14 maggio 2007
Aggiornamento della rassegna stampa del 14 maggio 2007 (1) [family day]
Vedi anche:
IL DISCORSO STORICO DEL PAPA
Il Manifesto di Papa Ratzinger
VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE: SPECIALE
VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE (9-14 MAGGIO 2007)
Rassegna stampa del 14 maggio 2007
Dedicato a coloro che pensano che il Papa esageri sui temi etici
«I leader in piazza? Giusto Ma potevano essere di più»
Luigi Accattoli
«Non credo che chi come cattolico è impegnato in politica debba rinunciare a momenti come questo che possono aiutarlo a comprendere le aspettative del mondo da cui proviene e che in qualche maniera anche rappresenta. Su un tema così importante e così progettuale, forse potevano essercene anche di più»: così il vescovo Rino Fisichella — ausiliare a Roma del cardinale Camillo Ruini — risponde alla domanda sulla presenza dei leader politici alla manifestazione di San Giovanni.
Ma quelle presenze non comportano il rischio di un'alleanza della Chiesa con la destra?
«Il mondo cattolico è molto attento alle implicazioni politiche delle proprie attese ma non è tentato di delegare alcuno a interpretarle, specie quando riguardano i principi non negoziabili. Sa bene che vi sono dei cattolici in ambedue gli schieramenti e a tutti chiede di cessare dalla contesa sul voto cattolico e di mettere maggiore impegno nel corrispondere ai bisogni segnalati, a partire appunto dalla famiglia».
Come valuta la giornata?
«È stata significativa, direi bella. Con una partecipazione che ha corrisposto alle aspettative.
Ho sempre pensato che la piazza si sarebbe riempita come nelle grandi occasioni e così è stato. Tutto si è mosso secondo il nostro stile, con tanta correttezza e molta propositività, senza trionfalismi. Un richiamo alla ragione e all'identità affermato contro nessuno ma a favore di tutti. È apparso lampante che su questi valori etici abbiamo il consenso e la fiducia di tutto il Paese».
Il primo insegnamento che ne viene?
«La portata stessa della festa ha cancellato sospetti e strumentalizzazioni della vigilia.
Ha espresso un forte richiamo a un'identità ben radicata e ha riproposto un progetto culturale in tale direzione. Ora la famiglia deve tornare al centro dell'interesse politico. Abbiamo in Italia 23 milioni di famiglie e dovrebbe bastare il loro numero a dire il valore portante che rappresentano per tutti noi».
Ma anche chi non condivide questa centralità appartiene all'Italia...
«La politica deve cogliere e rispettare le proporzioni tra le due sollecitazioni e non guardare alla realtà con occhio strabico come fa da mesi, mostrandosi premurosa di salvaguardare per primi i diritti individuali di seicentomila persone. Un tale strabismo impedisce una lettura coerente del Paese reale. Quello che è l'Italia lo si è visto in piazza San Giovanni e non nello sparuto gruppo di piazza Navona».
Che si aspetta ora riguardo ai Dico?
«Sono fiducioso che una manifestazione così imponente aiuti il Parlamento a riflettere seriamente sulle attese del Paese e a legiferare, se dovrà farlo, guardando con lungimiranza al futuro e non mosso dalla nostalgia per leggi del passato che — come quella del divorzio — hanno manomesso un cardine della nostra società».
Corriere della sera, 14 maggio 2007
L´INTERVISTA
Monsignor Anfossi, responsabile per la famiglia della Cei: non vogliamo spaccare il Paese, ma unirlo
"In quella piazza la vera Italia ora la politica ne tenga conto"
ORAZIO LA ROCCA
ROMA - «Dopo il grandissimo successo popolare del Family Day nulla potrà essere come prima. Politici, governo, istituzioni ora non potranno fare finta di niente di fronte al grido di quel milione e mezzo di cittadini italiani che hanno chiesto a gran voce un diverso atteggiamento verso la famiglia, un istituto certamente tanto caro alla Chiesa, ma che non può non interessare tutta la società, senza distinzioni ed inutili contrapposizioni ideologiche e politiche». E´ contenuta, ma evidente, la gioia per la «felice riuscita» del Family day che esprime monsignor Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta e presidente della Commissione episcopale per la Famiglia della Cei, vale a dire il prelato responsabile per le politiche familiari dei vescovi italiani, prima col cardinale vicario Camillo Ruini, ed ora col successore, il vescovo di Genova Angelo Bagnasco, che ieri si è limitato ad esprimere un brevissimo commento sulla manifestazione - al Tg3 - dicendo che «in piazza San Giovanni in Laterano c´è stata una testimonianza rispettosa e gioiosa del valore della famiglia».
