19 maggio 2007

"Gesu' di Nazaret", dibattito al Duomo di Milano


Vedi anche:

"GESU' DI NAZARET" DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI

Il dialogo fra il teologo Ratzinger ed il rabbino Neusner


L'EVENTO

Folla in Duomo con Tettamanzi per il libro del Papa

Presentazione del libro di Benedetto XVI con il cardinale Kasper e Galli della Loggia

Paolo Foschini

«E voi chi dite che io sia?».
Bella domanda, se a fartela è Gesù: un rivoluzionario pacifista e basta, oppure davvero il figlio di Dio? A sentirsela riproporre, ieri sera, ne sono venuti abbastanza per riempire il Duomo: dove il teologo Walter Kasper e lo storico Ernesto Galli della Loggia si confrontavano, appunto, sul libro di Benedetto XVI Gesù di Nazaret.
«Un libro, non una enciclica né una bolla: e già questo per un papa è un fatto singolare», ha esordito il cardinale Kasper: che nella sua veste di presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani ha ritenuto superfluo ricordare cose come le 50 mila copie vendute dal volume alla sua uscita o le 420 mila complessive di cui Rizzoli ha già annunciato la ristampa.
Folla delDuomo a parte, tuttavia, ci aveva già pensato l'arcivescovo Dionigi Tettamanzi nella sua presentazione a tradurre in riflessione le ragioni di un simile interesse. Perché è vero che la curiosità sull'argomento «Gesù» è testimoniata anche dal successo «di autori come Dan Brown — riconosce Kasper — che di storico non hanno niente». Ma quel che c'è a monte di ciò, dice Tettamanzi, è «l'urgenza di ricucire uno strappo tra il Gesù storico e il Cristo della fede, superando una diffidenza ormai diffusa nei confronti dei Vangeli».
E secondo Kasper è qui il motivo profondo della scelta di Ratzinger: un libro, non un documento papale, per rispondere alla domanda più cruciale di tutto il cristianesimo, la stessa che Gesù fece ai suoi, «chi dite che io sia?». Un «invito al dialogo» nella sua stessa formulazione, sottolinea il teologo. Galli della Loggia, preside della facoltà di Filosofia del San Raffaele, parla di identità e appartenenza, insiste sulle radici di una cultura occidentale che da Gesù non può comunque prescindere.
Ma Kasper la ripropone ancora, la legittimità del dubbio: «Dall'illuminismo in poi l'umanità non fa che chiederselo: va bene il Gesù storico, ma se la sua divinità fosse un'invenzione delle prime comunità?». È la volontà di rispondere a questa crisi, dice, il cuore del libro del papa. Di cui Kasper sceglie una citazione: «Se perdiamo Cristo siamo perduti», i cristiani stessi — aggiunge — perderebbero il senso del loro ruolo nella storia.
Verrebbe da dire chissenefrega dei cristiani nella storia, verrebbe da dire che se Cristo fosse una truffa il dramma è che molti, per esempio, magari perderebbero del tutto la speranza di rivedere un giorno i propri amici, genitori, figli in un paradiso o qualcosa del genere. Ma sta proprio lì, come conclude Tettamanzi citando un altro passo, la tentazione più insidiosa di oggi: quella di «dichiarare Dio morto», per diventare noi «i soli padroni di noi stessi», senza alcuna «misura» né «criterio al di sopra di noi... Cominciamo ora a vedere che cosa ne sta derivando per l'uomo e per il mondo».

Corriere della sera (Milano), 19 maggio 2007