11 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa dell'11 giugno 2007 (1)


Vedi anche:

Rassegna stampa dell'11 giugno 2007

Massimo Introvigne risponde al matematico Odifreddi

"Gesu' di Nazaret": Don Silvio Barbaglia contesta l'articolo (scopiazzato) dell'Espresso


PAPA: VITE RUMOROSE, SCOPRIRE SILENZIOE CONTEMPLAZIONE PER ASCOLTARE SE STESSI

CITTÀ DEL VATICANO. Troppo rumore nelle vite dell'umanità contemporanea, che diventa così chiassosa e «dispersiva». Torniamo dunque al silenzio, alla contemplazione e i cristiani riscoprano l'adorazione eucaristica. È il suggerimento del Papa durante l'Angelus recitato dalla finestra del suo studio su piazza San Pietro, davanti a migliaia di fedeli. Benedetto XVI ha preso le mosse per la sua riflessione dalla festa del Corpus Domini, che in Italia si celebra oggi. «Mi rallegro poi nel constatare - ha detto - che molti giovani stanno scoprendo la bellezza dell'adorazione, sia personale che comunitaria. Invito i sacerdoti a incoraggiare in questo i gruppi giovanili, ma anche a seguirli afffinché le forme dell'adorazione comunitaria siano sempre appropriate e dignitose, con adeguati tempi di silenzio e di ascolto della Parola di Dio».

Il Secolo XIX, 11 giugno 2007


Minacce e insulti, i turbamenti di Bagnasco

Per la prima volta l'arcivescovo di Genova lascia trasparire i propri sentimenti. La solidarietà di istituzioni e politica

Marco Fagandini

Genova. «Può accadere di sentirsi nudi e inseguiti dal buio, con il pianto alla gola. Di fare fatica ad amare se stessi», dice dall'altare monsignor Angelo Bagnasco, lasciando per un istante la traccia dell'omelia che si era preparato per la celebrazione pontificale del Corpus Domini. L'arcivescovo parla ai fedeli, alzando gli occhi dai fogli dattiloscritti, affiancato all'altare di San Lorenzo dai suoi due angeli armati, gli agenti di scorta che non lo perdono di vista ormai dallo scorso 27 aprile. Non cita direttamente, non commenta l'ultima minaccia, i tre proiettili di carabina inesplosi recapitati per lettera sabato pomeriggio insieme a un messaggio minatorio. Ma alza il velo, per la prima volta, sul suo stato d'animo: «A chi non è capitato di trascinarsi davanti al tabernacolo in una chiesa e cercare un angolo deserto, e accasciarsi lì davanti a quella presenza silenziosa, invisibile, nascosta?». Solo a Messa conclusa, avvicinato da un gruppo di fedeli, proverà a dir loro: «Sono tranquillo». Per rassicurare, forse per rassicurarsi. La preghiera, al centro dei pensieri rivolti ieri da monsignor Bagnasco al suo popolo, diventa così rifugio dalla violenza e, al contempo, richiesta di aiuto: «Le parole di Gesù allargano il cuore alla fraternità universale, fino all'amore per i nemici».
E' questo il messaggio che l'arcivescovo, prossimo cardinale, e presidente della Cei, ha voluto lanciare a chi lo sostiene e insieme a chi lo contesta da quando, un mese e mezzo fa, si schierò apertamente contro i "Dico" e il tentativo del governo di regolarizzare le coppie di fatto.
«La lettera è opera di un mitomane», il questore di Genova Salvatore Presenti ne è certo e sicuri si dicono anche alla Digos, dove si indaga con il coordinamento del sostituto procuratore Anna Canepa. Taglia corto e precisa: «Questo nuovo episodio intimidatorio nei confronti del presidente della Cei non comporterà cambiamenti nella strategia di custodia dell'arcivescovo». Certo se ne parlerà nel prossimo comitato prefettizio sull'ordine e la sicurezza pubblica. Ma la sensazione è che il livello di allerta non sia destinato ad alzarsi: l'arcivescovo già si muove su un'automobile blindata e in ogni occasione pubblica è seguito dalla scorta, fino a qualche settimana fa composta da agenti di polizia, ora affidata fino a fine agosto ai militari del Nucleo speciale dei carabinieri. L'avvicendamento, giorni fa, era stato "celebrato" con una cena nel ristorante "da Rina" di Mura delle Grazie, per sdrammatizzare e proseguire la tradizione introdotta dal cardinale Tarcisio Bertone al momento della sua nomina a segretario di Stato del Vaticano.
La tensione, che nell'ultimo mese era scemata, torna a salire. Il messaggio allegato ai tre proiettili di carabina non lascia spazio a interpretazioni: «Per ora prendi questi, per il futuro aspettati di peggio». Parole come spari, scritte al computer e stampate su un foglio bianco, firmato con uno scarabocchio incomprensibile. Non ci sono simboli. Nella precedente lettera, recapitata il 27 aprile, al bossolo calibro 9, risalente alla seconda guerra mondiale, era stata aggiunta una fotografia di Bagnasco con il disegno di una svastica. Il tutto era accompagnato da una inequivocabile stella a cinque punte, firma da sempre associata alle Br.
Anche quella lettera viene attribuita dagli investigatori della Digos a un mitomane senza alcun addentellato con il fronte terrorista rosso o anarchico. Anche se nessuna delle piste, ovviamente, viene trascurata. La sensazione, dalle poche indiscrezioni che trapelano, è che l'autore (o gli autori) delle due lettere possa aver commesso almeno nel primo caso un errore in grado di suggerire agli inquirenti una direzione precisa. Sulla carta potrebbe essere stata raccolta almeno un'impronta utile a un'eventuale identificazione. La busta e il suo contenuto sono al vaglio di una sezione della polizia scientifica specializzata in grafologia. E qualche indicazione potrebbe arrivare anche dall'analisi al microscopio della stampa dei caratteri.
La missiva, che è stata ricevuta e aperta dalla segreteria dell'arcivescovo sabato mattina (e poi consegnata alla Digos), è stata spedita da Genova, proprio come la precedente. Ed è nel capoluogo ligure che le ricerche si stanno concentrando: «Stiamo indagando - precisa il questore di Genova Salvatore Presenti -, ma non riteniamo che questa nuova minaccia rappresenti una escalation nelle intimidazioni».
La prima citazione di Bagnasco su un messaggio di morte arrivò con una lettera, a firma Br, indirizzata a Mario Placanica, il carabiniere che sparò in piazza Alimonda nei giorni del G8 uccidendo il noglobal Carlo Giuliani. In quello scritto, l'arcivescovo Bagnasco era indicato come uno dei possibili obiettivi dell'azione terroristica. Dopo circa un mese, precisamente il 2 aprile, la comparsa della prima scritta, sul portale della cattedrale genovese di San Lorenzo: "Bagnasco vergogna". Due parole per esprimere una reazione alle posizioni del presidente della Cei su "Dico" e coppie di fatto, citate il 30 marzo, durante un clamoroso e controverso discorso, insieme ad aberrazioni del genere umano come pedofilia e incesto.
A quei graffiti altri ne seguirono con lo stesso refrain: "Bagnasco attento", "Bagnasco a morte". Tutte scritte attribuite dalla Digos al fronte anarchico anche se gli interessati, pur approvandone i contenuti, hanno sempre preso le distanze da quella forma di dissenso e dal contenuto di violenza di cui era portatrice.

Il Secolo XIX, 11 giugno 2007


«Ti ucciderò»: nuove minacce a Bagnasco

Recapitati in una busta al presidente dei vescovi tre proiettili di carabina e una lettera minatoria Analogo gesto ad aprile. Il questore: «Opera di mitomani». L'arcivescovo: «Sono tranquillo»

GENOVA «Io ti ucciderò» si legge nella lettera recapitata ieri all'arcivescovo di Genova insieme a tre proiettili di piccolo calibro. Le intimidazioni nei confronti dell'arcivescovo di Genova, e presidente della Cei (la Conferenza episcopale italiana), monsignor Angelo Bagnasco, cominciate – il 27 aprile con una busta contenente un bossolo e una lettera di insulti – dopo le sue dichiarazioni sui Dico e la famiglia, stanno facendo registrare una escalation che però non preoccupa polizia e carabinieri.

IL QUESTORE: MITOMANI - «Sono solo mitomani» spiega il questore di Genova, Salvatore Presenti, che comunque mantiene e dove possibile rafforza le misure a protezione del prelato. L'arcivescovo continua a rispondere alle minacce con una serena rassegnazione, la stessa che manifesta nei confronti delle guardie del corpo che lo seguono costantemente, anche durante le cerimonie religiose. «Nei momenti difficili e di sconforto – ha affermato ieri nell'omelia pronunciata durante la celebrazione del Corpus Domini – bisogna ricorrere alla preghiera e all'adorazione di Gesù». E alla gente che gli dimostra solidarietà e vicinanza risponde «sono tranquillo».

PROIETTILI DI CARABINA - Nessun commento ufficiale, né da parte sua né da parte della Curia, sul nuovo gravissimo episodio che lo ha visto protagonista. Ieri mattina, infatti, alla Curia genovese è stata recapitata una busta, spedita da Genova, che conteneva tre proiettili di piccolo calibro, probabilmente di carabina, inesplosi, e una lettera di una decina di righe, scritte al computer, con minacce di morte nei confronti dell'arcivescovo.

SVASTICA E STELLA A CINQUE PUNTE - La lettera è stata aperta dalla segreteria di Bagnasco e poi subito consegnata alla Digos che sta ancora indagando sul precedente messaggio minatorio, giunto in Curia il 27 aprile. In quella occasione nella busta si trovavano un bossolo calibro 9 di pistola in uso durante la seconda guerra mondiale ed un foglio di insulti composto da ritagli di giornale e la foto dell'arcivescovo. In testa alla lettera una stella a cinque punte ed una svastica, un connubio decisamente poco credibile. In questa occasione le minacce appaiono più serie, ma la presenza di uno scarabocchio come firma, la mancanza di rivendicazioni e le circostanze in cui l'intimidazione si è sviluppata inducono gli investigatori a pensare che si tratti di un fenomeno di imitazione, così come avvenuto inizialmente per le scritte comparse dapprima sui muri di Genova e poi in varie città italiane contro le posizioni del presidente della Cei.

AUTO BLINDATA E SCORTA - Da allora, dai primi insulti vergati sul portone della cattedrale genovese di San Lorenzo, il prefetto di Genova, Giuseppe Romano, e il questore hanno deciso di assegnare a monsignor Bagnasco una scorta, composta da agenti e carabinieri, che si avvicendano accanto al prelato in ogni suo spostamento, anche durante le cerimonie religiose. Dopo la prima busta di minacce, inoltre, si è scelto di dotare l'arcivescovo di una vettura blindata, mentre la sua residenza viene costantemente tenuta sotto controllo dalle forze dell'ordine. Misure che, nelle parole del questore, non verranno aumentate. «Manteniamo alta la vigilanza – ha spiegato Presenti – ma senza allarmismi».

DA APRILE MINACCE E SCRITTE - Tutto comincia lunedì 9 aprile quando sul portone della cattedrale di Genova viene trovata la scritta «Bagnasco Vergogna». Sette giorni dopo a Sampierdarena altre due scritte minatorie: «Bagnasco attento» e «Bagnasco a morte». Nei giorni successivi è un susseguirsi di scritte sulle facciate di altre chiese in altre città. Martedì 10 a Torino viene trovata sulla facciata della chiesa del Santissimo Nome di Gesù la scritta «Ruini, Bagnasco, Ratzinger assassini», il giorno dopo minacce e insulti a Bologna e Napoli. Al Portico centro servizi Acli di Bologna compare la scritta «Bagnasco vergogna», mentre a Napoli sulla chiesa di Sant'Eligio Maggiore le parole «Ratzinger e Bagnasco *******». L'apice dell'escalation sembra raggiunto venerdì 27 aprile quando alla Curia genovese viene recapitata una busta con un proiettile e la foto di Bagnasco con disegnata sopra una svastica. Sabato scorso l'ultimo gesto intimidatorio con la busta e i tre proiettili.

DUE BUSTE DUE AUTORI - Un solo elemento comune, la spedizione da Genova, e molti punti di differenziazione. Gli investigatori ritengono che le due lettere minatorie spedite a monsignor Angelo Bagnasco – del 27 aprile e quella di ieri – non siano opera della stessa mano ma frutto di imitazione. La stessa cosa è accaduta con le scritte apparse prima a Genova e poi in altre città. L'elemento che unifica le due missive è solo la provenienza: entrambe sono state spedite da Genova, ma è impossibile risalire alla zona in cui sono state imbucate. In quella del 27 aprile c'era un bossolo calibro 9 in uso nella seconda guerra mondiale. Quella di ieri tre proiettili, inesplosi, di piccolo calibro, probabilmente 22, di carabina. La lettera del 27 aprile era scritta attraverso ritagli di giornale e piccole aggiunte a mano, quella di ieri è stata scritta al computer e si conclude con una firma illeggibile non comparabile alle scritte del 27 aprile.

L'Eco di Bergamo, 11 giugno 2007


Missionario italiano rapito nelle Filippine

Padre Giancarlo Bossi, di Abbiategrasso, è stato preso da dieci uomini armati. Sospetti su un gruppo islamico Dopo l'Angelus appello di Benedetto XVI per le vittime dei sequestri nel mondo: atti esecrabili, prego per loro

CITTÀ DEL VATICANO Padre Giancarlo Bossi, 57 anni, missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere) originario di Abbiategrasso (Milano), è stato rapito nelle Filippine da dieci uomini armati che lo hanno fatto salire su un battello, mentre si stava recando in chiesa per celebrare la Messa, vicino al villaggio di Bulawa, nella provincia di Zamboanga Sibugay (Mindanao), dove operano numerosi separatisti. Finora non ci sono state né rivendicazioni né richieste di riscatto.
Ieri il Papa ha rivolto un appello a quanti nel mondo «per diversi motivi» tengono persone sotto sequestro, citando in particolare la Colombia e i rapimenti di sacerdoti cattolici. «Comincio anche oggi con un appello – ha detto il Papa dopo l'Angelus –. Mi giungono purtroppo di frequente richieste di interessamento nei confronti di persone, tra le quali anche sacerdoti cattolici, tenute sotto sequestro per diversi motivi in diverse parti del mondo. Porto tutti nel cuore e tutti tengo presenti nella mia preghiera, pensando, tra gli altri casi, a quello doloroso della Colombia».
Sono molti i rapiti nel Paese sudamericano, tra i quali il più noto è quello di Ingrid Betancourt, l'ex candidata dei Verdi alla presidenza della Colombia, sequestrata più di cinque anni fa dalle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc).
«Rivolgo il mio accorato appello – ha aggiunto il Pontefice – agli autori di tali atti esecrabili, affinché prendano coscienza del male compiuto e restituiscano al più presto all'affetto dei loro cari quanti tengono prigionieri. Affido le vittime – ha concluso – alla materna protezione di Maria Santissima, Madre di tutti gli uomini».
Al Pime la notizia del sequestro è stata comunicata alle cinque di ieri mattina dal superiore delle Filippine.
Per il rapimento del religioso, che non aveva subito minacce e non aveva nemici, si è sospettato il Fronte Moro islamico (il Milf), ma il portavoce del movimento, Eid Kabalu, ha negato ogni coinvolgimento nel sequestro di padre Bossi.
Secondo la polizia locale il maggiore sospettato resta Aka Kedie, uscito da tempo dalla formazione armata islamica.
I rapitori, ha detto il portavoce del Moro, Kabalu, «non appartengono al Milf. Siamo pronti a offrire tutto il nostro aiuto alle autorità filippine».
Le operazioni di ricerca del sacerdote sono state affidate alla Brigata 102 dell'esercito filippino, che agisce in stretto coordinamento con la guardia costiera e la polizia locale.
Il generale del Pime padre Gianbattista Zanchi ha riferito che padre Bossi si trova nelle Filippine dal 1980 – a parte una parentesi di tre anni in Italia, dal '96 al '99 –- e che in patria lo aspettano la madre molto anziana e una sorella, sposata e con figli.
È stato lo stesso Zanchi a riferire che si sospetta che il religioso «possa essere stato sequestrato da un gruppo separatista islamico», informando inoltre che, appena appreso del sequestro, sono stati avvertiti l'ambasciata italiana, l'Unità di crisi della Farnesina e, naturalmente, i familiari del sacerdote.
Il superiore del Pime nelle Filippine, padre Gianni Sandalo, ha riferito che padre Bossi «non aveva ricevuto minacce di alcun genere, era amato dalla popolazione filippina ed era stato lui stesso a dirsi, circa un mese fa, tranquillo per il suo operato a Payao», cittadina della quale il sacerdote sequestrato è parroco. «Questo rapimento – ha detto padre Sandalo – è molto strano: noi ora siamo in attesa, aspettiamo di vedere cosa faranno i rapitori di padre Bossi.
In ogni caso, la zona in cui operava era tranquilla da tempo, tranne che per la presenza dei pirati». Tuttavia, «questi operano di solito sull'acqua, assaltano le barche dei pescatori a cui rubano materiali e denaro, ma non scendono a terra». Il missionario rapito, spiega il suo superiore, «era molto amato. Qui lo chiamano "il gigante buono"».
Un appello per la liberazione di padre Giancarlo Bossi, arriva da padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede. «Quella dei rapimenti è una piaga terribile», afferma padre Lombardi sottolineando che «sono espressione di violenza e di viltà, e il fatto di approfittare anche di condizioni di persone deboli e indifese e dedicate al servizio di pace e di carità va condannato.
Non c'è che da unirsi all'appello del Papa – conclude il gesuita – affinché i responsabili di simili gesti rilascino padre Bossi e tutte le persone sequestrate e abbandonino la via della violenza e del sopruso».

L'Eco di Bergamo, 11 giugno 2007


Il Papa: uscire dal rumore quotidiano per ritrovare dio nella contemplazione

Troppo rumore nelle vite dell'umanità contemporanea, che diventa così chiassosa e «dispersiva». Torniamo dunque al silenzio, alla contemplazione e i cristiani riscoprano l'adorazione eucaristica. È l'esortazione del Papa all'Angelus recitato dalla finestra del suo studio su piazza San Pietro. Davanti ad alcune migliaia di pellegrini Benedetto XVI ha preso le mosse per la sua riflessione dalla festa del Corpus Domini. «Mi rallegro poi nel constatare – ha affermato – che molti giovani stanno scoprendo la bellezza dell'adorazione, sia personale che comunitaria. Invito i sacerdoti a incoraggiare in questo i gruppi giovanili, ma anche a seguirli affinché le forme dell'adorazione comunitaria siano sempre appropriate e dignitose, con adeguati tempi di silenzio e di ascolto della Parola di Dio. Nella vita di oggi, spesso rumorosa e dispersiva è più che mai importante recuperare la capacità di silenzio interiore e di raccoglimento: l'adorazione eucaristica permette di farlo non solo intorno all'"io", bensì in compagnia di quel "Tu" pieno d'amore che è Gesù Cristo, "il Dio a noi vicino"». La capacità di far silenzio per ascoltare la parte più vera di se stessi ma anche per entrare in dialogo con Dio è un tema caro a Benedetto XVI che ha come costante del suo pensiero l'adorazione eucaristica come forma privilegiata di preghiera e contemplazione. Il Papa l'ha introdotta per la prima volta in una veglia di giovani alla «Giornata mondiale della gioventù», il 20 agosto 2005 a Colonia. Sceso personalmente tra i fedeli in adorazione nella basilica di San Pietro facevano il Pontefice non trascura mai di raccomandarla, come ha fatto non solo ieri, ma anche nel marzo 2006 incontrando i parroci romani. L'adorazione eucaristica negli ultimi anni è una pratica in crescita tra i giovani. A Roma, diocesi del Papa, da anni i gruppi della pastorale giovanile partecipano alla adorazione ininterrotta nella chiesa di Sant'Agnese in Agone a piazza Navona.

L'Eco di Bergamo, 11 giugno 2007


Busta contenente minacce e tre proiettili. Solidarietà bipartisan al presidente della Cei

Nuova intimidazione a monsignor Bagnasco Il questore: è solo il gesto di un mitomane

Francesco Bongarrà

GENOVA
Poco più di un mese fa una busta con un bossolo e una lettera di insulti; sabato scorso un'altra busta con tre proiettili inesplosi e una missiva con minacce di morte. Le intimidazioni nei confronti dell'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, mons. Angelo Bagnasco, cominciate dopo le sue dichiarazioni sui Dico, stanno facendo registrare una escalation che però non preoccupa più di tanto polizia e carabinieri. «Sono solo mitomani» spiega il questore di Genova, Salvatore Presenti, che comunque mantiene e dove possibile rafforza le misure a protezione del prelato.
Bagnasco continua a rispondere alle minacce con una serena rassegnazione, la stessa che manifesta nei confronti delle guardie del corpo che lo seguono costantemente, anche durante le cerimonie religiose. «Nei momenti difficili e di sconforto – ha detto nell'omelia pronunciata durante la celebrazione pontificale del Corpus Domini – bisogna ricorrere alla preghiera e all'adorazione di Gesù». E alla gente che gli dimostra solidarietà e vicinanza continua a rispondere «sono tranquillo».
Nessun commento ufficiale, né da parte sua nè da parte della Curia, sul nuovo gravissimo episodio che lo ha visto protagonista. Sabato mattina alla Curia genovese è stata recapitata una busta, spedita da Genova, che conteneva tre proiettili di piccolo calibro, probabilmente di carabina, inesplosi, e una lettera di una decina di righe, scritte al computer, con la quale si rivolgono minacce di morte nall'arcivescovo.
La lettera è stata aperta dalla segreteria di Bagnasco e poi subito consegnata alla Digos che sta ancora indagando sul precedente messaggio minatorio, giunto in Curia il 27 aprile. In quella occasione nella busta si trovavano un bossolo calibro 9 di pistola in uso durante la seconda guerra mondiale e un foglio di insulti composto da ritagli di giornale e la foto dell'arcivescovo. In testa alla lettera una stella a cinque punte ed una svastica, un connubio decisamente poco credibile.
In questa occasione le minacce appaiono più serie, ma la presenza di uno scarabocchio come firma, la mancanza di rivendicazioni e le circostanze in cui l'intimidazione si è sviluppata inducono gli investigatori a pensare che si tratti di un fenomeno di imitazione, così come avvenuto inizialmente per le scritte comparse dapprima sui muri di Genova e poi in varie città contro le posizioni del presidente della Cei.
Da allora, dai primi insulti vergati sul portone della cattedrale genovese di san Lorenzo, il prefetto di Genova, Giuseppe Romano, ed il questore hanno deciso di assegnare a mons. Bagnasco una scorta, composta da agenti e carabinieri, che si avvicendano accanto al prelato in ogni suo spostamento, anche durante le cerimonie religiose.
Intanto la nuova intimidazione a Bagnasco suscita l'unanime condanna delle forze politiche. Maggioranza e opposizione manifestano solidarietà nei confronti dell'arcivescovo di Genova.
«Preoccupazione» manifesta il ministro della Giustizia Clemente Mastella, che ribadisce «il diritto e il dovere della Chiesa di esprimere la propria opinione sui temi cari al suo Magistero». Di «gesti vili e violenti che avvelenano la democrazia e che vanno condannati con forza e senza esitazione alcuna», parla il ministro dell'Ambiente, Pecoraro Scanio. Intimidazioni «inqualificabili» per il ministro della Difesa, Arturo Parisi, che definisce l'ex Ordinario militare «una risorsa per tutti».
Condanna anche dai partiti tradizionalmente più lontane dalle posizioni della Chiesa cattolica, come Sdi e Sinistra democratica. «Si tratta di un tentativo di inquinare un confronto democratico aperto e libero che va respinto da tutti», sostiene Enrico Boselli. E Valdo Spini invoca una «reazione di ripulsa di tutti i democratici».
Dai Ds arriva «la condanna più netta nei confronti di gesti assolutamente incompatibili con la democrazia, unita alla ferma convinzione che alla Chiesa debba essere garantito il pieno diritto all'espressione dei propri convincimenti». E per il Dl Lusetti le minacce sono spia della «attuale stagione della vita pubblica italiana, avvelenata da odi e contrapposizioni assurde».
Durissimo Marco Follini, secondo cui quelli mandati a Bagnasco «sono proiettili metaforicamente mirati a colpire la nostra democrazia e la sua convivenza».
Nel centrodestra Pierferdinando Casini (Udc) invita a non sopravvalutare le intimidazioni che «sono comunque la spia di un'intolleranza profonda e di una presenza di frange violente e anticattoliche». Minacce che per Sandro Bondi (FI) dimostrano «il riemergere di cascami ideologici».

Gazzetta del sud, 11 giugno 2007


INTERVISTA DON STEFANO FERRARI, CONFRATELLO DEL SEQUESTRATO: «È UN PAESE DI FRONTIERA E I PERICOLI SONO IN AGGUATO. C’È BISOGNO DI ANNUNCIARE LA PAROLA DI CRISTO

«Rischiamo la vita. Ma andrò lo stesso in Brasile ad aiutare i poveri»

SABATO MATTINA al Duomo di Milano padre Stefano Ferrari è stato ordinato sacerdote dal cardinale e arcivescovo Dionigi Tettamanzi. Insieme a lui sono stati consacrati 12 diaconi della diocesi ambrosiana e un suo confratello del Pime, il Pontificio Istituto Missioni Estere di cui fa parte anche padre Giancarlo Bossi, il missionario di Abbiategrasso rapito ieri nelle Filippine. Padre Stefano Ferrari ha 40 anni ed è di Nova Milanese, cittadina alle porte del capoluogo lombardo.
Ieri ha celebrato la prima messa e a ottobre partirà per il Brasile. Ma dopo il rapimento del suo confratello nelle Filippine e le continue minacce all’arcivescovo di Genova, monsignor Angelo Bagnasco, quali reputa essere le vere parrocchie di frontiera?

«Non si possono certamente accomunare i Paesi dell’Africa e dell’Asia, nei quali esistono guerre civili e gravi problemi sociali, alla realtà italiana. Non mi stupisco che il sequestro di padre Giancarlo sia avvenuto nelle Filippine. Quello è un Paese di frontiera, considerato terra di missione. Un luogo dove i rischi sono in agguato tutti i giorni».

Come in Brasile, la sua prossima destinazione?

«Certo. Si pensi alle favelas di San Paolo. Qui la gente cresce nella povertà più assoluta e nella violenza».

Non vanno certo messi sullo stesso piano i conflitti internazionali e la lettera destinata a Bagnasco, ma anche questo è sintomo di un disagio, di una ‘battaglia’ contro i simboli della cristianità?

«È un fatto grave, da non sottovalutare. Bisogna chiarire le motivazioni di queste minacce, quali sono le rivendicazioni che stanno dietro. Mancano evidenti motivi per questa presa di posizione nei confronti dell’arcivescovo di Genova».

Ma una cosa accomuna queste due realtà che, con pesi diversi e significati differenti, possono essere definite di frontiera.

«È la fatica, quella apostolica, di annunciare il Vangelo a giovani e adolescenti. Non è una fatica demoralizzante, ma un impegno a lavorare di più perché c’è tanto da fare. Nel nostro Paese non ci sono situazioni di degrado e violenza, ma i ragazzi non hanno più punti di riferimento, hanno perso i valori e l’amore per la famiglia. Sono assaliti da tante proposte e questo fa sì che si sentano sempre più confusi».

Ogni zona può avere, allora, la propria parrocchia ‘difficile’?

«Certo, non si tratta di zone della città malfamate, ma di comunità in cui c’è bisogno di annunciare con forza la parola del Signore».
E lei, a quarant’anni, ha deciso di cominciare questo viaggio?
«Ho lavorato fino a 32 anni nel Centro elaborazione della Borsa di Milano. Poi, nel ’95, ho incontrato un missionario che mi ha aperto il cuore e la mente e così nel ’98 ho cominciato il seminario del Pime».

Ieri la festa in famiglia a Nova Milanese, fra pochi mesi il suo viaggio proseguirà in Brasile, dove molti giovani lo attendono per ascoltare le sue parole...

«Non so ancora in quale missione mi manderanno e di cosa dovrò occuparmi. Ma so ciò che mi piacerebbe fare. Lavorare con i giovani, insegnare loro cosa vuol dire crescere con una giusta e sana spiritualità. Ci sono attività del Pime aperte in Brasile nelle quali gli adolescenti possono imparare a utilizzare il computer oppure le tecniche di stampa. Ma anche frequentare corsi di inglese. Oltre ovviamente ai corsi di fede. Proprio per quelli sono pronto a partire e lasciare la mia famiglia e gli amici che mi hanno accompagnato fino adesso in questo lungo percorso alla scoperta della gente, della fede. Ma prima di tutto alla scoperta di me stesso e di quello che ho dentro. Ora lascio decidere al Signore dove potrò fare del bene».

Quotidiano nazionale, 11 giugno 2007


APPELLO DI BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS: «VI PREGO, LIBERATE TUTTI I PRIGIONIERI»

— CITTÀ DEL VATICANO —

APPRESA la notizia del rapimento di padre Giancarlo Bossi, Benedetto XVI ha lanciato ieri un nuovo appello per la liberazione di tutte le persone tenute sotto sequestro e in particolare per i sacerdoti cattolici. «Rivolgo il mio accorato appello agli autori di tali atti esecrabili — ha detto il Papa dopo l’Angelus — affinchè prendano coscienza del male compiuto e restituiscano al più presto all’affetto dei loro cari quanti tengono prigionieri. Affido le vittime alla materna protezione di Maria Santissima, Madre di tutti gli uomini».

Quotidiano nazionale, 11 giugno 2007

1 commento:

euge ha detto...

E di che tenore sarebbe la solidarietà manifestata a Bagnasco dalle istituzioni e dalla stampa????????????????????????????????? io non ho sentito altro che sminuire la gravità di questi episodi invece di prenderli in seria considerazione; non si può lavarsene le mani tranquillamente dicendo è opera di mitomani!!!!!!!!!! Bisognerebbe piuttosto, approfondire le indagini ed arrivare ad una soluzione ma, già tanto la chiesa può essere attaccata come e quando si vuole tanto porgono sempre l'altra guancia!!!!!!!!!!!!!!!
Eugenia