2 marzo 2007

Questioni di bioetica...


Si può scegliere come nascere?
La nuova polemica tra la chiesa e la scienza

Il Papa ha di recente ammonito la ricerca ossessiva del "figlio perfetto"
In che modo l´intervento sulla natura umana può convivere con la nostra etica


LUCA E FRANCESCO CAVALLI-SFORZA


È noto che Darwin trasse spunto, nel formulare la teoria della selezione naturale, dall´osservazione delle pratiche di incrocio fra animali domestici, che erano diffuse da millenni e venivano applicate metodicamente dagli allevatori del suo tempo, accoppiando gli esemplari migliori per ottenere vacche e cavalli, pecore e cani dotati delle qualità più desiderabili (la cosiddetta selezione artificiale). Nel 1883, un anno dopo la morte di Darwin, suo cugino Francis Galton, uno scienziato eclettico che aveva contribuito a più rami del sapere, suggerì che attraverso incroci opportuni sarebbe stato possibile migliorare la razza umana, al pari di qualunque razza animale, così da ottenere individui provvisti di eccellenti qualità fisiche e morali. Galton promosse un movimento d´opinione che battezzò con un neologismo tratto dal greco, "eugenica", cioè "di buona nascita".
Le idee di Galton ebbero vasta risonanza. L´Inghilterra vittoriana era ossessionata dal grande numero di emarginati e poveracci di cui la rivoluzione industriale aveva riempito le sue strade: analfabeti, accattoni, bevitori, imbecilli, delinquenti.
Soprattutto, i benpensanti si preoccupavano nel vedere questa classe di derelitti riprodursi più vigorosamente della classe media e della classe operaia. Nella totale ignoranza della distinzione fra ciò che è biologico (innato) e ciò che è culturale (appreso), tipica dei tempi, Galton sosteneva, in sostanza, l´opportunità di incoraggiare le persone più dotate a unirsi in matrimonio e proliferare, onde arricchire di queste doti le nuove generazioni. E ciò che oggi chiamiamo eugenica positiva. Le sue idee furono adottate dai socialisti fabiani, da cui sarebbe nato in quegli anni il partito laburista, nella convinzione di potere così riformare gradualmente la società migliorando la qualità dei suoi membri. «L´eugenica è l´autodeterminazione dell´evoluzione umana» recita un manifesto eugenista del 1921.
Oltreoceano, negli Stati Uniti, questo movimento avrebbe però preso un´altra strada. Sulla spinta di studi genealogici che mostravano come famiglie di malviventi avessero continuato a delinquere per generazioni, e nella convinzione che le tendenze criminali si ereditassero per via genetica, si affermò un movimento di eugenica negativa, volto cioè a impedire che gli individui ritenuti socialmente pericolosi o inutili generassero figli.
Le leggi che governano l´eredità, formulate da Gregor Mendel oltre trent´anni prima, furono riscoperte nel 1900, dando vita negli anni successivi ad un´intensa attività di ricerca volta a capire come si manifestavano in vari organismi, compreso l´uomo.
Un biologo americano, Charles Davenport, persuaso che qualsiasi caratteristica umana fosse inesorabilmente determinata dai geni, raccolse un numero enorme di genealogie, facendo di ogni erba un fascio e documentando la ricomparsa di tratti fisici o morali in successive generazioni, dando per scontato che le capacità musicali come la propensione alla violenza fossero tratti ereditari alla stessa stregua dell´albinismo o di malattie quali la corea di Huntington.
Oggi, con un secolo di ricerca genetica alle spalle, abbiamo ben chiaro come i tratti del comportamento siano fondamentalmente il prodotto dell´ambiente di crescita, dell´educazione ricevuta, delle scelte individuali, e come i geni abbiano sì una parte, ma sovente minoritaria, nel determinare queste caratteristiche. Ma ai tempi di Davenport, le sue conclusioni pseudoscientifiche incontrarono il favore di un vasto movimento di opinione, che già organizzava nelle fiere di paese concorsi per le "famiglie più adatte", accanto a quelli per tori, porcelli e cani, incoraggiando la riproduzione dei più sani e più virtuosi. In parallelo, si andava diffondendo la convinzione che in vista di una società migliore sarebbe stato meglio impedire agli asociali di riprodursi. Il movimento per l´eugenica si rivelò una lobby potente e nei primi decenni del secolo ben trenta stati americani promulgarono leggi di sterilizzazione coatta nei confronti di provati «criminali, idioti, stupratori e ritardati mentali». Al 1941, circa 60.000 persone erano state così sterilizzate, la metà nella sola California. Altri paesi seguirono l´esempio statunitense: la Germania nazista, la Svizzera e i paesi scandinavi.
I primi test sul quoziente di intelligenza avevano avuto vasta diffusione fin dal principio del secolo. Tenuti rigorosamente in inglese e applicati ad immigranti analfabeti, davano risultati catastrofici per chi proveniva dall´Europa meridionale come da ogni altra regione povera del mondo, rafforzando la convinzione che alcune "razze", come quella "mediterranea" e i neri africani, fossero geneticamente inferiori e "degenerate". La legge federale del 1924 che limitava severamente l´immigrazione di chi proveniva da tali paesi (Italia compresa) fu applaudita come il trionfo del movimento per l´eugenica. Applicando gli stessi criteri, il matrimonio fra bianchi e neri fu vietato in parecchi stati (in alcuni il divieto perdurò fino al tempo del movimento per i diritti civili del 1963).
Ma il vero trionfo dell´eugenica si sarebbe manifestato nella Germania nazista. Nel 1933, una legge decretava la sterilizzazione coatta di ogni individuo "inadatto alla propagazione", nelle parole di Hitler: 225.000 persone la subirono nell´arco di tre anni. Al tempo stesso, il regime incoraggiava gli ufficiali delle SS ad avere il maggior numero possibile di figli (naturalmente con donne di "pura razza ariana"). La categoria degli "inadatti" si sarebbe estesa, negli anni successivi, a comprendere criminali e comunisti, omosessuali e deficienti, ebrei e zingari. Una legge del 1936 vietava il matrimonio e ogni rapporto sessuale tra tedeschi ed ebrei. Dal 1939, l´eutanasia di chi "non merita di vivere" fu vista come una soluzione preferibile alla sterilizzazione (perché spendere per nutrire pazzi e carcerati, degenerati ed ebrei)? Si avviò la costruzione delle camere a gas.
Il grande massacro che ne seguì spiega perché l´eugenica sia screditata, come orientamento e come pratica, dalla fine della guerra in poi. Gli scienziati migliori l´avevano condannata senza mezzi termini fin dai tempi della sua prima affermazione. Alfred Russell Wallace, che aveva scoperto la selezione naturale contemporaneamente a Darwin, la definiva, nel 1912: «l´intrigante interferenza di arroganti pratiche scientifico-religiose». «Gli eugenisti ortodossi vanno in direzione opposta ai fatti più certi della scienza della genetica», scriveva Raymond Pearl nel 1928.
La genetica del dopoguerra ha riconosciuto l´importanza preponderante dell´ambiente di crescita e della trasmissione culturale nel plasmare i caratteri del comportamento, ma per la verità alle persone di buon senso doveva essere evidente già cent´anni fa che se è frequente che molti figli di industriali, di musicisti o di criminali continuino nella stessa attività, è prima di tutto perché crescono con i genitori. La genetica ha proposto una strategia alternativa, molto più umana dell´eugenica negativa, con cui non ha nulla a che fare: sottoporre a interruzione di gravidanza entro il terzo mese gli embrioni che darebbero origine a bambini affetti da malattie gravi e incurabili, un procedimento accettato dai Paesi più civili, fra i quali è compresa in questo caso, stranamente, anche l´Italia (grazie, Pannella!). Si evita così la nascita di futuri pazienti affetti da malattie incurabili (oggi, e - non facciamoci illusioni - per molto tempo ancora): vengono risparmiati i loro dolori e le gravi sofferenze dei famigliari. Ma il procedimento fa esattamente ciò che avrebbe fatto la selezione naturale, la grande madre della vita, perché quasi nessuno di questi pazienti si sarebbe riprodotto. Quindi non fa eugenica negativa. A una parte molto influente della Chiesa cattolica questo non è piaciuto e ha preferito stabilire che l´anima entra nel corpo con lo spermatozoo, facendo così di ogni aborto un omicidio.

