11 giugno 2008

Sabato e domenica il Papa sarà in Puglia: interviste a Mons. De Grisantis (Ugento-S. Maria di Leuca) e a Mons. Talucci (Brindisi-Ostuni)


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Sabato e domenica la seconda visita del Papa in Puglia. Le attese dei due vescovi che lo accoglieranno. E della gente che lo incontrerà

Una panoramica del litorale salentino presso Santa Maria di Leuca.In quella città Benedetto XVI arriverà sabato pomeriggio per la prima tappa della sua visita pastorale in Puglia.
Poi il trasferimento a Brindisi, da dove ripartirà per il Vaticano nella serata di domenica.


Sarà il decimo viaggio di Ratzinger in terra italiana.

De Grisantis (Ugento-S. Maria di Leuca)

Nuova spinta all’evangelizzazione e al riscatto sociale della nostra gente

«La parola del Pontefice rafforzerà l’impegno a vincere i pericoli del secolarismo e del relativismo etico» «Nella gente è radicata la religiosità popolare, ma bisogna rendere più profonda l’adesione a Gesù»

DA ROMA MIMMO MUOLO

È cominciato tutto con uno scambio di battute. Quella del Papa che pochi mesi dopo la sua ele­zione, ricevendo l’omaggio di monsignor Vito De Grisantis durante l’Assemblea della Cei, disse: «Lei in diocesi ha un gran bel santuario mariano». E quel­la del vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, che prontamente rispose: «Santità, perché non viene a vi­sitarlo? ».
Detto, fatto. L’invito è stato accolto e sabato prossimo Benedetto XVI farà il suo ingresso nel tem­pio dedicato alla Vergine, posto proprio nel punto in cui si congiungono due mari: l’Adriatico e lo Jonio. «Così – afferma il presule, che ha 66 anni e siede sulla cattedra della diocesi salentina dal 2000 – la visita del Santo Padre si colora di diversi significati simbolici, a partire proprio dalla particolare collocazione geogra­fica del nostro santuario».

Che cosa significa questo antico luogo di culto per la popolazione di Ugento-Santa Maria di Leuca?

Il santuario di Santa Maria de finibus terrae è il simbolo dell’evangelizzazione della nostra diocesi. E infatti, se­condo una radicata tradizione, fu l’apostolo Pietro a sbarcare sulle coste di Leuca e ad annunciare per pri­mo il Vangelo in questa parte della Puglia. Poi, dove c’e­ra un grande tempio dedicato a Minerva venne edifi­cato il santuario alla Vergine Maria. La nostra gente, dunque, fa riferimento a Leuca come punto di par­tenza dell’evangelizzazione del nostro territorio. Sia­mo molto legati a questo santuario che è stato più vol­te distrutto dai saraceni, tanto che quello attuale, risa­lente al ’700, il vescovo dell’epoca lo fece ricostruire con una forma architettonica più simile a un palazzo che a un luogo di culto. Proprio per evitare ulteriori di­struzioni.

Molte le simbologie di questa visita, dunque. A parti­re dal 'ritorno' di Pietro.

Sì, in effetti, aspettiamo la visita del successore del Prin­cipe degli Apostoli, per essere confermati nella fede e rafforzati nella nostra adesione al Vangelo. Ma non so­lo.
Nella simbologia di questo santuario 'ma­scherato' da palazzo c’è anche la volontà della no­stra diocesi di essere una Chiesa di popolo, di vive­re vicino alle case della gente. La fede, infatti, non è distaccata dalla vita, ma dà forma alla vita stessa e la orienta a valori più alti.

Con quali problemi deve quotidianamente con­frontarsi la diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca?

Anche qui da noi c’è il problema della secolarizzazio­ne. E quindi giunge a proposito la visita del Santo Pa­dre, il cui magistero, profondo ma allo stesso tempo al­la portata di tutti, invita a riflettere da un lato sulle in­sidie di una esistenza concepita etsi Deus non daretur, dall’altro incoraggia un nuovo incontro tra fede e ra­gione. Aspettiamo la parola del Papa, per corroborare il nostro impegno e vincere i pericoli del secolarismo e del relativismo etico. Grazie a Dio nella gente è radi­cata la religiosità popolare, ma bisogna rendere sem­pre più profonda l’adesione a Gesù e al Vangelo.

Nei mesi scorsi, annunciando la visita del Papa, lei pose l’accento anche sui problemi economici di que­sta parte del Salento.

In effetti questa è l’altra grande problematica del no­stro territorio. La disoccupazione sta davvero diven­tando una piaga. La crisi delle industrie tessili e calza­turiere ha messo sul lastrico molte famiglie. I parroci continuamente mi dicono: 'Non sappiamo come far fronte alle richieste di aiuto'. E anche da me vengono molte persone a presentare i loro drammi. C’è poi l’e­migrazione intellettuale dei giovani, che non trovan­do lavoro vanno altrove. E anche questo è un impove­rimento. Perciò dal punto di vista civile la visita deve spronare tutte le istituzioni per un progresso più vero, più profondo più radicato nel tessuto sociale del no­stro sud. Io spero che la presenza del Papa possa sti­molare Provincia, Regione ed enti pubblici a fare an­cora di più per lo sviluppo della nostra terra.

