4 giugno 2007
Fede e ragione: la lectio di Ratisbona "anticipata" nel 1959
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Oggi la presentazione a Roma del libro di Ratzinger Una conferenza del '59 dove c'erano già i temi di Ratisbona
Alberto Bobbio
Il tema è una sfida. E la sfida è permanente, perché pone il problema di Dio, perché la questione sta conficcata nel Vangelo, sollevata per primo da Gesù: «E voi chi dite che io sia?». La domanda da allora percorre la storia e la risposta la segna in modo incessante: rappresenta una sfida, appunto, alla fede e al pensiero dell'uomo in ogni epoca. Qual è il Dio della fede? E qual è il Dio dei filosofi? Quale differenza c'è tra Dio-persona e Dio-concetto? Non c'è ragionamento intellettuale della filosofia e delle scienze che prima, o poi, non si trovi a misurarsi con queste domande. E non c'è ragionamento dei teologi che, prima poi, non ponga a tema la ricomposizione della dicotomia stretta, e a volte anche l'antitesi dichiarata, tra Dio e la ragione. Anzi per la maggior parte dei teologi la ricerca circa quella risposta è la ragione di ogni indagine attorno a Dio e attorno all'uomo. E sicuramente lo è per il teologo diventato Papa, Joseph Ratzinger - Benedetto XVI.
Oggi pomeriggio in Campidoglio a Roma verrà presentato un piccolo e preziosissimo libro intitolato Il Dio della fede e il Dio dei filosofi , pubblicato dalle edizioni «Marcianum Press» del Patriarcato di Venezia del cardinale Angelo Scola. È il testo della prolusione che un giovane teologo di 32 anni, Joseph Raztinger, propose il 24 giugno 1959 al momento di prendere possesso della cattedra di teologia fondamentale dell'università statale di Bonn. Ne parleranno Ales Bello, ordinario di filosofia alla Pontificia università lateranense, Michael Schulz, che insegna teologia dogmatica a Bonn e Heino Sonnemans, il teologo tedesco successore di Ratzinger sulla stessa cattedra di Bonn, che ha curato la pubblicazione del volume.
Ratzinger cominciava allora il suo percorso accademico che lo porterà ad insegnare nel 1963 a Münster, a Tubinga nel 1966 e poi a Ratisbona nel 1969. Sceglie per presentarsi quel tema perché quella era la questione centrale, il tentativo di risposta alla domanda del Vangelo. Era la questione che lo appassionava di più e che già durante gli studi a Monaco di Baviera aveva approfondito con un gran lavoro di ricerca. La sua preoccupazione era quella di indagare i rapporti tra la teologia sistematica e la teologia storica, letta alla luce della Tradizione della Chiesa. È il punto di vista che lo accompagnerà per tutta la vita di teologo. Ed è il filo rosso che ha continuato ad intrecciare in questi anni di Pontificato e che si ritrova nel suo ultimo libro Gesù di Nazareth . Ecco perché il testo breve della prolusione di Bonn risulta fondamentale per conoscere lo sviluppo del pensiero del Papa teologo. Sta lì dentro la radice dell'appassionato lavoro intellettuale, che ha portato sulla scena della Chiesa e del mondo.
L'anno scorso nel famoso discorso all'Università di Ratisbona, durante il viaggio in Baviera, Benedetto XVI ricordò la sua prolusione a Bonn. E la «lectio» di Ratisbona è il punto centrale del Pontificato. Ora la pubblicazione del volume della «Marcianum Press» permette di scoprirne la chiave di lettura e di capire anche perché Benedetto XVI insiste così tanto sulla ragionevolezza della fede.
La prefazione del libro l'ha scritta Ratzinger, un anno prima di essere eletto Papa, per l'ultima edizione tedesca del volume, mai apparsa finora in traduzione italiana. Ed è lui che spiega che «le domande poste allora sono rimaste fino ad oggi, per così dire, il filo conduttore del mio pensiero». Fin dall'inizio della sua attività di professore e di ricercatore il teologo Ratzinger è stato convinto che si può fare una sintesi tra cristianesimo e ragione. Lo dimostrano i discorsi degli anni di pontificato e lo si può leggere in decine e decine di volumi e in centinaia di articoli che rappresentano l'opera speculativa del teologo tedesco. Tre anni fa lo ha detto anche nella celebre conversazione con il filosofo Habermas: «La ragione senza la fede non guarisce, ma la fede senza la ragione diviene non umana».
È il concetto di Dio che lo preoccupa. Nella prolusione del 1959 il punto di partenza è stata la celebre distinzione di Pascal tra il Dio dei filosofi e il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, tra il Dio che parla all'uomo e il Dio di Cartesio, con il quale Pascal polemizzava, poiché lo riteneva «inutile e incerto», essendo buono solo a sostenere un sistema metafisico, ma del tutto irrilevante per la vita concreta degli uomini, privo d'amore e di misericordia. Il giovane professor Ratzinger contesta chi intende relegare la religione alla sfera del sentimento, chi vuole mettere la fede fuori dalla sfera della razionalità. Ecco il ragionamento sul logos , che Ratzinger più volte riproporrà, anche a Ratisbona, cioè sull'archetipo interpretativo della filosofia ellenica. Nella prolusione di Bonn il giovane teologo azzarda che «la sintesi operata dai padri della Chiesa tra la fede biblica e lo spirito ellenico fu non solo legittima, ma necessaria, per dare espressione alla piena esigenza e a tutta la serietà delle fede biblica».
Il testo non è tra quelli più facili di Joseph Ratzinger. Eppure è chiarissima la tesi centrale per cui il messaggio di Dio, essendo rivolto a tutti, va tradotto «verso l'esterno nel linguaggio comune della ragione umana». È lo stesso pensiero che lo ha governato nella scrittura del Gesù di Nazaret , uomo accessibile, Dio «interpellabile», osserva nella prolusione di Bonn, rispetto a cui l'apporto della ragione è decisivo. È a Ratisbona che si trova la sintesi perfetta dell'analisi di Bonn: «Non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio… Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell'ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture». Si può dire che sia andato a Ratisbona a chiudere il cerchio, inserendo però una ulteriore questione che solo marginalmente era stata toccata nella prolusione di Bonn: il rapporto molto più largo, impegnativo, a volte inquietante e sicuramente da governare con saggezza, tra cristianesimo, ragione e le altre religioni.
Eco di Bergamo, 1° giugno 2007
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1 commento:
Cara Raffaella trovo interessantissimo questo tuo post nel quale si parla della lectio magistralis di Ratisbonache ha suscitato tante polemiche e tanta indignazione ma, solo perchè fin dall'inizio, nessuno si è preoccupato di approfondire intelligentemente, tutto ciò che vi era contenuto. Peraltro, come è indicato nell'articolo, l'argomento fede e ragione è stato già affrontato da Ratzinger e lo sarà anche in tutti i suoi scritti successivamente. Dunque bastava leggere in modo completo, attento e non prevenuto, il testo della lectio magistralis, per capire che non c'era nulla di offensivo verso le religioni diverse da quella cristiana ma, soltanto un modo efficace per impostare una forma di dialogo e collaborazione all'insegna del rispetto e della collaborazione reciproca ma, mettendo i così detti puntini sulle i onde evitare una forma di " Volemose bene " a tutti i costi e sicuramente controproducente per un discorso valido all'insegna dell'ecumnismo.
Ma era così difficile da capire????????????
Eugenia- Sempre con Benedetto XVI
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