La Repubblica, 2 marzo 2007


Qui occorre una bella riflessione, che rimando alla fine del post!!!


La manipolazione genetica tocca problemi relativi alla identità del genere. E qui l´autocomprensione dell´uomo come "essere di genere" rappresenta anche il contesto in cui s´inseriscono le nostre concezioni giuridiche e morali. A me interessa soprattutto vedere come l´indebolirsi, grazie alla ingegneria genetica, della vecchia distinzione tra ciò che è spontaneamente "cresciuto" e ciò che è tecnicamente "prodotto", tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivo, modifichi la nostra tradizionale autocomprensione etica del genere. Inoltre, a me interessa vedere come questo processo condizioni dall´interno l´autocomprensione di una persona che sia stata geneticamente programmata.
Non possiamo escludere il pericolo che la conoscenza di una programmazione eugenetica del proprio patrimonio ereditario riduca gli spazi creativi dell´autonomia individuale e comprometta le relazioni, idealmente simmetriche, tra persone libere ed eguali.
L´uso sperimentale degli embrioni e la diagnosi di preimpianto scatenano reazioni così intense proprio in quanto vengono percepite come esempi pericolosi di una genetica liberale che sta prendendo piede.

di JüRGEN HABERMAS

La Repubblica, 2 marzo 2007



STORIA DI UN SAPERE CHE IL NAZISMO UTILIZZÒ IN CHIAVE RAZZISTA
QUANDO L´EUGENETICA È DIVENTATA UN TABÙ

FRANCESCO CASSATA

Nel dibattito pubblico italiano, tutta l´efficacia simbolica del discorso ostile alla biomedicina e alla genetica contemporanee deriva dall´impiego polemico e strumentale di connotazioni fortemente negative della parola "eugenica". Si tratti di fecondazione assistita, di clonazione umana terapeutica o di eutanasia, è sempre questa parola-tabù a comparire. E ad accompagnarla è sempre l´evocazione di uno spettro: quello dello sterminio nazista. La diagnosi preimpianto - per citare solo un esempio - sarebbe la "punta dell´iceberg", il primo passo in un "piano inclinato", che conduce necessariamente alla violenza del nazismo.
Dal punto di vista storiografico, un primo limite di tale reductio ad Hitlerum del concetto di eugenica consiste nell´assolutizzazione dell´esempio nazista, eretto a paradigma totalizzante di un´eugenica interpretata sostanzialmente come "pseudo-scienza razzista e antisemita". In realtà, ogni passaggio di questa argomentazione si rivela, agli occhi dello storico, superficiale e infondato. Innanzitutto, è difficile liquidare genericamente come "pseudo-scienza" quello che rimane un primo tentativo di approccio sperimentale al problema dell´eredità umana. Non solo molti fra i più importanti statistici, biologi e genetisti del novecento erano eugenisti (ad esempio, Ronald A. Fisher, Wilhelm Weinberg, Hermann J. Muller), ma anche numerose acquisizioni nel campo della genetica medica - si pensi soltanto al "metodo dei gemelli" - sono scaturite da ricerche di impronta eugenetica. Allo stesso modo, l´equivalenza fra eugenica e razzismo è altrettanto fallace. Nella Germania weimariana, la maggior parte degli eugenisti non era né razzista né antisemita: il termine Eugenik era stato appositamente coniato dagli ambienti scientifici berlinesi per sostituire la nozione di Rassenhygiene, largamente compromessa con i circoli bavaresi del razzismo völkisch. E l´influenza degli eugenisti "filo-ariani" non fu mai così debole come negli anni che precedettero l´affermazione politica del nazionalsocialismo. Non vi è dubbio che preoccupazioni classiste e razziste abbiano alimentato lo sviluppo dell´eugenica britannica e statunitense: se il bersaglio principale dell´Eugenics Education Society londinese era, infatti, il sottoproletariato (residuum o pauper class), ritenuto pericoloso per il suo basso livello intellettivo e la sua alta fertilità, negli Stati Uniti ad alimentare l´ideologia e la prassi eugenetica fu soprattutto l´incubo del "suicidio razziale" della nazione americana, prodotto dalle ondate di "plasma germinale difettoso" degli immigrati giunti dall´Europa dell´Est, dai Balcani, dall´Italia. Non a caso la legge restrittiva dell´immigrazione del 1924 - il Johnson-Reed Restriction Act - verrà elaborata con la consulenza di eugenisti statunitensi come Harry Laughlin e Charles B. Davenport.