Silenzio assoluto da parte del cardinale Ruini («Del Family day non parlo», puntualizza al telefono). Non è comunque un mistero che sono state numerose le entusiastiche telefonate tra gli esponenti delle gerarchie ecclesiastico dopo la conclusione dell´incontro di San Giovanni.
Monsignor Anfossi, dopo la grande prova di forza della piazza di San Giovanni in Laterano adesso cosa vi aspettate?
«Ci aspettiamo almeno un cambiamento da parte delle forze politiche, di qualsiasi colore. Non credo che ora non si possa far finta di niente. A Roma è confluito un popolo vero di cui a torto non si parla molto, un popolo che ha chiesto alle istituzioni di mettere al centro della loro attenzione la famiglia».
Non teme che manifestazioni come il Family day possano spaccare il Paese?
«No, perché le associazioni laicali che hanno promosso l´evento sono espressioni di tutto il popolo. E´ a loro che la Chiesa guarda come una madre, conoscendo i loro problemi, le loro difficoltà quotidiane. E´ un popolo che non divide, ma che chiede solo di essere ascoltato e ha voglia di dialogo e di confronto».
Ma una spaccatura c´è già stata. A piazza Navona radicali ed esponenti della sinistra hanno organizzato un´altra manifestazione per difendere i Dico e la laicità della Stato.
«Quella manifestazione di piazza Navona l´hanno voluta altri e per altri motivi. Forse anche per una certa voglia di contrastare mediaticamente il Family day. Ma non è questo il problema. Il vero problema è la mancanza di dialogo. Mi piacerebbe poter dialogare con chi non ha apprezzato il Family, ma il dialogo si fa in due e con rispetto reciproco. La Chiesa propone solo i suoi valori, parla alle coscienze di tutti, di credenti, non credenti e uomini di buona volontà, senza prevaricazioni».
Ma i politici del centrodestra hanno fatto tutto il possibile per «occupare» piazza San Giovanni in Laterano. Berlusconi ha persino stigmatizzare i cattolici che votano a sinistra. Che ne pensa?
«Niente, perché sono parole che nulla hanno a che vedere col Family day. Chi dice queste cose se ne assume la responsabilità, ma la Chiesa e le associazioni cattoliche laicali non hanno di questi problemi. Il mondo ecclesiale chiede solo e con forza una diversa e più incisiva politica per la difesa e la promozione della famiglia, più attenzione ai giovani, alle giovani coppie che non possono sposarsi per motivi economici, per i costi della casa e per precarietà lavorativa. La Chiesa e le associazioni laicali chiedono politiche più vicine alle giovani coppie sposate, alle famiglie numerose, alla scuola, ai malati».
L´anno prossimo ci sarà un altro Family day?
«Non lo so. E´ un evento che è stato voluto dall´associazionismo cattolico. E sarà solo l´associazionismo cattolico che potrà decidere una eventualità del genere. E´ indubbio che ai vescovi questa prima edizione è piaciuta molto e sperano che possa dare i necessari frutti per il bene di tutta la società».
Repubblica, 14 maggio 2007
Il Segretario di Stato commenta dal Brasile la manifestazione di San Giovanni. Ruini: la famiglia va compresa e sostenuta
"Un grande grido per la famiglia"
Soddisfatto il cardinale Bertone. Bagnasco: testimonianza gioiosa
"Per il Pontefice è un tema centrale, una delle sfide principali della società moderna"
"Su questo fronte la Chiesa è missionaria, vogliamo convincere chi dissente"
MARCO POLITI
APARECIDA - «Il Family Day è stato un grande grido a difesa della famiglia, un grande grido di Viva il Papa». Dal Brasile, dove ieri sera si è concluso il primo viaggio intercontinentale di Benedetto XVI, il cardinale Bertone esprime tutta la sua soddisfazione per la riuscita della manifestazione delle organizzazioni cattoliche in piazza San Giovanni, fortemente voluta e promossa dall´episcopato. E´ il primo commento del Segretario di Stato vaticano, affidato ad un´intervista alla compagnia Tv-Globo facendo il bilancio del viaggio papale. Bertone appare visibilmente contento delle notizie ricevute da Roma. «Dall´Italia – dichiara – è venuto il grande grido di un milione e mezzo di persone. Me lo ha detto il presidente della Cei, monsignor Bagnasco. Mi ha detto che gridavano "Viva il Papa che sta in Brasile e che il Papa continui a difendere la famiglia!" ».
