21 maggio 2007

"Gesu' di Nazaret": ipotesi sui rotoli di Qumran


Vedi anche:

"GESU' DI NAZARET" DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI


I GUARDIANI DEI ROTOLI

Un’équipe italiana incaricata della conservazione dei papiri di Qumram. Gli esseni, la storicità dei Vangeli e le leggende

di Gabriella Mecucci

Dan Brown li chiamerebbe “i grandi custodi dei rotoli” e, lasciando galoppare la sua sfrenata fantasia, ne ricaverebbe un nuovo thriller carico di misteri. In realtà i nostri eroi sono gente normale, senza grilli per la testa.
Ad essere fuori dal comune però è l’impresa che devono compiere: si tratta di “salvare” i manoscritti di
Qumran. Quelli che hanno provocato la madre di tutte le polemiche filologico-religiose, con tanto di accuse al Vaticano sul voler occultare la verità storica di Gesù Cristo.
I “grandi custodi” sono per metà israeliani e per metà italiani: intendiamoci, i rotoli stanno a Gerusalemme e sono gestiti dall’Israel antiquities authority. Ma da dicembre del 2006 è iniziata una collaborazione stretta con un gruppo di esperti italiani, coordinati da Alessandro Bianchi dell’Istituto centrale del restauro. Del gruppo di lavoro fanno parte anche l’Istituto centrale per la patologia del libro e l’Officina dei papiri ercolanesi.
Insieme con l’archeologa biblica israeliana Pnina Shor e alla sua equipe devono risolvere un bel rompicapo: riuscire a “ripulire” i rotoli da alcune sostanze che in passato furono applicate sulle pergamene per renderle leggibili. Gli adesivi e i vetri che tenevano insieme i frammenti hanno prodotto parecchi danni. Il lavoro di recupero è già iniziato, a partire dagli anni Settanta, ma per cancellare gli effetti negativi di alcune iniziali decisioni sbagliate c’è ancora molto da fare.
Come curare al meglio i preziosi manoscritti? E come vaccinarli da possibili future malattie? Il primo problema da risolvere è di natura chimica.
Si tratta di trovare i solventi giusti e di usarli nel modo più appropriato, con procedure differenti, documento per documento. Il secondo problema invece riguarda il microclima.
I rotoli vennero ritrovati a partire dal 1947 nelle cave di Qumran, un luogo situato a quattrocento metri sotto il livello del mare, con un clima caldo e molto secco. Erano coperti da panni di lino e chiusi in apposite giare, oppure semplicemente sotterrati. Il dettato religioso della comunità che li aveva scritti imponeva di non distruggere i testi sacri, costi quel che costi.
Questo “comandamento” e la quasi totale mancanza di umidità di quella zona del Mar Morto favorirono la loro conservazione.
Subito dopo il ritrovamento però furono trasportati a Gerusalemme, a 800 metri sopra il livello del mare: un’escursione termica molto forte rispetto al deserto della Giudea. Qual è la temperatura e il tasso di umidità
che consentono la migliore tutela dei rotoli? Microclima e solventi sono, dunque, le due questioni oggetto di approfondimento per la commissione italo-israeliana. Alessandro Bianchi preferisce tenere il profilo basso: “Non ci dipinga per carità come una équipe di professori che sanno già tutto e che vanno ad insegnare ai loro
colleghi di Gerusalemme quello che devono fare. Non è assolutamente così.
Noi ci accostiamo al problema con grande umiltà, con la consapevolezza che occorre uno studio approfondito, da condurre insieme, per trovare le soluzioni migliori. Non partiamo da zero, gli amici israeliani hanno infatti sin qui lavorato bene”.
Nessuna enfasi da primi della classe, dunque, del resto la natura dell’impresa farebbe tremare le vene dei polsi a chiunque. Si tratta di “maneggiare” documenti di straordinaria importanza di cui parla – nel suo recente libro Gesù di Nazareth – nientemeno che Papa Ratzinger.

Il Pontefice li ritiene una fonte di notevole valore per ricostruire la vita di Cristo. Scrive testualmente: “Una casuale scoperta, negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, ha avviato a Qumran degli scavi e portato alla luce dei testi che da alcuni studiosi vengono collegati con un movimento più ampio, gli esseni, conosciuto precedentemente solo in base alle fonti letterarie. Era un gruppo che si era staccato dal tempio erodiano e dal suo culto e aveva dato vita nel deserto della Giudea a comunità monastiche, ma anche a una convivenza di famiglie fondata sulla religione, e aveva costituito un ricco patrimonio di scritti e di rituali propri, in particolare anche con abluzioni liturgiche e preghiere comunitarie”.

Ma perché per un cristiano è particolarmente importante conoscere la storia degli esseni, gente dedita ad un’intensa vita spirituale, alla povertà e alla penitenza? Le parole successive di Papa Ratzinger ci forniscono una spiegazione semplice e convincente: “Sembra che Giovanni il Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità. In ogni caso i manoscritti di Qumran presentano molteplici punti di contatto con l’annuncio cristiano. Non è da escludere che Giovanni il Battista abbia vissuto per qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua formazione religiosa”.
Non ci sarebbe da aggiungere null’altro per comprendere la delicatezza dell’impresa di chi deve ripulire e custodire le pergamene. Non ci vuol molto a capire che quegli straordinari reperti archeologici non possono
scomparire: il tempo passa e lascia i suoi segni, occorre fare in modo che l’invecchiamento dei manoscritti venga rallentato quanto più possibile. Il lavoro è gigantesco perché non riguarda solo i rotoli (uno raggiunge la lunghezza di oltre otto metri), ma anche ben 15 mila frammenti. E non solo le pergamene, ma anche alcuni papiri e un manoscritto su rame. Per fortuna i documenti in questione sono stati in larghissima parte già pubblicati: la conservazione degli originali però è questione rilevante, soprattutto perché alcuni scritti sono stati interpretati in modo radicalmente diverso. Polemiche più o meno gratuite, ricerca dello scoop, forzature di ogni genere ne sono state la conseguenza. L’attuale Papa – come si è visto – guarda con fiducia a quei documenti e non sembra minimamente spaventato dal loro contenuto. Eppure i rotoli sono stati lanciati come corpi contundenti contro la chiesa di Roma.
L’operazione più fantasiosa e raffazzonata l’ha fatta proprio Dan Brown con il Codice da Vinci. I manoscritti di Qumran, nelle sue mani, sono diventati la base per costruire un “giallone” dove le fonti vengono manipolate in modo tanto affascinante quanto disinvolto. E così gli errori non si contano, a cominciare dalla data del ritrovamento che non è il 1950, come sta scritto nel romanzo, ma il 1946-47, sino ad arrivare al numero delle grotte dove avvenne la scoperta: una, secondo Dan Brown, undici in realtà. Nella fiction del bestseller si sostiene che i cristiani sino a Costantino non pensavano che Gesù fosse figlio di Dio ma semplicemente un uomo, e che la chiesa conservò solo quattro Vangeli facendo distruggere tutti gli altri, perché fornivano versioni per lei imbarazzanti. Per fortuna però – come racconta sir Leigh Teabing, uno dei protagonisti del thriller – alcune parti di questi sono stati ritrovati nei rotoli. Tutto questo è falso, ma non viene raccontato solo nel Codice da Vinci. Le accuse contro il Vaticano iniziarono con un celebre libro, “I segreti del Mar Morto”, in cui due giornalisti, Michael Baigent e Richard Leigh, denunciarono gli ingiustificabili ritardi nella pubblicazione dei manoscritti di Qumran (lungaggini e rinvii incomprensibili in realtà si verificarono) e li spiegarono con la volontà della chiesa di occultare le verità che contenevano. Il padre domenicano, Rolando de Vaux, primo direttore del comitato scientifico per lo studio dei manoscritti, avrebbe – secondo i nostri due autori – volutamente rallentato i lavori di interpretazione delle pergamene e dei papiri perché si era accorto che contenevano delle notizie devastanti per la chiesa cattolica, informazioni che la smentivano platealmente e che l’avrebbero costretta a radicali revisioni.
In buona sostanza – secondo una certa saggistica – il Gesù che veniva fuori dai rotoli sarebbe stato un uomo che faceva parte della comunità degli esseni e che non era figlio di Dio. La figura di Cristo che noi conosciamo sarebbe stata invece riplasmata da Paolo di Tarso che l’avrebbe costruita in modo tale da renderla “trapiantabile” nella Roma imperiale.
Insomma, sulla base dei rotoli si è verificato uno dei più spettacolari affondi contro il Vaticano. Ma qual è la vera storia dei manoscritti di Qumran e che cosa in realtà contengono?
Scoperti in undici grotte fra la primavera del 1947 e il 1958 in territorio Giordano furono oggetto sin da subito di un primo business. Subito dopo il primo rinvenimento ben quattro rotoli finirono, attraverso un antiquario, nelle mani del Metropolita della chiesa siriana ortodossa di Gerusalemme, Mar Athanasios Samuel. Costui nel 1948 li portò all’American school of oriental research e solo molto più tardi, cioè nel 1955, i manoscritti di sua proprietà rientrarono in Israele, dopo mille avventure e dopo essere stati riacquistati a una cifra molto consistente che finì ovviamente nelle mani del Metropolita Athanasios. E, da allora sino ad oggi, il denaro gira in parallelo con i rotoli. Visto che il loro mantenimento è costosissimo, spesso infatti vengono mandati in giro per “fare cassa”. E’ inutile dire che ovunque vengano esposti ci sono file ininterrotte di visitatori, accompagnate da grandi incassi. L’alone di mistero che li circonda stimola poi folle di eccentrici miliardari a proporsi come sponsor di questa o quella nuova lettura, in grado di cambiare la storia del cristianesimo.
Insomma, un bailamme dal quale però gli israeliani si sono difesi con serietà e rigore. E se nei primi anni della scoperta l’attenzione maggiore era stata dedicata alla filologia, a scapito della conservazione, più di recente la manutenzione dei preziosi manoscritti non viene più sottovalutata. Per loro vale il primum vivere.
La querelle interpretativa naturalmente non si è mai placata. Prendiamo i primi due rotoli, scritti in ebraico, e databili intorno all’anno zero.
Ecco il passo più discusso: “Egli sarà chiamato il figlio di Dio; essi lo chiameranno figlio dell’altissimo… Il suo regno sarà un regno eterno ed egli sarà giusto in tutte le sue vie…”. Queste parole colpiscono per la loro innegabile somiglianza con alcune espressioni usate dall’Angelo nell’annunciazione a Maria, secondo il Vangelo di Luca: “Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e chiamato figlio dell’Altissimo; il signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e reagirà e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine…”.
Frasi come queste hanno fatto ipotizzare una possibile pre datazione dei Vangeli. In realtà – secondo molti studiosi – è più probabile che esistessero alcuni rapporti fra la comunità di Qumran e i primi cristiani. Si tratta di quei “punti di contatto” con l’annuncio cristiano che Benedetto XVI in persona ammette tranquillamente nel suo recente libro. Gli uomini di quella terra erano probabilmente gli esseni come molti studiosi ormai sostengono: è possibile che costoro abbiano anticipato alcuni concetti del cristianesimo? Forse sì, soprattutto se Giovanni Battista – come i più ormai ritengono probabile - visse una parte della sua vita con loro.
E veniamo al rotolo forse più importante, quello su cui è scritto il libro di Isaia. Ecco le parole che hanno fatto più discutere: “Un rampollo uscirà dal tronco di Jesse… (testo mancante) il rampollo di Davide. Essi entreranno in giudizio con il… (testo mancante) e il Principe della Comunità lo metterà a morte”. In questo frammento si parla probabilmente dell’avvento di un Messia – il Principe della Comunità – che mette a morte i suoi nemici, cioè i malvagi. Concetto perfettamente in linea con la tradizione apocalittica ebraica. Ma uno studioso, Robert Eisenman, tradusse diversamente l’ultima frase: “Ed essi metteranno il Principe della Comunità a morte”. Questa versione è l’esatto opposto di quella precedente e racconta una storia analoga a quella di Gesù che venne ucciso tramite crocefissione. Vuol dire che occorre riscrivere la storia del cristianesimo cambiando date e soggetti?
In realtà la traduzione di Eisenman è stata molto contestata. La maggior parte degli studiosi infatti non vede nei contenuti del rotolo in questione un’anticipazione del Nuovo Testamento, ma piuttosto una riproposizione del Vecchio Testamento, anche se linguisticamente entrambe le versioni sono possibili. C’è da giurare che la querelle continuerà e che sarebbe un danno irreparabile se il rotolo della discordia decadesse, tanto da non essere più leggibile.
Infine, c’è un ultimo frammento che ha innescato la madre di tutte le polemiche, quello su cui probabilmente si poggiano anche le fantasiose ricostruzioni del Codice da Vinci. Tutto iniziò nel 1972 quando il gesuita Jose O’ Callaghan sostenne di aver trovato fra i frammenti di Qumran la citazione di un passo del Vangelo di Marco. Chi lo scoprì ne dedusse la storicità dei quattro Vangeli e una datazione alta, molto vicina ai fatti che narra, di quello di Marco, ma altri se ne servirono per sostenere l’esistenza di numerosi Vangeli apocrifi, volutamente occultati dalla chiesa perché la smentivano. Da qui ad arrivare alle scoppiettanti invenzioni di Dan Brown il passo è breve. Ecco il frammento 7Q5: “… non avevano capito riguardo ai pani… ma era il loro cuore accecato. Ed avendo attraversato, giunsero a Genezaret e approdarono”.
In realtà l’interpretazione di questo papiro (è uno dei pochi documenti non scritti su pergamena) è molto complicata: contiene infatti venti parole in tutto e solo undici sono di sicura lettura, le altre sono pressoché indecifrabili.
Francamente un po’ poco per ipotizzare che, accanto a questo Vangelo ce ne fossero altri apocrifi, e mettere così in discussione la storia del cristianesimo.
A questo va aggiunto che il frammento in questione è stato ritrovato nella grotta numero sette che ne conteneva altri 19, scritti in greco. Diversi studiosi sostengono che sono questi gli unici rotoli nascosti dopo la distruzione del Tempio, cioè dopo il 70. Se così fosse nulla questio, visto che il Vangelo di Marco è stato scritto prima di quella data. Possono un miglioramento dello stato di conservazione o alcuni interventi ulteriori di pulitura sciogliere questo delicato nodo? Probabilmente no: i danni infatti sembrano essere irreparabili. E’ difficilissimo in questo caso che il restauro possa aiutare la filologia, ma perché disperare?
C’è infine l’ultimo interrogativo: Gesù era esseno? E’ probabile che questa setta avesse avuto un legame con
Giovanni Battista – come già detto – e che praticasse abluzioni simili al battesimo.
Benedetto XVI ipotizza la possibilità che sia intercorso un qualche rapporto fra la comunità di Qumran,
Gesù e la sua famiglia
. Ma non manca chi, forzatura dopo forzatura, è arrivato a sostenere che l’avvento del Cristo sia stato profetizzato dagli antichi e misteriosi esseni. E’ facile prevedere che dubbi, interrogativi, congetture e fantasiose furbate continueranno. La scoperta delle grotte del Mar Morto ha aperto una diatriba infinita che riguarda un fatto storico di straordinaria rilevanza: la nascita della civiltà giudaico-cristiana. I rotoli, custodi di una parte di questa storia, contengono un pezzo di noi.

Il Foglio, 19 maggio 2007

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dove si riescono a trovare dati, informazioni e discussioni storiche ed attendibili a riguardo?