8 marzo 2007

Rassegna stampa dell'8 marzo 2007


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ATTENZIONE: non verranno pubblicati in questo blog due editoriali del quotidiano "La Repubblica" a firma di Francesco Merlo e Marco Politi. Si tratta di articoli che io considero gravemente lesivi della dignita' del cardinale Ruini e dell'intera Chiesa italiana.
Capisco che la delusione per il fatto che non sia stato scelto per la Presidenza della CEI il solito candidato dei media (lo stesso auspicato per l'elezione a Pontefice) sia tanta e quasi insopportabile, pero' occorrerebbe essere piu' obiettivi e non sparare a zero sulla Chiesa per il puro gusto di farlo.
Caro Politi, la carita' cristiana vale anche nei confronti di Ruini e non solo di altri...
Oggi i giornali colgono l'occasione per tracciare ritratti inediti del cardinale Ruini, riconoscendogli molti meriti, ma Politi e Merlo hanno voluto togliersi qualche sassolino dalla scarpa...peccato!


Gli anni della Cei di Camillo Ruini
LE RAGIONI DI UN CARDINALE

di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA

«Meglio criticati che irrilevanti»: rimarrà di sicuro racchiuso in queste parole il senso profondo della presidenza della Cei tenuta per 15 anni dal cardinale Camillo Ruini. Parole che hanno voluto dire innanzi tutto la consapevolezza di rappresentare un’identità - quella cristiano-cattolica - posta dai tempi nella condizione di una difficile identità di frontiera; e poi, ancora, l’impegno a proporre in modo reciso, senza la vaghezza di tanta prosa o oratoria clericali, un punto di vista forte sul Paese e sul mondo; e che hanno voluto dire infine non esitare a differenziarsi dall’opinione dominante sia tra i laici sia tra quegli intellettuali cattolici accreditati solo perché immancabilmente pronti a seguire nella sostanza i dettami dei primi. È accaduto così che la Chiesa di Roma abbia acquistato di nuovo, sulla scena pubblica italiana, un rilievo di cui certamente nessuno più la riteneva capace. Incontrandosi con la politica e spesso rischiando inevitabilmente di mischiarsi con essa, come tanti critici hanno rimproverato a Ruini? Certamente sì! Ma quale altro è mai stato, da sempre, il destino della cristianità, nata al mondo dovendosela vedere con quell’amalgama supremo di statualità e di politica che fu l’impero dei Cesari? E cos’altro facevano se non anche politica (ma «anche»: non cercavano certo un posto di ministro o qualche prebenda) Ambrogio quando metteva sotto accusa Teodosio, o Agostino quando cercava di attutire la reazione pagana spiegando l’inevitabilità della caduta di Roma sotto l’impeto di Alarico, o Caterina quando richiamava il Papa da Avignone? «Chi pensa che la religione non debba avere nulla a che fare con la politica non ha capito nulla né della religione né della politica», ha detto una volta Gandhi: e sapeva quel che diceva.
Ma solo il più radicale pregiudizio può condurre a negare che dietro l’impegno di Camillo Ruini ci sia stata, sì, una preoccupazione di ordine politico, ma ben oltre, e soprattutto ben al di sopra, una sollecitazione religiosa e specialmente di ordine culturale, naturalmente declinata secondo la prospettiva cattolica.
Ruini giunse alla presidenza della Cei nel 1993, nel momento della fine della Dc ma, ben più importante, nel momento in cui, crollato il muro di Berlino, la sinistra italiana e lo schieramento progressista stavano dando l’addio al marxismo e al suo mito classista per convertirsi repentinamente a un individualismo libertario sempre più volto a modelli di vita fruitori e a orizzonti ideologici dominati dalla ragione strumentale dello scientismo. Egli capì che rispetto alla conciliazione con la modernità ideologico-politica avviata dal Vaticano II si apriva così una pagina del tutto nuova, perché del tutto nuova era la inedita e incipiente modernità dell’obliterazione e della manipolazione della natura. Capì, ancora, che questo dato segnava il passaggio a un universo non più anticristiano, come era stato per tanta parte l’8-900, ma radicalmente postcristiano: minacciosissimo non solo per la Chiesa ma per l’intera dimensione umanistica della tradizione culturale occidentale. La quale, come nei secoli più bui, forse ancora una volta alla Chiesa di Roma sarebbe tornata a guardare. E proprio questo è ciò che sta accadendo, mentre Camillo Ruini lascia la sua carica, consapevole di aver combattuto «la buona battaglia».

Corriere della sera, 8 marzo 2007


«In prima fila per difendere vita e famiglia»
Il «programma» di Bagnasco, da ieri alla guida dei vescovi. Attesa per la nota sui Dico

M. Antonietta Calabrò

ROMA — «Quando il Papa chiama, si risponde». «Prontamente». Sono le prime parole dell'arcivescovo di Genova, monsignor Angelo Bagnasco, dopo l'ufficializzazione della sua nomina a presidente della Conferenza episcopale italiana. Insieme alla gratitudine per il Papa per la fiducia accordatagli e per la chiamata cui «ho prontamente aderito, rassicurato dalle sue autorevoli indicazioni, confidando nella grazia del Signore e certo della benevola collaborazione di tutti».

