14 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 14 maggio 2007 (4)


Vedi anche:

IL DISCORSO STORICO DEL PAPA

Il Manifesto di Papa Ratzinger

VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE: SPECIALE

VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE (9-14 MAGGIO 2007)

Rassegna stampa del 14 maggio 2007

Dedicato a coloro che pensano che il Papa esageri sui temi etici

Aggiornamento della rassegna stampa del 14 maggio 2007 (2)


CAPITALISMO MARXISMO E LE RAGIONI DELLA STORIA

di FRANCESCO PAOLO CASAVOLA

Il discorso pronunciato dal Papa in Brasile, inaugurando la quinta conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi, ci offre come prima sensazione quella delle moltitudini e degli orizzonti planetari, propri alla dimensione universale della Chiesa, che noi dimentichiamo nelle nostre asfittiche polemiche tra anacronistiche genie di clericali e anticlericali.
Benedetto XVI descrive la globabizzazione come un segno della aspirazione del genere umano all’unità, ma anche come un rischio di cadere sotto il dominio di grandi monopolii e di trasformare il lucro in valore supremo, a meno che non si ponga l’etica a guida di ogni progresso della società e dell’economia. E traendo esempio dall’esperienza dei paesi latino-americani il Pontefice ammonisce che i regimi politici autoritari non corrispondono allo spirito del Cristianesimo, così come quelli ad economia liberale, trascurando di perseguire l’equità, lasciano vasti settori della società schiaccianti da una enorme povertà e depredati dei propri beni naturali.
Il teologo Ratzinger prosegue il suo insegnamento, complesso e composito, della fede cristiana, che noi, nella nostra provincia italiana, siamo sempre tentati di semplificare per discuterlo, più che per comprenderlo in tutte le sue implicazioni. Egli si fa incalzante con una serie di domande intorno a quella radicale, del perché crediamo che Cristo soltanto è via, verità e vita. Forse non è questa, si chiede il Papa, una fuga intimistica nella religione, che ci separa dalla realtà? Ma d’altra parte è realtà solo quella costituita dai beni materiali, dai problemi sociali, economici e politici?
Qui sembra sia ripreso il filo della enciclica “Dio è amore”, perché si sottolinea che l’amore di Dio è per l’uomo amore del prossimo, e che le virtù spirituali non possono disgiungersi dalle virtù sociali e politiche. La vita cristiana così contribuisce alla costruzione di quelle strutture collettive, che il Papa definisce “giuste”.
Anche il capitalismo e il marxismo promisero strutture giuste “che non avrebbero avuto bisogno di una precedente moralità individuale, ma avrebbero promosso esse la moralità comune”. Queste ideologie sono state e continuano ad essere smentite dai fatti. La storia è continuo mutamento, non esistono strutture giuste definitive, ma incessantemente bisognose di un ethos politico ed umano, che ognuno di noi è tenuto ad alimentare, sempre. La Chiesa non è competente per questo lavoro politico. La laicità, compresa la pluralità delle opzioni politiche, è essenziale nella tradizione cristiana autentica. Il Papa ha in proposito parole inequivocabili: “Se la Chiesa cominciasse a trasformarsi direttamente in soggetto politico, non farebbe di più per i poveri e per la giustizia, ma farebbe di meno, perché perderebbe la sua indipendenza e la sua autorità morale, identificandosi con un’unica via politica e con posizioni parziali opinabili”.
E’ questa indipendenza che consente alla Chiesa di indicare valori inderogabili, di formare le coscienze, di educare alle virtù personali per la vita privata e politica. E quanto agli ambiti della costruzione della vita insieme individuale e collettiva, il Papa ricorda la famiglia, “patrimonio dell’umanità”, “palestra di valori umani e civili, focolare nel quale la vita umana nasce e viene accolta generosamente e responsabilmente”.
Una antica saggezza, che viene da un multimillenario processo della civilizzazione umana, cui il Cristianesimo ha dato una nuova e profonda consapevolezza, detta al Papa una descrizione della famiglia difficilmente contestabile: “La famiglia è insostituibile per la serenità personale e per l’educazione dei figli... Il ruolo della madre è fondamentale per il futuro della società... I figli, per la loro crescita integrale, hanno il diritto di poter contare sul padre e la madre, che badino loro e li accompagnino verso la pienezza della loro vita”.