Famiglia e vita, spiega il Segretario di Stato, sono temi centrali nella predicazione di papa Ratzinger. La promozione della famiglia e la tutela della vita dall´inizio fino al suo declino naturale: «Il Papa difende la vita». Anche in Brasile, aggiunge, la gioventù che lo ha incontrato gli gridava «Papa Benedetto difendi la famiglia e la vita». Dalle parole di Bertone si comprende perché papa Ratzinger ha deciso di farne il cavallo di battaglia del suo pontificato.«E´ un tema centrale – dice – per il pontefice si tratta di una delle sfide principali poste dalla società moderna». Certamente è un argomento conflittuale, «ma se il Papa non difende la famiglia e la vita e la società stessa, chi può difenderla?».
E qui il cardinale racconta un retroscena iendito: «Giovanni Paolo II aveva scritto l´enciclica Evangelium Vitae. E lui e l´allora cardinale Ratzinger seguivano le reazioni che venivano da tutte le parti del mondo». Quale è stato il bilancio? «Arrivarono tantissime lettere, anche di pastori protestanti e di rabbini ebrei che dicevano "bravo" al Papa perché aveva l´autorità morale di difendere questi valori irrinunciabili». Naturalmente in Vaticano sanno che la questione è dibattuta. Il Papa stesso, ha fatto capire Bertone, è pienamente consapevole che sul problema della famiglia vi sono «opinioni discordanti anche in seno alla Chiesa». Eppure ritiene indispensabile continuare ad annunciare la bellezza della famiglia e della vita.
Alla domanda su come affrontare il dissenso, il Segretario di Stato risponde con una frase che getta luce sul carattere e l´atteggiamento di papa Ratzinger: «Il Papa spera che anche coloro che dissentono siano aiutati a riflettere e possano anche cambiare opinione». In ogni caso è sempre importante che la Chiesa si senta missionaria. Una Chiesa capace di evangelizzare su tutti i fronti.
Dalle parole del Segretario di Stato si deduce che su questi temi Benedetto XVI è deciso a dare battaglia in tutti i modi. In America latina per bloccare le prime legislazioni pro-aborto (a costo di appoggiare le minacce di scomunica di alcuni vescovi). In Italia per sbarrare la strada al riconoscimento delle unioni civili (da lui condannate tre giorni fa in un discorso ai vecovi brasiliani), ma anche la pillola abortiva e persino la stessa pillola del giorno dopo.
In aereo da Roma a San Paolo, Benedetto XVI ha detto ai giornalisti che la Chiesa intende «ricreare la coscienza della bellezza della vita», minata da tante paure delle coppie contemporanee. Ed ha ribadito l´auspicio che anche «in futuro possiamo resistere alle paure, che sono alla radice di queste legislazioni».
Ai commenti di Bertone si aggiungono quelli di Bagnasco e Ruini. «In piazza San Giovanni c´è stata una testimonianza rispettosa e gioiosa del valore della famiglia» dice il presidente Cei. «La famiglia sia compresa nel suo autentico amore e sostenuta» gli ha fatto eco il suo predecessore Ruini.
Repubblica, 14 maggio 2007
Signor Politi, mi mostra, per favore, l'atto di scomunica dei Vescovi messicani? Mi spiega come mai il Papa ha detto una cosa, il cardinale Rivera la stessa cosa, Padre Lombardi anche, e solo Lei parla di scomunica?
Visto che la risposta del Papa alla Sua domanda ha veicolato l'opinione dei media su questo viaggio, proporrei, per la prossima volta, di cedere il microfono ai dottori Accattoli e Tornielli.
