18 settembre 2007

Prolusione di Mons. Bagnasco: gli articoli del Giornale e del Quotidiano Nazionale


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Un richiamo alla coerenza per i cattolici in politica, la preoccupazione per lo sgretolarsi del «vincolo sociale» e della solidarietà su cui si basa la nostra società, un accenno ai problemi del lavoro e della casa, un appello in difesa della vita. C’è questo nella prolusione che ieri pomeriggio l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, ha tenuto in apertura dei lavori del Consiglio permanente della Cei.
Dopo aver parlato dell’emergenza educativa e della grande difficoltà di trasmettere ai giovani alcuni valori basilari, Bagnasco ha ricordato che la proposta cristiana è concreta e abbraccia tutta la vita. E il compito della testimonianza spetta anche a chi si impegna in politica. «È qui la ragione, a me pare - ha detto - che sfugge a tanti osservatori “laici”, per la quale anche nell’ambito politico il cattolico cerca una corrispondenza plausibile tra ideali e programmi». Dunque, «in nessun ambito, neppure in politica, si possono tralasciare - per opportunismo, o convenzione, o altri motivi - le esigenze etiche intrinseche alla fede. E ciò non in disprezzo, ma per amore della politica e della sottile arte che essa esige». Parole caute ma precise, indirizzate a chi rivendica l’assoluta autonomia della politica anche di fronte ai valori chiamati dal Papa «non negoziabili».
Il presidente della Cei ha espresso la sua preoccupazione per un certo decadimento morale che si riscontra nel Paese: «Vi sono situazioni e comportamenti socialmente deplorevoli, anzi criminali, che non riescono a trovare soluzione: pensiamo, ad esempio, al dramma recente e crescente degli incendi boschivi provocati dall’uomo che in questa ultima estate hanno messo in ginocchio intere zone dell’Italia». Bagnasco ha poi aggiunto: «Alla luce di simili fatti, ma anche di altre tendenze comportamentali, sembra che diventi sempre più friabile il vincolo sociale e si prosciughi quel tipo di solidarietà su cui una comunità strutturata deve fare affidamento, se vuole essere un paese-non-spaesato». Emergenze che rendono necessaria una «ricentratura profonda, da parte dei singoli soggetti e degli organismi sociali, sul senso e sulla ragione dello stare insieme come comunità di destini e di intenti». E anche una «evidenza nuova e una credibilità proporzionata» di quei valori essenziali per una convivenza ai quali la religione contribuisce. Bagnasco però non crede che la situazione del Paese sia così tragica: «Sono tuttavia convinto che la realtà del nostro popolo non sia assolutamente rappresentata, né tanto meno definita, dai fenomeni peggiori a cui tanta enfasi viene data nella pubblica opinione».
Parlando del lavoro, il presidente della Cei ricorda che non va dimenticata, «come sembra accadere in varie Regioni, l’attività di formazione al lavoro da destinare ai giovani: se così si facesse, si finirebbe col far aumentare, anche sotto questo aspetto, le differenze tra il Nord e il Sud del Paese». Poi definisce problema «particolarmente acuto» quello della casa, riferendosi al «dramma» dei pensionati o famiglie monoreddito che sono stati sfrattati, ma anche ai giovani fidanzati che non possono sposarsi perché non trovano casa. Alle banche rivolge l’invito di tenere presente questa emergenza contribuendo a trovare soluzioni. Bagnasco torna quindi sul «valore intangibile della persona e della vita», facendo riferimento alla «clamorosa inclusione», da parte di Amnesty International, «tra i diritti umani riconosciuti, della scelta dell’aborto», anche se solo nei casi di violenza compiuta sulla donna, e ricordando che la Chiesa continuerà a intervenire su questo come sulla famiglia, la libertà educativa, la giustizia e la pace.

Un ampio paragrafo della prolusione è dedicato al Motu proprio di Benedetto XVI che liberalizza l’antico messale. Bagnasco ha ribadito l’intento conciliativo e «inclusivo» del Papa, e ha parlato della passione per l’unità che «deve muovere ogni cristiano e ogni pastore»: «Non dunque ricerca di un proprio lusso estetico, slegato dalla comunità, e magari in opposizione con altri».

© Copyright Il Giornale, 18 settembre 2007

Bene!


Il rigore della Cei e i cattolici «adulterati»

