2 giugno 2007

Video BBC: lo speciale di Avvenire


Vedi anche:

Rassegna stampa del 2 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 2 giugno 2007 (1)

Gli articoli che i vaticanisti non hanno scritto...

Guardate un po' che cosa ho trovato (Gli articoli che i vaticanisti non hanno scritto 2)

SPECIALE: Il documentario della BBC dice il falso: ecco le prove!


Parole, parole

Quante «gaffe» in quel documentario

di Andrea Galli

Il documentario della Bbc è tendenzioso nell’impianto, falso in diversi punti, volto a offrire al telespettatore un quadro volutamente distorto del problema. In particolare:

– Presenta quattro storie estreme di sacerdoti accusati di abusi su minori, enfatizzandole, se possibile, con il racconto di dettagli disgustosi. Il che punta a suscitare il maggior sdegno possibile e contemporaneamente a far passare i quattro casi come esemplificativi del problema delle molestie sessuali su minori da parte di membri del clero. Il che è, da una parte, esagerato e, dall’altra, fuorviante.

– Nulla dice - neppure un accenno - sul problema della false accuse a sacerdoti e religiosi: è noto infatti che non si tratta di un fenomeno marginale, con l’inclusione di vicende sconvolgenti sulle quali altrove - vedi in Irlanda il caso di Nora Wall - si sta iniziando ad aprire gli occhi, anche per il clima di isteria ingeneratosi ai danni della Chiesa.

– Nulla dice inoltre del problema, ampiamente dibattuto in Usa e non solo, delle "recovered memories", ossia dei ricordi fatti affiorare nelle presunte vittime, in sedute psicoterapeutiche 20 o 30 anni dopo l’"accaduto", riguardo ad abusi subiti nell’infanzia e poi "rimossi". Si tratta di fonti di accusa ormai screditate dalla gran parte degli esperti, ma che hanno dato il via, tra gli anni ’80 e ’90, a numerosissime cause penali. Per quale obiettivo, è facile intuire.

– Nulla dice, appunto, delle enormi speculazioni economiche condotte in Paesi come gli Usa sul grave problema degli abusi sessuali. Facendo leva infatti sul sentimento di esecrabilità che per fortuna circonda questi delitti, in realtà si procede con l’attribuzione di episodi non documentabili a esponenti della Chiesa, individuata come ottima "mucca da mungere". Ovvero del boom di cause civili di risarcimento intentate contro una o l’altra diocesi, per fatti risalenti a 20, 30 o 40 anni prima, dove nel frattempo l’accusato è spesso addirittura deceduto.

– Lascia intendere che l’istruzione Crimen Sollicitationis (1962) avesse come oggetto la pedofilia, mentre trattava degli abusi collegati al sacramento della confessione, allorquando il sacerdote confessore approfitta della propria situazione per intessere relazioni sessuali con le o i penitenti. Un solo paragrafo cita il caso della pedofilia.

– Attribuisce alla stessa istruzione l’obiettivo di coprire gli abusi di sacerdoti su minori, imponendo su questi abusi una rivoltante coltre di segretezza, tale per cui chi rompe il segreto avrebbe comminata la pena della scomunica immediata. È vero invece l’opposto: il paragrafo 16 impone alla vittima degli abusi di «denunciarli entro un mese»; il paragrafo 17 estende l’obbligo di denuncia a qualunque fedele cattolico che abbia «notizia certa» degli abusi; il paragrafo 18 precisa che chi non ottempera all’obbligo di denuncia «incorre nella scomunica», da cui non può essere assolto fino a quando non abbia rivelato quello che sa o abbia seriamente promesso di farlo. Dunque non è scomunicato chi denuncia gli abusi ma, al contrario, chi non li denuncia. L’istruzione disponeva che i relativi processi si svolgessero a porte chiuse, a tutela della riservatezza delle vittime.

– Presenta come un documento segreto la lettera De delictis gravioribus, firmata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger in qualità di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede il 18 maggio 2001, quando la lettera fu subito pubblicata negli Acta Apostolicae Sedis e figura da allora sul sito Internet del Vaticano.

– Lascia intendere al telespettatore che quando la Chiesa afferma che i processi relativi a certi delicta graviora, tra cui alcuni di natura sessuale, sono riservati alla giurisdizione della Congregazione per la Dottrina della Fede, intende con questo dare istruzione ai vescovi di sottrarli alla giurisdizione dello Stato e tenerli nascosti.

De delictis gravioribus e Sacramentorum sanctitatis tutela (la lettera apostolica firmata da Giovanni Paolo II e di cui la Delictis gravioribus costituisce il regolamento di esecuzione) in realtà si occupano di fissare la competenza ecclesiastica su questa materia non ad un ufficio qualunque ma alla più importante Congregazione, quella per la Dottrina della fede, la quale agisce in questi casi in «in qualità di tribunale apostolico».

In sostanza, questi documenti non si occupano affatto – né potrebbero, vista la loro natura – delle denunce e dei provvedimenti dei tribunali civili degli Stati. Quando i due documenti scrivono che «questi delitti sono riservati alla competenza esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede» la parola «esclusiva» significa «che esclude la competenza di altri tribunali ecclesiastici» e non - come vuole far credere il documentario - che esclude la competenza dei tribunali degli Stati. Le due lettere dichiarano fin dall’inizio la portata e l’ambito proprio, che è quello di regolare questioni di competenza interna all’ordinamento giuridico canonico. L’ordinamento giuridico degli Stati semplicemente qui non viene evocato, perché è scontato che agisca secondo i propri canoni, sui quali nulla può e nulla potrebbe l’autorità ecclesiastica.

– La De delictis gravioribus, come già la Crimen sollicitationis, in nulla nega il principio secondo cui – fatto salvo il segreto della confessione – chi nella Chiesa venga a conoscenza di un reato giustamente punito dalle leggi dello Stato ha il dovere di denunciarlo alle autorità competenti. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica le autorità civili hanno diritto alla «leale collaborazione dei cittadini» (n. 2238): «la frode e altri sotterfugi mediante i quali alcuni si sottraggono alle imposizioni della legge e alle prescrizioni del dovere sociale, vanno condannati con fermezza, perché incompatibili con le esigenze della giustizia» (n. 1916).

– In generale, il documentario insinua a più riprese, specie nelle immagini ripetute e incombenti, una volontà e responsabilità di Joseph Ratzinger e del «Vaticano» nel coprire gli abusi dei sacerdoti, quando i pronunciamenti e i documenti su questa materia, a firma di Giovanni Paolo II prima e di Benedetto XVI poi, provano esattamente il contrario.

Avvenire, 2 giugno 2007


Il caso pedofilia

Che fatica capire nel salotto di Annozero

di Andrea Galli

«La verità non può che fare bene alla Chiesa», diceva grosso modo, a un certo punto della trasmissione, un giovane giornalista presente in sala. Giusto. Ovvio. Solo che la «verità», nella puntata di giovedì sera di Annozero – RaiDue, titolo «Non commettere atti impuri» e come tema la pedofilia nella Chiesa – è sembrata l’ospite più citata, riverita e blandita, ma anche l’unica a essere tenuta cortesemente fuori dallo studio. Forse per evitare che disturbasse un quadro espositivo preparato, secondo un Michele Santoro più vellutato del solito, in una settimana di intenso lavoro.

E a tener fuori dagli studi di Saxa Rubra la Somma Invitata non è stata certo la testimonianza toccante e sconcertante degli ex-parrocchiani di don Lelio Cantini a Firenze, vittime di un uomo indegno che, riconosceva monsignor Rino Fisichella, «non sarebbe mai dovuto diventare prete». Né è stata, appunto, la testimonianza dello stesso Fisichella e di don Fortunato di Noto – entrambi sul banco virtuale degli imputati – i quali, come ha detto ieri padre Federico Lombardi, portavoce della Sala stampa vaticana, hanno dimostrato che «nella Chiesa c’è la forte volontà di guardare in faccia i problemi con obiettività e di affrontarli con lealtà», e che «c’è chi si impegna con competenza e dedizione sul fronte della lotta alla pedofilia conoscendone assai meglio la natura e le dimensioni di quanto non risulti da prospettive condizionate dalle tesi antiecclesiali».

A tenere sull’uscio madame Vérité non è stato neppure, ci pare, l’intervento del giovane delle Acli, che ha ricordato un particolare che sarebbe altrimenti passato quasi inosservato, pur in due ore di conversazione: e cioè che questa spasmodica, improvvisa passione per il destino delle vittime di abusi sessuali compiuti da religiosi o sacerdoti, passione esplosa pochi giorni dopo il successo del Family Day, suona – come dire – leggermente pretestuosa; e che per fare un buon servizio all’informazione, anche su un tema scelto con dubbio tempismo, non basta buttare sul piatto fatti o numeri scelti ad arte. Conta anche come li si racconta.

A tenere a distanza Madame V., e soprattutto fuori dai teleschermi di milioni di italiani, è stato anzitutto il documentario della Bbc «Sex Crimes and the Vatican», che la lieve limatura operata da Santoro non ha attenuato nella carica calunniosa verso Joseph Ratzinger. A partire da un momento simbolico: le immagini di Benedetto XVI al balcone della Basilica di San Pietro dopo l’annuncio della sua elezione a Pontefice, inserite tra le accuse di copertura di crimini pedofili rivolte alle massime autorità della Chiesa. Un video, quello della Bbc – per citare ancora il commento di padre Lombardi –, «animato da una sensibilità ferita», che «tratta fatti drammatici in un quadro di prospettiva evidentemente parziale, e diventa gravemente ingiusto quando appunta le sue critiche sulle motivazioni di documenti ecclesiali di cui viene svisata la natura e la finalità, e quando prende di mira la figura del cardinale Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI».

Madame V. è stata fatta aspettare fuori dal salotto di Annozero, un piede dentro e uno fuori, anche dall’opportuno cambio di discorso, quando don Fortunato di Noto ha proposto di leggere i casi di abusi nella Chiesa alla luce di quello che è il reale, allarmante fenomeno della pedofilia – sul cui sfondo il problema "quantitativo" del coinvolgimento di sacerdoti e simili scomparirerebbe – e soprattutto alla luce delle sue radici culturali: una pista che porterebbe ben lontano dall’ambito ecclesiale, diciamo pure ai suoi antipodi, e assai vicino ad altri ambienti, di cui forse è poco conveniente parlare. O dai quali è solo più difficile avere un ritorno immediato di share e di "immagine".

Anche l’enfasi, pur doverosa, anzi sacrosanta, sul caso di Firenze, accompagnata però dal silenzio su un caso freschissimo come quello di don Marco Dessì – il missionario condannato nei giorni scorsi a 12 anni di carcere per abusi sessuali perpetrati in Nicaragua, e per il cui arresto le autorità ecclesiastiche hanno ricevuto il riconoscimento pubblico di Marco Scarpati, l’avvocato difensore delle vittime – ha finito per assumere un sapore strumentale che non meritava.
Ora che dire, spento il teleschermo e archiviata una puntata santoriana migliore del solito nel tono del dibattito, ma non dissimile ad altre quanto a parzialità e forzature nel trattare vicende ecclesiali? E pensando ai peccati, alle colpe anche immonde di cui cui si sono macchiati uomini di Chiesa, al dolore che hanno causato? Forse solo che tornano alla mente le parole che affidò anni fa a Vittorio Messori un grande intellettuale ateo come Leo Moulin, per mezzo secolo docente di storia e di sociologia all’Università di Bruxelles. «Il capolavoro della propaganda anticristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza; a instillargli l’imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro storia... da tutti vi siete lasciati presentare il conto, spesso truccato, senza quasi discutere. Non c’è problema o errore o sofferenza della storia che non vi siano stati addebitati. Invece io, agnostico ma storico che cerca di essere oggettivo, vi dico che dovete reagire, in nome della verità. Spesso, infatti, non è vero. E se talvolta del vero c’è, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre. Ma poi: perché non chiedere a vostra volta il conto a chi lo presenta a voi? Sono forse stati migliori i risultati di ciò che è venuto dopo? Da quali pulpiti ascoltate, contriti, certe prediche?». Già, da quali pulpiti.

Avvenire, 2 giugno 2007


Terribile effetto del transfert televisivo

Se la macchia del sospetto lambisse tutti i preti

di Marina Corradi

Annozero l’altra sera era un processo. C’era l’accusa, sostenuta dall’autore dell’inchiesta della Bbc e da Santoro, cui i panni dell’inquisitore sono cari. C’era, per decenza dell’informazione, la difesa. E c’erano gli imputati. Che erano – fatale il combinato disposto: mezzo televisivo e malizia giornalistica – i preti. Non solo i preti colpevoli di pedofilia, ma i preti tout court. L’intento di quella trasmissione lanciata sugli italiani alle nove di sera era di insinuare il dubbio che, in fondo, è rischioso fidarsi dei preti. Nonostante l’insistere retorico sui casi singoli, è una categoria a trovarsi sospettata. A noi che ascoltavamo, tuttavia, sono venuti in mente i preti che abbiamo conosciuto in questi anni, in Italia o nei posti più lontani del mondo.

Vorremmo spendere una parola su di loro. Sul parroco di uno sperduto paese delle montagne piemontesi, da dove tutti se ne erano andati, e solo quel sacerdote ottantenne era restato a dir messa per i pochi rimasti, vecchi come lui. Con però nello sguardo una pace singolare, quando diceva: «Sa, se Dio mi chiamasse domattina, io sono pronto, vado via contento». E in quel villaggio svuotato, il vecchio in pace trasformava l’abbandono in un’attesa.

Oppure ci viene in mente il giovane sacerdote brianzolo, che nei giorni della strage di Erba rifletteva sulla sua gente: sui figli a dodici anni già spesso inclini all’arroganza, sugli adulti ansiosi di dirsi gente a posto, del tutto estranea alla violenza scoppiata all’improvviso in una cittadina di lavoratori. In quella Brianza indignata, un uomo guardava con passione e pietà la sua gente, ed era un prete.

Ci vengono in mente, anche, alcuni ragazzi da poco ordinati e partiti in missione: per Taiwan, nel desiderio di parlare di Cristo all’altro capo del mondo, o per Budapest, a ritrovare la memoria di un Dio cancellato. Ci viene in mente il prete italiano incontrato a Banda Aceh, sfinito, e grigio della polvere di chi da giorni scava nelle macerie e benedice i morti, «cristiani e musulmani, ci penserà il Padreterno», diceva con il suo benigno accento romagnolo. E, ancora, il vecchio comboniano tornato a casa a morire, dopo cinquant’anni in Africa. Che dal suo letto di malato terminale ci raccontò di quel giorno che i guerriglieri lo rapinarono nella savana, e scontenti dei quattro soldi del bottino gli puntarono contro i fucili. E lui, così mingherlino, d’improvviso se ne venne fuori a dire, fiero: «Ammazzatemi pure, ma io ho vissuto più di tutti voi». Al che la soldataglia, credendolo un povero matto, lo lasciò tornare al suo villaggio, a curare i morti di fame nel nome di Cristo – a vivere, in realtà, «più di tutti».

E poi, ancora, quel Fratel Ettore che a Milano, nei sotterranei della Stazione Centrale, aveva messo su un rifugio per disgraziati, clandestini, curdi in fuga verso incerti destini. A tutti dava un letto, e da mangiare, e non faceva domande. Sui muri di quella corte dei miracoli, un crocefisso, e nient’altro.

Questi sono i preti che abbiamo conosciuto. Non sono nostri amici, sono i preti. Che alcuni tra loro, tra i tanti, siano capaci del peggiore dei mali, non ci meraviglia. Anche i preti sono uomini, e gli uomini sono capaci del male. Ma guardando il democratico processo di Santoro abbiamo – chissà perché – sentito il bisogno di evocare la gran massa di questi preti. Di cui si sa il nome solo se li ammazzano. Quanti sono, e quanto erano assenti dal democratico processo di Santoro – guru di quelli che si sentono Giusti.

Avvenire, 2 giugno 2007


Pedofilia: solidarietà alle vittime

La verità mai strumentale

di Umberto Folena

La Chiesa non ha paura della verità. Non può e non deve averne. Anche quando la verità parla di ferite e di dolore. Anche quando può apparire scomoda. Anche quando parla di infidi individui che circuiscono bambini e ragazzi avendo circuito un’istituzione, la Chiesa, della cui credibilità hanno approfittato. La puntata di Annozero di giovedì scorso questo ha – a modo suo: discutibilissimo e ingiusto – tentato di mettere a fuoco, queste ferite e queste astuzie. Ha mostrato Mariangela, Marco e altri adulti a cui, un tempo, preti indegni hanno rubato l’innocenza, marchiandoli per sempre, perché da certe ferite non si guarisce mai del tutto e con certe cicatrici sei condannato a convivere. Sono storie che provocano dolore e indignazione perché per le vittime non ci sarà mai risarcimento adeguato; la solidarietà di oggi, per quanto sincera, può apparire poca cosa; e tutti ci domandiamo: che cosa potevamo fare e non abbiamo fatto? Diremo anche noi, sulla scia del bravissimo monsignor Fisichella, che costoro mai avrebbero dovuto diventare preti. Che andavano fermati prima, seppure questi – temiamo – pedofili sarebbero stati comunque. Ma almeno non avrebbero abusato di un ministero altissimo, né avrebbero trascinato la Chiesa nei loro impensabili gorghi.

Ovvio che non dovrebbe succedere, eppure nella logica fatale dei numeri qualcuno di indegno (e malato) finisce per scappare. Solo l’ipocrisia può far dimenticare che questo è un obbrobrio trasversalmente presente nella società. Ci consola che i criteri di selezione e di verifica delle vocazioni al sacerdozio sono oggi molto più attenti e severi di ieri, e non per caso. Il merito va soprattutto ai provvedimenti voluti dal cardinale Ratzinger: proprio lui, tirato in campo più volte dal filmato della Bbc che Santoro ha pervicacemente voluto acquistare, ma che si è rivelato indegno di un dibattito serio.

E poiché la verità non va temuta, bisognerà pur dire che quel film, trasmesso nel corso di Annozero, è particolarmente abile. Non è un’inchiesta né un reportage, è il racconto di un giornalista e politico irlandese che da piccolo fu violentato, e che risente della durezza ma anche dell’unilateralità della sua storia. Racconta alcune vicende personali dolorose, denuncia errori di valutazione e omissioni di alcuni vescovi, ma se ne serve per un obiettivo subdolo: gettare discredito sulla Chiesa cattolica intera. Basta pensare al montaggio, con le immagini di Ratzinger e di cardinali insistentemente associate alle tristi vicende di abuso. Come sottolineava ieri padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, «le denunce possono certamente spingere ad affrontare e risolvere problemi sottovalutati o nascosti. Allo stesso tempo non devono diventare non veritiere, così da essere strumentalizzate per distruggere invece che per costruire. La Chiesa cattolica ha dovuto imparare a sue spese le conseguenze dei gravi errori di alcuni suoi membri ed è diventata assai più capace di reagire e di prevenire».

Proprio perché nessuno deve aver paura della verità, sarà bene riprendere al più presto altre verità scomodissime a cui giovedì sera don Fortunato Di Noto ha potuto appena accennare: i 158 milioni di bambini vittime di abuso, bambini che diventano merce perché evidentemente ci sono clienti che pagano, un esercito di clienti, loro sì "protetti" da un inaccettabile clima di omertà. La verità di una pedofilia che è «lobby culturale che impunemente può esprimersi attraverso migliaia di siti che rivendicano la naturalezza dei rapporti coi bambini». E ancora il turismo sessuale, che pare non susciti indignazione sociale, forse perché si svolge lontano da noi, forse perché comunque è una forma di commercio con i suoi ricavi. Sono tutti fenomeni ributtanti, che non riguardano pochi individui esecrabili in fondo non difficili da colpire, ma tantissima gente che, trovandosi in folta compagnia e in assenza di una decisa condanna sociale, tende a giustificare la propria aberrazione.

Fenomeni sui quali siamo in attesa che Santoro & co. conducano le loro incalzanti inchieste e dicano senza reticenze tutta la verità.

Avvenire, 2 giugno 2007


La trasmissione di Santoro

Preti pedofili, sottili veleni ad Annozero

di Umberto Folena

Stasera parliamo di casi singoli. Lo ripeto tre volte. Sono contrario alle generalizzazioni". Ieri sera Michele Santoro sceglie, apparentemente, l’esordio morbido per la puntata di Annozero che parte dal documentario della Bbc sui preti pedofili. Tensione palpabile.

La regia, memore della lezione di Sergio Leone, indugia sui primissimi piani degli ospiti: monsignor Rino Fisichella, rettore della Lateranense; don Fortunato Di Noto dell’associazione Meter; il matematico Piergiorgio Odifreddi; e l’autore dell’inchiesta per la Bbc, il giornalista Colm O’Gorman. Il filmato andrà in onda dopo le 22: ci sono i bambini davanti al televisore, meglio aspettare vadano a letto. E allora è subito duetto, o duello cortese, con Fisichella. Il documento del 1962, il presunto "segreto" sui casi di pedofilia? "Un fraintendimento, si tratta del segreto processuale". Fisichella ha spazio, o meglio se lo prende con fermezza. Dimostra agevolmente come nella Chiesa non ci siano false reticenze. Contiene perfino Piergiorgio Odifreddi. "La persona vittima di abusi - precisa Fisichella - deve presentare denuncia".

Di Noto ricorda che la pedofilia "è un problema serissimo, ideologico. Esistono lobby culturali di pedofili". Ma il tema cade subito. Tocca al filmato. Santoro gira a Fisichella l’accusa di fondo: la Chiesa è omertosa? "Provo tristezza profonda per le vittime innocenti, che vanno rispettate. E tristezza perché i colpevoli non sarebbero mai dovuti diventare preti. Si sono macchiati di un crimine tra i più orribili e non può esserci omertà alcuna. Hanno danneggiato anche la Chiesa, gettando discredito su tanti preti bravi, generosi, onesti. Però abbiamo visto non un servizio giornalistico, ma un film. Senza contraddittorio". O’Gorman non ci sta: la Chiesa non fa abbastanza, i bambini abusati vogliono morire… Il tentativo è di far passare la Chiesa per inerte e insensibile.

Fisichella non ha niente da nascondere: "La Chiesa sta facendo, eccome. Ma dire che in passato è vissuta solo di bugie, è una menzogna". Sarà che ha troppi occhi addosso, sarà che Fisichella lo marca stretto, ma il Santoro di ieri sera - fino alle 23.10, quando il giornale è andato in macchina - era apparentemente il Santoro più controllato dell’anno.

Avvenire, 1° giugno 2007

Nessun commento: