10 giugno 2008
Il Papa: «Speranza cristiana, fondamento della città» (Mazza)
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VANGELO E SOCIETÀ
«Speranza cristiana, fondamento della città»
Il Papa: «Formare la persona» è il primo contributo della Chiesa per una città «più sicura e vivibile per tutti», anche gli ultimi
Benedetto XVI ha aperto il Convegno ecclesiale di Roma «Il nostro impegno per vita, famiglia, poveri e immigrati»
DA ROMA SALVATORE MAZZA
Educare alla speranza per aprirsi al futuro. Ma consapevoli che solo Gesù è il «fondamento indefettibile» della «vera speranza», ed è su questa certezza che bisogna costruire, impegnandosi innanzitutto per la famiglia, la vita, i poveri, gli immigrati, anche se «nella cultura di oggi non è facile vivere nel segno della speranza cristiana». Se oggi «prevalgono infatti atteggiamenti di sfiducia, rassegnazione», se cioè è diffusa «la sensazione che per l’Italia e l’Europa gli anni migliori siano alle spalle, e che il futuro sia solo di incertezza e precarietà per le giovani generazioni», quello che i cristiani sono chiamati ad annunciare è che «quando Dio è lasciato da parte, tutte le nostre grandi e piccole speranze poggiano sul vuoto».
Benedetto XVI ha richiamato con forza la sua enciclica Spe salvi,
nell’aprire ieri sera – per la quarta volta nel suo Pontificato – il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma che, per tre giorni, rifletterà sul tema «Gesù è risorto. Educare alla speranza nella preghiera, nell’azione, nella sofferenza». In una basilica di San Giovanni in Laterano gremita di fedeli, dopo il saluto con il quale il cardinale vicario Camillo Ruini ha sottolineato come «la speranza cristiana, come anima di una grande opera educativa, è l’obiettivo che ci siamo posto per il prossimo anno pastorale», Papa Ratzinger ha parlato delle ragioni di questa speranza e, soprattutto, dei campi in cui essa può caratterizzare l’impegno dei cristiani.
Perché la speranza cristiana, ha spiegato, non riguarda solo ciascuno di noi, ma «è anche speranza comunitaria per la Chiesa e per l’intera famiglia umana». Una dimensione, ha aggiunto, certo difficile da vivere in una cultura moderna dove da un lato sembra prevalere la sfiducia e, dall’altro, ci si rivolge alle scienze «come se solo da esse» possa venire il bene per l’uomo, e dimenticando così che, se certo il loro contributo positivo è innegabile, «esse mettono anche nelle mani dell’uomo abissali possibilità di male».
«Non è la scienza - ha quindi scandito Benedetto XVI – ma l’amore a redimere l’uomo», e «il motivo più profondo della debolezza della speranza, nel mondo in cui viviamo», è nel fatto «che la nostra civiltà e la nostra cultura» tendono «tende a mettere Dio tra parentesi, a organizzare la vita personale e sociale senza Dio, a ritenere che Dio non si possa conoscere o addirittura che Dio non esiste». Educare alla speranza, alla «vera » speranza, vuol dire allora contribuire a costruire un futuro che sia per l’uomo. E a questo riguardo, il Papa ha esplicitamente chiamato i fedeli di Roma a un impegno particolare per la città, assicurando che la Chiesa «condividerà» l’impegno per rendere Roma «più sicura e vivibile» per tutti, «in particolare per più poveri, ma anche perché «non sia escluso l’immigrato che viene tra noi per trovare uno spazio di vita, nel rispetto delle nostre leggi». «Noi – ha insistito il Papa – daremo il nostro specifico contributo, a cominciare da quello snodo decisivo che è l’educazione e la formazione della persona, affrontando con spirito costruttivo anche altri problemi concreti che rendono faticosa la vita di chi abita in questa città», nella quale «occorre un’organizzazione sociale più favorevole alla famiglia e all’accoglienza della vita, come anche alla valorizzazione degli anziani, tanto numerosi in città», e in cui è urgente «dare risposte ai bisogni primari come il lavoro e la casa, specialmente per i giovani». E proprio ai giovani Benedetto XVI ha voluto dedicare il suo pensiero conclusivo, esortandoli «a fare vostro questo dono» di una speranza che si nutre nella preghiera, si manifesta nelle azioni e che «vive anche nella sofferenza, la quale anzi la educa e fortifica in modo speciale».
© Copyright Avvenire, 10 giugno 2008
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