Sarebbe, tuttavia, errato limitare l´eugenica agli orizzonti ideologici delle élite conservatrici. Con la sua progettualità modernizzatrice e la sua logica tecnocratica, il programma eugenetico attirò, infatti, le attenzioni, nella prima metà del Novecento, dei new liberal, dei fabiani britannici (si pensi a George Bernard Shaw o ai coniugi Webb), dei socialdemocratici tedeschi e scandinavi, dei "progressisti" americani, dei radicali e comunisti francesi. Negli anni Trenta, biologi di orientamento marxista come Lancelot Hogben o John B. S. Haldane sostennero l´idea di un´eugenica "bolscevica": soltanto l´eliminazione delle disuguaglianze prodotte dal sistema capitalistico avrebbe consentito il pieno sviluppo delle potenzialità biologiche degli individui. Nello stesso periodo, l´interpretazione "razionale" della maternità suggerita dall´eugenica suscita gli entusiasmi dei movimenti neomalthusiani e dei gruppi femministi, alimentando le prime campagne per la depenalizzazione dell´aborto, per il controllo delle nascite, per l´educazione anticoncezionale delle donne: ben noti sono i nomi di Margaret Sanger e di Marie Stopes, paladine del birth control rispettivamente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.
Non soltanto sul piano degli orientamenti ideologici, ma anche su quello delle politiche eugenetiche il quadro internazionale appare estremamente complesso e sfumato. A partire dai primi decenni del Novecento, infatti, all´eugenica "nordica", essenzialmente anglo-americana e tedesco-scandinava, contraddistinta da birth control, sterilizzazioni e certificati prematrimoniali obbligatori, si contrappone - in paesi come l´Italia, la Francia, il Belgio e diversi stati dell´America centro-meridionale - un´eugenica "latina", i cui precetti rientrano generalmente negli ambiti dell´assistenza materno-infantile, della medicina sociale preventiva, del natalismo demografico.
All´assolutizzazione del modello nazionalsocialista, l´uso pubblico del concetto di eugenica alterna paradossalmente la sua banalizzazione. I nazisti, in sostanza, non avrebbero inventato nulla: le democrazie statunitensi e scandinave non hanno anch´esse approvato delle leggi di sterilizzazione? L´analisi delle connessioni - pur esistenti e accuratamente studiate dagli storici - fra l´eugenica americana e quella nazista, lungi dall´aiutare a comprendere la complessa rete delle affinità e delle divergenze, viene invece invocata per sostenere un´identità: l´americanismo è un nazismo. Né miglior sorte tocca alle socialdemocrazie scandinave, le cui politiche eugenetiche, fortemente legate ai processi di elaborazione dei modelli locali di Welfare State, vengono anch´esse immediatamente assimilate alla Rassenhygiene tedesca. L´eugenica nazista, eretta in precedenza a categoria onnicomprensiva, si fa ora opaca: non molta strada separa così Adolf Hitler da Theodore Roosevelt, Heinrich Himmler da Gunnar Myrdal. Ad essere banalizzata è ovviamente la drammatica originalità storica - tanto qualitativa quanto quantitativa - dell´eugenica nazista: soltanto la legge sulla sterilizzazione del 14 luglio 1933 prevedeva, infatti, la coercizione e l´uso della violenza fisica contro i disabili; e nei primi quattro anni di applicazione, furono tra i 320 mila e i 400 mila i cittadini tedeschi sterilizzati in questo modo. E soltanto nella Germania nazista si giunse all´elaborazione di un programma di eutanasia (l´operazione T4) finalizzato all´assassinio di malati di mente, invalidi e anziani.
Alla luce di queste considerazioni, una messa a punto storiografica deve essere considerata come il primo passo verso il superamento dell´uso pubblico distorto del concetto di eugenica. E questo per due ragioni. Innanzitutto, per un necessario dovere di obiettività: nel nome dell´eugenica molte teorie e politiche differenti sono state formulate e realizzate. L´eugenica non è soltanto Madison Grant o Josef Mengele, ma anche Julian Huxley o Havelock Ellis; non è soltanto la sterilizzazione obbligatoria, ma anche il controllo delle nascite, il free love, le campagne anti talassemia.
In secondo luogo, perché la complessità storiografica può far luce sull´ambiguità semantica attuale della parola "eugenica". Una delle principali sorgenti delle convulse discussioni sul problema dell´eugenica scaturisce, infatti, proprio dal fatto che gli interlocutori, nel loro uso del termine, non cessano di oscillare tra l´accezione più larga (una coppia sogna di avere bambini privi di gravi anomalie) e quella più ristretta (uno Stato attua un programma esplicito di azione eugenetica). La riflessione storiografica sull´eugenica può in tal senso favorire, nell´ottica del presente, una ridefinizione semantica del concetto, incentrata sulla distinzione fra le due diverse accezioni in gioco: da un lato, un significato forte, che interpreta l´eugenica come il progetto di miglioramento dei caratteri genetici di una popolazione, attuato da uno Stato per mezzo di provvedimenti coercitivi; dall´altro, un significato debole, che identifica, invece, le pratiche selettive della genetica contemporanea basate sul rispetto dell´etica medica e dell´autonomia riproduttiva dell´individuo. Soltanto attraverso una precisa distinzione fra i due significati, storiograficamente fondata, la parola "eugenica" potrà conservare ancora un qualche senso nel dibattito pubblico italiano, cessando di essere un mero strumento di delegittimazione del nemico ideologico.