Il Messaggero, 14 maggio 2007


La “magna charta”

Cattolicesimo duro e puro contro le sette e il secolarismo

APARECIDA - Cinque giorni fa, sull'aereo che lo stava portando a San Paolo, Benedetto XVI faceva sapere ad alcuni giornalisti brasiliani del suo amore per l'America Latina. «Ho fatto molte visite, ho tanti amici, so come sono grandi i suoi problemi, cosi come è grande la sua ricchezza umana». Ma il più grande continente cattolico è in sofferenza, perde l'un per cento di fedeli l'anno, secondo i rapporti che circolano in Vaticano, crescono le sette, la globalizzazione dell'ultimo decennio ha prodotto un profondo divario tra i ricchi che sono sempre più ricchi e possono permettersi di andare a lavorare in elicottero, e i poveri delle favelas che non hanno nemmeno lo stretto necessario. La secolarizzazione intiepidisce il cuore dei cattolici che sono sempre meno propensi a seguire gli insegnamenti dei pastori. La speranza del pontefice è che il continente divenga «un continente esemplare. «Per me è una priorità di prim'ordine» confidava ancora ai giornalisti durante la conferenza stampa. Ad Aparecida, nel cuore del Brasile, dove ha sede il celebre santuario ha aperto ieri i lavori del Celam, la conferenza degli episcopati latinoamericani. La prima si tenne a Rio de Janeiro nel 1958 per volere di Pio XII. La seconda fu aperta nel 1968 a Medellin, in Colombia, da Paolo VI. Giovanni Paolo II inaugurò quella di Puebla in Messico nel 1979 e poi ancora ci fu quella a Santo Domingo nel 1992, a 500 anni esatti dal primo cristiano che mise piede nel continente americano. Fino alla fine di maggio, 266 delegati, tra vescovi e cardinali, in rappresentanza del 43 per cento dei cattolici di tutto il mondo, cercheranno di dare risposte alle sfide del continente sulla base del discorso programmatico pronunciato dal pontefice. Correnti teologiche sbagliate, una massiccia erosione dei fedeli per colpa delle sette evangeliche e protestanti, i problemi di una globalizzazione senza etica, il narcotraffico, la violenza urbana ma soprattutto l'avanzata dell'edonismo, dell'agnosticismo. Ma le nubi più nere che si stagliano all'orizzonte, per Papa Ratzinger, come lui stesso ha messo in evidenza con vigore, riguardano la difesa della vita e della famiglia. All'Angelus, dalla spianata davanti al santuario dell'Aparecida, ha sospirato: speriamo che da questa conferenza arrivi speranza per tutta l'America Latina. E ha chiesto ai fedeli di pregare perchè la sfida è cruciale. Nel testo preparato per l'inaugurazione del Celam Papa Ratzinger ha voluto correggere la teologia india. Non è vero che in America Latina i primi missionari hanno spinto gli indigeni a forzare il momento della loro conversione finendo per distruggere le culture pre-colombiane. Non è vero che non c'è stato alcun dialogo. «L'annuncio di Gesù e del suo Vangelo non comportò in nessun momento una alienazione delle culture pre-colombiane, nè fu una imposizione di una cultura straniera». Aprendo ad Aparecida, in Brasile, i lavori del Celam - l'organismo che raggruppa tutte le conferenze episcopali del continente - Benedetto XVI affronta uno dei temi teologici più dibattuti da queste parti. Da tempo si sta facendo strada, anche all'interno dell'episcopato, una visione assai critica sui metodi seguiti dai missionari europei, soprattutto spagnoli e portoghesi, per evangelizzare gli idios, mettendo in contrasto la fede cristiana con la ricchezza spirituale delle popolazioni indigene. «L'utopia di tornare a dare vita alle religioni precolombiane separandole da Cristo e dalla Chiesa universale, non sarebbe un progresso ma un regresso. In realtà sarebbe una involuzione verso un momento storico ancorato nel passato». L'intervendo del pontefice è teso a dare una correzione alla tentazione di incorporare nella messa danze, lingue e simboli provenienti dalle culture originarie, stravolgendo, a volte, la liturgia tradizionale. Molti teologi latino-americani che hanno dato vita alla teologia india sostengono che quando gli indigeni hanno abbracciato il cristianesimo lo hanno fatto perché rassegnati a dover soccombere alla cultura occidentale, cosicchè hanno dovuto rigettare i propri valori. Benedetto XVI replica a queste tesi che le autentiche culture non sono mai chiuse in se stesse «nè pietrificate in un determinato momento della storia, ma sono aperte, più ancora, cercano l'incontro con altre culture, sperano di raggiungere l'universalità nell'incontro e nel dialogo con altre forme di vita e con gli elementi che possono portare ad una nuova sintesi nella quale si rispetti sempre la diversità delle espressioni e della loro realizzazione culturale concreta». In passato l'allora cardinale Ratzinger aveva mosso non poche riserve a questa nuova corrente teologica. Che l'argomento gli stia particolarmente a cuore è dimostrato anche dal fatto che apre il discorso inaugurale della conferenza del Celam.
F. G.

