1 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 1° maggio 2007 (2)


Vedi anche:

Chiedo scusa al Santo Padre...

Rassegna stampa del 1° maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 1° maggio 2007 (1)

Monsignor Bagnasco ringrazia il Papa e Napolitano

Piu' tardi o, al massimo, domani mattina verra' integrata la rassegna stampa.
Raffaella


Nel plico col bossolo recapitato a Genova anche una stella a cinque punte

Lettera di Napolitano: «Bagnasco non è solo»

Il Papa telefona al capo della Cei. Polemica nel centrosinistra

di CARLO MERCURI

ROMA - «L’Italia non lascerà solo Monsignor Angelo Bagnasco». Così il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, rassicura e tranquillizza il segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, all’indomani del suo appello alle Istituzioni perché difendano il presidente della Cei, monsignor Bagnasco, dalle minacce terroristiche (una stella a cinque punte nella busta inviatagli insieme a un bossolo). «Minacce di oscura provenienza, vili e inammissibili», si legge nel messaggio di Napolitano. «Fatti inammissibili - fa eco Prodi alle parole del Presidente - che purtroppo si ripetono continuamente». «Occorre garantire - è il passaggio più significativo del messaggio del Capo dello Stato - il più sereno esercizio della missione pastorale del Presidente della Cei e il più pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa cattolica, la politica e la società civile». E il Papa ha telefonato a monsignor Bagnasco per esprimergli la propria vicinanza.
Il dialogo. Il dialogo tra laici e cattolici, effettivamente, ha toccato punte di grande asperità nelle ultime ore. In questi termini, ad esempio, si è espresso sulla vicenda l’ex presidente del Senato Marcello Pera: «Salvo che in qualche Paese dell’America latina - ha scritto sul suo sito Internet - un prete che dice messa scortato da agenti armati non s’era mai visto». E ha così continuato: «Ora a monsignor Bagnasco manifestano tutti solidarietà. Ma mancano all’appello i veri cuochi di questo brodo di denigrazioni, sarcasmi, accuse, offese (...), quei laicisti muscolosi e gay orgogliosi che hanno inveito contro il Concordato violato». Il socialista Roberto Villetti, capogruppo della Rosa nel Pugno a Montecitorio, è saltato sulla sedia alle parole di Pera e ha ribattuto: «Cosa odiosa e vigliacca è sostenere che le gesta eversive contro monsignor Bagnasco siano il frutto avvelenato del clima derivato dal portare avanti le battaglie democratiche per difendere la laicità dello Stato. E’ una vergogna che Pera si aggiunga a questo infame coro». Ha puntualizzato Rocco Buttiglione, presidente dell’Udc: «C’è in Italia una propaganda violenta anticristiana, la quale vuole proibire ai vescovi di parlare e considera come intromissione il fatto che loro parlino. Se la sinistra - ha detto ancora - sposa il relativismo etico come base della sua visione del mondo non può aspettarsi degli applausi da parte della Chiesa». E poi l’affondo: «Se, Dio non voglia, succedesse qualcosa a Bagnasco, noi sapremo dove andare a cercare i mandanti morali». Il cardinale Bertone è intervenuto in serata, attraverso i microfoni del TG2, per dire che ora il compito di tutti è di «disinnescare il clima di contrapposizione».
Il Centrosinistra. Nel Centrosinistra tutti parlano di stemperare i toni accesi, ma restano delle significative sfumature di atteggiamento tra laici e cattolici. Il cattolico Giuseppe Fioroni, ministro dell’Istruzione, sostiene che «a monsignor Bagnasco deve andare la solidarietà e anche l’impegno di Governo e Parlamento a garantire non solo la libertà religiosa ma anche la libertà di poter parlare alle coscienze dei cittadini». Il leader dello Sdi, Enrico Boselli, ricorda invece, in un’intervista al “Messaggero”, che la laicità è contro la violenza, che la Cei ha il diritto di intervenire nella vita pubblica ma allora deve essere pronta a subire critiche e ad essere coinvolta in polemiche. «Esiste - ha detto Boselli - anche un’altra Italia, laica, tollerante, aperta al dialogo, che non accetta di essere messa a tacere in ossequio alle gerarchie cattoliche». Di «abbassare i toni di una campagna anticristiana» parla Mauro Fabris, dell’Udeur, mentre Marco Follini, leader dell’Italia di Mezzo, invita a «una riflessione critica e autocritica sulle troppe parole “pesanti” di cui si nutre il nostro dibattito politico». Piero Fassino (Ds) afferma che «le parole di Napolitano interpretano i sentimenti di tutti gli italiani che rifiutano qualsiasi forma di intimidazione e di violenza e vogliono vivere in un Paese in cui ogni opinione sia ascoltata e rispettata». Così, a fine serata, è arrivato il ringraziamento del segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori, a quanti hanno dimostrato solidarietà a monsignor Bagnasco. E sono stati tanti.

Il Messaggero, 1° maggio 2007


Parola d’ordine: si risponde col Family Day

Parola d’ordine: si risponde col Family Day
I movimenti ecclesiali annunciano: «Vedrete, in piazza saremo un milione»

CITTA’ DEL VATICANO - Chissà se monsignor Bagnasco l’aveva messo nel conto quando, il 6 marzo scorso, aveva accettato la nomina papale a prendere in mano le redini dell’episcopato italiano. Nell’arco di due mesi di presidenza Cei (con una evidente accelerazione nelle ultime 48 ore) Bagnasco è diventato il simbolo di una Chiesa che non vuole essere messa a tacere. Oggetto di inquietanti minacce da parte di sconosciuti l’arcivescovo di Genova ormai incarna, suo malgrado, il diritto ad intervenire sui temi chiave per la vita della società. Dal Vaticano la preoccupazione a non far mancare appoggi a Bagnasco si è spostata al Quirinale. Persino il Capo dello Stato si è pronunciato («l’Italia non lascerà solo Bagnasco») con un messaggio diretto al cardinale Tarcisio Bertone a risposta dell’invocazione del segretario di Stato vaticano di due giorni fa: «bisogna che l’Italia sostenga Bagnasco». L’evoluzione del quadro italiano, scosso da un anticlericalismo montante, viene seguita con attenzione da Benedetto XVI. Ieri ha chiamato l’arcivescovo di Genova per manifestargli direttamente la propria solidarietà. Raramente le telefonate tra il pontefice e i vescovi vengono rese pubbliche. Stavolta, però, il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi non ha esitato a far trapelare questo piccolo segreto. Un modo per far sapere che il prelato chiamato a sostituire il cardinale Ruini gode e continua a godere dell’appoggio pieno del Papa. «L'arcivescovo è molto sereno e tranquillo e non ha modificato la sua agenda. Va avanti con serenità la sua missione». Dall’arcivescovado di Genova fonti qualificate, dietro anonimato, hanno fatto sapere che le scritte sul muro così come la busta col bossolo non costituiscono un «serio pericolo per l’incolumità dell’arcivescovo». Solleva tuttavia inquietudine il quadro generale in cui maturano le minacce. «Purtroppo vi sono politici che pur condannando i gesti esagerati di qualche testa calda subito dopo aggiungono che la Chiesa in certi campi non può intervenire. Non che garantiscano appoggi ai contestatori, è solo che così facendo alimentano il clima di pesante anticlericalismo dal quale scaturiscono le scritte sui muri ed altri gesti di questo genere». Due giorni dopo la busta anonima alla curia, l’agenzia della Cei, Sir, analizza i fatti e parla di «teorema», di «mirata disinformazione condita di abbondante vetero-clericalismo» per mettere a tacere la Chiesa «sui temi chiave della società: vita famiglia, libertà d'educazione». Sullo sfondo della tempesta incombe l’appuntamento del Family Day. I motori dei movimenti ecclesiali sono al massimo; l’obiettivo degli organizzatori è di portare in piazza San Giovanni mezzo milione di persone. Cl in questi giorni ha diramato ai ciellini romani l’ordine di aprire le porte delle proprie case per ospitare quante più persone possibili. A Rimini il Movimento dello Spirito ha incoraggiato a non mancare all’evento. L’Azione Cattolica si sta spendendo parrocchia per parrocchia. I neocatecumenali hanno già pronti 2 mila pullman da tutta Italia. «Vedrete: saremo un milione» commenta fiducioso un vescovo. «L’organizzazione popolare è capillarizzata e ramificata, ed è così forte l’impegno del laicato cattolico che alla fine, vedrete, la piazza scoppierà di gente, sarà inondata». L’effetto Bagnasco, a buon conto, mette ulteriore benzina nei motori della grande manifestazione contro i Dico. Anche se la Chiesa, almeno su questo fronte, sembra avere già vinto se è vero quello che afferma una autorevole fonte della Cei: «quella legge non passerà. Non in questa legislatura. Al Senato mancano i voti».