Un tempo i saraceni. Oggi a sbarcare è povera gente in cerca di futuro. Il mare può dunque diventare sim­bolo di accoglienza e di unità.

Sì, pur non essendo questa una zona di sbarchi mas­sicci, abbiamo il dovere dell’accoglienza e del dialogo. Non solo Leuca, ma tutta la Puglia ha questa vocazio­ne, che sicuramente la visita del Papa ci aiuterà a svi­luppare.

© Copyright Avvenire, 11 giugno 2008

Talucci (Brindisi-Ostuni)

Uno stimolo per laici e cattolici ad allargare i confini della ragione

«C’è un ambiente intellettuale dalle grandi potenzialità ma un po’ indifferente alle istanze sociali e a quelle della fede». «Per voltare pagina serve il contributo di tutti. La cultura sia al servizio del bene comune»

Mimmo Muolo

DA ROMA

La definisce «una città senza fron­tiere, una porta d’Oriente, una terraz­za sul Mediterraneo». E perciò, analogamen­te, vorrebbe che fosse «sempre più aperta anche all’annuncio del Vangelo e al dialogo tra fede e ragione». «Ci aiuterà di sicuro la visita del Papa», afferma quasi alla vi­gilia dell’arrivo di Benedetto XVI, l’arcivescovo Rocco Ta­lucci. «In città l’attesa è tanta e non solo per curiosità. Per­ciò siamo convinti che l’incontro con il successore di Pie­tro per noi sarà una vera grazia». Di origine lucana, 72 an­ni, a Brindisi dal 2000, monsignor Talucci conosce ormai bene le luci e le ombre della sua diocesi.

Qual è il volto che la Chiesa di Brindisi-Ostuni mostrerà al Papa, sabato e domenica?

Stiamo vivendo un momento particolare della nostra sto­ria, poiché siamo impegnati ad annunciare il Vangelo del­la speranza in un territorio che sta uscendo da una si­tuazione molto grave. Un territorio che ha conosciuto criminalità, illegalità, crisi economica, ma ha mostrato an­che tanta capacità di accoglienza, come al tempo dello sbarco di 20mila albanesi. Ora avvertiamo la volontà di una rinascita e la Chiesa vi contribuisce tenendo desta la speranza.

Anche il magistero di Benedetto XVI fa spesso riferi­mento alla speranza. Quali stimoli vi aspettate dai suoi discorsi?

Più volte il Santo Padre ha invitato ad allargare gli spazi della razionalità. Mi auguro che un appello simile venga formulato anche a Brindisi, dove c’è un ambiente intel­lettuale dalle grandi potenzialità, ma anche un po’ indif­ferente, sia alle istanze sociali, sia a quelle della fede. E in­vece, per voltare pagina rispetto ai problemi che ci han­no segnato (ad esempio l’industrializzazione un po’ for­zata, che non ha portato grandi risultati e non ha creato neanche una vera mentalità di sviluppo), c’è bisogno del­l’apporto di tutti. Non basta dire 'chiudiamo con il pas­sato', se non si pongono le premesse per un futuro di­verso. Non basta avere la cultura, se questa cultura non si mette a servizio del bene comune.

Brindisi quindi aspetta questa visita per prendere defi­nitivamente il largo.

Esattamente. Anche perché noi il duc in altum di Gio­vanni Paolo II l’abbiamo tradotto in molti modi. Io vor­rei che questa visita ci aiutasse a superare certe divisioni e certe diffidenze: i cattolici da un lato e gli intellettuali laici dall’altro. Voglio pensare, invece, che sia l’occasione per uno stimolo vicendevole. Per gli intellettuali a intra­prendere il dialogo con la fede. E per la comunità eccle­siale ad annunciare il Vangelo come una proposta che al­larga i confini della ragione.

Sul piano ecclesiale, quali sono i motivi della visita?

Ce ne sono diversi. Brindisi è una città senza frontiere, u­na porta d’oriente, una terrazza sul Mediterraneo. È an­che sede della base Onu per gli aiuti umanitari ai Paesi poveri. Noi vogliamo che da Brindisi partano messaggi di pace e di solidarietà diretti all’est e al sud del mondo. Dunque un primo motivo lo vedo nell’assecondare que­sta vocazione di apertura e di pace. Ci sono poi le rela­zioni con gli ortodossi per cui questa porta d’Oriente non è solo a livello commerciale o politico, ma anche a livel­lo ecumenico.

State celebrando il vostro Sinodo. Come si inserisce la vi­sita del Papa in questo cammino?

Sì, soprattutto siamo una Chiesa in sinodo, dopo la visi­ta pastorale. Abbiamo costruito un nuovo Seminario, che da domenica si chiamerà seminario arcivescovile 'Be­nedetto XVI', e vogliamo crescere nella comunione e nel­la capacità missionaria. Da questo punto di vista l’arrivo del Papa non mancherà di darci nuovo slancio. Nei pri­mi anni dopo il 1000 Urbano II ha visitato Brindisi bene­dicendo il perimetro su cui sarebbe sorta la Cattedrale. Dopo mille anni un successore di Pietro torna provvi­denzialmente per benedire tutta la nostra Chiesa dioce­sana.

