13 maggio 2008

Il controllo di qualità come lasciapassare dell’embrione (Schoepflin)


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Su segnalazione della nostra Carla, leggiamo:

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Il controllo di qualità come lasciapassare dell’embrione

LORENZO SCHOEPFLIN

Nonostante si sia discusso molto sulla sospetta tempistica dell’emanazione delle linee guida della legge 40 e sui nuovi contenuti che di fatto stravolgono parte dello spirito della legge stessa, molta perplessità destano anche i presupposti e le giustificazioni che l’ormai ex-ministro Livia Turco pone a fondamento del controverso provvedimento.
Tra le motivazioni che sancirebbero la bontà delle nuove linee guida, la Turco e i suoi sostenitori non hanno esitato a elencare la prevenzione dell’aborto, dimostrando una visione tragicamente parziale del problema. Nella sostanza, quanto si afferma potrebbe essere riassunto nei termini seguenti: individuiamo, selezioniamo e scartiamo in vitro gli embrioni malati per evitare che, una volta impiantati, la donna sia costretta a procedere all’aborto chirurgico come previsto dalla legge 194. Rinunciamo qui a riaprire il già ampio dibattito su una completa applicazione della legge 194, che probabilmente sarebbe sufficiente a sanare qualsivoglia presunto contrasto tra divieto di diagnosi preimpianto e accesso all’aborto chirurgico, e andiamo al cuore del ragionamento della Turco. Da un lato vi è un’indubbia mancanza di rispetto per la vita nascente: l’embrione viene trattato come un prodotto del quale vada controllata la qualità, a completa disposizione di medici e genitori in virtù di un mai sancito diritto al figlio sano. In secondo luogo il principio di precauzione, che andrebbe applicato a proposito delle tecniche di diagnosi preimpianto, ancora al centro di controversie circa i loro effetti sul normale sviluppo dell’embrione, viene totalmente disatteso. Infine si decreta la sconfitta della medicina e dello Stato: la prima è ridotta a mera tecnica svuotata delle implicazioni morali e deontologiche, che sconfigge le malattie eliminando i malati; il secondo alza bandiera bianca di fronte al problema della tutela e della cura delle persone malate e sofferenti.

Sarebbe sufficiente informarsi per scoprire che ci sono madri e padri coraggiosi che decidono di mettere alla luce un figlio destinato sicuramente alla morte per gravissime malformazioni, per capire che ciò che molti sembrano ritenere illogico, impossibile e al di sopra delle capacità dell’amore umano, in realtà accade. Basta un sorriso, quello del meraviglioso medico che risponde al nome di Giuseppe Noia, che da anni si impegna su questo versante con la rete di famiglie che fa capo all’Associazione la Quercia Millenaria, per caricare di bellezza e significato i dolori più inspiegabili.

Ma altre ancora ce ne sono.
Davvero, al cospetto di tanta profonda e autentica umanità, è possibile immaginare che in Italia non si possa fare null’altro affinché una madre, quando scopre di aspettare un figlio non perfettamente sano, sia messa nelle condizioni di accoglierlo ed amarlo? Davvero vogliamo che si affermi una mentalità secondo la quale il malato diventa un peso ingombrante e insostenibile per le famiglie e per la società intera?

Davvero crediamo che il destino di un essere umano sia irrimediabilmente scritto nel suo Dna piuttosto che nell’amore che gli sarà concesso?

Sono questi i quesiti inquietanti che le nuove linee guida della legge 40 pongono a ciascuno di noi, queste le sfide che il prossimo governo dovrà raccogliere senza esitazioni per porre rimedio al declino antropologico già ampiamente avviato.

© Copyright Avvenire, 11 maggio 2008

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