Il Messaggero, 1° maggio 2007

Forza e coraggio!


Il presidente: non sarà solo, serve il dialogo. Elogio da Vaticano e Cei. Telefonata di solidarietà del Papa

Minacce a Bagnasco, si muove Napolitano

FABIO SCANDONE

«L’Italia lo sostenga e non lo lasci solo», aveva chiesto il segretario di Stato vaticano cardinale Tarcisio Bertone dopo l’ultima minaccia al presidente dei vescovi italiani, monsignor Angelo Bagnasco. Un appello che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inteso raccogliere a stretto giro con un messaggio indirizzato allo stesso segretario di Stato d’Oltretevere: «L’Italia non lascerà solo monsignor Angelo Bagnasco di fronte alle inammissibili, vili minacce di oscura provenienza di cui è stato fatto oggetto». È uno dei momenti chiave della giornata segnata, in parallelo, dalla «affettuosa telefonata di solidarietà» a Bagnasco da parte di papa Benedetto XVI. Dialogo. Dal Quirinale espressione dense e che danno la cifra della partecipazione con cui il capo dello Stato segue una vicenda cominciata con scritte ingiuriose sui muri di numerose città italiane e culminata nella lettera contenente un bossolo e una svastica, recapitata nei giorni scorsi alla Curia di Genova di cui Bagnasco resta arcivescovo. Di più. Napolitano insiste sul punto per lui decisivo del dialogo, ribadito in più occasioni: «Occorre - afferma infatti il capo dello Stato - garantire il più sereno esercizio della missione pastorale del presidente della Conferenza episcopale italiana e il più pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa cattolica, la politica e la società civile, in linea con gli ottimi rapporti che intercorrono tra la Santa Sede e lo Stato italiano». Apprezzamento. L’iniziativa di Napolitano è particolarmente apprezzata in Vaticano. Prova ne siano le dichiarazioni rese al Tg1 delle 20 dal portavoce della Santa sede, padre Federico Lombardi. «Il messaggio del presidente della Repubblica che esprime la solidarietà dello Stato italiano al presidente della Cei - afferma - si aggiunge nel modo più autorevole alle moltissime altre manifestazioni di solidarietà e di indignazione per la viltà delle minacce che gli sono state rivolte. Tutti gliene siamo molto grati», sottolinea padre Lombardi. Molto significativo in proposito anche l’intervento del segretario di Stato cardinale Bertone al Tg2 della sera quando afferma di ritenere che gli atti intimidatori contro Bagnasco siano opera di «schegge impazzite» ma soprattutto rimarca che il compito principale è ora di «disinnescare il clima di contrapposizione». Come una risposta all’invito al confronto rivolto in precedenza da Napolitano, che aveva raccolto il plauso delle forze politiche di maggioranza e opposizione, quest’ultima più orientata ad additare il radicalismo della sinistra. E in serata è il segretario della Cei, monsignor Betori a rilanciare l’elogio del presidente. «Particolare valore, riassuntivo del sentire profondo del popolo italiano - sottolinea infatti - si riconosce al messaggio inviato dal capo dello Stato». Avanti. Altrettanto di rilievo l’incoraggiamento rivolto a Bagnasco dal pontefice. Lo stesso portavoce vaticano, nel dare in serata la notizia della telefonata del Papa, riporta anche un messaggio scritto nel quale Benedetto XVI invita il presidente dei vescovi italiani a «continuare ad operare per il bene comune, difendendo e promuovendo quei valori umani e religiosi senza i quali non è possibile costruire vere, libere e stabili democrazie». Ancora, papa Ratzinger non manca di sottolineare di sentirsi «profondamente addolorato e colpito per i gravi e deprecabili episodi che turbano la serena convivenza della comunità ecclesiale e civile». Teorema. Certo, la Chiesa italiana resta scossa dal susseguirsi di intimidazioni. Ne offre la riprova il Servizio informazioni religiose (Sir), l’agenzia dei vescovi che in una nota firmata dal presidente della Federazione italiana settimanale cattolici, don Giorgio Zucchelli, denuncia come «si è orchestrato in questi mesi un falso teorema nei confronti di Bagnasco e della Cei mediante una mirata disinformazione condita di abbondante vetero-anticlericalismo». La forte presa di posizione del Colle dovrebbe indurre ora a un approccio diverso.