La Repubblica, 2 marzo 2007


UN NUOVO FRONTE DI DISCUSSIONE BIOETICA
DOVE COMINCIA LA VITA UMANA

MICHELE ARAMINI

L´intervento di Benedetto XVI ai membri della Pontificia Accademia Pro Vita, di qualche giorno, fa ha aperto un nuovo fronte di discussione bioetica. Il Papa ha detto che: «nei Paesi più sviluppati cresce l´interesse per la ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del "figlio perfetto", con la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione. Una nuova ondata di eugenetica discriminatoria trova consensi in nome del presunto benessere degli individui». L´eugenismo è una realtà sempre più diffusa e il Papa invita a sottoporlo a riflessione critica.
La crescita di pratiche selettive nei confronti degli embrioni non è per nulla un fatto casuale. Da tempo ormai N. Agar nel suo saggio Liberal eugenetic ha proposto un "manifesto" che teorizza una nuova eugenetica: «Se precettori specializzati, programmi di training, persino la somministrazione dell´ormone della crescita per aumentare di qualche pollice la statura, rientrano nell´ambito discrezionale con cui i genitori allevano i figli, perché mai sarebbe meno legittimo un intervento genetico teso a migliorare i normali caratteri della prole?».
Si parla di nuova eugenetica perché si vorrebbe marcare una distanza rispetto alla vecchia eugenetica di stampo darwiniana e poi nazista. Si dovrebbe ricordare infatti il movimento culturale anglosassone derivato dalle teorie di Darwin, che perseguiva due obiettivi: l´eugenetica positiva, consistente nell´aumento dei soggetti particolarmente "validi" e l´eugenetica negativa, consistente nella limitazione della capacità riproduttiva dei soggetti non adatti attraverso la sterilizzazione. Il nazismo poi realizzerà questo secondo obiettivo con il programma di eliminazione fisica di queste persone.
La nuova eugenetica ha gli stessi obiettivi della precedente, ma si differenzia per il fatto che li persegue con tecniche più raffinate, ed è figlia della predominanza del modello economico di considerazione dell´uomo. Questo modello economicistico è così tanto diffuso da sembrare ai più del tutto ovvio. Con l´eccezione della Chiesa Cattolica, delle altre grandi voci religiose e di pochi anche se qualificati filosofi (Habermas, Spaemann, ecc.), sembra che non ci sia sufficiente spirito critico per respingerlo. Questo modello chiede che all´uomo si applichi lo stesso modello di valutazione che si usa per i prodotti industriali. È noto che i prodotti difettosi si debbono scartare. Ma non basta scartare, occorre pure vincere la gara per la qualità totale (Toyota docet). Perciò trovano giustificazione le tecniche per diagnosticare, eliminare embrioni e si propone ovviamente anche la rimodulazione del Dna.
A dare manforte all´idea di uomo-prodotto si aggiungono i vari "figli" dell´economia: il pensiero debole, pronto a giustificare e supportare ogni desiderio di gratificazione degli adulti; il nichilismo neopagano che ha sempre nostalgia del potere arbitrario sull´uomo.
