18 maggio 2007

Avvenire: i giornalisti sono bugiardi e i politici sciagurati


Vi piace questo titolo? Beh, sapete che non e' mio costume scrivere titoli che non riflettano il contenuto del post che vado a scrivere, ma volevo solo darvi una dimostrazione di come si puo' alterare, denigrare e oscurare un messaggio e una notizia.
Mi scuso, perche' Avvenire non ha mai scritto cio' che ho indicato nel titolo sopracitato.
Mi chiedo, pero', se lorsignori giornalisti, che ieri hanno riportato una notizia falsa ed incompleta, faranno la stessa cosa (cioe' scusarsi) con Mons. Betori.
Eh si', cari amici, ricordate i titoloni dei giornaloni di ieri?
Ecco qui:

Rassegna stampa del 17 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 17 maggio 2007 (1)

Aggiornamento della rassegna stampa del 17 maggio 2007 (3)

Ebbene, voi non ci credete (io si') ma cio' che e' stato scritto non solo non rispecchia la complessita' dell'omelia di Mons.Betori ma ci sono delle falsita' conclamate. Un esempio? Il vicepresidente della CEI non ha mai citato Federico Barbarossa.
Che vergogna, signori giornalisti!
S fossi in voi correrei a nascondermi.
Ci tengo pero' a precisare un mio pensiero: il Vaticano e la CEI DEVONO INTERVENIRE e correggere immediatamente (non il giorno dopo!!!!!!) le false interpretazioni dei giornali. E' assolutamente indispensabile cambiare registro e musica perche', francamente, non se ne puo' piu'! Amerei leggere la versione integrale dell'omelia di Mons. Betori!

Raffaella


Il testo di mons. Betori non c'entra con le critiche

Omelia imbarazzante? No, giornalismo devastante

Umberto Folena

Come creare il mostro e darlo allegramente in pasto all'opinione pubblica. Quanto è capitato ieri al segretario della Cei, monsignor Giuseppe Betori, è degno di una lezione di giornalismo su come non si fa giornalismo eppure si fa, tanto resterai impunito. Allora. Da una parte abbiamo l'omelia tenuta da Betori nella Cattedrale di Gubbio l'altro ieri, festa del patrono sant'Ubaldo. Dall'altra le cronache e i commenti di certi giornali, molti dei quali si sono evidentemente ispirati ai "lanci" di alcune agenzie di stampa. E la sensazione è di enorme imbarazzo. Non per Betori, ma per i giornali. Difficile imbattersi in un simile cumulo di invenzioni, travisamenti e sintesi truffaldine.

Prendiamo il Corriere della Sera. Titolo a pagina 12: «Il relativismo etico è il nuovo Barbarossa». Occhiello: «Bisogna ispirarsi a sant'Ubaldo che difese Gubbio dall'esercito imperiale». La Repubblica a pagina 10 conferma: «Giuseppe Betori ha riattualizzato l'assedio del Barbarossa contro la città». La Chiesa che si difende dallo Stato aggressore… Giochino goloso, peccato che Betori non nomini mai il Barbarossa, di cui il Corriere, in un eccesso di zelo, pubblica perfino ritratto e scheda. «Sant'Ubaldo - sono le vere parole di Betori - pose fine all'assedio delle città nemiche». La guerra in questione era tra Gubbio e una decine di città umbre. Quella della Chiesa contro lo Stato, di una Chiesa minacciata e assediata, è una totale invenzione. Ubaldo, ricorda Betori, difende non la Chiesa ma la città e la sua gente. Ma c'è di peggio e più sottile. Quali sono, attribuite a Betori, le nuove minacce portate alla convivenza civile da «nichilismo e relativismo»? I giornali ne citano cinque: l'eutanasia, l'aborto, l'embrione ridotto a materiale per sperimentazioni, la negazione della dualità sessuale e lo scardinamento della famiglia. Un abile taglia e cuci. L'elenco di Betori era infatti ben più lungo. Ecco che cosa i giornali hanno censurato: nichilismo e relativismo provocano «l'emarginazione e la condanna dei più deboli e svantaggiati; coltivano sentimenti di arroganza e di violenza che fomentano le guerre e il terrorismo; delimitano gli spazi del riconoscimento dell'altro chiudendo all'accoglienza di chi è diverso per etnia, cultura e religione; negano possibilità di crescita per tutti mantenendo situazioni e strutture di ingiustizia sociale». Sembrano i temi storicamente più cari alla sinistra. Un colpo di forbice e via.

Chiara Saraceno, sulla Stampa (pagina 41, titolo: «Monsignore, si dia una calmata»), è ancora più raffinata. Scambia le cause con gli effetti facendo fare a Betori la figura dell'ottuso fissato con il sesso, gli embrioni e l'eutanasia: «Sono loro - scrive la Saraceno - responsabili dei mali del mondo, non i dittatori politici ed economici (eccetera)». L'ultimo terzo dell'omelia è dedicato alle soluzioni: al «volto di Dio che è amore» (Deus caritas est, Benedetto XVI), alla «visione alta della carità», alla «meta della santità»: silenzio totale, è ovvio, altrimenti viene contraddetta la caricatura di un Betori tutto politico e ingerente. A quel punto si telefona ai politici notoriamente disponibili, gli si legge una riga di titolo d'agenzia e gli sciagurati commentano, a cominciare (e finire) dal verde Silvestri: Betori è come il mullah Omar. Sappiamo che ormai il danno è fatto. Che è vano pretendere dagli interessati di correggersi chiedendo scusa a Betori e ai lettori. Che l'Ordine dei giornalisti ha ben altro a cui pensare. Superfluo appellarsi alla deontologia professionale, al buon senso e alle buone maniere. La Saraceno parla di un'omelia «intimamente violenta oltre che intellettualmente rozza». Perché prima di massacrare così un vescovo, un prete, una persona, non ha avuto l'accortezza, la curiosità, la prudenza di informarsi e leggere per intero l'omelia? Chi è intellettualmente rozzo? Chi deve esercitare "autocontrollo"? Ecco perché siamo imbarazzati. Peggio: disgustati.

Avvenire, 18 maggio 2007

Credo che la parola "disgusto" sia fin troppo gentile.
Vergogna mi pare piu' indicata...

Raffaella

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