Il Mattino, 1° maggio 2007

E doveva muoversi Napolitano per avere un'informazione corretta?


«Odio contro i cristiani, come i nazisti con gli ebrei»

ADOLFO PAPPALARDO

Il paragone che fa Rocco Buttiglione è forte: «I politici di sinistra si stanno comportando oggi con i cristiani come i nazisti fecero con gli ebrei». Parole pesanti su cui l’ex ministro dell’Udc non fa marcia indietro: «Il meccanismo è lo stesso: cercano un capro espiatorio per scaricare le loro frustrazioni». E in questo caso il bersaglio «sono tutti i cristiani». Il politico e filosofo è a Rimini per partecipare a un’assise di Rinnovamento nello Spirito Santo e alla platea dice: «Se, Dio non voglia, succedesse qualcosa a monsignor Angelo Bagnasco noi sapremo dove andare a cercare i mandanti morali: siedono nel Parlamento europeo tra quelle forze politiche che hanno lanciato una campagna di odio». Il suo schieramento politico parla di un anticlericalismo dilagante nella politica italiana ed europea. È d’accordo? «Parlerei di totalitarismo relativista. C’è la volontà di imporre a tutti un ideologia che nega l’esistenza della verità, della fede e si vuole imporla a chi non è d’accordo. Non è stato Bagnasco a inviare pallottole a chi non la pensa come lui ma il contrario. E i mandanti morali sono quelli che aggrediscono e offendono chi non la pensa come loro». Accusa la sinistra? «Sì, perché, a volte, i politici dimenticano che gli altri, alcune parole, non le prendono per quello che sono veramente, cioè buffonate, ma vengono prese sul serio. E le conseguenze possono essere terribili, come in questo caso». Marcello Pera evoca scenari sudamericani: solo lì i sacerdoti sono scortati. Siamo su questa strada? «Sono stati molti i preti scortati ma purtroppo non è sempre servito. C’è una deriva di intolleranza verso la parola dei cristiani: deve farci riflettere. Vedo però, con piacere, che qualcuno si muove: ho molto apprezzato Bertinotti però... Però? «Gli devo ricordare che i suoi deputati all’Europarlamento hanno votato una mozione contro Bagnasco: un incitamento all’aggressione. Alla fine, certo, non c’è stato nessun riferimento diretto ma rimane un brutto segnale di intolleranza a chi la pensa in altro modo. E anche su questo, ci sono responsabilità politiche e morali gravissime». Ma secondo lei, nel Parlamento europeo c’è uno scontro tra una fazione omofoba e una pro gay? «Ci sono gruppi di sinistra con un’esile maggioranza che sono influenzati da lobbies anticristiane. Ma lo sa quale è lo Stato che è oggetto di più mozioni e interrogazioni? Non la Cina, non l’Arabia Saudita, non il Darfur dove pure c’è un genocidio in atto, ma Città del Vaticano». Da chi sono composte queste lobby? «C’è una sinistra in crisi che ha perso la sua identità anti-capitalista e scarica la sua insoddisfazione contro la chiesa cattolica. Come i nazisti con gli ebrei» Senatore, perdoni, è un paragone un po’ pesante. «Assolutamente no. Il meccanismo è lo stesso: si cerca un capo espiatorio per le proprie frustrazioni e parte l’attacco». Ma perché in Italia alcuni partiti, come i socialisti di Boselli, premono ora verso un’accesa laicizzazione? «I socialisti contavano di più quando erano meno laicisti ed infatti, godevano di maggiore credito e prestigio. Ora hanno imboccato questa strada perché sanno bene che se il gioco si svolgesse sul terreno della democrazia perderebbero il confronto. E questo li manda in bestia». In Messico, la Chiesa vuole scomunicare il sindaco della Capitale che ha varato nuove norme per l’aborto: che ne pensa? «Non mi permetto mai di giudicare questioni che riguardano altri stati. Comunque il tema è un altro: i vescovi hanno il diritto di dire quello che vogliono, spetta al politico cristiano decidere poi in coscienza». Ma, secondo lei, come si può arrestare quest’ondata di violenza contro Bagnasco? «Chi acceso l’incendio ha il dovere di spegnerlo. E basterebbe pochissimo: i politici facciano capire che i sacerdoti hanno il diritto di dire quello che vogliono poi uno decide se ascoltarli o no». Anche i suoi vecchi compagni della Dc, ora nella Margherita, sono divisi tra contrari e favorevoli ai Dico. «Consiglio da sempre ai miei amici della sinistra di riconoscere che i partiti non possono occupare tutto gli spazi: temi come la morte, il matrimonio e la famiglia vanno lasciati ai singoli. Da politico, penso che il governo non doveva impegnarsi sui Dico: erano i parlamentari a doversi pronunciare. Poi la Chiesa non poteva certo dire che il governo ha fatto bene. E questo i politici se lo dovevano aspettare».

Il Mattino, 1° maggio 2007


L’ANALISI

La storia trasformata

Giovanni Orsina

Le minacce che sono state rivolte negli ultimi tempi al presidente della Commissione episcopale italiana e arcivescovo di Genova, monsignor Angelo Bagnasco, e che hanno raggiunto il loro culmine qualche giorno fa con l’invio di un plico contenente un bossolo, potrebbero effettivamente provenire da gruppi di dimensioni assai ridotte e psicologicamente labili, come ha sostenuto la diocesi del capoluogo ligure col saggio intento di minimizzare l’accaduto. Pure se questo fosse il caso tuttavia - come senz’altro ci auguriamo vivamente - questi episodi rimarrebbero ugualmente indicativi di almeno due caratteri tutt’altro che secondari della nostra vita pubblica: uno coevo più o meno alla nascita della repubblica; l’altro emerso invece con la crisi politica dei primi anni Novanta. Il carattere più antico, detto in breve, consiste nella tendenza non soltanto a esagerare il potere della Chiesa di condizionare la vita pubblica italiana, ma anche a leggere quel condizionamento in termini graniticamente reazionari. Le origini di questa tendenza le troviamo in una certa interpretazione del fascismo e dell’antifascismo, per la quale il fascismo sarebbe il prodotto e la quintessenza di tutti i ritardi, i difetti e le arretratezze della storia d’Italia; l’antifascismo lo sforzo necessariamente radicale, se non rivoluzionario, di combattere quei ritardi, difetti, arretratezze. La Chiesa, stando a questa interpretazione, avrebbe prima rappresentato uno dei principali pilastri del regime fascista, se non il principale; e poi uno degli ostacoli principali sulla via del completo rinnovamento democratico della penisola, se non il principale.
E poiché essa costituirebbe l’elemento fondante d’una sorta di italico fascismo eterno, sarebbero perciò legittimati quanti, nel nome dell’antifascismo ossia della «vera» democrazia, ne combattono l’influsso anche con la violenza. È una lettura della storia d’Italia grottescamente deformata. Certo non perché la Chiesa non abbia avuto per larghi tratti del Ventennio rapporti di buon vicinato col regime di Mussolini, né perché in epoca repubblicana non abbia esercitato spesso un’influenza conservatrice. Ma perché, al contempo, essa in tanti ambiti e momenti si scontrò anche duramente col fascismo, il quale, del resto, per le sue ambizioni totalitarie non poteva che essere ideologicamente anticlericale se non ateo. E poi con la seconda guerra mondiale e il dopoguerra, proprio a motivo del profondo rifiuto dei totalitarismi, comprese che la democrazia non era soltanto una forma di organizzazione della politica fra le altre, ma una forma assai migliore delle altre. E ai suoi vertici, fatte salve alcune frange la cui