«CESARE NON E' TUTTO» — L'annuncio è stato diffuso alle 12, in contemporanea, in Vaticano, con un comunicato della sala stampa, e a Genova con una lettera letta dallo stesso Bagnasco, visibilmente commosso, nella Sala della Curia del palazzo vescovile. Alla stessa ora, l'addio, nella sede della Cei, del cardinale Camillo Ruini. Intanto in Vaticano, Benedetto XVI ha ancora una volta indicato in modo pacato e fermo le linee del rapporto Chiesa- politica e della sua concezione della laicità dello Stato, che tanto hanno impegnato la Cei durante gli ultimi mesi, nel dibattito su pacs e dico.
Durante l'udienza generale Papa Ratzinger citando una lettera del terzo successore di Pietro, San Clemente, (che scrisse ai Corinti che «Cesare non è tutto») ha detto che «la Chiesa riconosce la legittimità delle istituzioni politiche, ma le autorità devono essere docili a Dio». Insomma, la Chiesa riconosce l'autorità dello Stato ma chiede ascolto.
È significativo che «la Nota» sui Dico «impegnativa» per i politici cattolici, che dovrà essere pubblicata tra poco, lasciatagli in eredità dal cardinale Camillo Ruini, sarà il primo importante compito «politico» del neopresidente dei vescovi italiani.

COLLEGIALITÀ — Nel suo messaggio di Genova, Bagnasco si è rivolto a tutti i vescovi italiani sottolineando le parole «collaborazione», «collegialità» e la necessità di «una sempre più profonda comunione con il Papa». «Sono certo — ha affermato — della preghiera vicendevole e della stima reciproca che già ci lega. A loro chiedo comprensione e collaborazione per camminare insieme guardando a Cristo, pastore grande delle anime, al Santo Padre, alla Chiesa che è in Italia e alla storia».
Poco dopo, davanti ai giornalisti, rispondendo a una domanda sulla continuità con l'era Ruini, ha ricordato che il cardinale resta «una risorsa» importante all'interno della Cei come vicario del Papa per la Capitale (è una novità, dopo 22 anni, la divisione delle due cariche). Quindi ha posto l'accento sul fatto che la Cei «è organismo di collegialità e fraternità per i vescovi, che opera in stretta comunione con il Papa, Vescovo di Roma e Primate d'Italia la cui parola è illuminante e chiaro riferimento per tutti».
Quanto alla nazione italiana Bagnasco ha affermato, citando il Concilio, che «nessuna situazione difficile vede la Chiesa lontana o indifferente: essa è alleata dell'uomo». La giornata di Bagnasco è proseguita con una messa celebrata fuori Genova, alle 18, con i francescani. Al Tg1 delle 20, infine ha dichiarato: «Saremo in prima fila a difesa della dignità umana» e ha citato il «rispetto per la vita e per la famiglia».

AUGURI BIPARTISAN — Una pioggia di felicitazioni per Bagnasco. A partire dalle più altre cariche istituzionali: il presidente della Repubblica e quelli di Camera e Senato. Romano Prodi gli ha inviato gli auguri suoi «personali e quelli del governo», ma nel suo messaggio non c'è nessuna citazione o riferimento a Ruini. Quelli che manda il vicepremier Rutelli sono «cordialissimi e deferenti», poi è la volta dei ministri della Giustizia e della Difesa Mastella e Parisi. Rosi Bindi si dice certa della possibilità di «collaborare insieme per il bene delle famiglie». Il segretario dei Ds Piero Fassino sottolinea che «con il dialogo» si potranno cercare «soluzioni condivise». Il sindaco di Roma, Walter Veltroni è anche lieto di continuare a lavorare con Ruini come Vicario. Ma Roberto Villetti (Sdi) mette in guardia: rispetto a Ruini forse cambierà la forma ma non la sostanza. Fuori dal coro, anche Franco Grillini (ds) leader di Arcigay («va in pensione il nemico dei diritti civili») e Alessandro Cecchi Paone che propone di fare del prossimo 10 marzo (giorno della manifestazione dei gay) il giorno della liberazione da Ruini.
Nel centrodestra Silvio Berlusconi accoglie la nomina di Bagnasco con «particolare soddisfazione». E così pure Casini, Cesa e Buttiglione dell'Udc, Ronchi di An. Il laico Pera e il cattolico Formigoni.