di Alessandro Gnocchi

A volte, per comprendere meglio le situazioni, bisogna guardarle al contrario. È il caso della prolusione con cui monsignor Angelo Bagnasco ha aperto i lavori del Consiglio episcopale permanente sostenendo che i politici cattolici sono vincolati alla dottrina cattolica anche quando sono nell’esercizio delle loro funzioni e non solo quando conversano nel tinello di casa. È bastato questo per provocare il mugugno di coloro che hanno visto in tale passaggio l’ennesima entrata in tackle scivolato del successore di Ruini sui cattolici italiani in quota ai vari rami della sinistra.
Questa è la lettura che va per la maggiore. Ma proviamo ora a guardare la situazione al contrario. Il presidente dei vescovi italiani ha detto ciò che qualsiasi assennato sacerdote di santa romana Chiesa direbbe: «In nessun ambito, neppure in politica, si possono tralasciare - per opportunismo o convenzione, o altri motivi - le esigenze etiche intrinseche alla fede». In tal modo, ha fatto solo ciò che la sua missione gli chiede: ha affermato che il politico cattolico deve rendere operativi e fecondi i suoi principi per il bene delle anime e, in ogni caso, per il bene comune.
Dunque non è stato Bagnasco a entrare in tackle scivolato sulla politica. Il presidente della Cei, per continuare con il paragone calcistico, è stato fermo al centro della sua area ed è entrato pulito sul pallone. Sono i soliti politici con la coda cattolica di paglia che ora si tuffano per terra come dei pescioloni per invocare il sospirato rigore. Potrebbe toccare a chiunque, ma bisogna prendere atto che questa sorte tocca sempre ai cattolici di sinistra.
Espediente da calciatore con il fiato corto. Per uscir di metafora, alzata di scarso ingegno del politico pescato con le mani nel sacco dei voti cattolici trafugati a sinistra. Insomma, questo politico cattolico, essendo così «adulto» da diventare adulterato, non conosce neanche la regola più elementare del gioco: se dici di essere cattolico e poi non ti sei comportato di conseguenza, o hai mentito prima o hai mentito dopo. In ogni caso, sempre mentitore rimani ed è inutile che ti butti a pesce in area di rigore.
Una persona di buon senso, credente o non credente, non può rimproverare un vescovo che chiede alle pecore del suo gregge di non indossare il mantello da lupo. È una richiesta che risponde alla logica più elementare. Tanto che il vescovo non può tollerare che ciò sia fatto neanche a scopo strategico perché darebbe scandalo.
Una bella tegola su quei cattolici che pensavano di aver trovato la quadratura del cerchio con il costituendo Partito democratico: quella palude in cui, sotto la cappa veltroniana, tutto è uguale al contrario di tutto. Alla Festa dell’Unità di Bologna si è persino tentato di dire che Guareschi, con l’invenzione di don Camillo e di Peppone, avrebbe preconizzato il Pd: c’erano pure i figuranti del prete e del sindaco di Mondo piccolo che giravano tra il pubblico con tanto di sorriso stampato in faccia.
Ma erano figuranti. Perché il vero don Camillo, per il bene delle anime e il bene comune, avrebbe messo in pratica da par suo ciò che da sempre insegna la dottrina cattolica. E Peppone, che è un comunista serio, non si sarebbe nemmeno sognato di chiedere il rigore.

© Copyright Il Giornale, 18 settembre 2007


Bagnasco: «Italia spaesata La sua crisi è morale»

«E’ venuto meno il legame tra i cittadini e lo Stato»

— ROMA —
METTERE i valori innanzitutto. Quei valori etici «che anche in politica debbono prevalere sull’opportunismo» e che sono la sola risposta possibile alla crisi profonda che vive l’Italia, «un Paese spaesato e in crisi morale» e nel quale «sembra venir meno il legame che unisce il cittadino allo Stato».

E’ questo l’allarme lanciato dal presidente della Cei, Angelo Bagnasco, che ha aperto i lavori del Consiglio episcopale permanente assicurando al Papa, «messo sotto accusa da cattedre discutibilissime», la «pronta e incondizionata collaborazione» sua e dell’intera Cei «sempre, e in modo particolare quando emergono nell’opinione pubblica voci critiche e discordanti».

Monsignor Bagnasco ha anche fatto un nome, quello di Amnesty International, del quale ha criticato «la clamorosa inclusione tra i diritti umani riconosciuti della scelta dell’aborto, anche solo nei casi di violenza compiuta sulla donna: una deriva che ci rende ulteriormente avvertiti del pericoloso sgretolamento in atto». Perché su certi temi la Santa Sede non arretra di un millimetro: «Ogni attentato alla vita, alla famiglia, alla libertà educativa, alla giustizia e alla pace troverà sempre una parola rispettosa e chiara da parte della Chiesa».
Preoccupa, in particolare, i vescovi italiani, l’esistenza di «situazioni e comportamenti socialmente deplorevoli, anzi criminali, che non riescono a trovare soluzione: pensiamo, ad esempio — spiega Bagnasco — a episodi di violenza come quello di Garlasco e al recente e crescente fenomeno degli incendi boschivi provocati dall’uomo che hanno messo in ginocchio intere zone del Paese».
«ALLA LUCE di simili fatti, ma anche di altre tendenze comportamentali, sembra che diventi sempre più friabile il vincolo sociale e si prosciughi quel tipo di solidarietà su cui una comunità strutturata deve fare affidamento, se vuole essere un paese-non-spaesato». Sostiene il presidente della Cei che «pare illusorio sperare in un improvviso quanto miracolistico rinsavimento morale, se al punto in cui ci troviamo non avviene una ricentratura profonda, da parte dei singoli soggetti e degli organismi sociali, sul senso e sulla ragione dello stare insieme come comunità di destini e di intenti. E se, grazie anche al contributo della religione e alla considerazione ad essa riservata, non acquisteranno una evidenza nuova e una credibilità proporzionata i valori essenziali per una convivenza».
MONSIGNOR Bagnasco stila anche una agenda di cose da fare. Indica delle priorità. Di fronte al «problema particolarmente acuto» della casa, osserva, «la collettività ai vari livelli deve darsi uno slancio, e approntare quelle soluzioni di edilizia popolare che per vaste zone e in una serie di città appaiono veramente urgenti». Non solo. «La Chiesa — continua — non può disinteressarsi dell’esperienza fondamentale del lavoro e dunque anche della formazione professionale: la giusta attenzione alla formazione permanente e alla riqualificazione lavorativa a favore degli adulti non deve far dimenticare, come sembra accadere in varie Regioni, l’attività di formazione al lavoro da destinare ai giovani». Come dire al Palazzo che sono casa e lavoro le priorità concrete.
a. farr.

© Copyright Quotidiano Nazionale, 18 settembre 2007

Benissimo!

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