21 giugno 2008

Il "testamento" di Ruini (Grazie Eminenza!): «Vescovi con il Papa anche quando dice parole scomode»


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Il testamento di Ruini: «Vescovi con il Papa anche quando dice parole scomode»

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Il testamento di Ruini: «Vescovi con il Papa anche quando dice parole scomode»

Il Cardinale: «Terminato il mio servizio di Vicario. Roma per me è stato un grande dono»

ROMA - È «terminato il mio servizio di Cardinal Vicario»: nella messa solenne a San Giovanni, in occasione dei 25 anni della sua nomina a vescovo, il cardinale Camillo Ruini ha ringraziato e si è accomiatato dalla città che ha guidato per 17 anni e mezzo. La nomina a vicario di Roma, il 17 gennaio 1991, è stato, ha detto, «un dono grandissimo» fattogli da Giovanni Paolo II e confermatogli poi da Benedetto XVI. «Ma in tutti questi anni - ha aggiunto il cardinale - un dono in qualche modo altrettanto grande l'ho ricevuto da Roma stessa, Roma diocesi e Roma città: questo dono l'ho compreso un poco alla volta e sempre di più». «Terminato il mio servizio di cardinale vicario confido di gustarlo e di assaporarlo ancora meglio, ritornandovi negli anni che mi rimangono con la memoria e con la preghiera», ha aggiunto.

I VESCOVI -

Ruini ha poi dichiarato che «se i vescovi fossero stati più compatti e vicini al pontefice anche quando questi ha dovuto pronunciare parole scomode annunciando il Vangelo, tanti problemi della Chiesa non si sarebbero manifestati e anzi questa è la strada del futuro per superare le difficoltà della Chiesa».

Il Cardinale ha infine affermato la necessità di combattere la grande sfida del «regno del peccato» «che minaccia la fede cristiana nel comportamento e nel pensiero».

IL PAPA -

Ruini è stato ringraziato anche dal Benedetto XVI «per il suo impegno al servizio della Chiesa di Roma». Nel messaggio di Ratzinger, letto durante la solenne messa: «Il motivo per il quale ora mi preme soprattutto ringraziarLa, Signor Cardinale, è - scrive il Papa - il Suo impegno al servizio della Chiesa di Roma. Era il 17 gennaio 1991 quando il Servo di Dio Giovanni Paolo II la chiamò a succedere al compianto Cardinale Ugo Poletti affidandoLe - così scriveva l'amato Pontefice - 'ciò che ho di più mio e di più caro: Roma apostolica».
Egli sapeva - ha proseguito Benedetto XVI - di trovare in Lei un collaboratore esperto, fidato, generoso, che ha saputo posporre ogni altro interesse alla cura assidua e affettuosa della Diocesi. E la medesima collaborazione ella ha poi offerto a me in questi anni». «Nella Chiesa di Roma - continua il messaggio del Papa - tutti hanno potuto constatare la Sua grande capacità di lavoro, la sua fede semplice e schietta, la sua intelligente creatività pastorale, la sua fedeltà all'identità viva dell'Istituzione attraverso l'unione con il Papa anche in mezzo alle difficoltà, il suo fiducioso e sorridente ottimismo».

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Grandioso, come sempre, il cardinale Ruini con quel suo parlare chiaro, senza tanti giri di parole e maneggi politicamente corretti.
Non dimentichero' mai la vicinanza del cardinale al Papa dopo le insulse polemiche seguite alla pubblicazione del motu proprio Summorum Pontificum e, soprattutto, il grande lavoro fatto dopo il vergognoso "caso Sapienza".
Fu Ruini a chiamare a raccolta i fedeli e gia' allora mi domandai: dove sono gli altri vescovi?
Grazie al cardinale Ruini ed auguri al suo successore
.
R.

Su segnalazione di Mariateresa leggiamo:

Ruini: il commiato da Roma, si chiude un'era

di Elisa Pinna

ROMA - Per Roma si chiude un'era: il cardinale Camillo Ruini, il 'cardinale sottile' come è chiamato in Curia per la sua intelligenza cristallina e il suo perfezionismo, si accomiata stasera dalla diocesi che ha guidato come vicario del Papa dal 1991. Un ruolo che si è sovrapposto , fino allo scorso anno, alla presidenza della Conferenza episcopale italiana, e che ha dato al porporato una visibilità ed una autorevolezza senza rivali nella vita del cattolicesimo italiano e della Nazione. Ruini - uno dei più stretti collaboratori sia di papa Wojtyla che di Papa Ratzinger - ha rilanciato negli anni novanta la Chiesa italiana, rimasta senza voce "mondana" dopo il tracollo della Democrazia Cristiana, e ne ha fatto una protagonista assoluta della vita culturale, politica e sociale italiana. Tuttora il suo segno si vede nell'azione dell'episcopato italiano ed anche nel Vicariato la sua eredità continuerà a pesare. E' stato un vescovo che ha parlato alla fede e alla ragione della sua diocesi, ancora prima che queste due parole diventassero il simbolo del pontificato di Benedetto XVI. Di frequente incontrava i preti e i vescovi romani per presentare e discutere con loro i progetti pastorali per la città, le questioni liturgiche, le catechesi. Talvolta li convocava a porte chiuse nel grande auditorio dell'Università Lateranese per spiegare gli insegnamenti pontifici. A Roma ha fatto i primi esperimenti di progetto culturale e di nuova evangelizzazione, allargati poi in tutta l'Italia; nella Basilica di San Giovanni ha avviato confronti sinceri, talvolta anche spigolosi, con uomini di scienza o di culture diverse, diventati poi suoi "atei devoti". Non si è mai tirato indietro davanti ad alcuna decisione, anche a quelle per lui più dolorose, come quando ha rifiutato i funerali in Chiesa a Welby, divenuto il simbolo dell'eutanasia..

Di origine reggiana, proveniente da una famiglia della media borghesia, Ruini divenne sacerdote contro la volontà del padre che sperava lo seguisse sulle sue orme di medico. Tenace ma soprattutto motivato la spuntò e così, dopo il liceo scientifico, riuscì ad entrare in seminario e nel 1954 ad essere ordinato prete. Viene annoverato tra le fila dei conservatori anche se nei fatti ha mostrato in più occasioni apertura verso le questioni proprie dei progressisti: lo spazio dato ai laici in Cei, il dialogo avviato con la società e gli intellettuali, il rapporto con le donne. Scelse una giovane giornalista come sua prima portavoce al vicariato, fu il primo Cancelliere dell'Università del Laterano a rompere un secolare tabù, affidando ad una signora il ruolo di Decano della facoltà di filosofia (Angela Ales Bello, filosofa della scuola di Husserl). Chi lo ha conosciuto da vicino negli anni in cui era parroco a Reggio Emilia e animava i giovani del Centro Giovanni XXIII ricorda una persona gioviale,aperta e portata naturalmente a gestire chiassosi gruppi di ragazzi. Un'immagine che si discosta da quella affermatasi - come presidente della Cei e vicario di Roma - di uomo controllato, freddo e diffidente. In privato, in realtà, è rimasto se stesso: un uomo aperto, pronto alla battuta, autocritico. Una volta ha confessato di sentire in modo profondo la responsabilità del suo ruolo: da un lato vicario del Papa e dall'altro presidente dei vescovi italiani. L'immagine istituzionale ha schiacciato, per un senso ineluttabile del dovere, quella degli anni giovanili. Il primo a soffrirne è stato forse proprio lui. La sua ascesa viene fatta coincidere con il convegno di Loreto dove Giovanni Paolo II, nel 1985, aveva riunito gli Stati Generali della Chiesa. Papa Wojtyla si racconta che restò impressionato da questo prete reggiano che aveva una idea ben precisa del ruolo della Chiesa in una società che pian piano si stava scristianizzando col rischio di annacquare il suo messaggio salvifico se solo si fosse mescolata alle correnti di pensiero più progressiste. Già allora Ruini denunciava i pesanti segni della scristianizzazione e già allora i suoi interventi sollevavano obiezioni di ingerenza nella vita pubblica. Nel 1991 venne nominato vicario di Roma e insieme presidente dei vescovi italiani da Papa Wojtyla. Con Giovanni Paolo II si è trovato sempre in stretto accordo, una sintonia quasi simbiotica.

Lo stesso con Ratzinger , a cui ha dovuto presentare le dimissioni a 75 anni, nel 2006, per raggiunti limiti di età come prevede il codice canonico. Benedetto XVI lo ha ha voluto tenere ancora per un anno alla guida della Cei e per oltre due anni come suo vicario a Roma. Oggi è venuto il giorni dell'addio. Nella Capitale si chiude un'era, ma Ruini non esce di scena. Da settembre si dedicherà a tempo pieno al "Progetto culturale della Cei", vale a dire al modo di porsi della Chiesa italiana nei confronti della modernità, e già si annunciano grandi progetti e iniziative. Per la prima volta, quest'anno si concederà della vacanze estive più lunghe nella sua Sassuolo, dedicandosi alle passeggiate e alla lettura di libri scientifici, una delle sue passioni. L'altra, da giovane, era quella del calcio: tifava per il Bologna ed era capace di ricordarsi i nomi dei giocatori dal 1940 in poi. E poi, dice, alla preghiera, talvolta trascurata per i tanti impegni istituzionali.

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