11 giugno 2007
Aggiornamento della rassegna stampa dell'11 giugno 2007 (2)
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Aggiornamento della rassegna stampa dell'11 giugno 2007 (1)
Rassegna stampa dell'11 giugno 2007
Tre proiettili spediti a Bagnasco
L’arcivescovo: «Sono tranquillo»
Ancora minacce al presidente della Cei. La polizia: «Opera di un mitomane»
di LORENZO CRESCI
GENOVA - Tre proiettili per tenere alta la tensione. E minacce di morte. Monsignor Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, è ancora nel mirino. «Opera di un mitomane», si limita a osservare il questore genovese, Salvatore Presenti, annunciando che il nuovo episodio intimidatorio «non comporterà cambiamenti nella strategia di custodia dell'arcivescovo». E così è stato anche alla Messa di ieri. Ma nell’omelia, per la prima volta, l’arcivescovo ha mostrato preoccupazione per quello che sta accadendo. «Nei momenti difficili e di sconforto bisogna ricorrere alla preghiera e all'adorazione di Gesù», ha detto.
La domenica non è stata facile per il prelato che, sabato, è stato raggiunto da una lettera di minacce e tre proiettili di carabina inesplosi. Ai fedeli, nella cattedrale di San Lorenzo, non ha voluto aggiungere nulla di più, limitandosi a dire «Sono tranquillo. Vi ringrazio per la vostra solidarietà e vicinanza». Così, delle nuove minacce, che fanno seguito a quelle del 27 aprile (una lettera contenente un proiettile inesploso e una foto di Bagnasco con su incisa una svastica) ha parlato il questore: «È stata spedita da Genova, la busta con i tre proiettili di piccolo calibro e un foglio, scritto al computer, di una decina di righe». Il messaggio – secondo quanto riferito - riporta minacce di morte nei confronti dell'arcivescovo e si conclude con una firma illeggibile, una sorta di scarabocchio impossibile da decifrare.
Immediate le reazioni politiche, con messaggi di solidarietà all’arcivescovo. Tra le note, però, c’è anche quella del presidente dell’Udc Luca Volontè che offre spunti investigativi: «Il ministro degli Interni dia finalmente il via libera alla cattura degli anarchici ben identificati da tempo che a Genova stanno minacciando l'Arcivescovo Bagnasco», chiede Volontè. Dicevamo dei messaggi di solidarietà. Il ministro della Giustizia Clemente Mastella manifesta «preoccupazione» ribadendo «il diritto e il dovere della Chiesa di esprimere la propria opinione sui temi cari al suo Magistero». «Esprimo tutta la mia solidarietà a monsignor Bagnasco per il vile gesto di cui è stato vittima», dice il ministro dell'Ambiente e presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. Da Forza Italia arriva la voce del coordinatore azzurro Sandro Bondi: «Le nuove minacce giunte a monsignor Bagnasco dimostrano il riemergere di cascami ideologici che non vanno sottovalutati». «Le intimidazioni sono spie di intolleranza», è stato il commento del leader dell’Udc Pierferdinando Casini, mentre Marco Follini, dell’Italia di Mezzo, ha parlato di «proiettili metaforicamente mirati a colpire la nostra democrazia». Solidarietà a monsignor Bagnasco anche dal presidente della Camera, Fausto Bertinotti: «Un gesto sconsiderato», ha definito Bertinotti l’atto intimidatorio contro il prelato. «Un gesto - ha proseguito - che va condannato con fermezza e che induce a proseguire con maggior determinazione nel comune impegno per la costruzione di una convivenza civile fondata sulle ragioni del confronto democratico, del dialogo e della pace».
Il Messaggero, 11 giugno 2007
«Io, vescovo nel mirino dei clan»
Monsignor Bregantini: ho avuto la scorta, poi l’ho rifiutata
di FRANCA GIANSOLDATI
CITTA’ DEL VATICANO - «No, devo dire che non sono preoccupato per ciò che sta accadendo. Mi riferisco alle scritte contro monsignor Bagnasco e contro Benedetto XVI. Mi riferisco, ovviamente, alla busta coi tre proiettili. Sono momenti certamente poco felici, ma la Chiesa c’è abituata. Periodi difficili ci sono stati anche in passato. Sono convinto che tutto si scioglierà pian piano. Occorre andare avanti con ottimismo». Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Locri, commenta così la lettera minatoria destinata al presidente della Cei fatta pervenire da mano ignota alla curia genovese. Bregantini, per sua esperienza diretta, sa benissimo cosa significhi vivere sotto scorta. Dietro pesanti minacce da parte della ’ndrangheta, per un certo periodo di tempo, è stato costretto a portare avanti la sua missione di vescovo protetto dalla polizia.
Non le mette angoscia questo clima indimidatorio?
«No, mi sento di dire di no. Penso che l’intervento fatto da monsignor Bagnasco alla Cei, alla fine del mese scorso, durante l’assemblea generale dei vescovi, sia stato talmente pacato, acuto e intelligente da gettare nuove basi e fugare l’immagine iniziale. Le nubi prima o poi si dissiperanno, ne sono certo».