Il Messaggero, 14 maggio 2007


«Così liquida la Teologia della liberazione»

Garelli: il Pontefice vuole evitare che la Chiesa indichi una salvezza più sociale che spirituale

di MARIA LOMBARDI

ROMA - Benedetto XVI dal Brasile condanna in maniera ferma sia il capitalismo che il marxismo. «Già Papa Wojtyla aveva preso le distanze dai due sistemi di pensiero che non riconoscono il primato dell’uomo», ricorda Franco Garelli, preside della facoltà di Scienze politiche a Torino, sociologo ed esperto di cattolicesimo. «Giovanni Paolo II auspicava un capitalismo dal volto umano. Ratzinger in modo ancora più netto pone la Chiesa come istanza critica nei confronti dei due sistemi che minacciano la persona e ne sottolinea le contraddizioni».

Che significato ha questa presa di posizione nel contesto del viaggio in America Latina?

«Suona come una presa di distanza dalla Teologia della Liberazione. Il Papa teme che in America Latina la via cristiana indichi una salvezza più sociale che spirituale e ribadisce la sua riserva. Ma se la Chiesa ponesse l’accento sulla questione sociale, perderebbe la sua specificità. Il discorso di Ratzinger rispecchia l’impronta che sta dando a questi anni di Pontificato. Benedetto XVI è preoccupato che la Chiesa formi le coscienze, vuole ridare mistero alla liturgia, richiamare il primato dell’evangelizzazione per evitare che il messaggio cristiano sia interpretato in senso politico».

Il domenicano brasiliano Frei Betto ha replicato: la Teologia della Liberazione continuerà, la sua base non è il marxismo, ma la miseria.

«La Teologia della Liberazione sta attraversando una crisi, Roma a riguardo è stata molto drastica e non ha lasciato margini a dubbi. Ma la partita che si gioca in Brasile e in tutta l’America Latina è molto forte. C’è la concorrenza delle sette che offrono alle persone una speranza e un conforto più facile, mentre il messaggio della Chiesa è più riflessivo e mediato. Quel continente sta vivendo la difficoltà nella trasmissione della fede».

Anche dal Brasile il Papa ha ripetuto appelli in difesa della famiglia e la condanna alle leggi civili che minacciano il matrimonio. Un messaggio legato all’attualità italiana oltre che a quella dell’America Latina?

«Il Papa parla a tutti i continenti, il suo messaggio non ha confini. E questo vale per la famiglia, un tema d’attualità in America Latina come in Italia, come per tutte le altre questioni affrontate».

