18 giugno 2007

Rassegna stampa del 18 giugno 2007


Vedi anche:

IL PAPA AD ASSISI: I VIDEO DI SKY

OLTRE 10 MILA GIOVANI IN FESTA ACCOLGONO IL PAPA A S.MARIA ANGELI

VISITA PASTORALE DI SUA SANTITA' BENEDETTO XVI AD ASSISI (17 GIUGNO 2007)


Cari amici, oggi leggeremo una "valanga" di articoli sulla visita del Papa ad Assisi.
Vi dico subito che la cronaca dei quotidiani non e' sempre all'altezza dell'evento di ieri. Non si e' posto, a mio avviso, il dovuto accento su considerazioni e riflessioni del Papa, essenziali per comprendere il vero significato della visita pastorale nella cittadina del Poverello.
Per questo motivo, entro stasera, mi permettero' di scrivere un post dal titolo: "Il Papa ad Assisi: cio' che i giornali non hanno scritto".
Ieri non abbiamo letto nulla, in questo blog, sul gay pride, ma oggi ci sono molte reazioni alle violenze verbali ed agli insulti rivolti al Pontefice e quindi, per coerenza, essendo il blog stesso dedicato al Papa, sara' mia premura riportare alcuni articoli a commento di quanto accaduto
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Raffaella


L'ANALISI

«Cessino tutti i conflitti» Ratzinger come Wojtyla Toni diversi su Francesco

Luigi Accattoli

ASSISI — «Cessino tutti i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l'odio ceda all'amore, l'offesa al perdono e la discordia all'unione»: è l'appello «pressante e accorato» che ha dominato la giornata di Papa Benedetto XVI ad Assisi. Lo ha pronunciato a mezzogiorno, dalla piazza della Basilica inferiore, dalla quale il «venerato predecessore» Giovanni Paolo II aveva gridato «pace» al mondo nelle memorabili giornate del 1986, del 1993 e del 2002.
Un papa Ratzinger dunque che anche sul tema della pace e di Assisi si pone come continuatore dell'opera di Papa Wojtyla, ma con due punti di correzione, o di interpretazione critica: uno riguardante la figura di Francesco e un altro il dialogo delle religioni per la pace. In ambedue i casi — come ha ripetutamente affermato ieri — si tratta di non «amputare» e di non «tacere» la fede cristiana. Non che Giovanni Paolo amputasse o tacesse, ma Benedetto vuole una più esplicita insistenza sulla «unicità» della fede cristiana per mettere in guardia quanti sono tentati — per amore di dialogo — di «attenuarne l'annuncio».
Lanciato l'appello che abbiamo riportato all'inizio, Papa Benedetto ha così continuato: «Sentiamo spiritualmente qui presenti tutti coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della guerra e delle sue tragiche conseguenze, in qualunque parte del mondo». «Il nostro pensiero — ha detto ancora — va particolarmente alla Terra Santa, tanto amata da San Francesco, all'Iraq, al Libano, all'intero Medio Oriente.
Le popolazioni di quei Paesi conoscono, ormai da troppo tempo, gli orrori dei combattimenti, del terrorismo, della cieca violenza, l'illusione che la forza possa risolvere i conflitti, il rifiuto di ascoltare le ragioni dell'altro e di rendergli giustizia».
L'appello è sboccato nella riproposta di quella soluzione «negoziata e regionale» per l'intero Medio Oriente di cui il Papa aveva parlato ultimamente al presidente Bush: «Solo un dialogo responsabile e sincero, sostenuto dal generoso sostegno della Comunità internazionale, potrà mettere fine a tanto dolore e ridare vita e dignità a persone, istituzioni e popoli».
Papa Ratzinger dunque implora la pace e ne lega il messaggio alla figura di Francesco e alla «icona di Assisi come città del dialogo e della pace»: così ha parlato in uno dei cinque discorsi della lunga giornata che l'ha tenuto in ballo dalle otto di mattina alle otto di sera. Ma ha scelto di venire ad Assisi nell'ottavo centenario della «conversione» del «poverello» — tradizionalmente collocata nel 1207 — con la dichiarata intenzione di invitare a una migliore comprensione della sua figura, a partire dalla «immedesimazione con Cristo» e non dal suo amore per la pace e la natura: «Francesco è un vero maestro in queste cose ma lo è a partire da Cristo».
Allo stesso modo Papa Ratzinger ha definito «intuizione profetica e momento di grazia» l'iniziativa del predecessore di chiamare le religioni ad Assisi, vent'anni addietro e ha parlato in positivo dello «Spirito di Assisi» che — ha detto — «da quell'evento continua a diffondersi nel mondo».
Ma — ha aggiunto — «non potrebbe essere atteggiamento evangelico, né francescano, il non riuscire a coniugare l'accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con la certezza di fede che ogni cristiano, al pari del santo di Assisi, è tenuto a coltivare, annunciando Cristo come unico Salvatore del mondo».
Dopo la messa sulla piazza della Basilica inferiore, un altro appuntamento importante è stato l'incontro con i giovani a Santa Maria degli Angeli nel secondo pomeriggio. Qui ha citato il Francesco di prima della conversione che — secondo una fonte biografica, la Leggenda dei tre compagni — «girovagava per la città di Assisi giorno e notte» e ne ha fatto un'audace applicazione ai giovani di oggi, che «possono girovagare anche virtualmente navigando in Internet» e che «cercano paesaggi mentali tanto fatui quanto distruttivi nei paradisi artificiali della droga».

Corriere della sera, 18 giugno 2007

Veramente ottimo questo articolo di Luigi Accattoli!
Ha centrato i punti focali dei discorsi del Papa in poche righe.
Complimenti
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Raffaella


Prodi dal Papa: non basta una novena per l'Italia

Oltre un'ora d'incontro e riceve la Comunione. Il Pontefice: pace in Medioriente e Iraq

Dino Martirano

ASSISI — Ci sono gesti formali che possono anche mutare l'esito di un incontro strettamente scandito dal protocollo. Così quando il Pontefice ha voluto esprimere «cordiale ossequio al presidente del Consiglio dei ministri» e poi ancora, al termine della messa, quando il Papa si è fermato davanti a Romano Prodi e sua moglie Flavia per permettere loro di stringergli la mano, si è capito che la visita ad Assisi di Benedetto XVI — che ha rivolto in mondovisione un appello sulla pace: «Basta conflitti in Medio oriente e in Iraq» — poteva riservare talune sorprese per il capo del governo. Una tregua, «una giornata tranquilla» nell'atmosfera frizzante e spirituale di Assisi perché la situazione politica interna e internazionale, come avrebbe detto Prodi al Papa, «non è tra le più rosee e per questo ci vuole molta pazienza e la collaborazione di tutti».
Di primo mattino, quando l'elicottero del Papa già volteggiava sopra Assisi, il presidente del Consiglio non si era ancora scrollato di dosso veleni e polemiche che rimbalzavano dalle prime pagine dei giornali. E dunque si è lasciato andare a una nota di pessimismo mentre attendeva al campo di atterraggio insieme al vescovo della città di San Francesco: «Sarà una giornata di preghiera per l'Italia? Qui non basterebbe una novena », ha detto Prodi a monsignor Domenico Sorrentino abbozzando un sorriso. Il tema delle difficoltà del governo del Paese, perché «in momenti così difficili tutti chiedono tutto», ha poi accompagnato la giornata del premier. Davanti alla Basilica inferiore di San Francesco, Prodi ha assistito, sotto un sole a tratti equatoriale, alla messa durata più di due ore. Insieme alla moglie Flavia e a 300 fedeli muniti di invito, si è messo in fila e ha ricevuto la comunione direttamente dalle mani del Papa. Poi l'incontro nel Sacro convento dei francescani: 300 ospiti sistemati nel refettorio e al centro un grande tavolo intorno al quale hanno preso posto per il pranzo il Pontefice, Prodi e la signora Flavia, il cardinal Nicora (legato papale per le basiliche), padre Marco Tasca (generale dell'ordine dei francescani conventuali), la governatrice dell'Umbria Rita Lorenzetti (Ds), il sindaco di Assisi Claudio Ricci (FI). Il menù del custode del Sacro convento, padre Vincenzo Coli: prosciutto, ravioli, bocconcini di pollo, insalata, frutta. Ma il menù vero è stato quello delle parole, con il Papa e Prodi che hanno potuto confrontarsi per un'ora e 20 minuti seduti uno a fianco dell'altro. Molti gli argomenti trattati: il comune apprezzamento per la visita di Bush in Italia e in Vaticano, il Medio oriente, la tutela delle minoranze cristiane in Terra Santa, Putin, le elezioni francesi, le radici cristiane dell'Europa. Per poi passare anche a temi di politica italiana sui quali il Papa avrebbe fatto domande pertinenti al premier. E prima di congedarsi davanti a una torta pontificia, tagliata da Ratzinger, Prodi ha fatto un passo importante: ha espresso il suo apprezzamento per la nuova e dialogante gestione della Cei affidata a monsignor Angelo Bagnasco. «Il clima è stato molto sereno, ci sono stati anche alcuni brindisi », ha raccontato la Lorenzetti. Però Prodi, quando è uscito dal convento con 40 minuti di ritardo, non ha commentato nulla di tutto ciò: «Sì, è stata una giornata serena », ha sussurrato dopo aver firmato l'autografo a due signore munite di cappellino con la scritta «Benedetto XVI».