E’ inquietante che in Italia vi siano vescovi costretti a dire messa coi poliziotti a fianco. In nessun altro paese europeo accade...
«Fortunatamente la scorta non ce l’hanno in molti».
Ma secondo lei perchè sta accadendo tutto questo?
«E’ probabile che da noi gli aspetti emotivi siano più forti che altrove. Veniamo attaccati di più. Io sono vescovo a Locri da 13 anni e la scorta l’ho avuta solo per un certo periodo, poi l’ho rifiutata. Ricordo, invece, monsignor Riboldi, ex vescovo di Acerra che è stato scortato per anni e anni, tuttavia ha saputo vivere quel lungo periodo con serenità e non ha mai diminuito il fervore profetico nell’annunciare il Vangelo in zone difficili. La sua vita non è mai stata intaccata e non l’ho mai visto limitato nei gesti. Ritengo che la stessa cosa accada anche per monsignor Bagnasco».
Contro Bagnasco sembra che sia in atto un vero e proprio disegno persecutorio..
«A lui va tutta la comprensione della mia diocesi. Anche noi in passato abbiamo avuto non pochi segni negativi: lettere con proiettili, diversi sacerdoti minacciati, così come altri laici impegnati hanno subito intimidazioni. Comprendiamo, dunque, benissimo la situazione e la viviamo con profonda tristezza, anche perchè questi gesti non essendo identificabili immediatamente creano sconforto. La prima sensazione che si ricava è che sembra di essere circondati senza ragione, si fatica a comprendere quali siano i motivi dietro le frecce che vengono scagliate contro di noi, contro la Chiesa».
Il Messaggero, 11 giugno 2007
Genova, nuova minaccia a Bagnasco.
Tre proiettili e una frase: "Io ti ucciderò"
di Redazione
Andrea Macco e Diego Pistacchi
Genova - Tre proiettili, tre parole: «Io ti ucciderò». Ancora minacce a monsignor Angelo Bagnasco, il presidente della Cei. Ancora un plico recapitato alla Curia di Genova nel giorno della processione del Corpus Domini, anticipata a sabato per ragioni di ordine pubblico-sportivo. La stessa mano che aveva preparato il pacco minatorio ad aprile, dopo la polemica sui Dico e sulle frasi mal interpretate dell’arcivescovo di Genova. Ne è convinta la questura, che insiste: «È solo un mitomane». Ma un mitomane che non è stato ancora individuato, che fa paura e che costringe il presidente della Cei a girare ancora con la scorta, a dire Messa con un agente armato al posto dei chierichetti. Non ha paura però lui, Angelo Bagnasco. Che anzi ci scherza su. «Avete novità? - domanda ai seminaristi raccolti attorno a lui dopo la Messa del Corpus Domini -. No? Ma come, non leggete i giornali? Sto facendo collezione di proiettili». Il sorriso è disteso, sincero. E concede subito un’altra battuta: «Mi sa che tra un po' raggiungerò l'intero tamburo della pistola... A proposito di quanti colpi è composto?» C'è chi ha la risposta pronta: «Eminenza, di sei». E l'arcivescovo: «Non è che essendo così esperto sei tu quello che me li ha mandati?». La risata questa volta è libera e coinvolge tutta la sala. Monsignor Bagnasco è sempre don Angelo. E vorrebbe persino rinunciare alla scorta di cui però non può fare a meno. L’arcivescovo anzi, non si preoccupa di pensarla diversamente dalla questura anche a proposito dell’autore della lettera, che ha spedito il plico passato per il centro di smistamento postale dell’aeroporto. «Questa volta la minaccia aveva uno stile molto differente ed era firmata - confida -. Ma la firma è pressoché illeggibile, di una donna mi pareva, una piemontese, una certa Giuseppina se non ricordo male». E domanda scherzoso: «C'è mica qualcuno di voi che ha origini piemontesi»?
In Curia seguono l’esempio dell’arcivescovo e si concedono un sorriso: «Non è vero che la scorta non serve, serve a tenere lontani i giornalisti. A quelli che si dimostrano puntualmente pronti a sollevare un polverone intorno alla cosa e a far dire all'arcivescovo quello che vogliono loro».
Già, il polverone. Quello è inevitabile. E infatti appena si sparge la notizia della nuova minaccia a Bagnasco il mondo della politica reagisce. Con toni durissimi, o con silenzi imbarazzanti. Inevitabile che si faccia l’appello e si scopra che qualcuno non partecipa neppure stavolta alla condanna del gesto. «È la spia di un’intolleranza profonda» commenta il leader Udc Pierferdinando Casini. Isabella Bertolini, deputata di Forza Italia, chiama anche i laici a una forte presa di posizione contro «la continua strategia intimidatoria, dall’inequivocabile colorazione politica, nei confronti del presidente della Cei». Interviene il ministro Verde, Alfonso Pecoraro Scanio, che da Malta «esprime tutta la sua solidarietà a monsignor Bagnasco per il vile gesto di cui è stato vittima». Anche dai Ds non tarda ad arrivare un comunicato: «Esprimiamo la più forte solidarietà al presidente della Cei per il vile gesto di minaccia nuovamente rivolto alla sua persona».