A NASSIRIYA Mons. Angelo Bagnasco cresima i militari italiani a Nassiriya nel 2004

Corriere della sera, 8 marzo 2007


«Il calcio in Seminario e le cene con gli ex studenti Un freddo? No, è riflessivo e non ama la ribalta»

Erika Dellacasa

GENOVA — «Sarà un presidente con una grande attenzione alla vita spirituale. Monsignor Bagnasco è un tradizionalista, con un tratto di intransigenza nel carattere». Così don Gianni Baget Bozzo saluta la nomina dell'arcivescovo di Genova, insediatosi da appena sei mesi, a presidente della Cei.
«Il vantaggio di una figura meno autoritaria di monsignor Ruini — dice don Baget — è che potrebbe lasciare più spazio ai vescovi». E questo non porterà a una nuova conflittualità? «Non credo, perché questa nomina viene dal segretario di Stato Tarcisio Bertone e dal Papa, saranno loro, soprattutto in questa fase, a guidare la Cei. La presenza di monsignor Bagnasco eviterà i conflitti diretti». Tutti si interrogano sul ruolo, la personalità, il peso che saprà esercitare questo religioso di 64 anni, genovese, legato al mondo degli scout, cappellano militare dal 2003 al 2006 e oggi successore di Ruini. Da Genova. Come il cardinale Giuseppe Siri suo mentore (che negli anni Settanta gli ordinò di frequentare l'Università di Filosofia di Genova nel pieno della contestazione), Bagnasco infatti presiederà la Cei senza lasciare l'arcivescovado. Riservato, misurato nelle parole, nelle uscite pubbliche, è uomo che, fino ad ora, si è concesso poco alla comunicazione mediatica, fino ad apparire un po' scostante, perfino freddo. Assicura monsignor Domenico Calcagno, vescovo di Savona, che con Bagnasco ha condiviso gli studi al seminario genovese e se lo ricorda «sempre magrissimo, quando anche lui tirava qualche calcio al pallone». «Anzi — continua Calcagno — se devo indicare un suo carattere distintivo è proprio la bontà d'animo, l'attenzione umana. Proprio poco tempo fa abbiamo organizzato una cena al santuario della Misericordia di Savona con gli ex compagni di scuola. Ha sempre tenuto i contatti con tutti noi. È un uomo riflessivo, è una cosa diversa dalla freddezza. In realtà è portato al dialogo». Anche Calcagno prevede un'azione di Bagnasco «nel solco della continuità con monsignor Ruini. C'è sempre stato feeling fra loro». Ancora una volta un po' fuori dal coro è il commento di don Andrea Gallo. «Prete da marciapiede» come ama definirsi, fondatore della comunità di San Benedetto, che non vede così scontata la continuità con Ruini. Per lui «don Angelo», come ha sempre chiamato Bagnasco, in fondo un ragazzo dei caruggi (la famiglia viene dal quartiere del Molo) rappresenta «sicuramente una buona scelta». Questo perché «non ha legami con nessuno, altri candidati erano vicini all'Opus Dei, ai focolarini, a Cl o ai poteri forti e parlamentari. Don Angelo no, e sono sicuro che ripartirà dai problemi degli umili e non astrattamente da quei valori non negoziabili che poi ogni giorno ci troviamo a dover negoziare. Penso che darà voce ai vescovi e ricorderà loro che non devono andare a Roma a dire sempre sì come delle pecorelle, ma devono rappresentare i problemi delle loro diocesi».

Corriere della sera, 8 marzo 2007


Il giorno di Bagnasco alla guida dei vescovi: sarà una Cei collegiale

di Andrea Tornielli

«Devo darvi una notizia che non conoscete...». Sorride il cardinale Camillo Ruini, mentre scherza sul fatto che la designazione dell’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco come suo successore campeggia ormai da settimane su tutti i giornali. È mezzogiorno e il cardinale, da ieri pomeriggio soltanto Vicario del Papa per la diocesi di Roma, legge il suo breve saluto di fronte ai responsabili degli uffici della Conferenza episcopale nella sede sull’Aurelia, esprimendo gratitudine a Giovanni Paolo II, che per tre mandati l’ha confermato nell’incarico, e a Benedetto XVI, che l’ha prorogato di un anno.

«Corrispondere agli indirizzi e ai desideri dei successori di Pietro è stata lungo questi anni la gioia del mio cuore - aggiunge il cardinale - oltre che il primo criterio di orientamento della mia azione». Una sola frase, che precede i ringraziamenti ai collaboratori, e che sintetizza le linee guida della sua azione. Al termine, rispondendo ai giornalisti, il cardinale si è detto «fiducioso per il futuro della Chiesa in Italia e per il bene della gente del nostro Paese».

Il segretario della Cei Giuseppe Betori, che è stato apprezzato braccio destro di Ruini e ora continuerà con Bagnasco, ha salutato il presidente uscente: «Possiamo oggi con orgoglio misurare una maggiore unità dell’episcopato e dei cattolici, pur in mezzo a non poche prove. Pur senza scivolare nella uniformità, siamo invece cresciuti nell’unità, nel pieno rispetto delle diverse identità, in un consenso sempre ricercato e mai imposto». Betori ha ringraziato Ruini per «le prospettive teologiche e umane» con cui ha svolto il suo servizio e ha ricordato l’importanza del «progetto culturale» della Chiesa italiana. «Se alle cronache giornalistiche e agli osservatori superficiali - ha aggiunto il segretario della Cei - è parso emergere nella sua azione l’impatto con l’ambito politico, chi come noi ha lavorato con lei non può dimenticare che tutto si è collocato all’interno di una progettualità pastorale fortemente propositiva». «Non possiamo nasconderle, eminenza - ha concluso - che lei ci mancherà...».

Negli stessi momenti, mentre la Sala Stampa vaticana annunciava che Benedetto XVI aveva «accolto la rinuncia, per raggiunti limiti di età» presentata da Ruini per l’incarico di presidente, nominando al suo posto l’arcivescovo di Genova, nella curia del capoluogo ligure il neo-presidente incontrava i giornalisti e teneva il suo primo discorso: «Quando il Papa chiama, si risponde», ha detto Bagnasco, esprimendo gratitudine a Benedetto XVI per «l’atto di grande fiducia». Il successore di Ruini ha subito voluto sottolineare che la Cei «è una struttura di comunione e di servizio per la fraternità episcopale», mettendo l’accento sull’importanza della collegialità.

Ha quindi ribadito che la parola e la guida del Papa «è luce chiara e sicura» nella missione dei vescovi italiani. Ha quindi ringraziato Ruini per la sua «fede esemplare e pastorale afflato», per la sua «assoluta fedeltà al magistero» dei Pontefici e per l’aver saputo «prevedere e interpretare i grandi movimenti culturali della storia recente», Bagnasco ha quindi salutato i vescovi italiani chiedendo «comprensione e collaborazione» e ha ricordato che la Chiesa è radicata «nella storia e nell’ethos del nostro popolo» grazie alla sua presenza diffusa».

Bagnasco spera «di poter andare a Roma almeno una volta alla settimana, ma è possibile anche che talvolta venga a Genova monsignor Betori. Comunque ritengo che la struttura della Cei sia così articolata e forte che mi possa rendere più agevole il compito che vado ad assumere». Numerosissime le reazioni e le congratulazioni ricevute da Bagnasco, dagli auguri di Fassino al messaggio di Berlusconi: «Con lei la Chiesa resterà protagonista attiva della vita del nostro Paese».

Il Giornale, 8 marzo 2007


Il don Camillo che ha rilanciato la Chiesa

di Redazione

Il segretario della Cei Betori lo ha detto tradendo una profonda emozione: la presidenza di Ruini non è stata solo «arida dottrina, ma una figura di esistenza cristiana e pastorale... Ciascuno di noi in questi anni si è infatti sentito sostenuto da gesti e sentimenti di amicizia e di ricco rapporto umano». Un aspetto, questo, che è emerso poco. Camillo Ruini, il «cardinal sottile», è stato infatti sempre dipinto come un freddo e astuto ragionatore, uno stratega della politica e ancora in questi giorni, alla vigilia del cambio alla presidenza, gli esponenti dell’intellighenzia della scuola bolognese di Alberigo lo hanno rappresentato più come un capo partito che come un sacerdote e un vescovo. Lui, il protagonista di tante battaglie, che ha guidato la Cei in anni cruciali per la vita del Paese, segnati dalla fine dell’unità politica dei cattolici, è stato capace di riaffermare quell’unità attorno ad alcuni valori fondamentali, pur nelle diverse opzioni di schieramento politico. E ha saputo far diventare la Chiesa italiana protagonista del dibattito culturale, capace di gettare ponti verso il mondo laico.

Ruini ha rilanciato il ruolo missionario delle parrocchie, ha lavorato perché movimenti e associazioni, pur con le loro diversità e peculiarità, si sentissero parte dell’unico corpo ecclesiale. È stato anche un osservatore attento di quanto accaduto negli ultimi anni negli Usa, con l’affermazione degli «evangelicals». A suo avviso, i cambiamenti seguiti al dramma dell’11 settembre e il crescente fenomeno dell’immigrazione hanno provocato in Italia «un risveglio e una rinnovata presa di coscienza della nostra identità religiosa e culturale cristiana, a livello di popolo e anche in una parte ampia e significativa della cultura laica».

Ma questo è il Ruini ben noto alle cronache. Quello più privato, poco conosciuto, è un uomo distante mille miglia dall’immagine del freddo calcolatore politico che gli è stata affibbiata in questi anni. Un giornale arrivò persino a scrivere che come hobby, Ruini collezionava soldatini e carri armati, un piccolo esercito personale da muovere al riparo da sguardi indiscreti. Una notizia falsa, falsissima.

Un ritratto inedito e degno di fede del Ruini privato è quello che invece emerge dalle parole di un’amica, l’avvocato matrimonialista Paola Mescoli Davoli, che lo ha conosciuto nel 1960 quando era universitaria e don Camillo - che poi ha celebrato il suo matrimonio e ha battezzato i suoi figli - faceva l’assistente dell’associazione «Laureati Cattolici». Paola Mescoli ha ricordato alcuni trascorsi del cardinale in un’intervista al Giornale di Reggio: «Veniva di sabato a casa nostra. Ha condiviso la quotidianità. Tutte e quattro le volte che ho partorito, era tra i primi a venirmi a trovare e portava cose semplici. Conservo ancora le tutine da neonato o i set per la pappa. Quando si trasferì a Roma, gli altri sacerdoti ci chiamavano gli “orfani di Ruini”. La difesa della famiglia che sta fecendo ha le sue radici dall’aver vissuto l’esperienza e le difficoltà di una famiglia».