Corriere della sera, 18 giugno 2007

Lodevole, veramente strardinario, l'atteggiamento del Papa!
Raffaella


Lo stilista

Gattinoni regala i paramenti liturgici

I frati minori del Convento di Assisi hanno scelto Guillermo Mariotto, direttore creativo di Gattinoni, per creare i paramenti del Papa: «La maison», spiega il portavoce del Convento padre Enzo Fortunato, «ha regalato al Santo Padre due casule, due camici, una stola e la mitria (nella foto, un bozzetto) ». Il Papa però non li ha indossati ieri ad Assisi, ma «li porterà con sè in Vaticano».

Corriere della sera, 18 giugno 2007


«Senza Cristo, Francesco è irriconoscibile»

Il Papa: testimone di valori importanti, ma spesso apprezzati dimenticando la sua scelta profonda «Respingere l'indifferentismo religioso: non ha nulla a che vedere con il dialogo autentico»

Alberto Bobbio

ASSISI Ha intrecciato una lunga lezione su Francesco. Ma il Papa teologo ha anche ammonito di non fare un uso improprio del «carisma francescano» e di non «mutilare» il messaggio del grande Santo patrono d'Italia. La giornata ad Assisi è stata lunga e densa di discorsi importanti. Ai frati minori conventuali, riuniti in questi giorni per il capitolo generale, ha lasciato anche un messaggio, consegnato in un incontro nella Basilica superiore. In esso spiega ai frati che la profezia di Francesco «insegna a fare del Vangelo il criterio per affrontare le sfide di ogni tempo, anche del nostro, resistendo al fascino ingannevole di mode passeggere, per radicarsi nel disegno di Dio e discernere così i veri bisogni degli uomini».
Era la preoccupazione del Papa, che si avvertiva alla vigilia, quella di venire qui a scansare equivoci sull'interpretazione del Santo di Assisi. E ha rispettato le attese, in tutti i discorsi nei quali ha preso sempre spunto da San Francesco. Spiega subito cosa ha fatto Francesco nella Messa della mattina, celebrata nella piazza davanti al Sacro Convento: «Il suo cammino non fu che lo sforzo quotidiano di immedesimarsi con Cristo». Ragiona sulla conversione e rileva che fu essa che lo portò «ad esercitare misericordia», per cui «servire i lebbrosi, fino a baciarli non fu solo un gesto di filantropia, una conversione per così dire "sociale", ma una vera esperienza religiosa». È il primo accenno e sono parole che danno subito la misura di ciò che Ratzinger dirà nel corso della giornata.
Nell'omelia mette accanto alla figura del convertito Francesco quella di un altro «grande convertito, l'apostolo Paolo», per ribadire che «nella disputa sul modo retto di vedere e di vivere il Vangelo alla fine non decidono gli argomenti del nostro pensiero: decide la realtà della vita, la comunione vissuta e sofferta con Gesù, non solo nelle idee o nelle parole, ma fin nel profondo dell'esistenza, coinvolgendo il corpo e la carne». Paolo dice nella lettera ai Galati di portare «le stigmate di Gesù» e anche Francesco riceve le stigmate alla Verna. Il teologo Ratzinger spiega cosa vuol dire quel segno: «Francesco incarna profondamente questa verità cristologica che è alle radici dell'esistenza umana, del cosmo, della storia». Non ha messo tra parentesi «la legge morale» esercitando la misericordia di Dio, perché «la misericordia di Dio non cambia i connotati del peccato, ma lo brucia in un fuoco d'amore».
