21 giugno 2008

Il Papa alle Radio Cattoliche: "Quelle parole in onda sono eco della Parola" (De Martis)


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IL PAPA AGLI OPERATORI DELLE RADIO CATTOLICHE

Quelle parole in onda sono eco della Parola

STEFANO DE MARTIS

«Cari amici, le parole che voi trasmettete ogni giorno sono un’eco della Parola eterna che si è fatta carne…».
Se non fosse il Papa ad affermarlo, quale operatore delle nostre radio – le radio cattoliche – si azzarderebbe a proporre un simile accostamento?
Ai rappresentanti dell’emittenza radiofonica cattolica di cinquanta Paesi, convocati a Roma dal Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali presieduto da monsignor Claudio Maria Celli, Benedetto XVI ha conferito un mandato che è allo stesso tempo generoso riconoscimento di un ruolo ed esigente criterio di indirizzo e di valutazione.
Il discorso relativo all’identità e alla missione delle radio cattoliche, infatti, non è un astratto esercizio a cavallo tra teologia e massmediologia.
Lo sanno bene gli operatori che si trovano ad agire in contesti difficili, conflittuali, talvolta di aperta persecuzione. Ma lo sa bene anche chi, nell’Occidente opulento e secolarizzato e persino nei Paesi di lunga tradizione cattolica, pur non rischiando la vita fisica a causa della fede, deve tuttavia far fronte all’assedio di una cultura relativista e talora aggressivamente laicista.
L’incoraggiamento del Papa non è generico. Contiene una sottolineatura puntuale della vocazione della radio anche rispetto agli altri media, «in ragione del suo legame con la parola».
«Se le molteplici forme di comunicazione possono essere un dono di Dio al servizio dello sviluppo della persona umana e dell’umanità intera – osserva Benedetto XVI – la radio propone una prossimità e un ascolto della parola e della musica, per informare e distendere, per annunciare e denunciare, ma sempre nel rispetto della realtà e in una chiara prospettiva di educazione alla verità e alla speranza».
Dunque chiarezza sull’identità e sulla missione, specificità del medium radiofonico, varietà nei modi di declinare concretamente questa forma moderna di apostolato. Perché se «diffondere il messaggio cristiano e l’insegnamento autentico della Chiesa» è un requisito necessario per una radio cattolica, ciò tuttavia «non è sufficiente» in quanto (il Papa cita la Redemptoris missio di Giovanni Paolo II) occorre «integrare questo messaggio nella 'nuova cultura' generata dalle moderne comunicazioni». E qui si apre tutto il campo della mediazione professionale di chi opera nelle radio, chiamato a coniugare la propria personale esperienza di fede con la competenza e la creatività richieste dal mezzo. Perché anche nel «distendere» e nel trasmettere musica un’emittente che ambisce a dirsi cattolica non può, pur se legittimamente impegnata nella sfida del mercato, essere indistinguibile dalle emittenti che – altrettanto legittimamente – perseguono in modo esclusivo e preminente obiettivi commerciali.
Del resto una radio cattolica non può permettersi il lusso di essere irrilevante.
«La verità di Cristo non è opinione. La verità di Cristo fa opinione», ha detto ai convegnisti monsignor Angelo Amato, segretario della Congregazione per la dottrina della fede (il cui intervento è stato pubblicato ieri da Avvenire). Certo, il risultato ultimo di ogni opera di apostolato sfugge alle valutazioni umane. Ma chi opera nel mondo della comunicazione non può accontentarsi di non predicare eresie, né di fare buoni ascolti. Deve impegnarsi – l’espressione forte è ancora una volta del Papa – per «rendere attraente la Parola di Dio», mettendo cioè al suo servizio ogni risorsa umana, professionale e tecnologica perché anche attraverso un mezzo come la radio possa «toccare il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo».

© Copyright Avvenire, 21 giugno 2008

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