8 marzo 2007

Aggiornamento rassegna stampa dell' 8 marzo 2007


Vedi anche post precedente.

Riporto un intelligente e puntuale commento di Luigi Accattoli che, mi pare, colga esattamente lo spirito della nomina di Mons. Bagnasco e gli scenari che potrebbero aprirsi in futuro.

GLI SCENARI
Seguirà la rotta di Ruini ma con meno poteri Così cambiano gli equilibri

Ruolo più incisivo per la Segreteria di Stato

ROMA — La presidenza Bagnasco seguirà la rotta tracciata dal cardinale Ruini, ma la strumentazione sarà diversa e in parte nuova suonerà la musica che ascolteremo. La somma dei poteri decisionali, di gestione e di indirizzo conseguiti dal predecessore verrà probabilmente ripartita — di fatto — su più soggetti e avremo un presidente meno autonomo, che agirà in diretto collegamento con la Segreteria di Stato vaticana, una conduzione più collegiale delle attività della Cei, un maggiore protagonismo del «segretario generale» e dei vicepresidenti.
Non c'era mai stato un presidente Cei che fosse restato in carica per 16 anni, come il cardinale Ruini, ma soprattutto mai si era avuta una conduzione di vertice dell'episcopato italiano così accentrata e così autonoma rispetto a ogni altra istanza.
Accentramento e autonomia realizzate senza riforma di struttura ma per una serie rara di combinazioni favorevoli: la forza del personaggio, la straordinaria autorità morale conseguita negli anni e già alta all'esordio (al momento della nomina Ruini aveva già retto per un quinquennio la «segreteria generale» della Cei), la somma delle qualifiche di vicario di Roma e presidente della Conferenza episcopale, la piena fiducia e delega papale sulle questioni italiane.
Mai nessun presidente Cei aveva avuto l'influenza del cardinale Ruini sulla nomina dei vescovi e nessuno — se si esclude Poletti, anche lui vicario di Roma — aveva avuto lo stesso accesso al Papa.
Ancora e soprattutto: i presidenti che l'avevano preceduto governavano una struttura agile e minima, rispetto all'attuale. Sotto Ruini e grazie ai fondi dell'«8 per mille» la macchina è cresciuta enormemente: da uno a quattro, a tener conto semplicemente delle persone che ricevono uno stipendio direttamente dalla Cei.
Con l'accesso al Papa che si diceva, con il governo efficace e duraturo della grande macchina da lui stesso costruita e con la possibilità di influire sulle nomine episcopali, il cardinale venuto da Sassuolo a Roma nel 1986 in 21 anni si è affermato come un plenipotenziario dell'intero episcopato italiano.
Nessuno forse avrebbe potuto imitarlo in tale ruolo e comunque la scelta del Papa tedesco è stata di non tentare la via dell'imitazione, che avrebbe prodotto — poniamo — una presidenza affidata al patriarca di Venezia Angelo Scola.
La scelta di Bagnasco implica una ridistribuzione del ruolo e dei poteri che Ruini aveva accentrato. Ma come l'accentramento non era venuto per riforma, così anche il decentramento sarà affidato alla prassi.

Bagnasco resterà a Genova («Andrò a Roma una volta alla settimana», ha detto ieri) e dunque sarà meno presente — rispetto a Ruini — nelle attività della Cei nelle celebrazioni vaticane, ma anche sulla scena pubblica nazionale e nelle dirette televisive. Ne verrà un abbassamento di immagine che riporterà la figura del presidente dei vescovi al modello già impersonato dai presidenti «periferici» Urbani, Poma e Ballestrero.
Lo spazio lasciato disponibile sarà occupato dal «segretario generale», il vescovo Giuseppe Betori, che risiede a Roma ed è a tempo pieno. Sarà lui a rappresentare la Cei in tutte le occasioni che sfuggiranno — per ragioni geografiche — al presidente genovese.
Avremo dunque un segretario più «presente» e più autonomo sia ad intra sia ad extra: forse il secondo quinquennio della segreteria Betori darà alla sua figura il ruolo che in altri tempi fu di un segretario forte come Bartoletti.
Ma anche l'accesso al Papa di cui godrà l'arcivescovo Bagnasco sarà certamente minore rispetto a quello di Ruini, non tanto in dipendenza della lontananza geografica quanto perché Bagnasco non è vicario di Roma e dunque gli mancheranno tutti quei contatti — più di uno a settimana — che il «vicario» Ruini aveva con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Non avendo un contatto diretto e continuato con il Papa, il nuovo presidente dovrà fare riferimento alla Segreteria di Stato vaticana e anche qui è possibile indicare il ritorno a un modello già sperimentato nel decennio 1967-1977 con i presidenti Urbani e Poma che trattavano con il Papa per il tramite del sostituto alla Segreteria di Stato Giovanni Benelli. Questo ruolo oggi sarà svolto dal cardinale Bertone.
Infine la collegialità della conduzione: la presidenza della Cei è un organo collegiale di cui fanno parte il presidente e il segretario nominati dal Papa e tre vicepresidenti eletti dall'assemblea, che oggi sono Luciano Monari, Piacenza, per il Nord; Giuseppe Chiaretti, Perugia, per il centro; Benigno Papa, Taranto, per il Sud. Con Ruini i vicepresidenti avevano una funzione più liturgica e notarile che di governo. È presumibile che con Bagnasco tornino a svolgere un ruolo rilevante.

Luigi Accattoli

L'arcivescovo ha annunciato che farà il pendolare con Genova e andrà a Roma una volta alla settimana

Corriere della sera, 8 marzo 2007

Credo che Accattoli abbia colto il senso del nuovo corso della CEI: piu' collegialita' e valorizzazione di tutte le risorse presenti nella conferenza episcopale.
Il fatto che d'ora in poi la CEI fara' riferimento alla segreteria di stato piu' che al Papa, mi rincuora perche', in questo modo, probabilmente, il Pontefice potra' dedicarsi interamente ai temi che piu' gli stanno a cuore senza essere continuamente tirato in ballo nelle faccende dell'Italietta :-)



CONFRONTI
Un linguaggio morbido e la stessa intransigenza sui «temi non negoziabili»

ROMA — Il linguaggio dell'arcivescovo Bagnasco è meno netto e vibrato di quello del cardinale Ruini, ma inteso a veicolari gli stessi «criteri non negoziabili». Spesso fa proprie espressioni e idee care al presidente uscente. Attenzione tuttavia alle inflessioni, perché il linguaggio dice l'uomo e il parlare colloquiale di Bagnasco segnala un uomo portato quasi naturalmente a cogliere la prossimità con l'interlocutore, prima che la lontananza. Un'attitudine probabilmente rafforzata dall'esperienza giovanile di animatore degli scout e della Fuci. Nell'intervista di domenica al «Corriere della Sera» abbiamo riascoltato il cardinale Ruini che invitava a non aver paura della contestazione, quanto piuttosto dell'«irrilevanza» ed ecco Bagnasco che nell'omelia di Santo Stefano, il 26 dicembre scorso, toccava così il tasto della «sistematica contestazione» della fede cristiana: «Chiediamo l'umile coraggio dell'amore che, senza mai imporsi, si propone a tutti con rispetto e convinzione, senza complessi». Più volte il cardinale Ruini ha richiamato alla «verità» cristiana sull'uomo, che non può essere ridotto a «parte della natura circostante». Lo stesso richiamo in bocca all'arcivescovo Bagnasco suonava così, nel discorso per il «Te Deum» del 31 dicembre scorso: «Mentre annuncia il vero volto di Dio, la Chiesa deve annunciare anche l'uomo, il volto del quale oggi è talmente sfumato da distinguerlo con fatica dal resto della natura, quasi ne fosse una particella appena più evoluta». Benedetto XVI ha parlato ultimamente di «unicità irripetibile» della famiglia — espressione subito ripresa dal cardinale Ruini con riferimento alle coppie di fatto — ed ecco come, qualche settimana prima, Bagnasco aveva espresso un concetto analogo, l'ultimo dell'anno, rivolgendosi agli sposi: «Come Comunità cristiana continueremo a sostenere senza ambiguità e sofismi la vostra identità ineguagliabile». Il cardinale Ruini e papa Ratzinger segnalano un primato in Europa della comunità cattolica italiana, che potrebbe svolgere un ruolo guida nell'opera di contrasto alla secolarizzazione: è uno spunto che torna più volte nelle omelie di Bagnasco. Il giorno dell'ultimo Natale descrivendo l'«umanesimo integrale» che ci viene dalla «grotta di Betlemme» affermava che esso «ancora oggi — specialmente in Italia — costituisce il nostro ethos sostanziale». Il 31 dicembre ha detto che su vita e famiglia «il mondo guarda all'Italia, se ha ancora qualcosa di proprio da dire all'umanità, oppure se vorrà unirsi al coro». Ma anche il mite Bagnasco ha qualche impennata di tono e almeno in una delle omelie genovesi si ritrova il tono vibrato del cardinale Ruini al funerale per le vittime di Nassiriya, quando affermò «non fuggiremo davanti ai terroristi». E' quella del 24 settembre scorso, durante la celebrazione di ingresso a Genova, quando egli, genovese di famiglia e di formazione, fece appello con foga alla sua città: «Ripeti a te stessa l'antico detto: "Genova, la superba"! Superba non perché paga delle tue conquiste, isolata fra le tue torri e i tuoi forti, ma perché vuoi essere la prima, la migliore nella civiltà giusta e solidale».