È quello che ha fatto Francesco, nota il Papa, con la «sua scelta della povertà e il suo cercare Cristo nel volto dei poveri». Ratzinger ha fatto rilevare che nella ricerca della pace, nella salvaguardia della natura, nella promozione del dialogo «Francesco è un vero maestro», ma «lo è a partire da Cristo». Questa indicazione è stata una preoccupazione costante di Ratzinger. Nel pomeriggio riprende il ragionamento nel discorso ai frati, alle suore e al clero diocesano di Assisi, riuniti nella cattedrale di San Rufino. È qui che invita a non mutilare il messaggio di San Francesco, ma dice anche che non basta ammirarlo, come fanno spesso i pellegrini che sono attirati ad Assisi dal suo carisma. La consegna ai frati e ai sacerdoti è quella di aiutare la gente a «cogliere il nucleo essenziale della vita cristiana, a tendere alla sua misura alta che è appunto la santità», ad impostare una pastorale francescana che permetta di «incontrare Cristo, per confessarlo e amarlo con fede dritta, speranza certa e caritade perfetta», come si legge nella preghiera di San Francesco davanti al crocifisso.
Benedetto XVI rileva che oggi nella Chiesa c'è la tendenza ad «accettare un Cristo diminuito, ammirato nella sua umanità straordinaria, ma respinto nel mistero profondo della sua divinità». È un po' la stessa sorte che tocca a San Francesco: «Francesco subisce una sorta di mutilazione, quando lo si tira in gioco come testimone di valori pur importanti, apprezzati dall'odierna cultura, ma dimenticando che la scelta profonda, potremmo dire il cuore della sua vita, è la scelta di Cristo». Ecco perché ad Assisi, ha detto il Papa ai religiosi e ai preti, «c'è bisogno più che mai di una linea pastorale di alto profilo», una «proposta spirituale robusta, che aiuti anche ad affrontare le tante seduzioni del relativismo che caratterizza la cultura del nostro tempo». Se infatti si separa la «dimensione verticale», cioè quella del rapporto privilegiato con Cristo, si rende «Francesco irriconoscibile».
Le prospettive che indica Ratzinger sono tre: comunione, carità e missione. E spiega che il Motu Proprio dell'anno scorso, con il quale aveva posto l'attività delle Basiliche francescane di Assisi, che restano sotto la speciale attenzione pontificia, all'interno della giurisdizione del vescovo locale, era nato dall'esigenza di impostare una «azione pastorale più coordinata ed efficace». Le comunità religiose, anche di diritto pontificio, «se hanno il diritto di aspettarsi accoglienza e rispetto per il proprio carisma, devono tuttavia evitare di vivere come isole, ma integrarsi con convinzione e generosità nel servizio e nel piano pastorale adottato dal vescovo per tutta la comunità diocesana». Anche il cosiddetto «spirito di Assisi», l'espressione nata dopo la grande preghiera per la Pace organizzata nel 1986 da Giovanni Paolo II, è stato richiamato ieri da Benedetto XVI. Fu la luce di Francesco gettata su quella iniziativa a darle «garanzia di autenticità cristiana», proprio perché la vita di Francesco e il suo messaggio «poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l'autentico dialogo interreligioso».
E lo «spirito di Assisi» oggi, ha sottolineato Ratzinger, da «quell'evento continua a diffondersi nel mondo» e si «oppone allo spirito di violenza, all'abuso della religione come pretesto per la violenza»: «Assisi ci dice che la fedeltà alla propria convinzione religiosa, la fedeltà soprattutto a Cristo crocifisso non si esprime in violenza e intolleranza, ma nel sincero rispetto dell'altro, nel dialogo, in un annuncio che fa appello alla libertà e alla ragione, nell'impegno per la pace e la riconciliazione». Infatti per Giovanni Paolo II era chiaro, ha avvertito Ratzinger, che la «vocazione dialogica di Assisi è legata al messaggio di Francesco e deve rimanere ben incardinata sui pilastri portanti della sua spiritualità».