Lei accennava prima alle problematiche sociali. Quale contributo può dare la Chiesa?

In questi anni abbiamo cercato di declinare il Vangelo della speranza in relazione alle attese della gente. Lavo­ro, giovani, cultura, ambiente. Nessun ambito del vivere civile è stato tralasciato. In tal modo la carità cristiana può diventare incentivo allo sviluppo, alla solidarietà e alla giustizia sociale.

© Copyright Avvenire, 11 giugno 2008

IL SANTUARIO

La «tappa» di Pietro dall’Oriente a Roma

DA SANTA MARIA DI LEUCA

LUIGI RUSSO

Il Santuario di Santa Maria di Leuca o De Finibus Terrae, dove il Papa arriverà sabato pomeriggio nella sua prima tappa in terra pugliese, affonda le sue radici nei primordi del cristianesimo. La tradizione vuole che a Santa Maria di Leuca sia sbarcato San Pietro, proveniente dall’Oriente per recarsi a Roma. È una tradizione avvalorata da molte testimonianze di fede: chiese, lapidi, croci erette lungo il tragitto, luoghi a lui intitolati per ricordarne l’evento: la croce pietrina eretta nella pineta vicina al Santuario, la chiesa di San Pietro in Galatina, quella di San Pietro in Giuliano, San Pietro in Lama, San Pietro Vernotico, e altre ancora. Su una delle più antiche lapidi posta sulla porta centrale dell’atrio, si legge: «Scacciato da questo tempio il culto degli idoli dal divino Pietro, i suoi discepoli nell’anno 43 lo dedicarono alla Vergine Madre di Dio Annunziata dall’Angelo. Nell’anno 59 fu insignito di sede vescovile».
La tradizione vuole ancora che i leuchesi si recarono a Malta dove dimorava l’evangelista san Luca e si fecero da lui dipingere la prima immagine della Madonna, «la quale aveva sul seno il Bambino in piedi, col braccio destro levato in alto benedicente e da una parte San Pietro genuflesso con in mano le chiavi e la Sacra Scrittura, e dall’altra san Paolo con gli Evangeli e la spada».
Distrutto cinque volte da pirati, Turchi e Saraceni, il santuario venne ricostruito sempre seguendo più o meno gli stessi muri perimetrali.

© Copyright Avvenire, 11 giugno 2008

IL PERSONAGGIO

Lorenzo, il santo brindisino devoto a Maria

DA BRINDISI

ANGELO SCONOSCIUTO

Chiarezza nel dialogo, impegno per gli ultimi, affidamento a Maria che unisce i cristiani.
Dalla riva dell’Adriatico e guardando ad Oriente, una figura esemplare emerge in modo significativo a «segnare» la visita pastorale di papa Benedetto XVI a Brindisi: è il «doctor apostolicus» san Lorenzo da Brindisi, generale dei Cappuccini; beatificato da Pio VI nel 1783; canonizzato nel 1881 da Leone XIII e proclamato dottore della Chiesa da Giovanni XXIII nel 1959.
Giulio Cesare Russo nasce a Brindisi il 22 luglio 1559. Orfano di padre, fin dall’infanzia prende l’abito dei conventuali, quindi a Venezia quello dei cappuccini.
Sale in Germania a capo di una schiera di missionari cappuccini in una sorta di nuova evangelizzazione dell’Europa, tema caro alla Chiesa del Terzo millennio al pari di quello del dialogo tra i popoli. E «padre Brindisi», come veniva soprannominato, fu anche ambasciatore infaticabile; viene ricordato perché nell’ottobre 1601 volle essere uno dei quattro cappellani necessari per assistere le truppe cattoliche nella campagna contro i turchi. Il 9 ottobre giunse ad Albareale (Ungheria) e fu d’esempio con la parola ed i comportamenti. Venne eletto subito dopo Generale del suo ordine, riservando a Brindisi un posto nel cuore: qui volle che nella casa natale fosse edificata una chiesa sotto il titolo di S.
Maria degli Angeli e un monastero per le claustrali. L’azione di difesa per i deboli non gli consentì tuttavia di tornare in città. Nel 1618 c’era quasi riuscito, ma dovette mutare itinerario per recarsi in Spagna ad esporre a re Filippo III, su invito dei napoletani, le malversazioni del viceré, che s’industriò per impedirgli il compimento dell’opera.
Padre Lorenzo raggiunse il re a Lisbona, ma qui morì nel giorno del suo cinquantesimo compleanno, il 22 luglio 1619. Il crocifisso della predicazione ed il suo cuore furono inviati a Brindisi. Il suo monumento è quel «Mariale» che ha fatto dire agli studiosi: «Molti hanno scritto di Maria, nessuno meglio di lui».

© Copyright Avvenire, 11 giugno 2008

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