Tornando in Italia, cosa ha rivelato il Family Day?

«Ha mostrato un paese, il nostro, diviso, con sensibilità e formazione diverse. Ha mostrato che una larga parte della popolazione si identifica con i valori della famiglia. E questo deve far riflettere la politica chiamata a mettere la famiglia al centro del suo operato. La Chiesa ha dato voce a una maggioranza silenziosa, ma tanto più accentua la sua proposta etica in senso forte, quanto più si deve confrontare con quella parte di popolazione che non la pensa così. Insomma, la questione è questa: la Chiesa intende parlare solo ai vicini o anche alle persone che hanno orientamenti diversi?».

Il Messaggero, 14 maggio 2007


Le priorità di Ratzinger

di Massimo Introvigne

Mentre in Italia la cronaca era dominata dal Family day - ma traendo ulteriore forza proprio da quell’evento - Benedetto XVI, con uno stile tranquillo e sorridente, ha lanciato in Brasile il programma di una vera e propria rivoluzione teologica, pensata anzitutto per l'immensa ma inquieta Chiesa dell'America Latina e tuttavia destinata a ripercussioni inevitabili anche da noi.
Già Giovanni Paolo II aveva invitato i cattolici latinoamericani ad abbandonare il marxismo come strumento per analizzare i problemi sociali, e a sostituire alla teologia della liberazione la dottrina sociale della Chiesa. Ci sono ancora teologi ribelli ma la Chiesa di Roma, nei lunghi anni in cui la Congregazione per la Dottrina della Fede è stata guidata dal cardinale Ratzinger, questa battaglia l'ha vinta. Resta vivo però un dibattito sulla concreta applicazione della dottrina sociale cattolica alla politica. Dal momento che i politici la cui visione del mondo corrisponde integralmente a quella della Chiesa sono pochi, quali temi usare come cartina di tornasole al momento delle scelte? Per molti vescovi, non solo sudamericani, i temi centrali sono quelli della pace (spesso, ahimè, scambiata con il pacifismo) e di politiche socio-economiche presentate come più favorevoli ai poveri. Sulla base di questi criteri molti vescovi brasiliani hanno sostenuto Lula, nonostante le sue aperture all'aborto. Né il problema è solo latino-americano: per le stesse ragioni da noi tanti preti e qualche vescovo continuano a sostenere Prodi, anche dopo il Family day e nonostante i Dico.
Benedetto XVI in Brasile ha rovesciato il quadro. Riprendendo i temi del documento sulla «Dignità a ricevere la santa comunione» che come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede aveva trasmesso ai vescovi degli Stati Uniti nel 2004, quando si trattava di scegliere fra Bush e Kerry, ha sistematicamente distinto nella dottrina sociale fra questioni «essenziali» e questioni, che pure importanti, «non hanno lo stesso peso». Così mentre per i politici (cui su questi temi può perfino essere negata la comunione) e gli elettori c'è un «grave e preciso obbligo» di opporsi all'aborto, all'eutanasia e al matrimonio omosessuale, su complesse questioni che attengono alla pace, all'economia e alla giustizia «ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici»: per esempio, «sul fare la guerra e sull'applicare la pena di morte».
Questo non significa che la pace, l'aiuto ai poveri e anche la tutela dell'ambiente in Amazzonia - tutti temi evocati da Benedetto XVI in Brasile - non stiano a cuore alla Chiesa. Non è così: ma la rivoluzione di Papa Ratzinger riguarda la scelta delle priorità, e di quali valori siano effettivamente non negoziabili. Il messaggio che arriva dal Brasile è chiaro. L'unità dei cattolici e il giudizio sui politici che pretendono di rappresentarli si giocano sul terreno della vita e della famiglia, dove le posizioni sono anche più semplici e chiare. La questione del riconoscimento delle unioni omosessuali si risolve con un sì o un no, mentre valutare posizioni politiche su temi come «la pace» o «la legalità» richiede analisi complesse. Non vale quindi fare sconti a Lula o a Prodi perché si apprezza qualche loro convinzione personale o programma sociale, o qualche punto della loro politica estera. Se Lula è per l'aborto, e Prodi per i Dico, il cittadino cattolico ha non solo il diritto, ma il dovere, di negare ai rispettivi governi il suo sostegno e il suo voto.