Infine lo scivolamento verso l´eugenismo viene aiutato dalla diminuzione dei costi soggettivi delle pratiche eugenetiche. Essi sono in costante diminuzione, in particolare nel momento in cui all´eliminazione dei neonati handicappati ed allo stretto controllo forzoso sugli accoppiamenti subentra la sterilizzazione chimica o chirurgica dei ritardi gravi; l´anamnesi prematrimoniale in chiave mendeliana; la diagnosi prenatale e lo screening genetico; la fecondazione artificiale e la manipolazione diretta sul Dna dei gameti umani. Questi ultimi interventi suscitano la naturale empatia nei confronti dei soggetti coinvolti, al punto da renderne imbarazzante il rifiuto, anche se fosse motivato dai valori umanitari ed individualisti a cui si riferiscono gli stessi che li vogliono realizzare. In altre parole, come si fa a rinunciare a un uomo "migliore", anche se per averlo dobbiamo violare la sua autonomia?
La "serena" realizzazione del progetto eugenetico richiede poi che si attui una modificazione del linguaggio, in modo da escludere dall´umanità coloro su cui si vuole sperimentare, fino alla eventuale distruzione. Così abbiamo la distinzione insostenibile tra essere umano e persona umana proposta da Singer. I diritti, compreso quello alla vita, vanno riservati alla persona umana capace di vita relazionale e vita mentale superiore. Ovviamente l´embrione umano è classificato solo come un essere umano privo di qualsiasi diritto, anche di quello elementare di vivere. La distinzione, pur insostenibile filosoficamente, è così comoda che pochi sono disposti a rinunciarvi.
In tal modo diventa facile eliminare, secondo la logica dell´eugenetica negativa, i geni malati attraverso l´eliminazione degli embrioni, portatori della tara genetica.
Dal punto di vista morale (solo cattolica o universale?), va ribadita la condanna di tutte le pratiche uccisive degli embrioni. Viene addotta la giustificazione che vengono distrutti in nome della qualità della vita. Ma non esiste alcuna qualità dove non c´è la vita. In realtà si tratta di una violazione della pari dignità di ogni vita umana, fatta in nome di quella riduzione di uomo a prodotto di cui parlavamo e per la quale un prodotto non perfetto si butta via.
Anche per quanto riguarda l´eugenetica positiva e gli studi che intendono modificare il Dna dei gameti, in modo da avere soggetti con specifiche caratteristiche, siamo nel campo dell´illiceità morale. Infatti con l´alterazione del patrimonio genetico si viola il principio di uguaglianza tra gli uomini.
Su questo aspetto la riflessione filosofica ha posto qualche domanda rilevante: abbiamo il diritto di interferire nella vita degli altri? Non si tratta di una indebita violazione dell´autonomia personale di chi deve nascere? Inoltre, in base a quale criterio si può costringere un essere umano a subire un modello impostogli da un altro? Non si tratta forse di arbitrio ingiustificabile?
Domande superflue nell´ottica del mercato. Scegliere un prodotto di consumo non è un male. Per qualcuno, forse per molti, scegliere un figlio con determinate caratteristiche comincia a somigliare alla scelta di un prodotto.
Si potrà ancora invertire la rotta? Si, se riusciamo a recuperare l´idea che generare un figlio è la cosa più profondamente umana che è data su questa terra. E che la tecnologia più sofisticata deve essere usata per curare e non per eliminare gli esseri umani.