Raffaella
Bagnasco: "La gente in piazza? Una testimonianza gioiosa"
di Redazione
Genova - «È stata una testimonianza rispettosa e gioiosa sul valore della famiglia». Così, con questa unica frase, monsignor Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha commentato il successo del Family day che sabato scorso ha portato un milione di persone in piazza a Roma. Un commento veloce, quasi una battuta strappata a forza, dopo la celebrazione della Santa Messa che monsignor Bagnasco ieri mattina ha celebrato al Santuario della Madonna della Guardia, il più amato dei luoghi di culto dai fedeli genovesi. Il prelato, infatti, preferisce non rilasciare molte dichiarazioni dopo le minacce seguite alla sua presa di posizione sui Dico. Mentre si allontana si lascia scappare una frase sulla manifestazione romana. A chi gli domanda se si aspettava quella folla oceanica, ha risposto: «Si sperava, certamente». Poi è sparito in un corridoio.
Ad attenderlo, infatti, c’erano decine di famiglie di malati e disabili che ieri si erano recate al Santuario proprio per incontrarlo e avere la sua benedizione. E per tutti ha avuto una carezza, un gesto d’affetto e una parola buona. Del resto anche il cardinale vicario Camillo Ruini, durante la Messa celebrata ieri nella basilica di San Pietro, si è limitato a esortare tutti i cristiani a pregare per la famiglia, perché «sia compresa nel suo autentico amore, perché sia compresa fino in fondo, e sia sostenuta».
Monsignor Bagnasco ha quindi preferito non rispondere agli ulteriori insulti che ieri gli sono giunti da Bologna in una nota firmata dalle donne del Prc e dei Verdi in occasione della processione della Madonna di San Luca. Così come non ha voluto esprimersi sul gesto di solidarietà che proprio ieri mattina gli è arrivato da Mario Borghezio, europarlamentare della Lega Nord, che nel corso di un comizio nella centralissima piazza De Ferrari, ha preso pubblicamente le sue difese davanti alla cattedrale di San Lorenzo dove ha cominciato a distribuire volantini di «Padania Cristiana» a sostegno di Bagnasco e della famiglia tradizionale.
Il Giornale, 14 maggio 2007
I veri dogmatici? Pannella e Bonino
di Vittorio Sgarbi
Leggo la dichiarazione di Fabrizio Cicchitto: «Io, laico, non potevo andare con Berlusconi. Non aderisco a un manifesto che dice: “Noi cattolici”». Provo a capire. Cicchitto è il vice coordinatore di Forza Italia. Berlusconi ne è il fondatore. Forse l’uno è credente, e l’altro no. Ma entrambi, a mio vedere, sono laici. In cosa Cicchitto è diversamente laico rispetto a Berlusconi? Potremmo immaginarlo nella personale condizione di chi non crede rispetto a chi crede: uno laico non cattolico, l'altro laico cattolico.
Ma era laico anche, e forse non cattolico (o meglio non praticante), Benedetto Croce, il quale, con formidabile chiarezza laica, aveva dichiarato, una volta per tutte: «Non possiamo non dirci cristiani». Cosa intendeva dire? E che cosa ci dice di più, rimarcando le distanze, Cicchitto? Che «laico» e «cristiano» (ma anche «cattolico») non sono contrapposti, ma sono compatibili in ambiti culturali nei quali concorrono letteratura, costume, consuetudini, modelli di comportamento, fino al punto di investire la politica di una missione religiosa con un partito dominante quale fu la Democrazia cristiana. Cicchitto conviene che una democrazia possa essere «cristiana»? Certo, si potrà obiettare. «Ma lui era socialista». Quindi laico.
Gli risulta che qualche democratico cristiano o qualche cristiano abbia limitato il suo essere socialista? La reciproca tolleranza ha consentito di convivere e di allearsi, in numerosi governi, a democristiani e socialisti, senza soffrire incompatibilità; fino a dissolversi in un solo partito, cui Cicchitto ha aderito con convinzione e con responsabilità, che è Forza Italia. Segno che i fondamenti politici e culturali e le ideologie di socialisti e democristiani erano compatibili.