L’avvocato Mescoli ricorda che Ruini «formò e preparò per le elezioni scolastiche gli “Studenti Democratici”. In una zona dove c’era l’egemonia totalitaria comunista della Fgci». Esperienze che sono servite al don Camillo diventato «cardinal sottile».

Il Giornale, 8 marzo 2007


Arriva Bagnasco ma vince ancora lo stile Ruini

L’arcivescovo di Genova guiderà la Chiesa italiana
Riparte il vivace confronto col Segretario di Stato


MARCO TOSATTI

CITTÀ DEL VATICANO
Finisce (ma finisce?) l’era Ruini e si apre, con la nomina ufficiale di ieri, l’era Bagnasco alla Conferenza Episcopale; ma non finisce la storica tensione che in maniera quasi fisiologica contraddistingue i rapporti fra la Segreteria di Stato e la Presidenza dei vescovi. Niente a che fare con la «linea» politica, in tema di vita, aborto, bioetica e famiglia; su questi punti ci può essere, al massimo, qualche lieve differenza di toni (lo si vedrà al primo appuntamento delicato, il Consiglio Permanente Cei di fine marzo), qualche accento più o meno pesante; di sicuro non una divergenza, anche perché in entrambi i casi il referente ultimo è il Papa, che le idee le ha chiare, e le ribadisce con una certa frequenza. Ma proprio come non erano sicuramente idilliaci i rapporti fra il cardinale Ruini e il Segretario di Stato di allora, Angelo Sodano, così un certo scontro di volontà si è riprodotto anche con il successore, Bertone.
E come saranno con Bagnasco? Certamente buoni, anche se non è un mistero per nessuno che il candidato preferito da Bertone era Benigno Papa, arcivescovo di Taranto. Non perché fosse più vicino a Prodi, o più flessibile sui «Dico»; ma semplicemente perché la sintonia con lui era più forte. Ed è ovvio che un Segretario di Stato tenda a formarsi la «sua» squadra. Lo ha fatto con il «Ministro degli esteri», Dominique Mamberti; lo farà con l’arrivo a Roma, imminente, di Domenico Calcagno, vescovo di Savona, in un ruolo importante nella Prefettura degli Affari Economici; lo sarà ancora di più, a metà maggio, con la nomina del nuovo Sostituto alla Segreteria di Stato, il «Ministro degli Interni» della Santa Sede. Bertone avrebbe voluto sostituire l’attuale titolare, l’argentino Leonardo Sandri, da tempo; ma il Papa ha acconsentito a posporre fino a metà maggio l’arrivo del nuovo «uomo di macchina», che potrebbe essere lo spagnolo Lopez Quintana, o il nunzio Ferdinando Filoni, o monsignor Agostino Marchetto. A quel punto il Segretario di Stato avrà coperto i ruoli di governo con uomini di sua fiducia: esteri, finanze, gestione interna.
La Conferenza Episcopale invece... L’autonomia dei vescovi italiani rispetto alla Santa Sede, sempre un oggetto delicato, proprio per la contiguità con il Vaticano (il Papa è Primate d’Italia) è stata fortemente condizionata per il decennio (1967-1977) in cui era Sostituto alla Segreteria di Stato Giovanni Benelli. L’autonomia è diventata molto forte con il cardinale Poletti, e naturalmente con il suo successore, il cardinale Ruini. Resa ancora più solida dal fatto che sia Poletti che Ruini erano anche (e Ruini lo sarà ancora per qualche tempo) Vicario del Papa per la città di Roma, con un accesso frequente e diretto all’«appartamento» pontificio.
Con Bagnasco si torna ad avere una presidenza Cei «periferica»; l’ultima era stata quella di Ballestrero, arcivescovo di Torino; si può ipotizzare un maggior distacco dai Palazzi Apostolici, o un qualche cambiamento di linea, soprattutto sui temi caldi (i «Dico» in primis)? Non è molto probabile. Il cardinale Ruini, come Vicario del Papa per Roma, è presidente della Conferenza Episcopale laziale, siede nel «Consiglio Permanente», e perciò manterrà tutta la sua influenza. In una posizione forse un po’ più defilata, ma non meno efficace. Non solo: con un presidente «periferico» acquista un peso maggiore il Segretario della Cei, e cioè monsignor Giuseppe Betori. «Non possiamo nasconderle, Eminenza, che Lei ci mancherà, anche se siamo già pronti a collaborare con la medesima dedizione e lealtà con il suo successore», ha detto ieri monsignor Betori, la voce rotta dall’emozione, al momento dei saluti. Inoltre monsignor Bagnasco ha sempre nutrito per il cardinale Ruini grande devozione e amicizia, e certamente farà tesoro dei suoi consigli, specialmente sui temi aperti: fra tutti, il documento Cei sui «Dico», che potrebbe essere varato proprio in concomitanza con il primo «Consiglio Permanente» del neo-Presidente, il 26 marzo prossimo, sulle linee tracciate dal presidente uscente. E che, comunque, il successore condivide. L’era Ruini finirà: ma con molta calma.

