13 maggio 2008

Gli appelli di Benedetto XVI e di Napolitano: "Quelle voci simmetriche ci indicano la vera priorità" (Marina Corradi)


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Su segnalazione della nostra Alessia leggiamo questo bellissimo editoriale di Marina Corradi.
R.

GLI APPELLI DI BENEDETTO XVI E DEL CAPO DELLO STATO

QUELLE VOCI SIMMETRICHE CI INDICANO LA VERÀ PRIORITÀ

MARINA CORRADI

Qualcosa che somiglia a u­na condivisa preoccupa­zione. Nel giro di poche o­re il Papa e il presidente della Repubblica hanno parlato di a­borto e di famiglia.
Prima Na­politano, rispondendo alla let­tera di una donna che aveva pensato di rinunciare al figlio per le difficoltà materiali che la maternità le poneva.
Poi Bene­detto XVI, incontrando ieri il Movimento per la Vita a pochi giorni dal trentennale della leg­ge 194.
Accenti e sguardi diver­si, naturalmente. E tuttavia an­che, in alcuni passi, come la traccia di una simmetria. Sia il Papa che Napolitano si sono soffermati sulla insicurezza del lavoro e sulla difficoltà di man­tenere dei figli che gravano sul­le giovani coppie. Sia il Papa che Napolitano hanno esortato le istituzioni e dunque la politica a rimettere al centro la difesa della vita e della famiglia. Il pre­sidente ha ricordato quella «missione essenziale» sancita dalla Costituzione a «mantene­re, istruire ed educare i figli».

È una convergenza, quella fra le parole di Benedetto XVI e del­la prima carica dello Stato, che rincuora e che dà qualche mo­tivo di speranza. Rincuora, do­po una stagione in cui in Italia si è sentito parlare di famiglia soprattutto per parlare di «al­tre » e alternative «famiglie», e di maternità quasi solo per ri­badire il «diritto» all’aborto o il «diritto» al figlio sano, questo ritrovarsi di due voci dalla sto­ria così diversa attorno alla ur­genza di rimettere al centro la famiglia e la maternità.

E dà qualche speranza, quel loro ap­pello alla politica, simmetrico sebbene da alcuni asimmetri­camente accolto. Perché, dicia­molo, che il Papa esorti a occu­parsi di vita non è certo una no­vità; ma che lo faccia un presi­dente laico, proveniente dalla storia del Pci, e nelle stesse ore, non è cosa di tutti i giorni.

Poi, certo, il discorso di Bene­detto XVI si allontana da quel condiviso appello e risale più indietro, alle radici della cultu­ra che da decenni ha impresso il suo marchio in questo Paese. Trent’anni dopo, ha detto con chiaro riferimento alla 194, di­fendere la vita è diventato più difficile, «perché si è creata una mentalità di progressivo svili­mento del suo valore, affidato al giudizio del singolo».

È un’a­nalisi netta: la legge non solo le­galizzò l’aborto, ma operò sul­la percezione collettiva di che cosa l’aborto è. La soppressio­ne di un figlio, una volta elimi­nato il reato, ha cominciato a essere avvertita come qualco­sa di meno grave; che vera­mente poi di un figlio si tratti, e non di un nulla, può dipende­re oggi dal fatto che i genitori quel figlio lo desiderino, oppu­re no (in un servizio televisivo abbiamo visto una coppia chia­mare «bambino» l’embrione di due mesi voluto e prodotto in provetta, mentre di «bambini» uguali ne vengono cancellati in Italia 130 mila l’anno: è un fi­glio, solo se lo desidero).

La 194 dunque ha cambiato il nostro modo di pensare all’a­borto. Forse, in maniera meno evidente ma profonda, è inter­venuta anche sul modo di pen­sare alla propria vita. Cin­quant’anni fa davanti a una gra­vidanza imprevista c’erano, sì, gli aborti clandestini, ma c’era­no anche tante coppie che – ri­conoscendo in quel figlio inat­teso una evidenza innegabile – formavano una famiglia. Sacri­ficando forse libertà e 'auto­realizzazione'. Però diventan­do a poco più di vent’anni a­dulti, e costruendo insieme. Scelta che rifletteva un colletti­vo 'favore per la vita' che oggi manca. Come un vederla, e ri­conoscerla; magari rifiutarla anche, per disperazione; ma senza chiamare orgogliosa­mente questa scelta 'diritto'.
La politica aiuti a «mantenere, istruire ed educare i figli», ha detto il presidente citando la Costituzione. Ricominciamo da questi diritti. Anche se farli nascere, i figli, è «la prima giu­stizia » – e questo lo ha detto il Papa. Chissà che, insieme, le parole di due ottantenni dalle storie così lontane e divise non inducano l’Italia a riflettere. E ad agire.

© Copyright Avvenire, 13 maggio 2008

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