12 giugno 2008
Dai vescovi l'invito a riscoprire un patrimonio di tutti i discepoli di Cristo: "La Turchia cristiana si prepara all'Anno paolino" (Osservatore)
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Dai vescovi l'invito a riscoprire un patrimonio di tutti i discepoli di Cristo
La Turchia cristiana si prepara all'Anno paolino
La Turchia cristiana, e principalmente Tarso e Antiochia, luoghi così particolarmente legati alla presenza e alla predicazione dell'Apostolo delle genti, si prepara per le celebrazioni dell'Anno paolino indetto da Benedetto XVI dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009. In Turchia l'apertura delle celebrazioni, per decisione dei vescovi, sarà anticipata al 22 giugno con la celebrazione eucaristica presieduta a Tarso dal cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Successivamente sono in programma altri appuntamenti significativi, tra cui un simposio - dal 22 al 24 giugno - sul santo a Tarso e, nei giorni seguenti, un pellegrinaggio nazionale sempre sulle orme dell'apostolo a Tarso, Antiochia ed Efeso. Ma in cantiere sono anche altre iniziative da realizzare insieme con le comunità ortodosse e protestanti.
In particolare le città di Tarso e Antiochia saranno mete di pellegrinaggi che si prevedono sempre più numerosi da parte dei fedeli provenienti da tutto il mondo. Per questo la Chiesa locale ha anche avanzato la richiesta al governo turco che messe e incontri di preghiera si possano tenere anche all'interno della vecchia chiesa di San Paolo a Tarso, oggi adibita a museo. La Tarso odierna si trova esattamente dov'era l'antica: una delle poche città del Mediterraneo che esiste ininterrottamente da quasi tre millenni e con lo stesso nome. Tuttavia della vecchia città non sono rimasti che pochi ruderi: una porta romana, un vecchio pozzo e parti di colonne nell'antico quartiere ebraico della città romana. Sorte analoga a quella capitata alla comunità cristiana. A Tarso, almeno ufficialmente, infatti, non ci sono cristiani tantomeno sono normalmente aperte delle chiese.
L'antica chiesa di San Paolo, in origine officiata dai bizantini e dagli armeni, è stata successivamente per anni utilizzata come magazzino militare, prima di ospitare adesso un museo. Per i vescovi turchi, però, è di particolare importanza richiamare l'attenzione dei pellegrini sui luoghi della vita dell'Apostolo delle genti, "patrimonio di tutti i discepoli di Cristo, ma particolarmente di noi che siamo figli di questa terra che lo ha visto nascere, predicare Cristo senza sosta e testimoniarlo in tante prove".
Antiochia sull'Oronte, come è noto, è la città che ha visto nascere le prime comunità cristiane. Qui per la prima volta nella storia i discepoli di Cristo vennero chiamati cristiani. E nello stesso quartiere dove i primi discepoli di Cristo si riunivano a pregare, oggi vive una piccola comunità cristiana, composta da una decina di famiglie cattoliche e un consistente numero di greco-ortodossi di lingua araba, che si radunano per condividere la fede e crescere spiritualmente.
In vista delle celebrazioni per l'Anno paolino i vescovi della Turchia hanno scritto una lettera pastorale - dal titolo Paolo, testimone e apostolo dell'identità cristiana - nella quale viene ricordato che "prima di essere cattolici, ortodossi, siriani, armeni, caldei, protestanti, siamo cristiani. Su questa base - proseguono i presuli turchi - si fonda il nostro dovere di essere testimoni. Non lasciamo che le nostre differenze generino e vadano a scapito dell'unità di fede; non permettiamo che chi non è cristiano si allontani da Cristo a motivo delle nostre divisioni".
Rendendo nota la lettera pastorale monsignor Luigi Padovese, Vicario apostolico di Anatolia, ha osservato come "il bimillenario della nascita di san Paolo riguarda tutte le comunità cristiane, dal momento che Paolo è maestro per tutti i discepoli di Cristo, ma riguarda particolarmente noi viventi in Turchia" in quanto l'Apostolo delle genti è figlio di questa terra ed è in essa che egli ha svolto prevalentemente il suo ministero.
"Noi vescovi - ha aggiunto - pensiamo che dalla miniera delle sue lettere alcuni elementi possano essere particolarmente utili alle nostre comunità che vivono in una situazione di minoranza religiosa. Siamo immersi in un mondo musulmano dove la fede in Dio è ancora ben presente sia nei suoi aspetti tradizionali che nell'affermarsi di nuove organizzazioni religiose islamiche. Proprio questa situazione per alcuni aspetti simile a quella delle prime comunità viventi in diaspora, ci impone una più chiara coscienza della nostra identità".
(©L'Osservatore Romano - 12 giugno 2008)
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