La Stampa, 8 marzo 2007


«Il 10 marzo festa liberazione da Ruini»

«Il 10 marzo è la festa della liberazione da Ruini. È la fine della sua dittatura. La dittatura di un uomo che ha fatto danni spaventosi alla politica e all’economia di questo Paese». Ed è subito polemica sulla battuta del giornalista tv Alessandro Cecchi Paone alla conferenza stampa di presentazione della manifestazione in difesa del riconoscimento delle coppie di fatto. Lusetti (Margherita): «Offende tutti i credenti, chieda scusa». Giro (Forza Italia) è «sdegnato». Gigli (Udc) parla di «attacco vergognoso».

La Stampa, 8 marzo 2007

Ma quanta intelligenza, lungimiranza e non violenza da parte de certi conduttori tv!
Questa si' che e' carita' cristiana, vero Politi? Mi pare che i conformisti e gli intolleranti non siano certo i cattolici...



Il nuovo Ruini zittisce i pacifisti

di CATERINA MANIACI

È «l'indole profondamente umanistica, dialogante, solidale, retaggio del Vangelo, del cristianesimo» che fa apprezzare i militari italiani soprattutto dalla povera gente nelle loro missioni all'estero. Queste sono state tra le prime frasi dell'arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, in qualità di presidente della Conferenza episcopale italiana, pronunciate durante la conferenza stampa per la sua fresca nomina, dopo aver esordito affermando: «Quando il Papa chiama, si risponde» e poi ringraziando di cuore il Pontefice e il cardinale Ruini. Come suo successore ha dunque ulteriormente chiarito la sua posizione anche sulla delicata questione delle missioni all'estero, posizione che non piacerà alla sinistra con tendenze pacifiste a oltranza. «Non ho competenza per indicare soluzioni di tipo politico o militare», ha spiegato, «posso dire solo quello che ho visto nei miei viaggi all'estero come ordinario militare, parlare della grande umanità e bontà dei militari italiani che nonostante eventi luttuosi e tragici hanno sempre riscosso grande apprezzamento, soprattuto da parte della povera gente». In molti, a sinistra, hanno esultato per la scomparsa dalla scena di Ruini, a cui sono stati appioppati svariati epiteti - dal «vero architetto del partito di Dio», all'omofobo, a dittatore, come hanno dichiarato Franco Grillini e Alessandro Cecchi Paone, tra gli altri - ma il suo successore ha ampiamente dimostrato, e non da oggi, di seguirne le linee-guida di pensiero. Questo semplicemente perché, come ha spiegato il cardinale "uscente" ieri salutando i più stretti collaboratori negli uffici della Cei a Roma, si tratta di «corrispondere agli indirizzi e ai desideri dei Successori di Pietro», cosa che è stata per Ruini «lungo tutti questi anni la gioia del mio cuore oltre che il primo criterio di orientamento della mia azione». I più accorti hanno capito che il cambio della guardia alla Cei non equivale ad una svolta "a sinistra", o comunque ad un ammorbidimento. Lo hanno capito bene i quotidiani di sinistra, come spiegava il titolo di ieri in prima pagine dell'Unità: «Arriva Bagnasco il successore che somiglia a Ruini», e più esplicitamente quello del Manifesto: «Bagnasco, un altro Ruini», seguito da un articolo i cui toni manifestavano delusione e irritazione. Per tornare alla questione Afghanistan, più generalmente sulle missioni all'estero militari dell'Italia, ecco come monsignor Bagnasco - che è stato ordinario militare e quindi ha il grado di generale di corpo d'armata collocato a riposo dopo aver accompagnato i contingenti italiani in Bosnia, Iraq, Afghanistan e Libano - si espresso in più occasioni: «Chi parla dei soldati italiani in missione all'estero come dei mercenari in cerca di soldi ha una visione ingiusta e irrispettosa». Ancora: «I nostri militari sono servitori della pace». Ma anche su altri temi caldi dell'attualità il neopresidente dei vescovi italiani non lascia spazio alle interpretazioni. Il suo no al disegno di legge sui Dico è altrettanto netto di quello ruiniano: se si tratta di garantire i diritti delle coppie di fatto «sappiamo bene che la via del diritto privato consente queste garanzie, quindi, pur con alcuni aggiustamenti possibili, non si vede oggettivamente la necessità di costituire una nuova figura giuridica, che veramente è una ferita grave all'istituto familiare». Per quel che riguarda i rapporti con l'Islam l'arcivescovo di Genova è convinto che «per entrare in relazione bisogna rispettarsi reciprocamente» e bisogna avere il coraggio «di esprimere un giudizio» chiaro su comportamenti, criteri, tradizioni, «pensiamo alla poligamia o alla pena di morte», non bisogna approvare «per il semplice fatto che esse appartengono a una certa tradizione».

Libero, 8 marzo 2007


Bagnasco: "Si obbedisce quando il Papa chiama"
Nominato alla Cei. Farà lui la nota ai politici sui Dico
Il grazie di Benedetto XVI a Ruini che lascia la presidenza dopo 16 anni
Gli auguri di Napolitano, Prodi e di tutto il mondo politico italiano


CITTÀ DEL VATICANO - Con un «obbedisco» militare l´arcivescovo Angelo Bagnasco inizia la sua presidenza alla Cei. Quando ha letto il messaggio inviatogli a nome di Benedetto XVI dal Segretario di Stato Bertone, Bagnasco ha esclamato: «Quando il Papa chiama si risponde». L´annuncio è stato dato ieri a mezzogiorno con un sobrio comunicato vaticano, in cui è detto che il Papa ha «accolto la rinuncia, per raggiunti limiti di età, presentata dall´eminentissimo cardinale Camillo Ruini» e ha nominato alla guida dell´episcopato mons. Bagnasco. Le sue prime parole sono state di gratitudine per il pontefice e di elogio per Ruini, che si è mosso sempre «in assoluta e piena fedeltà al magistero dei papi». Il nuovo presidente della Cei ha anche dato alcune indicazioni programmatiche. «Desidero con tutti i vescovi annunciare al mondo contemporaneo la speranza cristiana, come è emerso nel convegno ecclesiale di Verona», ha dichiarato. Poi ha sottolineato che la conferenza episcopale è una struttura di «di comunione e di servizio per la fraternità episcopale» al fine di affrontare le sfide contemporanee e tracciare i grandi orientamenti pastorali. L´accenno potrebbe preludere ad uno stile meno accentratore, che incoraggi maggiormente la partecipazione dei vescovi.
Al neo-presidente il presidente Napolitano ha inviato un telegramma augurandosi che la Cei continuerà a svolgere il suo «compito importante e delicato di promozione nel tessuto sociale dei valori religiosi e morali della Chiesa cattolica, nel rispetto del carattere laico delle istituzioni». Nell´agenda di Bagnasco c´è l´elaborazione della Nota pastorale sui Dico, preannunciata da Ruini. La sostanza del rapporto cogente tra «verità» espressa dal magistero e condotta dei cattolici impegnati in politica è già stata espressa martedì dal cardinale Bertone segretario di Stato vaticano e la Nota non si discosterà da questa impostazione. Sul tema delle coppie di fatto e delle unioni gay il nuovo presidente della Cei si colloca, d´altronde, in piena continuità con la linea Ratzinger-Ruini. Il primo impatto si avrà con la manifestazione indetta dall´Arcigay per sabato 10 marzo. Ieri, all´udienza generale, Benedetto XVI è tornato sul tema di rapporti tra religione e Stato, ricordando ai pellegrini: «Cesare non è tutto. Emerge un´altra sovranità, la cui origine ed essenza non sono di questo mondo, ma di "lassù": è quella della verità, che vanta anche nei confronti dello Stato di essere ascoltata». Auguri al neo-presidente sono pervenuti da tutto il mondo politico, dai presidenti delle Camere, dal premier Prodi, dall´associazionismo cattolico.
Anche Ruini ha ricevuto tanti messaggi di stima. Nella sede della Cei si è svolta una piccola e commossa cerimonia di commiato. Ruini ha ringraziato particolarmente il segretario generale mons. Betori e il direttore dell´Avvenire Boffo. Tra applausi Betori lo ha ringraziato per aver aiutato i vescovi italiani ad «affrontare con coraggio anni difficili». Sotto la sua guida, ha soggiunto, la Chiesa italiana è cresciuta «non nell´uniformità, ma nell´unità». Poi, sorridendo, Ruini ha chiesto ai reporter: «Adesso restiamo soli, così ci possiamo salutare tra noi».

Repubblica, 7 marzo 2007

Liquidare l'illuminante catechesi del Papa all'udienza di ieri in sue parole e gettarla sul piano politico e' tipico di un certo modo di fare giornalismo...


IL PROTAGONISTA
Nel suo primo discorso Bagnasco cita san Francesco, ringrazia Ruini e ribadisce l´impegno alla difesa dei valori "non negoziabili"

Il debutto del vescovo-generale "Continuità e scelte collegiali"
Il primo appello ai fedeli: più serietà nella vita cristiana