L'Eco di Bergamo, 18 giugno 2007


Una voce da Assisi «Tacciano le armi»

Pressante appello di Benedetto XVI per la pace Il Papa pensa alla Terra Santa, a Libano e Iraq

Alberto Bobbio

ASSISI «Tacciano le armi». «Cessino tutti i conflitti armati che insanguinano la terra». Benedetto XVI lancia da Assisi un appello forte, forse il più forte in due anni di Pontificato, sicuramente il più accorato ed evocativo, perché Joseph Ratzinger parla dalla città di Francesco, uomo di pace, uomo che andò in piena guerra a Gerusalemme a parlare con il Sultano.
Spiega che lo considera un «dovere» da qui, dalla piazza sotto la Basilica superiore, lanciare un «pressante e accorato appello» per la pace, perché «dovunque l'odio ceda all'amore, l'offesa al perdono e la discordia all'unione». La preoccupazione del Papa è rivolta soprattutto alla Terra Santa nel giorno del debolissimo nuovo governo palestinese, mentre le truppe israeliane sigillano la Striscia di Gaza. È quella terra a cui tanto Francesco voleva bene. E il Papa lo dice: «Il nostro pensiero va particolarmente alla Terra Santa, tanto amata da San Francesco».
Ma Benedetto XVI vuole ricordare anche «l'Iraq, il Libano e l'intero Medio Oriente». Osserva che «ormai da troppo tempo» la gente che abita la Terra Santa conosce «gli orrori dei combattimenti, del terrorismo, della violenza cieca, dell'illusione che la forza possa risolvere i conflitti». Poi denuncia il diffuso «rifiuto di ascoltare la ragioni dell'altro e di rendergli giustizia». L'analisi del Papa mette in fila i problemi, ma indica anche la via della soluzione: «Solo un dialogo responsabile e sincero, sostenuto dal generoso sostegno della Comunità internazionale, potrà mettere fine a tanto dolore e ridare vita e dignità a persone, istituzioni e popoli».
È un ragionamento che rafforza quanto la Santa Sede aveva scritto la scorsa settimana nella nota diffusa dalla sala stampa al termine dell'incontro con George W. Bush. Perché ieri all'Angelus il Papa non si è limitato a parlare della gente che vive in Medio Oriente, ma ha sottolineato il ruolo delle istituzioni, che oggi in tutto il Medio Oriente, dal Libano, fino alla Cisgiordania, fino all'Iraq sono inquinate da scontri non solo verbali, dall'immobilismo, dall'impotenza provocata dai veti incrociati di gruppi e partiti. Ha indicato l'esempio di Francesco e quello di Giovanni Paolo che proprio ad Assisi, nel 1986, convocò tutti i leader religiosi del mondo per pregare per la pace.
Benedetto XVI all'Angelus ha inviato ieri anche un saluto agli esponenti sia delle religioni cristiane, sia delle altre religioni che accolsero l'invito di Wojtyla nel 1986. Ma ha inoltre spiegato che la pace si costruisce anche «attraverso i mille piccoli gesti della vita quotidiana».
Poi si è rivolto a «quanti hanno ruoli di responsabilità»: «Siano animati da un amore appassionato per la pace e da una volontà indomita di raggiungerla scegliendo mezzi adeguati per ottenerla». L'esempio da seguire è Francesco d'Assisi, che il Papa ha definito «grande educatore della nostra fede», «appassionato cantore» di «Dio-Amore», «vero giullare di Dio». È alla luce delle «Beatitudini evangeliche», come aveva già scritto nel suo libro su Gesù di Nazaret, che «si comprende la mitezza con cui egli seppe vivere i rapporti con gli altri, presentandosi a tutti in umiltà e facendosi testimone e operatore di pace».
Di Medio Oriente e in particolare della situazione in Israele e in Palestina hanno parlato a lungo il presidente del Consiglio Romano Prodi e il Papa durante il pranzo nel refettorio del Sacro Convento di Assisi. Erano seduti accanto allo stesso tavolo. Del contenuto del colloquio ha riferito il presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti.

L'Eco di Bergamo, 18 giugno 2007


«Rischiamo una vita assordata da voci fragorose e vuote»

Il discorso ai giovani, interrotto da «ola» e applausi: le tentazioni di Francesco come quelle d'oggi. Poi la conversione

Alberto Bobbio

ASSISI Glielo racconta così, come era a 25 anni, quel giovane, rampollo di una famiglia di ricchi mercanti, che «dissipava in pranzi e altre cose» tutto quello che guadagnava. Benedetto XVI l'ultima lezione su Francesco la fa ai giovani riuniti davanti alla basilica di Santa Maria degli Angeli, lo scrigno neoclassico che custodisce la Porziuncola. È una lezione leggera e insieme profonda, contrappuntata da canti e dalla «ola» dei ragazzi. Ad un certo punto il Papa addirittura s'interrompe e chiede di cantare per spezzare il discorso impegnativo.
È una ragionamento sulla conversione e sulla verità che Benedetto XVI in parte legge e in parte pronuncia a braccio. Parla della verità, che gli scettici tendono a scansare, ma che per i cristiani è «la bussola della vita». E dice ai giovani che bisogna avere il «coraggio di dire sì a Cristo, perché la sua verità è verificata dalla vita di tanti santi, come Francesco». Ratzinger chiede ai giovani di misurare la propria vita su quella di Francesco. Anche lui era «piuttosto vanitoso» e «ambizioso», assetato di «gloria e di avventura». Come i giovani di oggi che si divertono nei weekend, che «girovagano virtualmente in internet», cercando «informazioni e contatti di ogni tipo», finendo impigliati, «tanti, troppi!», rileva il Papa, nei «paesaggi mentali tanto fatui quanto distruttivi» dei «paradisi artificiali della droga».
Insomma le tentazioni del giovane Francesco, prima della conversione, sono anche quelle dei giovani di oggi, pur con connotazioni diverse: «Noi rischiamo di passare una vita intera assordati da voci fragorose, ma vuote». Ma così «ci lasciamo sfuggire la voce» di Dio, «l'unica che conta, perché è l'unica che salva». Benedetto XVI rileva che spesso «ci accontentiamo di frammenti di verità o ci lasciamo sedurre da verità che sono tali solo in apparenza». Per cui non ci si può meravigliare se poi il mondo un po' delude, tra banalità, ingiustizie e violenza: «Senza Dio il mondo smarrisce il suo fondamento e la sua direzione di marcia». Ad Assisi forse, se si va oltre la cartolina, si può invece «apprendere da San Francesco il segreto per riconoscere Gesù Cristo e fare esperienza di lui».
Benedetto XVI ha ricordato le parole dette a Francesco da quel crocifisso che gli parlò nella piccola cappella di San Damiano, «va e ripara la mia casa», per spiegare che la «Chiesa cresce e si ripara innanzitutto nella misura in cui ciascuno di noi si converte e si santifica», attraverso anche la vocazione laicale, familiare o sacerdotale. Poi ha indicato ai giovani la speciale vocazione per la pace, che nasce dall'impegno di chi si mette alla sequela di Francesco: «Questo aspetto della sua vita è di grande attualità, in un mondo che di pace ha tanto bisogno e non riesce a trovarne la via». Ma Francesco riuscì a lavorare con zelo e successo per la pace, perché, ha osservato il Papa, mostrò «mitezza, senza mai tuttavia tacere la sua fede, di fronte ad uomini di altre fedi, come dimostra il suo incontro con il Sultano».
Ecco l'ultima lezione del viaggio ad Assisi del Papa teologo. È una lezione su cos'è l'autentico dialogo interreligioso. «Se oggi il dialogo interreligioso, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, è diventato patrimonio comune e irrinunciabile della sensibilità cristiana, Francesco può aiutarci a dialogare autenticamente, senza cadere in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della verità o nell'attenuazione del nostro annuncio cristiano». Alla fine ha ripetuto ai giovani le parole di Karol Wojtyla, quel «aprite le porte a Cristo» che ha segnato la generazione dei giovani di tutte le Gmg (Giornate mondiali della gioventù): «Apritele come fece Francesco, senza paura, senza calcoli, senza misura».
Benedetto XVI ha preso la vita di Francesco e la sua testimonianza e l'ha idealmente riconsegnata ai giovani davanti alla grande chiesa che racchiude la piccola Porziuncola, dove Francesco morì. Ha detto che oggi è «tempo di giovani che, come Francesco, facciano sul serio e sappiano entrare in un rapporto personale con Gesù», perché «la storia di questo terzo millennio ha più che mai bisogno di essere lievitata dal Vangelo».

L'Eco di Bergamo, 18 giugno 2007

Che dire? Un ringraziamento sincero e una miriade di complimenti ad Alberto Bobbio e al quotidiano "L'Eco di Bergamo" che ancora una volta si conferma leader nell'informazione religiosa.
Un grazie di cuore
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Raffaella

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