14 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 14 maggio 2007 (2)


Vedi anche:

IL DISCORSO STORICO DEL PAPA

Il Manifesto di Papa Ratzinger

VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE: SPECIALE

VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE (9-14 MAGGIO 2007)

Rassegna stampa del 14 maggio 2007

Dedicato a coloro che pensano che il Papa esageri sui temi etici


PIETRO E IL MONDO

Il Papa agli spacciatori: «Renderete conto a Dio»

L'invito a ravvedersi dal centro di recupero per tossicodipendenti «Il male provocato riceve la stessa riprovazione che Gesù espresse per coloro che scandalizzano i più piccoli, i preferiti da Dio»

Dal Nostro Inviato A Guaratinguetà Salvatore Mazza

Parole dure: «Gli spacciatori riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali». Inequivocabili: «Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto». Definitive: «La dignità umana non può essere calpestata in questo modo. Il male provocato riceve la medesima riprovazione che Gesù espresse per coloro che scandalizzavano i "più piccoli", i preferiti di Dio».
Benedetto XVI si rivolge direttamente a «que comercializam a droga», ai commercianti di droga. Ed è, il suo, un monito durissimo. Che ricorda l'anatema scagliato da Papa Wojtyla il 9 maggio del 1993 contro la mafia, «...Mi rivolgo ai responsabili: convertitevi. Un giorno verrà il giudizio di Dio». Esploso all'improvviso, quello, al cadere di una giornata emozionalmente terribile. Misurato, questo, parola per parola, e forse per ciò, in qualche modo, più inquietante, con quella citazione esplicita del Vangelo di Matteo: "Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli...".
Ci sono gli ospiti e i volontari della Fazenda de Esperança, davanti al Papa. Una piccola, piccolissima parte di quell'umanità derelitta che fanno sì che il Brasile possieda «una statistica delle più rilevanti per ciò che riguarda la dipendenza chimica delle droghe e degli stupefacenti. E l'America Latina - nota Benedetto XVI - non resta indietro». Col fondatore, il tedesco frei Hans Stapel, tremila tra alcolisti e tossici in cura, volontari, religiosi, amici di questa comunità nata nel 1979 e che oggi anima 32 posti come questo in tutto il Brasile.
Per arrivare qui, a Guaratinguetà, Benedetto XVI percorre in macchina trenta chilometri di una strada stretta, quasi persa nello splendore della Sierra Mantequeira. Per prima cosa visita la nuova chiesa della Fazenda, dove prega con le Clarisse e, salutandole, ricorda come «dove la società non vede più alcun futuro o speranza, i cristiani sono chiamati ad annunciare la forza della risurrezione», e come allora «proprio qui... dove risiedono tante persone, specie giovani, che cercano di superare il problema della droga, dell'alcol e della dipendenza dalle sostanze chimiche, si testimonia il Vangeli di Cristo in mezzo a una società consumistica lontana da Dio».
Poi esce all'estero, dove nel campo sportivo lo aspettano in tanti. Accolgono il Papa con canti e coreografie, fino a quanto otto di loro gli raccontano la loro storia. E non sono storie che scorrano via facili; lo si vede dalle lacrime di Sara, dalle parole affaticate di Vinicius, dagli occhi di Mario. Benedetto XVI li incoraggia: «Mediante l'istituzione che vi accoglie, il Signore vi ha reso possibile questa esperienza di ricupero fisico e spirituale di importanza vitale per voi e per i vostri familiari. A seguito di ciò, la società si attende che sappiate divulgare questo bene prezioso della salute fra gli amici ed i membri di tutta la comunità. Voi dovete essere gli ambasciatori della speranza!».
Perché è necessario «vincere le prigioni della droga e rompere le catene delle droghe». Senza «mai perdere la speranza». «Bisogna infatti edificare, costruire la speranza - dice il Papa, che prima di rientrare ad Aparecida lascerà in dono alla Fazenda 100 mila dollari - tessendo la tela di una società che nello stendere i fili della vita, perde il vero senso della speranza». E se «il reinserimento nella società costituisce, senza dubbio, una dimostrazione dell'efficacia della vostra iniziativa... ciò che più desta l'attenzione, e conferma la validità del lavoro, sono le conversioni, il ritrovamento di Dio e la partecipazione attiva alla vita della Chiesa. Non basta curare il corpo, bisogna ornare l'anima con i più preziosi doni divini acquisiti col Battesimo».

Avvenire, 13 maggio 2007


«Le sue parole, provocazione e dono»

L’intervista Il vescovo di Petropolis, Santoro: «Il Papa ci ha richiamati ai fondamenti dell’esperienza cristiana Prima dell’impegno sociale viene l’incontro con Gesù»

Dal Nostro Inviato Ad Aparecida Luigi Geninazzi

Oggi Benedetto XVI aprirà, con un discorso molto atteso, i lavori della Quinta Conferenza del Celam, l'episcopato latino-americano. «Ma un anticipo ce l'ha già dato venerdì sera, rivolgendosi ai vescovi del Brasile», è l'opinione di monsignor Filippo Santoro che giudica le parole pronunciate da Papa Ratzinger nella cattedrale di San Paolo «un grande regalo e una forte provocazione». Italiano, 59 anni, da oltre venti in Brasile, Santoro è vescovo di Petropolis - una bellissima città a nord di Rio de Janeiro - ed è membro della Commissione per la dottrina della fede della Cnbb, la Conferenza episcopale nazionale. Nei prossimi giorni prenderà parte ai lavori del Celam.

Eccellenza, che impressione le ha fatto il discorso di Benedetto XVI all'episcopato brasiliano?

«Come vescovo mi sento interpellato in prima persona dalle sue parole - risponde Santoro -. Sono state una forte provocazione a guardare ciò che sta all'origine: ci ha messo sotto gli occhi i fondamenti dell'esperienza cristiana e della nostra missione pastorale. Lo ha fatto con la sua consueta chiarezza e amabilità. Noi spesso abbiamo la tentazione di rispondere ai bisogni della nostra gente inventando cose nuove. Il Papa ci richiama all'essenzialità dell'annuncio».

A suo avviso che effetto avrà questo discorso?

«Io credo che renderà più profonda e autentica la comunione, affettiva ed effettiva, che esiste tra noi ed il Santo Padre. Oggi, molto più che negli anni passati, c'è sintonia tra la gerarchia cattolica del Brasile ed il successore di Pietro. Sono convinto che le sue parole siano state accolte da tutti con gratitudine perché invitano a pensare. L'insistenza sui fondamenti è un tratto tipico di Papa Ratzinger che può costituire uno stimolo per la Chiesa di questo grande Paese che, come ha ricordato Benedetto XVI, ha il più alto numero di cattolici al mondo».

Un primato che va difeso da tante insidie...

«Certamente. Ma, per dirla in modo molto schietto, la nostra Chiesa qui in Brasile ha una vitalità e una vivacità che in Europa si riscontrano più raramente. E, stando alle ultime statistiche, la perdita di fedeli in direzione delle sette neo-protestanti è stata fermata. Il Papa ci invita a continuare il nostro sforzo missionario ma con un'avvertenza importante: non dimenticate l'origine del vostro impegno, ci dice, ripartite da Cristo».

Benedetto XVI non ha fatto alcun cenno alla teologia della liberazione di cui il Brasile è stata un po' la culla. Come lo spiega?

«Lo ritengo molto logico. L'impianto di fondo della teologia della liberazione, vale a dire l'uso delle categorie marxiste che presuppongono una concezione materialista della storia, non esiste più. Ma è ancora abbastanza diffusa l'idea che l'impegno a favore dei poveri sia di per sé una fonte di salvezza. A questo si riferisce il Papa quando richiama i sacerdoti a non dare la preferenza alle questioni ideologiche e politiche».

Forse qualcuno s'aspettava che Benedetto XVI, rivolgendosi all'episcopato di un Paese segnato da tanti squilibri ed ingiustizie, entrasse un po' più nel merito delle questioni sociali...

«Guardi, in tutta franchezza posso dirle che all'interno della Cnbb - la Conferenza episcopale brasiliana - il 70 % delle discussioni si concentra sui problemi politici e sociali. Invece nel discorso del Papa solo il 30 % ha riguardato tali questioni mentre il 70 % è stato dedicato ai fondamenti della nostra missione. Chissà, forse è un suggerimento a cambiare il rapporto, come deve fare un ciclista per correre più veloce».

Il Pontefice è sceso nei dettagli della vita liturgica e sacramentale. Cosa ne pensa?

«Ha voluto darci indicazioni molte concrete, entrando nel merito di certi comportamenti che non rispettano la logica del sacramento della riconciliazione, un fatto "profondamente personale", dice il Papa, ricordando che solo una grave impossibilità fisica o morale può esimere dalla confessione individuale. Con tutto questo Benedetto XVI non vuole imbrigliare nessuno ma rendere la nostra Chiesa ancora più dinamica. Si dice spesso che mentre l'Europa parte dalle idee l'America Latina parte dalla realtà. Il Papa rompe la falsa dicotomia: la realtà si coglie partendo dallo sguardo di Cristo».

Avvenire, 13 maggio 2007


Il papa contro gli spacciatori

Quel monito nasce dall'amore

Luigi Geninazzi

«Dio vi chiederà conto di tutto il male che avete fatto a una moltitudine di giovani!». È l’invettiva di papa Ratzinger contro gli spacciatori di droga, un monito terribile che Benedetto XVI pronuncia senza alzare troppo la voce, nel suo stile consueto, improntato a una fermezza pacata e tranquilla. Ma le sue parole, risuonate ieri mattina nella Fazenda da Esperança, di fronte a migliaia di ragazzi che stanno uscendo dal girone infernale della tossicodipendenza, sono macigni. Proprio come quelli che Gesù invitava a mettersi al collo quando si scandalizzano i più piccoli. Viene in mente il grido lanciato da papa Wojtyla contro la mafia nella Valle dei Templi di Agrigento. Coincidenza curiosa: era esattamente quattordici anni fa, nel maggio del 1993. Come il suo predecessore, papa Ratzinger osa chiamare il male con il proprio nome, senza scuse e attenuanti. È il segno di una paternità che sa usare la durezza del rimprovero insieme con l’affettuosa tenerezza. Una paternità che i giovani della Fazenda, gli «ambasciatori della speranza» come li ha definiti Benedetto XVI, hanno potuto sperimentare ieri nella felicità e nella commozione di un incontro fuori del comune. I loro volti luminosi testimoniano che il male si può vincere, anche quello più micidiale come la droga, diventata un autentico flagello in America Latina. Non costa quasi nulla, una dose di crack si può avere per dieci reales, poco più di tre euro. Per decenni il Brasile è stato solo una via di transito della cocaina destinata al mercato americano e a quello europeo. Oggi invece il Paese verde-oro è un grande consumatore di droghe: l’identikit del tossicomane varia indifferentemente dall’emarginato che vive nelle favelas al giovane-bene che lavora nella finanza o nel commercio. Se a Rio de Janeiro le gang di narco-trafficanti sono diventate un potere parallelo a quello del governo – grazie alla corruzione e al possesso d’ingenti arsenali d’armi –, a San Paolo basta telefonare a uno dei numerosi servizi "Di al-a-drug" e chiedere la consegna a domicilio della "roba" tramite pony express. Stando ai dati più recenti, i brasiliani consumano la metà delle 110 tonnellate di cocaina che arrivano nel Paese. Tra i giovani tossicodipendenti il 50% è malato di Aids e l’80% dei meninos da rua, i ragazzi di strada, sniffano colla. Un abisso che rischia d’inghiottire un’intera generazione. Scegliendo di recarsi in una comunità di recupero Benedetto XVI, il Papa "dottrinale" come un po’ riduttivamente viene chiamato, ha voluto affrontare un grande problema sociale. Lo aveva già fatto nel discorso rivolto ai giovani nello stadio Pacaembu di San Paolo. «Non sperperate la vostra gioventù!», era stata la sua implorazione. Iniziato quasi in sordina, coperto dalle polemiche strumentali sull’aborto e dagli equivoci interessati sulle scomuniche, il viaggio di papa Ratzinger in Brasile ha subito trovato il passo giusto nel dialogo con i ragazzi. Tra l’anziano Pontefice e le nuove generazioni dell’America Latina si è creato un feeling straordinario. E più i richiami del Papa sembravano esigenti (così li ha giudicati la stampa), più i giovani gridavano un "sì" convinto e appassionato. Sono loro il futuro del Continente. Non solo. Come ha notato Benedetto XVI, quest’espressione abusata sul futuro può indurre ad una fuga dalla realtà. Al contrario, questi ragazzi «sono il presente della Chiesa e dell’umanità». Un presente che va salvaguardato dal male.

Avvenire, 13 maggio 2007


IN BRASILE. All’apertura della Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano al santuario di Aparecida

«No a capitalismo e marxismo»

Il Papa: hanno fallito entrambi; la Chiesa non fa politica: questa tocca ai laici

Città del Vaticano. Capitalismo e marxismo hanno fallito nel rispondere al desiderio di una società più umana e giusta. La Chiesa, dal canto suo, una strada può indicarla, ma non fa politica, rispetta la «sana laicità», non si «identifica coi politici né con gli interessi di partito», ma suggerisce «i grandi criteri e i valori inderogabili» da seguire. Tra i valori irrinunciabili: la famiglia, la difesa della vita, la condanna dell’aborto e dell'uso degli anticoncezionali. Così - quasi un vero e proprio «manifesto» del suo pontificato - si è presentato Benedetto XVI nell’impegnativo discorso che ha aperto la Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, nella suggestiva cornice del santuario mariano di Aparecida, nello stato brasiliano di San Paolo.
Davanti a 263 delegati degli episcopati di tutti i Paesi dell’America latina e dei Caraibi, papa Ratzinger ha dettato la linea maestra nella quale porsi, ricordando che di fronte ai problemi sociali e politici, capitalismo e marxismo hanno fallito finora nel dare risposte. La premessa fondamentale posta dal Papa è che dove si nega Dio, si pone la base per l’ingiustizia e lo sfruttamento. «Tanto il capitalismo quanto il marxismo promisero di trovare la strada per la creazione di strutture giuste ed affermarono che queste, una volta stabilite, avrebbero funzionato da sole; affermarono che non solo non avrebbero avuto bisogno di una precedente moralità individuale, ma che esse avrebbero promosso la moralità comune. E questa promessa ideologica si è dimostrata falsa».
Il sistema marxista, ha spiegato il Pontefice, «non ha lasciato solo una triste eredità di distruzioni economiche ed ecologiche, ma anche una dolorosa distruzione degli spiriti». E «la stessa cosa vediamo anche all’Ovest, dove cresce costantemente la distanza tra poveri e ricchi e si produce un’inquietante degradazione della dignità personale con la droga, l’alcool e gli ingannevoli miraggi di felicità». Benedetto XVI insiste: «Le strutture giuste non nascono né funzionano senza un consenso morale della società sui valori fondamentali e sulla necessità di vivere questi valori con le necessarie rinunce, perfino contro l’interesse personale».
E dunque, è la conclusione del Papa, «dove Dio è assente - Dio dal volto umano di Gesù Cristo - questi valori non si mostrano con tutta la loro forza, né si produce un consenso su di essi. Non voglio dire che i non credenti non possano vivere una moralità elevata ed esemplare; dico solamente che una società nella quale Dio è assente non trova il consenso necessario sui valori morali e la forza per vivere secondo il modello di questi valori».
Nella veste inedita di «sociologo della fede», Benedetto XVI non ha mai citato la teologia della liberazione, pur tenendola presente, ed ha indicato cosa fare. Le «strutture giuste», ha detto, non si realizzano una volta per tutte ma sono un compito in «costante evoluzione». La Chiesa, in questo senso, non ha ricette politiche né deve indicarle perché spetta ai laici impegnarsi.
E qui - ha aggiunto Ratzinger - «trattandosi di un continente di battezzati, converrà colmare la notevole assenza, nell’ambito politico, della comunicazione e della università, di voci e di iniziative di leader cattolici di forte personalità e di dedizione generosa, che siano coerenti con le loro convinzioni etiche e religiose». Ratzinger ha poi ricordato che la famiglia e i giovani devono essere al centro dell’evangelizzazione, che le culture indigene vanno aiutate a conoscere il Vangelo ed integrarsi con questo.
È stato invece il religioso domenicano Frei Betto, già consigliere politico dell’attuale presidente brasiliano Lula, a dire in un’intervista che la base della teologia della liberazione «non è il marxismo ma la miseria» e se la Chiesa «volterà le spalle alla questione sociale», perderà ancora più fedeli. Indirettamente, il Papa ha risposto no. Bisognerà vedere ora le scelte concrete dell’assemblea dei vescovi. Intanto, nella notte, tornato a San Paolo in elicottero, il Papa si è imbarcato alla volta di Roma dove è atteso in serata.
Andrea Bertin

L'Arena, 14 maggio 2007


Ad Aparecida la tappa finale del viaggio in Brasile di Benedetto XVI

Il Papa: il marxismo ha lasciato solo macerie e il capitalismo fa degradare la dignità personale

Marcella Roveri

Aparecida
«Tanto il capitalismo quanto il marxismo promisero di trovare la strada per la creazione di strutture giuste ed affermarono che queste, una volta stabilite, avrebbero funzionato da sole; affermarono che non solo non avrebbero avuto bisogno di una precedente moralità individuale, ma che esse avrebbero promosso la moralità comune». Secondo Papa Ratzinger, «questa promessa ideologica si è dimostrata falsa. I fatti – ha scandito – lo hanno evidenziato: il sistema marxista, dove è andato al governo, non ha lasciato solo una triste eredità di distruzioni economiche ed ecologiche, ma anche una dolorosa distruzione degli spiriti. E la stessa cosa vediamo anche all'Ovest, dove cresce costantemente la distanza tra poveri e ricchi e si produce un'inquietante degradazione della dignità personale con la droga, l'alcool e gli ingannevoli miraggi di felicità».
«Dove Dio è assente – ha ricordato il Papa ai vescovi dell'America Latina riunti a Aparecida per la loro quinta assembela – questi valori non si mostrano con tutta la loro forza, nè si produce un consenso su di essi. Non voglio dire che i non credenti non possano vivere una moralità elevata ed esemplare; dico solamente che una società nella quale Dio è assente non trova il consenso necessario sui valori morali e la forza per vivere secondo il modello di questi valori, anche contro i propri interessi».
«Il lavoro politico – ha ripetuto ancora una volta il Pontefice – non è competenza immediata della Chiesa. Il rispetto di una sana laicità, compresa la pluralità delle posizioni politiche, è essenziale nella tradizione cristiana autentica. Formare le coscienze, essere avvocata della giustizia e della verità, educare alle virtù individuali e politiche, è la vocazione fondamentale della Chiesa in questo settore». E i laici cattolici «devono essere coscienti delle loro responsabilità nella vita pubblica; devono essere presenti nella formazione dei consensi necessari e nell'opposizione contro le ingiustizie».
«La famiglia, patrimonio dell'umanità, costituisce uno dei tesori più importanti dei paesi latinoamericani». Ma l'istituto familiare è minacciato da povertà, relativismo, instabilità sociale e «dalle legislazioni civili contrarie al matrimonio che, favorendo gli anticoncezionali e l'aborto, minacciano il futuro dei popoli».
Il Papa ha scelto di inaugurare la conferenza generale dei vescovi latinoamericani con un discorso a tutto campo in cui ha usato le stesse parole («La Chiesa non fa politica») che aveva detto sull'aereo che lo portava in Brasile, mercoledì scorso, e ha ribadito la necessità di una sana laicità.
Nel santuario mariano di Aparecida si è tenuto l'ultimo appuntamento del viaggio in Brasile del Papa, che poi dall'eliporto della cittadina ha raggiunto l'aeroporto internazionale di San Paolo per il viaggio di ritorno a Roma.
La famiglia, ha detto Benedetto XVI davanti a 266 vescovi di America latina e Caraibi, «è stata ed è scuola della fede, palestra di valori umani e civili, focolare nel quale la vita umana nasce e viene accolta generosamente e responsabilmente». Soffre «senza dubbio» di «situazioni avverse provocate dal secolarismo e dal relativismo etico, dai diversi flussi migratori interni ed esterni, dalla povertà, dall'instabilità sociale e dalle legislazioni civili contrarie al matrimonio che, favorendo gli anticoncezionali e l'aborto, minacciano il futuro dei popoli».
Benedetto XVI ha anche insistito sulla «insostituibilità della famiglia per la serenità personale e per l'educazione dei figli» e ha condannato la «mentalità maschilista che ignora la novità del cristianesimo nel quale è riconosciuta e proclamata la uguale dignità e responsabilità della donna rispetto all'uomo».
Dopo avere disegnato il ruolo della madre e del padre, il Papa ha chiesto ai vescovi di impegnarsi in iniziative di «pastorale familiare» e ha indicato la necessità di «politiche per la famiglia». Oltre alla famiglia, il Papa ha indicato come «campi prioritari» dlla Chiesa latinoamericana la formazione dei sacerdoti, il ruolo di religiosi e religiose, quello dei laici.
C'è da rilevare che il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha declinato l'invito a commentare il Family Day che si è svolto in Italia, rilevando l'opportunità di prestare attenzione ai temi affrontati dal Papa per l'America latina.

Gazzetta del sud, 14 maggio 2007

Nessun commento: