4 maggio 2007
Rassegna stampa del 4 maggio 2007
Vedi anche:
Da "Gesu' di Nazaret": la seconda tentazione
Cari amici, oggi sui giornali c'e' qualche coda polemica della manifestazione del 1° maggio. Ho deciso di scegliere attentamente gli articoli da inserire per non alimentare la polemica. Credo, in questo modo, di ascoltare le indicazioni della Santa Sede.
Come ho gia' detto, ritengo cio' che e' accaduto martedi' scorso di una gravita' inaudita, perche' si e' usata una piazza e un mezzo televisivo (quello pubblico) al solo scopo di attaccare, senza contraddittorio e possibilita' di ribattere, il Papa e la Chiesa cattolica. Troppo comodo!
Oggi non intendo proseguire nella polemica. Scegliero' gli articoli da inserire, evitando quelli offensivi e quelli che incensano e/o pubblicizzano il tale che ha parlato dal palco.
Vorrei, pero', fare una prima considerazioni: coloro che difendono, oggi, la liberta' di parola di Pinco e Pallino sono gli stessi che, a settembre, non si sono degnati di difendere la liberta' di espressione del Papa dopo la lectio di Ratisbona. Non solo: sono gli stessi che continuano ad accusare, nello stesso tempo, Pio XII per avere taciuto e Benedetto XVI per avere parlato.
Vi segnalo, senza riportarla, la risposta di Augias ad un lettore di "Repubblica": l'intellettuale considera eversive le dichiarazioni del Papa sull'obiezione di coscienza.
Si puo' dialogare in queste condizioni? Bah!
Raffaella
Commento
Giuseppe Testa
Non è facile spiegare perché, da qualche tempo, il Papa e la sua Chiesa siano diventati il bersaglio più facile, più comodo da colpire per certi anti-clericali che ricordano alla lontana gli anarchici toscani di fine Ottocento. Al tempo della crociata di Fanfani contro il divorzio, nessuno osò attaccare così da presso il soglio pontificio, com'è avvenuto durante la festa del Primo Maggio. Né si racapitarono proiettili ai vescovi nominati da Montini. Eppure, fu anche quella, come l'odierna sulle unioni civili, una battaglia ispirata dalle massime autorità ecclesiastiche. Per tacito patto di cavalleria, però, non ne vennero sfregiate. Ora, può darsi che al giorno d'oggi, non essendo più mediate da un partito laico, le scelte della Santa Sede - confessionali o, più semplicemente, pastorali - finiscano per essere, o per apparire, scelte politiche agli occhi di chi le valuta pur sempre con il metro dei partiti. Ma ci sono forse altre ragioni che non andrebbero sottaciute: la prima è che la Chiesa in Italia è l'unico partito che sta ancora ideologicamente in piedi; l'altra è che a quei partiti rimasti orfani d'ideologie credibili, non resta che il vecchio riflesso condizionato di trovarsi un tirassegno: la faccia di Berlusconi o quella di Ratzinger, in certe piazze, non fanno differenza.
La Sicilia, 4 maggio 2007
Chi spara contro la Chiesa sa di avere le spalle coperte
di Bruno Fasani
Le parole più violente contro il Papa, Ruini, Bagnasco e la chiesa in generale, vengono tutte da una certa parte politica. Non occorre precisarlo e neppure chiamare gli interessati per nome. Ciò che è più paradossale è che si tratta della stessa gente che da Assisi a Vicenza, dal Gay Pride alle sfilate politiche, è solita indossare le bandiere della pace, gente per la quale ti senti di andare a dormire con le porte aperte o lasciare il portafoglio sul muretto di casa. E invece? È come se questi signori qualche volta dimenticassero di mettere i panni della pace per far uscire il falco che si cela sotto. Comincio a credere che si stia avverando la lungimirante profezia di Solev’ev, il filosofo russo di fine Ottocento, quando prevedeva l’avvento di un’Europa unita, in mano all’Anticristo, magari sotto le spoglie di un perfetto ecologista o di un altrettanto inattaccabile pacifista od ecumenista.
Alla luce dei fatti, uno si chiede il perché di una simile accelerata di intolleranza negli ultimi tempi. Qualcuno pensa ai Dico o alla questione dei gay. Ma non è questa la ragione vera. Sui Dico il problema sono i numeri che il governo ha in Parlamento. Se al Senato non passano, non è colpa del Papa, ma una semplice questione algebrica. Quanto all’ostilità della Chiesa contro i gay, chi tra di loro ha avuto modo di accostarsi alla Chiesa ha sempre trovato accoglienza, ascolto e rispetto. Le liturgie sono piene di peccatori che hanno incontrato la misericordia, senza per questo aver chiesto alla gerarchia di rinunciare a parlare di morale e di peccato.
Piuttosto, l’inasprirsi della polemica dice altre verità. Da una parte è indubbio il progressivo consolidarsi dell’identità della Chiesa. Dopo anni di «dialogo» dietro al quale spesso si nascondeva l’abdicazione alla verità, oggi si assiste al ritorno di una nuova concezione della missione nel mondo. Come ricordava Papa Benedetto XVI, il dialogo si fa partendo da certezze, non rinunciando a quelle che si hanno, quasi che la verità sia un’incognita da raggiungere a tentoni, spogliati della propria peculiarità.
Se l’accresciuta identità della Chiesa è un work in progress, altrettanto operosa appare la virulenza dell’anticlericalismo. Un fenomeno non di oggi. Era solo il Duemila quando Pannella parlava dei «talebani di Roma che, insieme a quelli della Mecca e di Teheran insidiano miliardi di fedeli». Di nuovo, oggi, c’è caso mai la spudoratezza, che sembra nascere anche dalle sponsorizzazioni importanti di certe frange estremiste del governo. Qualche sera fa, seguendo Porta a Porta, ho sentito il direttore di Liberazione difendere i centri sociali, scesi in piazza a chiedere la scarcerazione dei brigatisti recentemente arrestati. E mi chiedevo cosa accadrebbe se, sulla stessa Tv, qualcuno chiedesse la scarcerazione dei pedofili o degli spacciatori di droga. Ovviamente sono solo le spalle coperte a fare la differenza. Che ci siano grandi «ripari» è ormai evidenza. Come dimostra il Primo Maggio, festa del lavoro trasformata in tiro a segno.
Il Giornale, 4 maggio 2007
Il Papa fa paura...ritorniamo sempre sullo stesso discorso.
Ricordo che anche Benedetto XVI cita, nel "Gesu' di Nazaret", cita il filosofo Solev’ev, proprio a proposito dell'Anticristo e della seconda tentazione di Gesu'.
L'ARCIVESCOVO GHIDELLI
«Smorzare i toni, sbagliato fare da cassa di risonanza»
Gian Guido Vecchi
MILANO — «Guardi, se penso al male che hanno fatto certi filosofi....A pensatori che anche oggi scardinano le menti e i cuori dei giovani...O a Marx, a Nietzsche...Beh, allora questo comesichiama...»
Andrea Rivera?
«Ecco, sì. Mi sembra tutto un po' ridicolo, parliamo d'un saltimbanco, tenderei a ridimensionare un po' la cosa...».
Carlo Ghidelli, arcivescovo di Lanciano e Ortona e membro del consiglio episcopale permanente della Cei, è un uomo di spirito e un biblista di livello internazionale. «Sa com'è, da esegeta sono abituato a interpretare i testi e valutare il contesto, considerare le cose nel loro tempo e spazio».
E in questo caso, eccellenza?
«Il contesto è una festa di piazza dove il gergo è semiserio, o semiridicolo, e già dequalifica in partenza ciò che si dice».
L'Osservatore Romano lo ha associato al «terrorismo», poi è parso che Padre Lombardi volesse smussare i toni quando ha parlato di «evidente sciocchezza».
«Sono d'accordo con Padre Lombardi, e se c'è stato un cambio di tonalità vuol dire che anche i vertici hanno ritenuto opportuno alleggerire un po' i toni, va da sé. Che siano state dette cose maleducate e offensive non c'è dubbio. Ma sono sciocchezze, leggerezze d'un parolaio, e vale davvero la pena di smorzare le polemiche: le casse di risonanza producono effetti incontrollabili».
Sarà che non sono momenti facili, ci sono state le minacce a monsignor Bagnasco...
«La guardia non va mai abbassata, anch'io nella mia diocesi cerco di stare attento e vedere se ci sono pericoli, ma con calma: talvolta sono fuochi fatui. Andiamo avanti con serenità. Ne parlavo proprio oggi con amici...
Di cosa?
«Per quanto alzino la voce coloro che sono contrari a una visione cristiana della vita, ho la netta sensazione che non riusciranno mai a strappare dal cuore della stragrande maggioranza degli italiani l'amore a Cristo, alla Chiesa e al Papa. Del resto, colpi di coda di persone arrabbiate ci sono sempre stati e ci saranno sempre».
C'è chi ha obiettato: se la Chiesa parla «a voce alta», ci sta che sia contestata.
«È quasi inevitabile che, entrando nell'agone pubblico, nel confronto delle opinioni, si arrivi anche a contrapposizioni frontali. Ma come dicevo, temo più certi filosofi che un saltimbanco incapace di misurare le parole: sono le cose pensate quelle che fanno molto male».
Benedetto XVI, a Pavia, invitava a «testimoniare sempre con stile umile, rispettoso e cordiale».
«Il Papa è una persona dolcissima, e ciò non toglie che abbia idee chiare e distinte e dica pane al pane e vino al vino. Tutti noi abbiamo il dovere di testimoniare la fede e difendere la Chiesa, ci mancherebbe, ma un po' di savoir-faire non guasta».
Corriere della sera, 4 maggio 2007
IL DIBATTITO
«Osservatore» duro, i cattolici discutono Pera: il pericolo c'è. Fioroni: più serenità
ROMA — «Caro Osservatore Romano, uno che straparla non è un terrorista». Il titolo è spuntato a sorpresa sull'ultima pagina del Foglio, ella rubrica delle lettere che reca il sigillo rosso dell'elefantino. E questa volta il pachiderma stilizzato con cui Giuliano Ferrara firma i suoi interventi certifica una posizione in controtendenza, rispetto ai consueti slanci filovaticani del direttore. Se la Chiesa decide di fare politica, ragiona Ferrara rispondendo a una lettrice, deve aspettarsi la critica, deve «scontare» il dissenso anche quando è «brutale». E reagire con «sovrana indifferenza». Se invece scambia un «cantantista» per terrorista, sbaglia. Il «tono asperrimo» dell'Osservatore, bacchetta insomma Ferrara, non è «compatibile con la funzione libera e l'impatto pubblico della predicazione civile».
La reprimenda sorprende e divide i cattolici, politici e intellettuali di destra o di sinistra. E fa arrabbiare un «laico devoto» come Ferrara, l'ex presidente del Senato Marcello Pera: «Gli attacchi partiti dal palco di piazza San Giovanni sono terrorismo laicista, che finirà per armare la mano di qualche criminale».
Più conciliante la posizione di Rosy Bindi, che da tempo lavora per sedare le risse tra laici e cattolici. «Parlare di terrorismo non è stato il massimo — e qui il ministro della Famiglia critica l'Osservatore Romano —, ma il dissenso brutale, la provocazione, la violenza, non si accetta da nessuno. Certo, se si entra dentro il dibattito pubblico si sa che il confronto è inevitabile, però che sia rispettoso». Abbassare i toni? Don Gianni Baget Bozzo non è d'accordo, dice che il tono bisogna alzarlo per denunciare la «persecuzione» di chi, «caduti i simboli di Berlusconi, Blair e Bush, si sceglie un altro nemico, Papa Ratzinger». Ma quale indifferenza da sovrani, la Chiesa «sa quando è odiata — s'infervora il religioso che fondò Forza Italia — la Chiesa ha conosciuto il martirio e chi non è un cattolico ma un ateo devoto, non sente sulla pelle l'odio del mondo».
Sul fronte opposto, Pietro Scoppola concorda sulla necessità che il Vaticano provi a «rigirare gli attacchi in positivo invece di esacerbarli nella polemica». Persecuzioni e violenze segnano «intimamente» la storia della Chiesa sin dagli
Atti degli Apostoli, ricorda lo storico, che giudica «eccessiva» la reazione dell'Osservatore Romano a fronte della «inconsistenza dell'attacco». Ridimensionare, insomma, come ha fatto il portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi, anche perché, ora che «il religioso è tornato sulla scena pubblica smentendo le previsioni degli anni '70 e '80, il confronto sarà inevitabile e continuo».
Beppe Fioroni, ministro della Scuola e aspirante leader dei cattolici nel Pd, intende affrontarlo «con la serenità che nasce dal reciproco rispetto, senza mai guardare all'altro come al nemico». Ma la Chiesa deve o no saper accettare il dissenso? «Io non amo la categoria dell'ateo devoto — prende le distanze Fioroni —. Figuriamoci se la Chiesa, dopo aver subito martiri e persecuzioni, si preoccupa del dissenso».
L'Udc Rocco Buttiglione se ne preoccupa, eccome. Invita la Santa Sede ad accettarlo e chi lo esprime a evitare la brutalità, non difende la parola «terrorista» con cui l'Osservatore Romano ha sferzato Andrea Rivera, ma ricorda che «se qualcuno spara lo fa perché pensa che il suo gesto generi consenso». E le accuse lanciate dal palco del concerto? «Se quelle buffonate fossero state dette in un altro luogo e in altro giorno, magari ci si poteva anche ridere su».
La sede e i toni. Questo è il problema anche per il teodem Luigi Bobba, che col Foglio concorda a metà. Sbaglia il Vaticano a dare del terrorista a un «telepredicatore» e sbaglia chi sostiene che i toni dell'Osservatore non sono compatibili con la funzione pubblica della Chiesa.
Monica Guerzoni
Corriere della sera, 4 maggio 2007
L´AGENDA
Vertice con il prefetto di Roma a una settimana dalla manifestazione. Serra: attendiamo decine di migliaia di persone
"Family Day, non soffiate sul fuoco"
GIOVANNA CASADIO
ROMA - Il timore c´è. Dopo le minacce a monsignor Bagnasco e lo scontro tra laici e Chiesa sulla satira del Primo Maggio, la piazza cattolica del Family day deve fare i conti con un supplemento di tensioni. «Ma noi al Family day ci prepariamo con tranquillità perché il popolo che verrà in piazza San Giovanni non risponde a provocazioni. Certo il clima non tranquillizza proprio perché aperto alle provocazioni. Al contrario di come fanno gli incredibili attacchi dei radicali alla Chiesa, la nostra iniziativa non mira a dividere» dichiara Eugenia Roccella che, con Savino Pezzotta, è portavoce della manifestazione. Vertice per la sicurezza con il prefetto di Roma Achille Serra ieri («Ci aspettiamo decine di migliaia di persone») e ultimo giro di consultazioni degli organizzatori con i partiti. Martedì c´è il confronto con Francesco Rutelli, leader della Margherita dove più acceso è stato il confronto tra cattolici sui Dico. Il Family day nasce dalla protesta contro la legge sui diritti dei conviventi anche gay, in difesa della famiglia fondata sul matrimonio.
Ora però «abbassino tutti i toni - esorta Mimmo Delle Foglie, uno degli organizzatori - in piazza ci saranno migliaia di bambini, noi abbiamo immaginato una festa. Non è nell´interesse di nessun partito soffiare sul fuoco». Cita l´esortazione di Fini, leader di An, ai suoi (previsti in gran numero alla manifestazione) a «non estremizzare la piazza». Fini al Family day non dovrebbe andare, mentre Casini dell´Udc, Mastella dell´Udeur e il ministro Fioroni di Dl sì. Va diffondendosi la voce che potrebbe partecipare anche Berlusconi, di certo ci sarà il coordinatore di Fi, Bondi. «Anche nella maggioranza sui Dico i toni mi sembrano meno ultimativi», osserva delle Foglie. Evidente lo sforzo di svelenire il clima da parte del governo. Il premier Prodi ribadisce: «Sui Dico il governo ha fatto la sua parte con serenità, adesso è diventato un discorso del Parlamento, la lettura attenta della proposta è tale che non tocca nessuno dei diritti della famiglia. Le Camere hanno la responsabilità di portare avanti in sintesi questo capitolo». Il Professore rivendica l´impegno del governo per la famiglia e annuncia misura concrete. Impegni di cui la ministra Rosy Bindi è garante.
Del resto, è «la famiglia la priorità», precisa il vice premier Rutelli che difende la legge sulle coppie di fatto e a sua volta, presentando il libro di Alfredo Mantovano di An "La guerra dei Dico", insiste: «Serve un drastico disarmo tra tutti i contendenti sulle unioni civili». Appello al dialogo della ministra Barbara Pollastrini, autrice con la cattolica Bindi della legge sui Dico: «Occorre buttare giù ponti di dialogo. I Dico sono una proposta saggia, migliorabile, è stata usata per dividere invece non toglie alla famiglia neppure un´unghia». Chiude le polemiche sul Primo Maggio l´Osservatore: «Non una parola in più, né una in meno». Intanto il Senato si prepara alla battaglia di martedì sui Dico. I Teodem non vogliono chiudere la discussione prima del Family day. Alla richiesta di Emanuela Baio, il presidente Salvi risponde:«Anch´io voglio ascoltare le due manifestazioni, quella cattolica e quella laica di piazza Navona. Però nessuno speri in un insabbiamento».
Repubblica, 4 maggio 2007
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