La Repubblica, 2 marzo 2007

Una mia piccola riflessione.
Innanzitutto penso che dobbiamo ringraziare Dio per avere scelto un Papa come Benedetto XVI in grado di parlare, alla pari, con filosofi, teologi cosiddetti progressisti e anche scienziati.
E' un Pontefice che "dà fastidio" a molti ma e' innegabile che ci faccia ragionare e ci provochi su argomenti di portata storica.
Probabilmente, oggi, non mi porrei certi problemi se non avessi imparato molto da Ratzinger. Ma questo e' il mio percorso. In questa occasione vorrei ragionare su un piano generale.
Siamo di fronte ad una nuova frontiera etica e bioetica su cui vale la pena di confrontarsi sul piano delle idee e delle proposte.
L'articolo dei Cavalli-Sforza si conclude con un concetto che non condivido: la Chiesa non ha stabilito per "comodità" (cioe' per troncare sul nascere ogni discussione) che l'anima entra nel corpo con il concepimento, ma si e' "limitata" ad applicare un principio logico.
Chi stabilisce quando nasce la vita? La scienza? E perchè? Non dovrebbero essere anche la morale, l'etica, la religione, a spiegare quando nasce un essere umano?
La Chiesa cattolica stabilisce che la vita umana va preservata dal concepimento alla morte naturale. Vengono quindi condannati aborto, eutanasia e pena di morte.
Non e' forse, questo, un ragionamento razionale? Io sono una donna, mi chiamo Raffaella, e sono qui, a scrivere, perche' un giorno, lontano, sono stata concepita. Quella prima cellula era, in fieri, un essere umano, quale sarei io :-)))
Altre concezioni ritengono che la vita nasca quando si forma l'encefalo oppure quando si sente il battito cardiaco. Ma, in fondo, il cervello e il cuore non sono "l'evoluzione" di quella prima cellula formatasi con l'incontro fra spermatozoo e cellula uovo?

La legge sull'aborto stabilisce che si puo' interrompere la gravidanza entro il novantesimo giorno dal concepimento. E' chiaro che occorrevano tempi precisi e previsti dall norma giuridica, ma quest'ultima risponde ad un principio razionale?
Credo di no! Forse che, sul piano logico, l'embrione non ha diritti fino al terzo mese e poi, improvvisamente, li acquista al novantesimo giorno?
Si tratta di stabilire dei termini e quindi siamo nel campo delle convenzioni e non della morale.
Cio' che la Chiesa insegna e' il rispetto per ogni essere umano. Di qui nasce la condanna di ogni manipolazione genetica. Che diritto ha l'uomo di selezionare chi ha il diritto di nascere e chi no? Che diritto ha l'uomo di stabilire che un embrione e' potenzialmente un individuo sano e giusto? E' solo rispettando tutti che si puo' costruire una societa' piu' "sana" e piu' "morale". Che insegnamento diamo ai nostri figli se consideriamo gli embrioni come prodotti che possono essere restituiti se non ci soddisfano?
Il ragionamente e' lungo e complicato. Personalmente sono dalla parte della Chiesa e mi auguro che si instauri un dialogo serio fra istante etiche e scientifiche.
Ciao
Raffaella

3 commenti:

lapis ha detto...

Ignoranti o in mala fede che siano, sbagliano tutti quelli che ripetono la litania secondo cui per la Chiesa sarebbe lo spermatozoo a veicolare l'anima. La Chiesa non dice che l'anima è già dentro lo spermatozoo, bensì che al momento della fecondazione si origina un nuovo essere, certamente non ancora completo, ma al quale è giusto dare ogni chance perché la sua vita possa divenire piena e perfetta.
E visto che per la Chiesa la vita è sempre voluta da Dio, che ci crea inscindibilmente in corpo e anima, non mi sembra scandaloso né incomprensibile che la dottrina cattolica affermi che l'anima è data nel momento stesso del concepimento. E poi, è vero o non è vero che al momento del concepimento si origina una cellula-uovo il cui DNA è unico e irripetibile, diverso da quello di ogni altro essere al mondo? Come la vogliamo chiamare allora questa cellula fecondata se non un nuovo essere in divenire? E' inutile censurare le parole "vita" e "essere vivente" per sostituirle con "grumo di cellule" o "ammasso informe", per edulcorarne la soppressione o la manipolazione, tanto ci sono dei dati di fatto che non si possono occultare: quando aspettavo mia figlia e ho fatto la prima ecografia, lei era lunga 6mm e aveva né più né meno l'aspetto "informe" di un fagiolo, ma quando la ginecologa ha ampliato il sonoro del battito del cuore ... beh, vi assicuro che sarebbe stato difficile dire che quella non era "vita".
Davvero grazie Pannella, del resto non è lui che mi fa paura, di mine vaganti ce ne sono sempre state e sempre ce ne saranno, sono quelli che gli vanno dietro come pecoroni che mi spaventano.

Anonimo ha detto...

Ciao Lapis e grazie per il tuo commento. Anche in questa occasione l'hai arricchito con la tua esperienza personale che ci aiuta ad inquadrare il problema.
Questa ricerca ossessiva del termine giusto (agglomerato di cellule, massa informe) per rendere meno spaventosa la ricerca sugli embrioni, nasconde una certa insicurezza sulle possibili reazioni della pubblica opinione.
Come al solito, si pensa che siamo tutti pecoroni e che accettiamo tutto.
Beh, mi dispiace! Se Dio vuole, le cose iniziano a cambiare. Occorre, pero', avere il coraggio di guardare in faccia alla realta' e non nascondersi dietro ad un dito o ad una parola. Deve essere chiaro che la sperimentazione e' sull'embrione, ossia su un essere che puo' diventare un uomo, una donna, un dolce nonnino.
Il Papa ci insegna a chiamare le cose con il loro nome, senza reticenze e senza ipocrisie. La speranza e' che tutti imparino dalla sua onesta'.
Ciao

euge ha detto...

Grazie Raffaella per la tua riflessione in qualche modo ho scritto piu' o meno i tuoi concetti rispondendo e manifestando solidarieta' agli otto studenti che si sono posti il problema sugli embrioni e tutto il resto. Hai ragione quando dici chi e' l'uomo per arrogrsi il potere di manipolare l'embrione umano per eliminarlo a suo piacere o per modificarlo secondo i propri desideri????????? Non e' ne il compito ne tantomeno nelle possibilita'e nei compiti dell'uomo arrogarsi questi poteri e ringraziamo Dio sempre e comunque di avere un Papa come Benedetto XVI e vorrei ricordare, senza imbastire anche su questo una polemica che i concetti che Benedetto XVI ha dell'inviolabilita' della vita umana a partire dal suo concepimento alla sua fine naturale, sono esattamente gli stessi di Giovanni Paolo II anche se qualcuno che forse ignorantemente non ha letto l'enciclica " Evangelium Vitae", si ostina a vedere come una fissazione ed addirittura una limitazione della Chiesa alla liberta' dell'uomo o meglio ad una farsa liberta' che farebbe dell'uomo il distruttore di se stesso.
- Sempre con Benedetto XVI -
Eugenia