14 giugno 2007

Aborto e cattiva coscienza


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Stamattina abbiamo dato conto della decisione del Vaticano, attraverso il cardinale Martino, di invitare i Cattolici a non finanziare Amnesty International, divenuta sostenitrice di campagne a favore dell'aborto.
In Italia siamo ancora molto indietro riguardo a questo problema. La giunta della Regione Lombardia ha deciso che ogni feto abortito, anche sotto la ventesima settimana, debba essere sepolto.
Credo che sia un atto di civilta' che garantisce soprattutto quelle madri che, disgraziatamente, hanno subito un aborto spontaneo.
A causa di un modulo in cui si chiedeva (ora basta l'affissione in bacheca) alla donna se intendesse far seppellire il feto da se' oppure "affidarlo" ad una struttura sanitaria e' accaduto il finimondo perche' qualcuno ha affermato che chiedere una cosa del genere ad una donna significa equiparare l'aborto all'omicidio.
Perche'? Se la donna non legge il modulo va tutto bene? Non si pone il problema? Fa finta che non esista? Mi sembra un discorso francamente ipocrita...
Ricordo ancora una volta che il diritto all'obiezione di coscienza e' sacrosanto.
Di seguito viene pubblicato l'articolo del Corriere della sera
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Raffaella


La difesa delle direzioni sanitarie: applicate le norme regionali

Modulo a chi abortisce «Seppellisce lei il feto?»

Richiesta in 3 ospedali di Milano. Scoppia la polemica

Simona Ravizza

MILANO — «Per la sepoltura del feto ci pensa lei o preferisce che lo faccia l'azienda sanitaria? Metta una croce e una firma qui». Chi è in procinto di abortire al San Paolo di Milano, 700 interruzioni di gravidanza l'anno, non deve dichiarare solo di essere stata informata: a) sulla possibilità di emorragie, b) sul rischio di infezioni, c) sul pericolo di rimanere sterile. Ora le donne che non portano a termine la gravidanza si vedono sottoporre anche un modulo dal titolo «Informativa per la richiesta di tumulazione dei feti e dei prodotti abortivi». Lo stesso avviene alla Macedonio Melloni (760 aborti) e al Niguarda (540). È la conseguenza choc del regolamento che prevede la sepoltura obbligatoria per tutti gli embrioni, varato dalla Regione Lombardia all'inizio dell'anno per «una questione di dignità del feto» (almeno secondo il governatore Roberto Formigoni).
Già al centro di uno scontro politico lo scorso gennaio, il provvedimento riconosce anche i feti sotto le 20 settimane come prodotti del concepimento (e non più rifiuti speciali al pari di un'appendicite). La sua applicazione adesso scatena nuove polemiche. Sul piede di guerra, le associazioni femministe, come Usciamo dal Silenzio (il movimento che nel 2006 ha portato in piazza 100 mila persone in difesa della 194). «È un modo per colpevolizzare ulteriormente chi abortisce — sbotta Susanna Camusso, femminista storica —. Siamo pronte a mobilitarci in nome del diritto di autodeterminazione delle donne».
La bufera scoppia a metà pomeriggio di ieri quando la storia di una donna, reduce da un aborto, rimbalza su www.osadonna.org, il sito dell'Osservatorio Salute Donna, nato dopo il referendum sulla procreazione assistita. Ma non finisce qui. Nel documento, che dev'essere firmato prima dell'aborto, si fa riferimento alla «possibilità di sepoltura da parte dei genitori per i prodotti del concepimento ». Una frase che, secondo l'attivista storica Lea Melandri, equipara il feto a un bambino: «Così l'aborto diventa un omicidio».
Il clima è teso anche perché in Lombardia tra i medici prevale l'obiezione di coscienza: sette ginecologi su dieci si rifiutano di praticare l'aborto (contro il 60% del resto d'Italia). Gli ospedali, però, respingono con forza le accuse. «È necessario un atto che certifichi la scelta di seppellire il feto — spiega Novella Chapperon, dirigente medico del San Paolo —. Il tutto nel pieno rispetto della sensibilità delle pazienti ». Mauro Busacca, primario di Ginecologia della Macedonio Melloni, ribadisce: «È un modo di applicare la normativa regionale, nessuna donna finora ha sollevato obiezioni». Per Salvatore Garsia, primario di Ginecologia del Niguarda, «mettere una crocetta non crea nessuna discriminazione». Alla Mangiagalli (1.700 aborti) non vengono, invece, consegnati documenti aggiuntivi. La possibilità di chiedere la sepoltura è elencata nel modulo del consenso informato. «È un'applicazione del provvedimento che rispetta tutti — rileva il direttore sanitario Basilio Tiso —. Negli ultimi mesi, 18 donne (su 300, ndr) hanno chiesto la tumulazione del feto. Agli altri abbiamo provveduto noi».
Una circolare della Regione prevedeva anche la possibilità di avvisare le donne con cartelli appesi in bacheca. Al loro posto sono comparsi i moduli.

Corriere della sera, 9 giugno 2007

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