Parole che sembrano raccogliere l’invito di Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia, che fa giungere a monsignor Bagnasco «tutta la solidarietà personale e quella di Forza Italia», ma invoca un «impegno solidale di tutte le forze politiche democratiche contro il riemergere di cascami ideologici che non vanno sottovalutati». Dall’Italia dei Valori, l’onorevole Stefano Pedica va oltre, sottolineando come sia «grave il fatto che non si riescano a fermare i colpevoli» di queste ripetute minacce. «Anche i mitomani possono rendersi protagonisti di azioni violente - avverte il deputato di Forza Italia Francesco Giro - soprattutto se sentono intorno a loro un clima di complicità alimentato dalle intemperanze di una sinistra estremistica e visceralmente anticlericale». Eccolo, il punto. Lo sottolinea Giampiero Catone, capogruppo vicario alla Camera della Democrazia cristiana per le Autonomie: «Restiamo sorpresi e attoniti nel constatare l’assenza di una posizione di condanna della sinistra radicale». L’appello, appunto. Dal quale risultano molti assenti.
Il Giornale, 11 giugno 2007
Bush, un giorno da Papa
Carlo Pelanda
Un seminario di studio tra Bush e la Comunità di Sant'Egidio è un fatto molto inusuale. Poi c'è la sensazione che Bush sia venuto a Roma non tanto per un incontro bilaterale con il governo italiano, che infatti ha avuto uno svolgimento rituale e «leggero», quanto per siglare un accordo «pesante» con Benedetto XVI. I commentatori hanno colto l'anomalia del primo evento, ma senza riuscire a spiegare di cosa si trattasse, e un po' meno la rilevanza del secondo. Senza pretendere di alzare tutto il velo che copre le delicate relazioni tra Impero e Papato provo ad ipotizzare cosa stia succedendo perché mi è sembrata una svolta di enorme rilievo.
Negli anni '80 Karol Wojtyla e Ronald Reagan collaborarono strettamente per la destabilizzazione dell'Impero sovietico, sostenendo i movimenti di libertà nelle sue province, in Polonia l'innesco. Ma negli anni '901e strategie del Vaticano e dell'Impero mostrarono una sostanziale divergenza. Giovanni Paolo II perseguiva il progetto di unire tutte le tre grandi aree della cristianità: cattolici, protestanti ed ortodossi. Il «perimetro occidentale», implicitamente definito da Wojtyla, includeva la Russia, l'America Latina, ecc. Era cioè un occidentalismo universalista con enfasi sulla politica dell'inclusione. Washington, invece, ne perseguiva uno imperiale e più ristretto, che escludeva per esempio la Russia - con enfasi sulla politica dell'influenza e del condizionamento.
Durante l'Amministrazione Clinton (1992-2000) il problema non emerse perché l'America, semplificando, si ritirò di fatto dagli affari globali. Ma quando Bush ci tornò con la necessità pressante di segnalare che non c'era un vuoto nel governo americano del mondo, trovò un Papato - silenziosamente, ma sostanzialmente - contrario alla politica della spada. Nel 2001 e 2003 ci furono momenti in cui l'Imperatore ebbe la tentazione di farsi Papa per rafforzare la spada unendola alla croce. E momenti in cui Roma dovette fare geopolitica in proprio mettendo la croce contro la spada. Questa rottura non fu mai aperta, ma ci fu.
Ora secondo me, il Papa ha realizzato, in base ai preoccupanti fatti in corso, che la cristianità ha bisogno di un Impero che la difenda o che comunque agisca senza metterla in difficoltà, convergendo. E l'Imperatore ha colto che senza l'aiuto di Roma non va da nessuna parte. Quale sia la nuova convergenza non si sa ed è meglio non esagerare con le ipotesi in questa materia, ma sicuramente c'è. Più chiaro, invece, è il significato dell'incontro tra Bush e Sant'Egidio.
Questa comunità cattolica di volontariato gestisce una anorme rete di diplomazia riservata, per fini umanitari, in tutta l'Africa, ed oltre, compresa quella islamica, con una credibilità ed influenza senza pari. Il Papa mai potrà concedere sostegni aperti all'Impero anche per tenere separati Stato e Chiesa, massima priorità per Roma, ma le organizzazioni operative connesse alla Chiesa stessa potranno stimolare interventi o richiederli. In sintesi, Papa ed Imperatore sono tornati a parlarsi sul serio, concretamente, ed è una buona notizia: l'Occidente si ritrova e ciò fa sperare nel suo rilancio strategico e simbolico dopo cinque anni terribili di frammentazioni e di crisi morale.
Il Giornale, 11 giugno 2007
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