Luigi Accattoli

Corriere della sera, 8 marzo 2007

Come al solito, e' "Il Giornale" a dedicare un articolo specifico all'udienza generale del Papa:

«L’autorità dello Stato non è tutto»

di Redazione

La Chiesa riconosce l’autorità dello Stato, dà a Cesare ciò che è di Cesare (come indica Gesù nel Vangelo), ma «Cesare non è tutto». Lo ha detto ieri mattina Benedetto XVI, nella catechesi dell’audienza generale in Vaticano, commentando la lettera di San Clemente, vescovo di Roma e terzo successore di Pietro.

Il Papa ha rievocato i tempi in cui il documento fu scritto, all’indomani della persecuzione di Domiziano, ricordando che i cristiani non cessavano «di pregare per quelle stesse autorità che li avevano condannati ingiustamente». Benedetto XVI ha quindi sottolineato, grazie alla citazione di Clemente, che la Chiesa «riconosce la legittimità delle istituzioni politiche nell’ordine stabilito da Dio» e nello stesso tempo, «manifesta la preoccupazione che le autorità siano docili a Dio e “esercitino il potere che Dio ha dato loro nella pace e la mansuetudine con pietà”. Cesare non è tutto. Emerge un’altra sovranità - aggiunge Ratzinger - la cui origine ed essenza non sono di questo mondo, ma di lassù: è quella della verità, che vanta anche nei confronti dello Stato il diritto di essere ascoltata».

Nel suo discorso, il Papa ha rimarcato come Clemente sottolinei che «la Chiesa ha una struttura sacramentale e non una struttura politica. L’agire di Dio che viene incontro a noi nella liturgia precede le nostre decisioni e le nostre idee. La Chiesa è soprattutto dono di Dio e non creatura nostra, e perciò questa struttura sacramentale non garantisce solo il comune ordinamento, ma anche questa precedenza del dono di Dio, del quale abbiamo tutti bisogno».

La Chiesa, ha spiegato, «non è luogo di confusione e di anarchia, dove uno può fare quello che vuole in ogni momento: ciascuno in questo organismo, con una struttura articolata, esercita il suo ministero secondo la vocazione ricevuta». Infine, Ratzinger ha sottolineato come fin dall’inizio, già nel primo secolo, la Chiesa di Roma «presiede nella carità a tutte le altre Chiese».

Il Giornale, 8 marzo 2007


«È nella bellezza l'identità europea»