Il Giornale, 14 maggio 2007


IL COMMENTO

Ma oltre a sètte e droga Ratzinger rilancia anche l’emergenza povertà

di Gian Pietro Caliari

Giovanni Paolo II compì il suo primo viaggio intercontinentale soltanto quattro mesi dopo l’elezione alla cattedra di Pietro. Nel gennaio del 1979 si recò in Repubblica Domenicana, nelle Bahamas e, soprattutto, in Messico. Un Paese che, allora, era ufficialmente ateo, non riconosceva il diritto alla libertà religiosa e l’esistenza stessa della Chiesa cattolica. I media internazionali furono inondati dalle immagini delle folle oceaniche che, fra l’imbarazzata compostezza dei politici messicani, rincorrevano il Papa di Roma da un capo all’altro del Messico.
Come il suo predecessore, Benedetto XVI si è recato in Brasile, per lui si tratta però del primo viaggio intercontinentale, a due anni dall’elezione e per la stessa principale ragione: l’inaugurazione della Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi. Le folle, ancora una volta oceaniche nel continente che rappresenta oltre il 60 per cento del cattolicesimo, sono state le stesse e con il medesimo entusiasmo latino. Le migliaia di giovani nello stadio paulista di Pacaembu. Il milione di fedeli per la canonizzazione del primo santo brasiliano, frei Galvão, nel Campo de Marte, sempre a San Paolo. E ancora centinaia di migliaia per l’ultima celebrazione di fronte al Santuario di Aparecida.
La vigilia del viaggio di Benedetto XVI era stata contrassegnata dalle analisi più inquietanti, soprattutto dai media internazionali. La Chiesa cattolica in Brasile, come in tutta l’America latina, perde consensi a favore delle nuove sette neo-fondamentaliste americane. Un grido d’allarme anche per l’Europa dove anche avanzano imperterrite, sostenute - è inutile negarlo - dal potente appoggio politico di Washington.
Si sa, non c’è business più semplice e redditizio negli Stati Uniti che trasformarsi in tele-predicatore o inventarsi una propria chiesa. Non si pagano le tasse e le offerte dei creduloni ingrassano ricchi tesori, che alimentano una miriade di altre imprese commerciali.
Papa Ratzinger non è sembrato affatto impressionato dai cultori del «mala tempora». Ai vescovi latinoamericani ha detto francamente: «La Chiesa non fa proselitismo. Si sviluppa per attrazione. Non è una ideologia politica, non un movimento sociale, non un sistema economico. Il suo solo patrimonio è la fede in Dio amore che in Cristo Gesù ha rivelato il suo volto».
Più che colpito dal calo statistico, Benedetto XVI rivela d’essere preoccupato per un Paese dove quasi la metà della popolazione vive nella più estrema povertà e cade vittima dei mercanti di droga.
A questi ultimi ha riservato i passi più duri del suo intervento nella Fazenda da Esperança a Guaratinguetá : «Dico a coloro che commerciano con la droga che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e adulti di tutti gli strati sociali. Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto». Meglio mettano una macina al collo e si gettino negli abissi del mare!
Non sarà piaciuto al presidente Lula - da cinque anni al potere - il ricordo del mare di disperati che vivono nell’abisso della povertà. Avrà infastidito Washington la non curanza riservata alle sue sétte invasive. I mercanti di droga, è noto, sono superstiziosi più che religiosi: la verità non sembra impressionarli.
Ai brasiliani e ai latinoamericani, forse, è piaciuta una verità schietta, non gridata, ma profeticamente saggia, com’è nello stile di Benedetto XVI.

L'Arena, 14 maggio 2007

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