influenza e il cui reazionarismo sono stati notevolmente sovrastimati, sostenne la repubblica italiana. Con cautela anticomunista, certo. Ma una cautela non proprio ingiustificata, tenuto conto di come il comunismo internazionale considerava la religione e trattava i religiosi. Nonostante le forzature grossolane, questa lettura della storia d’Italia ha avuto un’influenza notevole. In certa sinistra radicale, innanzitutto, che ha dilatato il fascismo tanto da farne una sorta di mostruoso marchingegno capace di inglobare chiunque non fosse radicale come lei. Ma anche in altri settori dell’opinione pubblica, assai più ampi e moderati ma per laicismo e progressismo intenzionati a usare l’antifascismo per delegittimare la Democrazia cristiana, o per trascinarla a sinistra. Fino a passare quell’interpretazione della storia d’Italia, in certe romanzesche ricostruzioni cinematografiche di alcuni passaggi oscuri e sanguinosi della vicenda repubblicana, ricondotti senz’altro alle trame del Vaticano, in cooperazione magari con l’immancabile Cia. A partire dalla crisi politica dei primi anni Novanta l’«anticlericalismo antifascista» ha subito però un mutamento importante. Legato alla fine della Democrazia cristiana, che per quasi mezzo secolo aveva svolto per la Chiesa, fra le altre, la funzione del parafulmine. Nella «prima» Repubblica, infatti, chi se la prendeva con la presunta influenza reazionaria del Vaticano in genere lo faceva attaccando il partito cattolico, che a torto o a ragione ne era considerato il «braccio politico». Per prendere solo due esempi fra i tanti, assai diversi l’uno dall’altro: alla fine degli anni Cinquanta i radicali della rivista «Il Mondo» stigmatizzavano il «regime clericale»; e nella prima metà degli anni Settanta la sinistra estrema di «Lotta continua» apriva le ostilità contro il «Fanfascismo», il tentativo del leader Dc Amintore Fanfani di spostare a destra il baricentro politico italiano. Oggi, com’è evidente, il parafulmine non esiste più.

La Chiesa non ha un partito di riferimento, e deve quindi esporsi in prima persona. Non solo: deve esporsi di frequente, poiché nella nostra epoca sono assai spesso in discussione questioni - la famiglia, l’inizio della vita o la sua fine - che tradizionalmente la riguardano assai da vicino. E ogni volta che si espone, le sue parole sono sproporzionatamente amplificate dai media, ai quali non è facile trovare altrove nella sfera pubblica affermazioni, personalità, valori altrettanto chiari e robusti. Non può sorprendere, alla luce di tutto questo, che a qualcuno, e sia pure a pochissimi individui e psicolabili, sia venuta l’idea ignobile di minacciare monsignor Bagnasco.

Il Mattino, 1° maggio 2007

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