NADIA CAMPINI

GENOVA - Monsignor Angelo Bagnasco prende spunto dalla figura di san Francesco e nella sua prima uscita pubblica da presidente della Cei, a sei ora appena dalla sua investitura, usa parole forti, nel segno della continuità col suo predecessore, il cardinale Ruini. Richiama i fedeli ad una «serietà anche costosa della vita cristiana», perché «in quest´ora contemporanea il rischio di un cristianesimo senza Cristo, una religione senza Dio è evidente e diffuso». L´arcivescovo dice messa in cattedrale per le famiglie francescane riunite a Genova. Il suo messaggio parte dall´esempio di san Francesco, che «ha preso sul serio l´incarnazione del figlio di Dio», ma spazia oltre, avverte che «sfumando la storicità di Cristo si sfuma la fede e Dio retrocede in cieli lontani», mentre Dio «non può essere ridotto ad un universale e impersonale energia cosmica». C´è insomma il richiamo preciso ad un impegno quotidiano dei cattolici per difendere quelli che Bagnasco già nei giorni scorsi aveva definito «i valori non negoziabili», quelli sui quali la Chiesa continuerà a dire la sua opinione, in modo fermo anche se probabilmente con toni meno accesi di quelli ruiniani.
Nell´incontro con la stampa che ha seguito l´annuncio ufficiale della nomina, Bagnasco era già stato molto accorto sottolineando la collegialità delle scelte in capo alla conferenza episcopale. «La Cei è un organismo collegiale - aveva detto - e i vescovi, nei loro dibattiti, a tutti i livelli, guardano alla parola del Papa e a quella delle loro chiese locali», aggiungendo che il cardinale Ruini «continua a essere presente nel Consiglio permanente e nell´assemblea generale come vicario per il Santo Padre di Roma».
D´altra parte lo stile dell´arcivescovo di Genova è da sempre molto pacato. Ieri non ha tradito emozione nemmeno quando, a mezzogiorno e due minuti, in contemporanea con l´annuncio romano, ha aperto la porta della sala udienze della Curia genovese e ha letto la lettera del segretario di Stato Tarcisio Bertone che gli annunciava la nomina papale. Poi nel suo messaggio ha ricordato la Cei come «una struttura di comunione e servizio per la fraternità episcopale, per il discernimento delle sfide contemporanee nonché dei grandi orientamenti pastorali». E ha avuto parole di apprezzamento per il cardinale Ruini, che «ha svolto il suo compito «con fede esemplare e pastorale afflato».
Quattro anni passati da Ordinario militare, con esperienze in Afghanistan, in Iraq e nei paesi dei Balcani hanno abituato monsignor Bagnasco a misurare i toni e a lavorare di diplomazia, una caratteristica alla quale unisce un forte impegno pastorale e una grande umanità. Nato per caso a Pontevico, in provincia di Brescia, dove i suoi erano sfollati per la guerra, Bagnasco viene da una famiglia semplice, padre pasticcere, madre casalinga. Cresciuto a Genova, qui è stato ordinato sacerdote nel 1966, ha lavorato in parrocchia e per venticinque anni è stato vicino al mondo scout e a quello della Fuci, ma è anche un filosofo e ha insegnato Metafisica e ateismo contemporaneo alla Facoltà teologica dell´Italia settentrionale. Nel 1998 ha lasciato Genova per andare a coprire l´incarico di vescovo di Pesaro, dal 2001 è presidente del consiglio di amministrazione del quotidiano l´Avvenire, dal 2003 arcivescovo ordinario militare.
Nel 2006 la nomina ad arcivescovo di Genova lo ha riportato nella sua città, una città che sempre più negli ultimi anni è diventata crocevia nevralgico per le alte leve in Vaticano. Di qui è passato Dionigi Tettamanzi prima di andare a Milano, a sostituire il cardinale Martini, poi il cardinale Tarcisio Bertone, oggi segretario di Stato in Vaticano, e infine Bagnasco. Ed è stato proprio Bertone a caldeggiare la nomina dell´arcivescovo di Genova a presidente della Cei. Oggi Bagnasco va a ricoprire l´incarico che era di Ruini, ma pur nel segno della continuità sarà una presidenza diversa rispetto a quella del suo predecessore, anche perché Bagnasco resterà a Genova, dove continuerà a svolgere i suoi compiti di arcivescovo. Bagnasco ha spiegato infatti che ha intenzione di recarsi a Roma «tutte le settimane, almeno un giorno, salvo poi, qualche volta, ricevere qui lo stesso segretario generale della Cei, che potrà venire a Genova in modo da verificare l´andamento delle diverse situazioni». E queste parole sono state accolte con sollievo dalla sua città che temeva di perderlo.

Repubblica, 7 marzo 2007


E ora da Savona in partenza Calcagno
Voci di una successione di Palletti

E ora tocca a Savona. Da un giorno all´altro potrebbe arrivare la notizia della nomina del vescovo Calcagno nel ruolo di segretario della prefettura degli Affari economici nella segreteria di Stato vaticana.
E´ un´altra mossa studiata dal segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone che sembra avere una particolare attenzione nelle sue scelte per la Liguria, dove i suoi anni genovesi sono stati sicuramente fruttuosi.
La partenza di Calcagno aprirebbe il problema della sua successione in una diocesi delicata come quella di Savona. Tra i nomi che si fanno c´è anche quello del vicario di Genova, monsignor Luigi Palletti, anche se la controindicazione è che mai come in questo momento la diocesi genovese ha bisogno di tutti i suoi vertici. Bagnasco ha ipotizzato ieri un solo giorno di assenza da Genova ogni settimana, ma questa soluzione potrebbe essere troppo ottimistica. Era stato avanzata per Savona anche la soluzione della nomina di monsignor Francesco Moraglia, ma si tratterebbe di una voce non fondata.

Repubblica, sezione Genova, 7 marzo 2007

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