Forza Italia è stata per certi versi un laboratorio del Partito democratico: con maggiore disinvoltura e senza drammi (che non fossero, come sono stati, danni individuali), Berlusconi chiamò e convinse a convivere laici e moderati come lui, liberali democristiani, socialisti, repubblicani, nessuno dei quali si sentì mai in conflitto, né all'interno del Partito, né al governo.
Tanto poco la componente cattolica fu prevalente, che molti suoi ministri furono reclutati tra gli esponenti del dissolto Partito liberale, o liberali di fatto, Martino, Urbani, Biondi, Costa, Tremonti, Frattini, cui si aggiungono i socialisti Caldoro, Boniver, o i repubblicani come La Malfa.
Ma perché dissociarsi ora? Perché rimarcare confini ideologici obsoleti? A ben vedere, c'è molto più dogmatismo nelle posizioni di Pannella e della Bonino che intendono laico come contrapposto a cattolico in modo schematico e artificioso.
Per costoro, la Chiesa dovrebbe rinunciare a una presenza attiva nella società, la quale, autodeterminandosi, non dovrebbe essere contaminata dai principi cattolici. Ma la Chiesa esiste nella storia e il suo indirizzo morale investe i comportamenti degli uomini anche in quanto cittadini.
Dante, Michelangelo, Manzoni, Parini non si insegnano soltanto nelle scuole private religiose, ma in tutte le scuole, perché la Chiesa penetra nella società, nella vita culturale, e nella vita civile. Man mano che le società mutano i costumi, le dosi di questa osmosi cambiano. Ma non esistono una vita cattolica e una vita laica, contrapposte e incomunicanti. Anzi, se vi è uno spirito clericale, dogmatico e fanatico, è quello espresso da un leader come Pannella nel rapporto con i suoi seguaci. Un leader carismatico, come il sacerdote di una religione che non ammette contrasti e discussioni. Craxi fu in grado di rinnovare il Concordato; Pannella lo avrebbe spezzato. Berlusconi e i suoi non possono immaginare i loro elettori divisi fra cattolici e laici. Ed è anche estremo vederli come «anticomunisti». Se così fosse, nella vicenda del Family day, non avremmo riscontrato le contraddizioni, dubbi, le perplessità simmetriche del Partito democratico, anch'esso alla (più disperata) ricerca di non definire un confine fra gli uni e gli altri. Improvvisamente, ho ritrovato un pensiero e una dimensione perduti: mentre celebravo l'anniversario dei cento anni dell'Istituto Gonzaga a Milano con il cardinal Tettamanzi avevo davanti, con il rappresentante della Chiesa, un modello di società che, nella scuola, evidenziava un diverso concetto di laicità.
I professori e i responsabili dell'istituto fondato nello spirito di San Giovanni Battista de La Salle, si chiamano «Fratelli delle scuole cristiane». Anch'io vi fui iscritto dalla quinta elementare alla terza media, nell'Istituto Canonici-Mattei di Ferrara. I professori non erano sacerdoti, ma fratelli. E rimarcavano questa differenza chiamandosi «laici». Avevo 9 anni, e per la prima volta sentii questa denominazione che segnalava la differenza con i sacerdoti ordinati. La parola «laico» indicava uno stato civile non incompatibile con l'essere cattolico. Non una contrapposizione, ma un modo di essere: laici e fratelli delle scuole cristiane. Cristiani nelle convinzioni e nei proponimenti educativi, senza essere preti. Esattamente la condizione, laica, di gran parte di quanti, cattolici, erano in Piazza San Giovanni e che non sono disponibili a sentir chiamare pedofili i preti come ha fatto Vauro nella vignetta su il manifesto. Ma se monsignor Bagnasco accenna alla pedofilia, i laici doc reagiscono inviandogli pallottole. Dopo gli anni del collegio, non ho più sentito parlare di laici se non nell'ambito della politica.
Il significato era slittato da quello di Fratelli delle scuole cristiane a quello degli anticlericali come Cicchitto e Pannella. Forse è arrivato il momento di deporre le armi, prendere atto della realtà e considerare che perfino un laico può essere cattolico; se non lo è, i cattolici, con i loro principi (già lo insegnava Pascal) non sono nemici. Sono come noi. Siamo noi.
Il Giornale, 14 maggio 2007
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