeno immaginabile dal più folle utopista un quarto di secolo fa che due personaggi contrapposti dal Muro di Berlino (Putin operava nella Germania dell´Est e Ratzinger bollava di «vergogna» i regimi comunisti) si sarebbero un giorno stretti la mano come pontefice tedesco e presidente russo. Figli di due nazioni, che per secoli sono state separate e divise da odio e attrazione, conflitti sanguinosi e forti alleanze, ammirazione e ripulsa. In fondo, sempre rispettandosi.
Putin arriva oggi per la terza volta in Vaticano, dopo le visite del 2000 e del 2003 a Giovanni Paolo II. Non pronuncerà nessun invito ufficiale al Papa di recarsi a Mosca, ma ormai il Vaticano è informato dall´ottimo lavoro fatto dal nunzio Mennini che la posizione del presidente è solo discrezione nei confronti della Chiesa ortodossa. Quando Papa e Patriarca si saranno messi d´accordo, Benedetto XVI - parola di Putin - sarà accolto calorosamente. Sono anni che Mosca e Vaticano convergono a distanza su temi-chiave della politica internazionale. Putin non ha dimenticato che l´opposizione di papa Wojtyla all´invasione americana dell´Iraq rafforzò a suo tempo il «no» dell´asse Parigi-Berlino-Mosca.
Oggi papa e presidente hanno a cuore insieme la stabilizzazione del Medio Oriente: dall´Iraq all´Iran, dal Libano alla Siria, alla nascita di uno stato palestinese accompagnato dall´assoluta garanzia per l´esistenza di Israele, le due parti convergono sulla costruzione di equilibri pacifici, il rifiuto della corsa all´arma atomica, l´opposizione ad ogni forma di terrorismo. Per Benedetto XVI tutto ciò si salda alla tutela della comunità cristiane in Medio Oriente, mentre per Putin conta il riaffermarsi sulla scena mondiale di una politica multilaterale. «Il Santo Padre e il Presidente - ha commentato alla Radio vaticana Mennini - troveranno una grande consonanza sui grandi temi che stanno più a cuore alle sorti dell´umanità». All´Ocse e al Consiglio d´Europa i rappresentati russi hanno sempre votato a favore delle posizioni vaticane su difesa della famiglia ed eutanasia. L´aggancio con il Vaticano serve anche a Putin per rafforzare il concetto che la Russia è parte integrante della grande famiglia culturale europea.
Il metropolita Hilarion, rappresentante di Alessio II presso l´Unione europea, conferma che «la Russia e il Vaticano hanno molte cose da fare insieme per difendere i valori morali tradizionali e spero che il vertice contribuirà alla nostra causa comune».
Certamente il vertice agirà positivamente sui rapporti tra il Papa di Roma e il Patriarca ortodosso di Mosca. Da poco il metropolita Kirill (ministro degli Esteri del patriarcato) ha accettato di scrivere la presentazione a un libro di Ratzinger, "Introduzione al Cristianesimo". In ogni caso il disgelo tra cattolici e ortodossi russi è decisamente in corso da quando Ratzinger è diventato pontefice. Il nunzio Mennini sottolinea che al Patriarcato di Mosca si torna spesso sul tema di un incontro tra Benedetto XVI e Alessio II. Il patriarca in particolare «non ha mai escluso questa possibilità».

Repubblica, 13 marzo 2007


Il Papa: non votate leggi contro natura

MARCO TOSATTI

CITTÀ DEL VATICANO
Benedetto XVI pubblica oggi la sua «Esortazione Apostolica» sull’eucarestia, che «La Stampa» è in grado di anticipare, e lancia un monito severo ai politici e ai legislatori cattolici che, «consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana». E’ ovvio che il Pontefice, in questo ampio documento (centosessanta pagine) che raccoglie il lavoro di quasi un mese di vescovi di tutto il mondo, riuniti nell’ottobre scorso a Roma per un «Sinodo» su questo tema, non ha in mente solo, o particolarmente, l’Italia e la battaglia dei Dico; ma la traducibilità in termini italiani è agevole e immediata. Il Papa parla di «coerenza eucaristica»; il culto a Dio non è mai un atto meramente privato, ma «richiede la pubblica testimonianza» della fede. E questo è vero «con particolare urgenza» per quelli che devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, «come il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Tali valori - ammonisce Benedetto XVI - non sono negoziabili». E non si chieda alla Chiesa di tacere: «I vescovi sono tenuti a richiamare costantemente tali valori: ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato». E’ una presa di posizione che, per la sua autorevolezza, lo strumento usato (un’ «Esortazione Apostolica») e il fatto di avere origine da un Sinodo mondiale, segnato perciò da una partecipazione collegiale e qualificata di vescovi, ha un peso molto forte. In questa luce, anche il tanto atteso documento della Cei sui Dico (la cui uscita potrebbe slittare a maggio) ne verrà certamente condizionato.
Il documento - intitolato «Sacramentum Caritatis» - copre un ventaglio vastissimo di temi: dalla confessione, al celibato sacerdotale, alle nullità matrimoniali, al canto gregoriano fino alla posizione del tabernacolo nella chiesa, e a come organizzare la domenica. Fra l’altro, viene raccomandata «una equilibrata e approfondita prassi dell’indulgenza, lucrata per sé o per i defunti». L’indulgenza, che come è noto fu una delle cause dello scisma protestante, prevede la confessione personale; e il papa esorta a «favorire la confessione frequente», e a non usare l’assoluzione generale se non in casi eccezionali. Ma vediamo alcuni punti del documento.
Celibato. I sacerdoti devono sapere che il loro ministero «non deve mai mettere in primo piano loro stessi o le loro opinioni, ma Gesù Cristo». Cristo ha vissuto la sua missione «nello stato di verginità», e questo è il punto di riferimento della tradizione della Chiesa latina. Il sacerdote sposa la Chiesa; e allora, «in unità con la grande tradizione ecclesiale, con il Concilio Vaticano II e con i sommi pontefici miei predecessori, ribadisco la bellezza e l’importanza di una vita sacerdotale vissuta nel celibato... e ne confermo quindi l’obbligo per la tradizione latina».
Divorziati risposati. Non possono essere ammessi ai sacramenti, perché «il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell’unione di amore fra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell’Eucarestia». Se c’è un dubbio sulla validità del primo matrimonio, bisogna rivolgersi ai tribunali ecclesiastici, ma fondamentale è «l’amore per la verità». Tradotto: niente manica larga con i riconoscimenti di nullità. Se la nullità non c’è, e però la convivenza è «irreversibile», se vogliono accostarsi ai sacramenti gli interessati devono vivere «come amici, come fratello e sorella».
Latino e gregoriano. Per le liturgie di massa: «E’ bene che tali celebrazioni siano in lingua latina; così pure siano recitate in latino le preghiere più note della tradizione della Chiesa ed eventualmente eseguiti brani in canto gregoriano». E i futuri sacerdoti «fin dal tempo del seminario» siano preparati a celebrare in latino, «nonché ad utilizzare testi latini e a eseguire il canto gregoriano». E in generale, la liturgia non può «subire il ricatto di mode del momento».

La Stampa, 13 marzo 2007

Vediamo se queste anticipazioni saranno confermate...
Spero che il documento non sara' preso a pretesto per un nuovo attacco al Papa sul tema dei DICO, perche' mi sembrerebbe quantomeno banale.

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