11 giugno 2007

Rassegna stampa dell'11 giugno 2007


Cari amici, buona settimana :-)
Ecco la prima ondata di articoli odierni. Vorrei manifestare la solidarieta' del blog a Mons. Bagnasco, ancora oggetto di intimidazione, e a Don Giancarlo Bossi, il sacerdote italiano rapito ieri nelle Filippine
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Raffaella

Vedi anche:

Massimo Introvigne risponde al matematico Odifreddi

"Gesu' di Nazaret": Don Silvio Barbaglia contesta l'articolo (scopiazzato) dell'Espresso






«Ti ucciderò». Busta con tre proiettili a Bagnasco

Nuove minacce al presidente della Cei, che dice: sono tranquillo. Il questore: mitomani

Erika Dellacasa

GENOVA — Ha guidato la processione per il Corpus Domini, sabato pomeriggio, camminando in mezzo alla folla sorridente come sempre. Eppure monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova, aveva ricevuto da poche ore l'ennesima minaccia. Una lettera con tre proiettili e minacce di morte. L'ultimo di una serie di atti intimidatori che hanno suscitato la reazione di tutto il mondo politico, dal leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini («non bisogna abbassare la guardia») al presidente della Camera Fausto Bertinotti («Un gesto sconsiderato»). Il ministro della Giustizia Mastella ha espresso la sua «preoccupazione» per l'episodio: «La Chiesa deve poter esprimere la sua opinione».
Nella mattinata di sabato alla Curia di Genova è stata recapitata una lettera con tre proiettili inesplosi di piccolo calibro, probabilmente di carabina. Nella busta anche un foglio scritto a computer, dieci righe di veleno, «minacce di morte» dicono gli investigatori. «Ti ucciderò» scrive l'anonimo che si è firmato con uno scarabocchio. Nessun simbolo, né svastiche né stelle a cinque punte delle Brigate rosse come, invece, comparivano nella precedente missiva minatoria ricevuta da Bagnasco il 27 aprile. Il plico conteneva un bossolo (il residuo lasciato dal proiettile dopo lo sparo), probabilmente un residuato bellico. Ci sono fra la prima e la seconda lettera alcune somiglianze, ma non tutto coincide. Ad esempio la prima è scritta a macchina, la seconda a computer. Però è uguale il centro di smistamento delle Poste, quello dell'aeroporto di Genova. La prima conteneva una foto ritagliata da un quotidiano, la seconda solo un foglio. «Indaghiamo a tutto campo — dice il questore di Genova Salvatore Presenti — ma non c'è allarme. I segnali ci portano a pensare a un mitomane o a un emulatore. È chiaro che non sottovalutiamo l'accaduto».
L'arcivescovo è sotto scorta armata dal 2 aprile, quando sul portale della cattedrale di San Lorenzo era comparsa una grande scritta: «Bagnasco vergogna». Una scorta leggera, poi via via che le scritte si facevano più minacciose sui muri di Genova e di altre città, rafforzata: tre agenti in tre turni e un'auto blindata. Gli «angeli custodi» (da due giorni carabinieri) sono sempre presenti al suo fianco. Lo erano anche durante la processione del Corpus Domini e ieri mattina per la messa in cattedrale. Ma monsignor Bagnasco non ha voluto cambiare nulla del suo programma: «Sono tranquillo» ha ripetuto.
Tutto è iniziato con un intervento sui Dico. Senza limiti e regole etiche — diceva Bagnasco — l'uomo può scivolare fino a ritenere lecita la pedofilia e l'incesto. Da allora il presidente della Cei è diventato un bersaglio. «È intollerabile — ha dichiarato ieri il neo sindaco di Genova Marta Vincenzi — che nella nostra città possano verificarsi atti intimidatori verso una persona che interpreta la propria missione al servizio della cittadinanza e della Chiesa». E ha convocato una riunione di giunta per oggi. Solidarietà al presidente della Cei è stata espressa dai ministri Chiti, Pecoraro Scanio e Parisi. Dura condanna dai Dl, dai Ds e dalla sinistra Democratica; Boselli (Sdi) ha detto che «la Chiesa deve avere libertà di espressione e orientamento». Calderoli (Lega) teme la «creazione dei presupposti per un periodo di tensione» e Bondi (Forza Italia) punta il dito contro «i cascami ideologici».

Corriere della sera, 11 giugno 2007

E i media? Che responsabilita' hanno nell'aver attribuito a Mons. Bagnasco frasi che non ha mai pronunciato?
Riflettano bene i signori dei giornali e della tv...

Raffaella


E l'arcivescovo aggiunge una frase all'omelia «Nelle difficoltà, ci si rivolge alla preghiera»

GENOVA — La cattedrale di San Lorenzo, ieri mattina, era piena: la notizia della lettera di minacce ricevuta dall'arcivescovo — che sarà «promosso» cardinale al prossimo concistoro — aveva fatto il giro della città di prima mattina e i fedeli hanno voluto dimostrare il loro affetto al pastore.
Ha stretto molte mani, monsignor Angelo Bagnasco, percorrendo la navata centrale, ricevuto inviti ad «andare avanti» e rassicurazioni: «Siamo con lei».
Come sempre sereno, senza affrettare un gesto o modificare di una virgola i suoi programmi da tempo stabiliti, il presidente della Cei — che da pochi mesi ha sostituito Ruini — ha celebrato la messa pronunciando solo poche parole non contenute nel testo scritto dell'omelia, ma poche parole significative: «Quando si è nelle difficoltà ci si rivolge alla preghiera, all'adorazione di Gesù». Un accenno discreto alla situazione e un invito ad affrontarla con la preghiera. «Ringrazio tutti della solidarietà. Sono tranquillo», sono le poche parole che ha concesso monsignor Bagnasco. E anche i suoi collaboratori di Curia hanno sottolineato come l'arcivescovo li abbia invitati alla «massima serenità» e soprattutto abbia confermato tutti i suoi impegni. «Non ha assolutamente alcun timore», sottolineano.
Nel pomeriggio l'arcivescovo ha voluto celebrare messa in una parrocchia che festeggiava i suoi 25 anni, la Chiesa del Tabernacolo, nel levante cittadino. Prima di entrare in chiesa ha ricordato, sul sagrato, la grande partecipazione alla processione del Corpus Domini nel centro di Genova sabato pomeriggio. Più di cinquemila persone. «Ne sono stato molto felice — ha detto —. È stato un segnale, una grande testimonianza di fiducia per tutti». Fiducia nell'arcivescovo e nella possibilità di superare questo momento così difficile, restando insieme. Ad attendere il presidente della Cei, sul portale della Chiesa, uno striscione: «Benvenuto monsignor Bagnasco». I fedeli hanno forse cercato di cancellare il ricordo di quella scritta «Bagnasco vergogna» che sul portone della cattedrale di San Lorenzo ha segnato l'inizio di questa stagione di insulti.

Corriere della sera, 11 giugno 2007

Si', ma il Corriere (come Repubblica) non disdegna nemmeno stamattina di pubblicare una foto in cui si leggono gli insulti al Vescovo di Genova...coerenza!
Raffaella


«Spero che non siano attacchi attendibili: altrimenti si mina la convivenza civile»

Luigi Accattoli

ROMA — «È una minaccia totalmente gratuita nel contenuto e nella forma. Non si capisce tanto accanimento, né si riesce a immaginare che cosa miri a ottenere. E non è interpretabile come una presa di posizione. Tendo a considerarla più un'escandescenza che una minaccia»: così l'arcivescovo di Potenza e vice-presidente della Cei Agostino Superbo commenta le nuove minacce al presidente dei vescovi italiani.

Lei non crede che il presidente della Cei corra un vero pericolo...

«Non ho elementi di valutazione, ma spero siano parole e gesti vani. Tocca agli inquirenti valutare. A noi uomini di Chiesa spetta esprimere piena solidarietà al nostro confratello che viene colpito in maniera tanto insensata e aiutarlo così a conservare la serenità che fino a oggi ha dimostrato».

Lei ha parlato con il presidente Bagnasco?

«Oggi no, ma avevo parlato con lui nei giorni dell'assemblea della Cei — con riferimento alle precedenti minacce — e l'avevo trovato sereno, per nulla preoccupato. La tranquillità dell'animo non la diceva solo a parole ma la mostrava con il volto, con l'atteggiamento».

E se invece si trattasse di una vera minaccia?

«Sarebbe terribile per l'Italia: vorrebbe dire che nessuno può esprimere il proprio pensiero, sarebbe minata in profondo la convivenza civile. Perché non si può certo dire che il presidente della Cei abbia espresso un'opinione violenta, un'offesa a qualcuno. Ha detto la posizione della Chiesa. Ognuno di noi la condivide».

Forse le sue parole da qualcuno sono state prese come un'offesa...

«Non ce n'era motivo. Gli sono stati attribuiti — ha detto egli stesso — pensieri mai pensati e parole mai pronunciate. Lo ha chiarito subito. C'è una responsabilità dei media nel riferire. Ci si dovrebbero attenere alle parole pronunciate, senza mescolare ciò che viene detto alla propria interpretazione. Va poi aggiunto che il presidente della Cei parla sempre con umanità e rispetto verso tutti. Il suo stile è evangelico, non ha nulla di fondamentalista o di impositivo».

Che venga minacciato un vescovo è un fatto insolito...

«È una cosa totalmente nuova e anche su questo io baso la mia speranza che il nostro presidente non corra pericoli».

Corriere della sera, 11 giugno 2007

Mons. Superbo ha colto esattamente il punto :-)
Raffaella


Nel Paese dal 1980, è stato costretto a salire su una barca. Appello del Papa

Un missionario italiano rapito dopo la messa

Filippine, sospetti su un gruppo separatista islamico

MILANO — «Padre Bossi è stato portato via da dieci uomini armati che lo hanno fatto salire su un'imbarcazione. Si sospetta che possa essere stato sequestrato da un gruppo separatista islamico». La notizia del rapimento di un sacerdote italiano, Giancarlo Bossi, arriva intorno alle 5 di mattina. Viene dalla polizia filippina ed è confermata da padre Gianni Sandalo, superiore del Pontificio istituto missioni estere nell'enorme arcipelago del sud-est asiatico. È laggiù che è successo.
Padre Bossi, 57 anni, missionario, lavora nel Paese dagli anni '80. Ieri, come ogni domenica, dopo aver celebrato la messa a Payao, la cittadina dell'isola di Mindanao nella quale è parroco, si è mosso verso le altre cappelle cattoliche della zona. Erano da poco passate le 9 e mezzo quando a Bulawan, un villaggio costiero nell'area di Zamboanga Sibugay, è stato costretto da un commando armato a salire su un battello che si è diretto verso le isole vicine, scomparendo.
Per ora non ci sono rivendicazioni, né richieste di riscatto. Ma a Mindanao sono attivi vari movimenti separatisti, ed è a loro che si guarda. Le indagini sono affidate alla Brigata 102 dell'esercito, che collabora con la guardia costiera e la polizia. Uno dei sospettati è Aka Kedie, un dissidente uscito tempo fa dal Milf, il Fronte Islamico di Liberazione Moro (dal dispregiativo con cui venivano chiamati i musulmani ai tempi della dominazione spagnola
ndr). Il Milf, che conta su circa 12 mila membri, è la principale formazione ribelle del sud e dalla fine degli anni '70 si batte per l'indipendenza contro l'esercito di Manila. È lo stesso gruppo che nel 2001 fu ritenuto responsabile del sequestro di un altro missionario italiano, padre Giuseppe Pierantoni, rimasto in ostaggio per 6 mesi. Ma ieri Eid Kabalu, portavoce del movimento, ha negato ogni coinvolgimento: «I rapitori non sono del Milf. Siamo pronti ad aiutare le autorità filippine».
Padre Bossi è nato a Castelletto Mendosio, una frazione di Abbiategrasso, in provincia di Milano. Ad eccezione di una parentesi di tre anni, fra il '96 e il '99, è dal 1980 che dedica la vita al lavoro di missionario nelle Filippine. Laggiù lo chiamano il «gigante buono». Per la corporatura massiccia e per i modi. «È vero, è molto amato — dice padre Sandalo —. Perché è tranquillo, silenzioso, in un certo senso "essenziale". Parla poco e lavora molto. Uno dei suoi sogni era vivere in un villaggio, come testimone della radicalità del Vangelo: voleva fare il contadino. Ma a febbraio gli è stato proposto di tornare a Payao, dove aveva già lavorato per tre anni nei primi tempi della sua missione qui, e lui ha rinunciato a ciò che sognava per riprendere a occuparsi dei poveri». Ieri a San Pietro, nel corso dell'Angelus, Benedetto XVI ha rivolto un appello a chi nel mondo «per diversi motivi» tiene persone sotto sequestro. Il pontefice ha citato in particolare la Colombia e — senza fare riferimento alle notizie da Manila — i rapimenti di sacerdoti cattolici.
Padre Bossi è il terzo religioso italiano vittima di un sequestro nelle Filippine negli ultimi dieci anni. «Non era stato minacciato e non aveva nemici — assicura il suo superiore —. Ed era stato proprio lui, circa un mese fa, a dirmi che era tranquillo per il suo operato a Payao». La maggior parte dei 90 milioni di abitanti delle Filippine sono cattolici. I musulmani sono meno del 5% e vivono quasi tutti nel sud dell'arcipelago, la zona più povera del Paese. Lì si trova l'isola di Mindanao, e sempre lì negli anni '70 è nato il movimento separatista armato. Da allora i morti sono stati 150 mila. Oltre al Milf nelle Filippine è attivo il movimento islamico armato di Abu Sayyaf (i «portatori di spade»), considerato la branca locale di al-Qaeda. E nel Mindanao operano anche bande di pirati e formazioni separatiste minori, che spesso compiono rapimenti per finanziare acquisto di armi e addestramento dei guerriglieri.
Ad Abbiategrasso la vecchia madre di Giancarlo Bossi e la sorella, sposata, mamma anche lei, aspettano notizie: «Siamo fiduciosi, lui sa trattare con le persone».

Corriere della sera, 11 giugno 2007


Nuove minacce a Bagnasco una busta con tre proiettili

Il presidente della Cei: "Mi sento tranquillo"

Sotto tiro il vescovo di Genova Sul foglio scritto al computer una firma scarabocchiata
Solidarietà dai poli. Bertinotti: "Gesto sconsiderato". Casini: spia di un´intolleranza profonda


MARCO PREVE

GENOVA - «Caro monsignore intanto vi ho mandato questi proiettili, in seguito provvederò io personalmente a recapitarglieli». E´ questo il messaggio, su un foglio dattiloscritto formato A4, che accompagnava, dentro una normale busta, tre proiettili di carabina calibro 22. Il destinatario è ancora una volta monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana e vescovo di Genova. Un´intimidazione fotocopia a quella del 27 aprile scorso, quando la lettera di minaccia conteneva un solo bossolo.
Le tre pallottole sono arrivate nella segreteria della curia genovese alle 14.30 di sabato pomeriggio. Monsignor Bagnasco si apprestava a celebrare nella vicina piazza di San Lorenzo il Corpus Domini, anticipato di un giorno per evitare la concorrenza della partita di calcio Genoa-Napoli. Il suo segretario e gli altri collaboratori, da quando l´alto prelato è finito nel mirino di chi - attraverso semplici scritte sui muri oppure con gesti di vera intimidazione - contesta le sue dure posizioni tema di famiglia e libertà sessuale, sono abituati ad eseguire un primo filtro della posta. Si sono così subito accorti che la busta era a rischio. Da lì l´intervento degli agenti della Digos e dei carabinieri cui spetta da qualche giorno il turno di scorta a Bagnasco.
Lettera e proiettili sono ora nei laboratori della polizia scientifica. Sarebbe stata spedita nei pressi dell´aeroporto e poi smistata dal centro meccanizzato postale di Brignole. Sul foglio compare anche una firma scarabocchiata con nome e cognome, ma il firmatario, in base alle verifiche fatte dagli inquirenti, sarebbe inesistente. Nessuna sigla, né simboli o riferimenti politici o religiosi. Ma anche se il questore di Genova, Salvatore Presenti, smorza i toni e parla «dell´opera di un mitomane che non comporterà cambiamenti nella strategia di custodia dell´arcivescovo», negli ambienti investigativi c´è preoccupazione. Non tanto per una vera e propria minaccia terroristica, quanto per l´impresa di qualche invasato. Il vescovo, ai fedeli che gli si sono stretti attorno al termine della celebrazione della messa per il Corpus Domini nella cattedrale di San Lorenzo si è limitato a dire «mi sento tranquillo, vi ringrazio per la vostra solidarietà e vicinanza». Poi nell´omelia ha sottolineato che «nei momenti difficili e di sconforto bisogna ricorrere alla preghiera e all´adorazione di Gesù». La Curia ha fatto sapere che «l´arcivescovo è molto sereno e ha fiducia nelle autorità civili che seguono questa situazione: si tratta di atti spiacevoli, ma il governo della Chiesa procede con le sue consuete modalità, senza che questo possa turbare il suo normale svolgimento».
Al presidente Cei sono arrivate numerosi attestati di solidarietà. A cominciare dal presidente della Camera Fausto Bertinotti che ha condannato «un gesto tanto sconsiderato» e ha espresso «i sentimenti della mia più viva ed intensa solidarietà». Parole analoghe da tutto il mondo politico e dal neo sindaco di Genova Marta Vincenzi. Il ministro della giustizia Clemente Mastella ha ribadito «il diritto e il dovere della Chiesa di esprimere la propria opinione sui temi cari al suo magistero». Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, ha sottolineato che «la libertà non ha aggettivi e quella religiosa ne è parte essenziale e inseparabile». Il ministro per l´Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio ha parlato di «gesti violenti e vili che avvelenano la democrazia». Nel centrodestra Pier Ferdinando Casini dell´Udc invita a non sopravvalutare queste intimidazioni. «Non otterranno alcun effetto concreto, ma sono comunque la spia di un´intolleranza profonda e di una presenza di frange violente e anticattoliche». Minacce che per Sandro Bondi di Forza Italia «dimostrano il riemergere di cascami ideologici che non vanno sottovalutati e che richiedono un impegno solidale di tutte le forze politiche democratiche».

Repubblica, 11 giugno 2007


IL RETROSCENA

Gli investigatori convinti dell´esistenza di episodi emulativi dopo le prime minacce

Il Viminale non crede al terrorista "Un mitomane, ma pericoloso"

S´è rivolto a Bagnasco con "monsignore", un tipo di linguaggio che non è riconducibile alle organizzazioni antagoniste

ALBERTO CUSTODERO

ROMA - Un mitomane anticlericale e di una certa età, fortemente condizionato - fino ad emularla - dalla campagna di minacce contro l´arcivescovo di Genova, monsignor Angelo Bagnasco, divampata il 2 aprile dopo che il presidente della Cei si scagliò contro i Dico. È, questo, l´identikit psicologico che il Viminale sta tracciando dell´autore delle due lettere minatorie (la prima il 27 aprile, con un proiettile, la seconda, l´altro giorno, con tre), spedite all´alto prelato di Genova.
Il sospetto degli investigatori del ministero dell´Interno - nonostante alcuni elementi di differenziazione - è che l´autore delle ultime minacce di morte contro il presidente della Cei possa essere lo stesso che un mese e mezzo fa aveva mandato un´analoga missiva, con una pallottola calibro 9 accompagnata da una svastica scritta su una lettera. L´elemento che unifica le due missive è, in particolare, la loro provenienza: entrambe, infatti, sono state spedite da Genova. Che possa trattarsi del gesto di uno sconsiderato spiega anche la linea di profilo basso, anzi bassissimo, della Cei, la cui parola d´ordine è «non enfatizzare» per evitare di fare il suo gioco.
Ad avvalorare la tesi del Viminale che si tratti dell´azione di un mitomane sono, poi, alcune considerazioni investigative. Innanzitutto, la mancanza di una rivendicazione, come avviene in genere in casi di minacce provenienti dalla galassia anarco-insurrezionalista, oppure da quella eversiva. Nessuna sigla ha firmato le lettere di minacce in calce alle quali c´era solo uno scarabocchio illeggibile. Chi ha mandato i proiettili alla Curia genovese nei giorni scorsi ha scritto le minacce («io ti ucciderò», «la prossima volta i proiettili te li porterò di persona»), rivolgendosi al presidente della Cei con il titolo di «monsignore», un tipo di linguaggio, questo, del tutto unico e non riconducibile alle organizzazioni antagoniste che talvolta, accanto alle minacce a Bagnasco, hanno disegnato la stella a cinque punte delle Brigate Rosse.
Nella precedente lettera del 27 aprile, inoltre, le parole erano vergate in stampatello, con errori ortografici, i simboli come la croce uncinata erano tracciati da mano incerta. Sono tutti elementi, questi, che, secondo la polizia denuncerebbero una certa «confusione mentale» di chi ha inviato all´arcivescovo di Genova le lettere con i proiettili. Gli esperti della Polizia Scientifica stanno analizzando in queste ore i tre bossoli, anche se dalla perizia balistica non ci si aspetta molto visto che l´esame del precedente bossolo - quello del 27 aprile - non aveva rivelato nulla di significativo alle indagini.
Ma il fatto che l´autore delle minacce di morte sia un mitomane non significa, ovviamente - spiegano al Viminale - che il pericolo sia da sottovalutare. Anzi, al contrario, trattandosi forse di una persona instabile, potrebbe essere molto pericoloso. La scorta di cui già usufruisce oggi l´alto prelato, tuttavia, è ritenuta sufficiente per tutelarlo anche da questo rischio e per ora non sono previsti aumenti di misure di protezione oltre a quelle disposte dalla Questura di Genova che comprendono, fra l´altro, la presenza di agenti di scorta durante la celebrazione della messa.
Sulle minacce al presidente della Cei aveva relazionato in parlamento, qualche settimana fa, il ministro dell´Interno Giuliano Amato. E già in quella occasione il ministro - sulla base delle analisi della polizia sul contenuto dei messaggi minatori indirizzati al capo della Conferenza episcopale - aveva tracciato una netta distinzione fra minacce concrete, ed episodi emulativi.
«Da un lato - aveva spiegato il titolare del Viminale - si rileva nei messaggi contro monsignor Bagnasco la traccia della galassia dell´anarco-insurrezionalismo. Dall´altro, si è scatenato un fenomeno imitativo da parte di persone o gruppi che, con una finalità ignobile, fanno da coro a questa vicenda». E fra questi imitatori - ne sono convinti al Viminale - potrebbe esserci anche il mitomane che ha scritto a Bagnasco «caro monsignore, intanto vi ho mandato questi proiettili».

Repubblica, 11 giugno 2007


Prete italiano sequestrato nelle Filippine

Sospetti su un gruppo islamico. Il Papa: libertà per gli ostaggi in tutto il mondo

La fuga su un battello I separatisti musulmani del Milf: non siamo stati noi
Assalito da un commando di dieci uomini mentre andava a celebrare la messa
Originario di Abbiategrasso padre Giancarlo Bossi era nel paese asiatico dal 1980

DAVIDE CARLUCCI

DAL NOSTRO INVIATO
ABBIATEGRASSO - «Se fanno qualcosa a mio fratello dovranno fare i conti con la gente del posto: lì è amato da tutti... «. Giuseppina Bossi, sorella di padre Giancarlo, il missionario di Abbiategrasso rapito nelle Filippine, è in apprensione ma è fiduciosa. Suo fratello, il "gigante buono", come lo chiamano tutti, è stato rapito ieri mattina prima che andasse a celebrare la messa vicino al villaggio di Bulawa, nella provincia di Zamboanga Sibugay. Lo hanno fatto salire su un battello e da allora di lui si è persa ogni notizia: non ci sono state rivendicazioni né richieste di riscatto. Con il pensiero rivolto anche a lui, ieri il Papa ha rivolto un appello «a quanti nel mondo, per diversi motivi», tengono persone sotto sequestro affinché «prendano coscienza del male compiuto e restituiscano al più presto all´affetto dei loro cari quanti tengono prigionieri».
Su chi siano i rapitori le notizie sono ancora vaghe. Si è pensato al Fronte moro islamico, il Milf, ma il portavoce del movimento, Eid Kabalu, ha negato ogni coinvolgimento. «Siamo pronti a offrire tutto il nostro aiuto alle autorità filippine», ha anzi aggiunto. La polizia filippina sospetta che c´entri il gruppo di Aka Kedie, capo rinnegato del Fronte islamico di liberazione, o i terroristi islamici di Abu Sayyaf, che pure operano nella regione. Secondo il superiore del Pontificio istituto missioni estere nelle Filippine, padre Giuseppe Sandalo, il rapimento potrebbe anche essere opera di pirati, ma «questi assaltano le barche dei pescatori rubando loro materiali e denaro, non scendono mai a terra». I militari hanno stabilito un coordinamento stretto con la polizia. Ma per ora ci sono solo ipotesi. E Marcello Bossi, il fratello del missionario rapito invita alla prudenza: «Chiunque sia stato, non criminalizziamo un popolo, non inventiamo guerre di religione. Quando siamo stati a trovare Giancarlo, abbiamo frequentato sia famiglie cattoliche che mussulmane: lui aveva ottimi rapporti con tutti».
A Castelletto Mendosio, la piccola frazione di Abbiategrasso dove padre Giancarlo è cresciuto, la notizia del sequestro è arrivata alle otto del mattino prima della messa nella chiesa di Sant´Antonio Abate. A riferirla al parroco è stata, in lacrime, la sorella Giuseppina. E quando don Rinaldo Gipponi lo ha riferito in chiesa, molti sono scoppiati a piangere. All´anziana e sofferente madre, invece, non hanno ancora detto nulla. Sebbene sia in missione nelle Filippine dal 1980, infatti, padre Giancarlo è ancora considerato uno del paese, un amico di tutti, a Castelletto. «Venendo da un posto di campagna come questo - racconta Carla Boverio, una signora che frequenta l´oratorio - è rimasto molto attaccato alla terra. L´ultima volta che è arrivato qui ha detto, durante la messa, di essere stato chiamato a fare una scelta, se dedicarsi a una parrocchia o tornare in mezzo ai contadini. Il richiamo è stato troppo forte... «.
Un compagnone gioviale e alla mano, padre Giancarlo. Quando torna ad Abbiategrasso - l´ultima volta è successo a Natale - cura l´orto di famiglia e ritrova i suoi amici d´infanzia, il panettiere, il geometra, l´impiegato di banca, Lorenzo, l´amico del cuore. «Con lui abbiamo organizzato tante di quelle feste, da ragazzi», racconta Carlo. E poi le gite sul fiume o sul Naviglio, a pescare o a prendere le rane, «da ragazzi si faceva per fame, ora si fa per tornare ai vecchi tempi». La vocazione è arrivata dopo le superiori all´istituto tecnico industriale e il servizio militare. «Già nel ‘68, ci trascinò in Piemonte, per fare i volontari in un paese alluvionato, lui da solo bastava per tre - racconta Alberto Sfondrini, pensionato - Poi sentì il bisogno di approfondire la sua passione nell´aiuto degli altri».
Un eterno ragazzo, tutto pacche sulla spalla e generosità. Sportivo - gioca a calcio e basket - e tifoso del Milan. L´ultima volta che è tornato dalle Filippine, però, gli amici del paese lo hanno trovato «stanco, come se se la sentisse che non doveva tornare lì». Ma padre Piero Gheddo, del Pime di Milano, è ottimista: «Andrà finirà bene, com´è successo in passato. Ma il problema è la fatica del missionario: immaginate cosa significhi per un uomo anziano dover trascorrere giorni e notti in una foresta mangiando quel che capita...».

Repubblica, 11 giugno 2007


IL CASO

Dall´Arabia alla Cina, dal Guatemala all´Iraq, la mappa dei paesi dove missionari e credenti sono sotto attacco

Torture, persecuzioni e minacce quei cristiani che rischiano la vita

ORAZIO AL ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - La Chiesa cattolica - su invito di papa Ratzinger - ieri è stata sollecitata a «pregare» per i martiri e i perseguitati a causa della fede cristiana del terzo millennio. La stessa preghiera era stata più volte promossa dal predecessore di Benedetto XVI, Giovanni Paolo II che aveva persino istituito nel Grande Giubileo del 2000 una giornata per le vittime a causa della Chiesa, «di ieri e di oggi», con particolare attenzione «ai martiri del XX secolo». Come dire, due papi - Wojtyla e Ratzinger - davanti al dramma di quei cristiani che per restare fedeli alla Chiesa sono disposti a perdere la vita, a subire torture, sequestri, maltrattamenti, oppressioni.
Si tratta di un ideale elenco, quasi interminabile, di vittime che si arricchisce anno dopo anno con l´inserimento di anonimi missionari, suore, sacerdoti, catechisti, semplici volontari. Una ideale striscia di dolore e di sangue che tocca quasi tutti i continenti, ma in particolare le zone più a rischio di Africa, Asia, Medio Oriente e America Latina.
Il rapimento del religioso italiano, padre Giancarlo Bossi, missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere), avvenuto nelle Filippine, è solo l´ultimo caso in ordine di tempo, preceduto appena 6 giorni fa dall´assassinio di un sacerdote e di tre diaconi, uccisi da estremisti islamici a Mosul, nel nord dell´Iraq, davanti alla loro chiesa, dopo la celebrazione della Messa. È stata una vera e propria esecuzione, secondo l´agenzia stampa missionaria Asianews del Pime diretta da padre Bernarde Cervellera, che denuncia: «È solo uno dei tanti episodi di violenza contro la comunità cristiana irachena vittima sia degli estremisti che del conflitto». Una situazione resa ancora più drammatica «dal silenzio che circonda lo stato in cui versano le comunità cristiane irachene», lamenta l´arcivescovo Athanasios M.Matoka, capo della Chiesa di Antiochia dei siri cattolici di Baghdad, in un appello consegnato alla regista Elisabetta Valgiusti, l´unica donna che finora sia riuscita a visitare le comunità cristiane irachene per realizzarvi un reportage dedicato ai siti storici caldei minacciati dalla guerra e dagli estremisti dal titolo "Salvaimonasteri". «I cristiani iracheni e la gente comune vivono in una situazione miserabile, non si fa niente per impedire questi massacri, è tempo di fermarli, altrimenti i cristiani iracheni saranno cancellati insieme a tutto il nostro paese », chiede il vescovo M.Matoka.
Ma la situazione dei cristiani iracheni non è molto differente dai cristiani del Bangladesh o del Pakistan, dove i seguaci di Cristo che manifestano la loro fede vengono condannati per aver «offeso» Maometto. Secondo l´ultimo "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo" pubblicato nel 2006 dall´organizzazione cattolica "Aiuto alla Chiesa che soffre", la situazione è particolarmente grave anche per i cristiani dell´India (nel 2005 ci sono state oltre 200 aggressioni), ma pure per i cattolici della Cina e della Corea del Nord e, a causa della spinta dell´estremismo islamico, nelle Filippine e nel Medio Oriente. Situazioni altrettanto difficili per i cristiani d´Egitto, della Nigeria, dell´Uganda e dei paesi del Centro America. Un elenco dei missionari uccisi lo pubblica Fides, l´egenzia di Propaganda Fide, dicastero vaticano per le missioni estere. Nel 2006 i religiosi uccisi nel mondo sono stati 24, altrettanti nel 2005; nel 2004 furono 10 di meno, nel 2003, 21. Nel 2001 e nel 2000, i missionari uccisi furono rispettivamente 31 e 32. Cifre più o meno costanti nel decennio ´90. «È un prezzo altissimo pagato da uomini di Chiesa, che dedicano la loro vita agli altri, ai più poveri. Un tributo di fede e di sacrifici che missionari, missionarie, sacerdoti e vescovi offrono spontaneamente per rispondere coerentemente alla fede di Cristo», commenta il direttore di Fides Luca Demata.

Repubblica, 11 giugno 2007

2 commenti:

euge ha detto...

Come sempre Raffaella la tua analisi è giusta.......Io non solo esprimo la mia solidarietà a Mons. Bagnasco ma, esprimo disappunto e risentimento per tutti quei giornali e giornalisti che senza un minimo di criterio, hanno messo in bocca a Bagnasco frasi mai pronunciate; non solo questo aver manipolato il discorso del Presidente della CEI, consapevoli di creare altro astio contro la Chiesa ed i suoi inseganmenti. Per non parlare dei commenti assurdi di Bertinotti e di qualche altro loro " compagno ".
E' inqualificabile ed inaccettabile in un paese che dovrebbe essere civile, l'attacco a cui è sottoposta la chiesa giornalmente! se questa non è dittatura ditemi cos'è forse mi è sfuggito qualcosa!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Eugenia

Anonimo ha detto...

Fu "Repubblica" la peggiore, perché giunse a distorcere completamente il senso filosofico di un interessante discorso di monsignor Bagnasco. Quest'ultimo si pose il grave problema del criterio di distinzione morale, ossia del criterio in base al quale distinguere il bene ed il male, mettendo anche in evidenza i concreti rischi derivanti dall'assenza di un criterio oggettivo.
Ebbene, "Repubblica" fece un'operazione di bassissimo profilo, da denuncia penale (posso ben dirlo, io lessi l'intero discorso del monsignore e ne compresi il significato).
Da lì partirono anche disgustosi commenti sul web, commenti di persone che non avevano letto neppure una riga di quel discorso, e che ottusamente e acriticamente si affidarono a quello sciagurato giornale.
Ed ecco ora il risultato di tanta malafede: monsignor Bagnasco minacciato.
Però certi giornalisti neppure se ne vergognano.