di CATERINA MANIACI

L'Europa è nata cristiana, altrimenti non sarebbe nata. E bisogna "essere ciechi" per non vedere come l'intera storia europea è pervasa del senso del cristianesimo, che le sue radici cristiane - neglette anche dalla politica - sono ben evidenti in quei monumenti straordinari che sono gli edifici religiosi, e prime fra tutte le cattedrali. Il messaggio arriva dalla Chiesa e non è certo nuovo. Ma ci sono occasioni particolari che lo rendono più chiaro e significativo. Come quando a spiegarlo è monsignor Timothy Verdon, storico dell'arte e grande studioso di iconografia. Monsignor Verdon è a Roma per presentare un libro stupefacente, sotto tutti i punti di vista: si intitola "Bellezza e identità. L'Europa e le sue cattedrali", edito da FMR. È un omaggio a Papa Benedetto XVI, in occasione del suo ottantesimo compleanno, che ricorrerà il prossimo 16 aprile. È un volume enorme, ricorda gli antichi codici per peso, grandezza e valore: basta guardarne le rilegature, in pelle, mentre in copertina c'è un bassorilievo in argento. Non a caso la tiratura è molto limitata (900 copie). Monsignor Verdon è il curatore del volume, che si avvale di un apparato iconografico di grandissimo valore, presentando le più belle immagini di cattedrali, duomi e battisteri di tutta Europa. Americano d'origine, Verdon è ormai stabilmente trapiantato in Italia (più precisamente a Firenze, dove dirige l'ufficio per la catechesi attraverso l'arte). Esiste una profonda sintonia con Papa Benedetto XVI nel leggere l'arte cristiana e nel proporla anche come strumento prezioso di catechesi. Sintonia dimostrata ulteriormente dal fatto che, all'ultimo sinodo dei vescovi celebrato a Roma (ottobre 2005), Verdon era tra gli invitati personali del Pontefice. La presentazione del volume è avvenuta all'Università Lateranense, con il rettore dell'ateneo, monsignor Rino Fisichella, il cardinale Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, Andrea Pamparana, vice direttore del Tg5, Vittorio Sgarbi nella sua veste di storico dell'arte e Marilena Ferrari, presidente di FMR. Libero ha rivolto alcune domande all'autore. Ha ancora senso costruire chiese e cattedrali? «Dove una comunità cristiana si costituisce come diocesi ha sicuramente bisogno di una chiesa in cui collocare la "cattedra" per il suo vescovo, e dunque una cattedrale si costruirà. Perciò penso senz'altro che abbia senso ancora oggi tentare di costruire spazi particolari - sia per mole che per bellezza - che possano elevare la percezione dei credenti verso il Dio che viene incontro a noi». Oggi a volte è difficile, quasi rischioso, esporre una croce o un qualsiasi simbolo cristiano, che comunque vengono spesso e volentieri contestati. «Ogni popolo deve essere fiero della propria tradizione religiosa, anche quando la maggioranza delle persone non praticano più quella fede. Ma, fino a quando quella stessa fede viene riconosciuta come fonte di valori e di un modo di vivere comuni, bisogna che sia garantita la libertà e la fierezza di esporre i simboli legati a quella fede. Certo, nei Paesi musulmani questo non manca: perché dovrebbe mancare da noi?» Come ha scelto le cattedrali che appaiono nel libro? «I miei criteri di scelta cercano di rispettare l'integrità continentale dell'Europa, ma essenzialmente si tratta delle grandi cattedrali che ogni manuale di storia dell'arte presenta come capolavori assoluti». Che cos'è oggi una cattedrale? «Ancora oggi si costruiscono cattedrali. Penso alla nuova cattedrale, nei pressi di Parigi, progettata da Mario Botta, che è un ottimo esempio del tentativo contemporaneo di creare uno spazio sacro, imponente, e in questo caso anche rapportato ad un quartiere operaio, dove la sacralità di un edificio particolare crea un rapporto con la gente, e dunque rende concreto il rapporto di Dio con i poveri, proprio attraverso una chiesa». Bellezza e identità: perché questo abbinamento? «Oggi tendiamo a vedere la bellezza come fattore puramente estetico. Ma la tesi centrale propugnata dal libro che ho curato è che la bellezza, soprattutto quella di questi monumenti straordinari che sono le cattedrali, è in realtà una proposta di identità, del carattere cristiano dell'Europa». Questo discorso si muove fedelmente nella linea di Papa Ratzinger, ossia proporre la fede attraverso l'arte e la sua conoscenza. «Il presente e il futuro non si conoscono e non si costruiscono senza una conoscenza del passato. Il passato europeo e del mondo euroamericano è un passato giudeo-cristiano. Il Santo Padre, come il suo predecessore Giovanni Paolo II, ha saputo estendere ed articolare la necessità di un vitale legame con il passato. Ciò include anche il riconoscimento di quella bellezza particolare che la fede di molti secoli ha generato nelle nostre città e che ancora ci accompagna. In tanti, oggi più che mai, si accostano a questi monumenti, con curiosità, emozione, e a volte, proprio attraverso questo primo contatto, cominciano ad avventurarsi nei sentieri della conversione e della fede».

Libero, 8 marzo 2007

Vedi anche il post: Ratzinger: i pericoli del potere dell'uomo

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