24 giugno 2008

Un libro di Giselda Adornato su Paolo VI a trent'anni dalla morte: "La speranza di un Papa a confronto con il mondo contemporaneo" (Osservatore)


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Un libro di Giselda Adornato su Paolo vi a trent'anni dalla morte

La speranza di un Papa a confronto con il mondo contemporaneo

Viene presentato lunedì 23 giugno a Milano il volume di Giselda Adornato Paolo vi. Il coraggio della modernità (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2008, pagine 360, euro 24) in occasione del quarantacinquesimo anniversario dell'elezione a Pontefice e del trentesimo anniversario della morte di Giovanni Battista Montini. Intervengono il cardinale Dionigi Tettamanzi, il vescovo Franco Giulio Brambilla, preside della Facoltà Teologica e vicario episcopale per la cultura della diocesi di Milano, Armando Torno ed Elio Guerriero. Tra i presenti le due nipoti del Pontefice, Elisabetta e Chiara Montini, e il vice segretario generale dell'Istituto Paolo vi, Renato Papetti. Pubblichiamo la presentazione del volume.

di Dionigi Tettamanzi
Cardinale, arcivescovo di Milano

Uno degli aspetti che sempre mi ha fortemente colpito nell'esperienza del sacerdozio e del ministero dell'arcivescovo Giovanni Battista Montini e di Paolo vi è la straordinaria tensione missionaria che tutto lo ha pervaso e in lui, con l'aumentare delle responsabilità nella Chiesa, è giunta, secondo le immagini che Gesù usa nel suo Vangelo, a lievitare e fruttificare con singolare abbondanza.
Quante volte dalla cattedra episcopale di Milano e dal soglio di Pietro egli ha usato la metafora della barca, o della nave, sulla quale noi cristiani siamo imbarcati e che ci porta verso la salvezza. Si chiedeva: e gli altri? devono restare dei poveri naufraghi? Di qui il grandissimo sforzo da lui operato, prima con la Missione straordinaria di Milano del 1957, e poi con i numerosi viaggi apostolici durante il pontificato e, ancora, con quello stupendo documento che è l'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi.
Al centro di quest'ansia missionaria stanno indubbiamente molteplici e diverse motivazioni. Vorrei in questo momento soffermarmi su di una sola, che penso capace di fare sintesi organica e di scendere in profondità: la motivazione fondamentale, a mio modo di vedere, è il cuore stesso di Montini, che coincide con il cuore della Chiesa. A convincermi ancora di più della validità di questa direzione è la biografia che abbiamo tra le mani, un lavoro di grande serietà: steso sulla base di tutta la documentazione oggi disponibile - studiata dall'autrice ormai da decenni - esso va splendidamente al cuore di Paolo vi, offrendo così un prezioso contributo a far conoscere e amare di più questo grande Papa.
"Cuore" è termine che compare centinaia di volte nel magistero montiniano. Non posso qui dimenticare l'omelia che l'arcivescovo Montini pronunziò nel duomo di Milano il 28 giugno 1957, giorno in cui mi ordinò sacerdote insieme ad altri preti ambrosiani: in quell'occasione, egli formulava una preghiera al Signore perché donasse a noi giovani ministri "un cuore grande, capace di eguagliarsi a quello di Cristo e di contenere dentro di sé tutte le proporzioni della Chiesa, le proporzioni del mondo, capace di tutti amare, di tutti servire, di tutti essere interprete(...) Un cuore capace di comprendere gli altri cuori". E continuava incoraggiandoci ad avere un cuore che non sa solo conoscere le pecore nell'ovile, ma va a cercare le altre, in una tensione che non deve avere tregua, spinta dall'amore.
In proposito, Montini citava spesso la frase cara a sant'Agostino: Dilatentur spatia caritatis. Come quando salutò, otto giorni dopo l'elezione a Pontefice, il 29 giugno 1963, i pellegrini bresciani e milanesi, riferendosi al suo episcopato appena conclusosi: "Una delle parole da me varie volte ripetute nella sacra predicazione all'arcidiocesi, e che adesso vedo realizzarsi in una maniera ancora più evidente, è quella di sant'Agostino: Dilatentur spatia caritatis: si allarghino i confini della carità, dell'amore. Per me, oggi, gli orizzonti dell'amore si sono talmente dilatati che quelle parole ben possono indicare un precetto, per me, nei confronti dell'intero mondo, un programma di sollecitudine generale".
E nella Pentecoste dell'anno successivo, Paolo vi accostava all'esortazione agostiniana il "cuore", nella concezione così larga e profonda che lui aveva: "Parola di sant'Agostino: "Dilatentur spalla caritatis". Cuore cattolico vuoi dire cuore dalle dimensioni universali. Cuore che ha vinto l'egoismo, (...) cuore magnanimo, cuore ecumenico, cuore capace di accogliere il mondo intero dentro di sé. Non per questo sarà cuore indifferente alla verità delle cose e alla sincerità delle parole; non confonderà la debolezza con la bontà, non collocherà la pace nella viltà e nell'apatia. Ma saprà pulsare nella mirabile sintesi di san Paolo: Veritatem facientes in cantate (Efesini, 4, 15)".
Adornato cita il discorso d'apertura dell'ultimo periodo conciliare, il 14 settembre 1965, nel quale il Papa afferma che, quando in futuro si vorrà definire l'elemento caratterizzante della Chiesa del Concilio, alla domanda: "che cosa faceva (...), in quel momento la Chiesa cattolica? Amava! sarà la risposta. Amava con cuore pastorale, (...) amava con cuore missionario. (...) Amava, sì, ancora, la Chiesa del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, con cuore ecumenico".
La Chiesa, che non domina ma serve il mondo, vede in questa missione il momento culminante del mandato che Cristo le ha affidato: portare l'intero genere umano alla salvezza. Paolo vi si rifaceva al decreto del Concilio Ad gentes, che lui stesso, insieme ai Padri, aveva promulgato e che al n. 2 proclama: "La Chiesa, che vive nel tempo, per sua natura è missionaria". L'impegno di evangelizzazione secondo le prospettive e i dettami del Concilio comporta che l'"aggiornamento" - che Adornato evidenzia come termine fondamentale della riflessione postconciliare di Paolo vi - consista in una "nuova vivacità apostolica che deve oggi invadere gli animi di coloro che si dicono cattolici".
Il Papa che ha scelto il nome dell'Apostolo missionario, il Papa del dialogo - che per il cattolico deve partire dalla Verità e tendere a farvi approdare l'interlocutore, come la biografia chiaramente sottolinea -, il Papa dell'amore alla Chiesa, fa scaturire dal suo "cuore" almeno tre fondamentali caratteristiche, che anche sotto il profilo etimologico si rifanno al toto corde latino: la cordialità, il coraggio, il cordoglio.
"Cordialità" nell'apertura al mondo e all'uomo moderno, con le sue conquiste e le sue cadute: è questo l'aspetto che, anche prima dell'enciclica programmatica del pontificato Ecclesiam suam, gli viene da tutti riconosciuto, anche dai non cristiani.
"Coraggio": si legga l'interessante appunto che Adornato cita a proposito della "Missione di Pietro". Così il Papa annota: "tocca a Pietro a mostrare se stesso fortis in fide, franco e sicuro, ardito nella prudenza, senza dubbi e senza timore, pieno (come Stefano, Atti, 6, 5) di fede e di Spirito Santo, capace di sintesi e di azione, esposto al rischio e al sacrificio (cfr ibant gaudentes (...), Atti, 5, 41) e a infondere nei fratelli la certezza profetica, l'energia, il coraggio, la letizia, la fede e la speranza e la carità in Cristo Signore, affermate nella coesione interiore alla Chiesa e nell'annuncio interpretativo e operativo di salvezza a contatto col mondo".
E si pensi alla promulgazione di documenti particolarmente significativi e "impegnativi", come la Sacerdotalis caelibatus e la Humanae vitae.
Cordialità e coraggio spiegano allora anche il sottotitolo scelto per il volume, il "coraggio della modernità": Paolo vi, nel corso di tutta la sua ricca esperienza di sacerdote, educatore e pastore, ha accettato con entusiasmo e coscienza critica il confronto con il pensiero e i testimoni del suo tempo; ha operato riforme basilari nel corpo della Chiesa, per dare ad esso forme più genuine ed efficaci, in una temperie storica in cui ogni campo del sapere e dell'esperienza umani appaiono in vertiginoso cambiamento; ha cercato nuove modalità di rivelare Cristo alle diverse tipologie di uomo moderno - dall'operaio all'artista, dal consacrato all'agnostico - "nella coscienza suprema ch'era mia missione chiamarli", come dice nel sublime Pensiero alla morte, qui ripubblicato, "rivelare loro la verità, farli figli di Dio e fratelli tra loro".
Infine, la terza caratteristica del "cuore" montiniano: "cordoglio", ossia compartecipazione di padre alle fatiche e ai drammi dell'umanità intera. Mi ha commosso rileggere l'appello al popolo cinese, lanciato da Paolo vi dalle coste di Hong Kong: "Viene, per la prima volta nella storia, quest'umile apostolo di Cristo, che Noi siamo, a questa estrema terra orientale; e che cosa dice? e perché viene? Per dire una sola parola: amore. Cristo è anche per la Cina un Maestro, un Pastore, un Redentore amoroso. La Chiesa non può tacere questa buona parola; amore, che resterà".
Anche il frequente ricorso dell'autrice agli appunti personali del Pontefice aiuta a cogliere le diverse articolazioni di questo centro propulsivo del cuore che ama, riferibili tutte alla fondamentale missione di testimoniare Cristo all'uomo d'oggi, nella fedeltà alla Chiesa.
Il Papa intende "evangelizzazione e promozione dell'uomo in ogni sua dimensione, e soprattutto nell'apertura all'Assoluto"; e negli ultimi capitoli Adornato non manca di rilevare il grande fuoco dello Spirito Santo alla base dello slancio e del fervore missionario di Paolo vi perché, come rileva l'Evangelii nuntiandi, "le tecniche dell'evangelizzazione sono buone, ma neppure le più perfette tra di esse potrebbero sostituire l'azione discreta dello Spirito. (...) Noi stiamo vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello Spirito".
È inutile sottolineare la centralità del pontificato di Montini nella storia ecclesiale, ma anche civile, politica, culturale del secolo che ci siamo lasciati alle spalle: la documentano la paziente tenacia nel condurre a termine il Concilio e soprattutto il post-Concilio; i viaggi, fino a quel momento impensabili, così impegnativi; la spiccata coscienza ecumenica; la lettura mai banale e liquidatoria - della contestazione giovanile; l'infaticabile e grandioso magistero per la pace - che comportò anche un'indefessa azione diplomatica personale del Papa - l'atteggiamento fermo sui valori, soprattutto quelli legati alla difesa e promozione della vita umana; la continua disponibilità al dialogo e alla trattativa, di fronte alle crisi che a più riprese investivano in quegli anni il corpo ecclesiale; la sensibilità sociale, a livello planetario; la compartecipazione affettuosa alle sofferenze dei poveri.
Questi ed altri aspetti del complesso pontificato di Paolo vi - come le linee portanti della sua precedente esperienza episcopale e, ancora prima, del suo ministero in Segreteria di Stato e con i giovani universitari - emergono nel volume come coerenti derivazioni da quella centralità del "cuore". Non si dà dunque garanzia di risultati terreni assolutamente positivi, come il libro rileva; ma di coerenza interiore, conclude Adornato, "tra quanto Paolo vi chiedeva alla Chiesa e ai cattolici e quanto esigeva da sé - nell'arduo disegno di corrispondenza tra l'uomo moderno e il suo Creatore" - questo sì.
La biografia sottolinea poi un aspetto dell'evangelizzazione che rientra in maniera particolare anche nella mia personale sensibilità e che ho desiderato richiamare, proprio rifacendomi a Paolo vi, in un incontro con i sacerdoti delle diocesi lombarde: la gioia dell'evangelizzazione, alla quale Papa Montini ha dedicato l'esortazione apostolica "Gaudete in Domino". È una gioia che tutt'oggi va ridestata e stimolata, soprattutto nelle non poche situazioni pastorali in cui la speranza sembra spegnersi.
Del resto, lo stesso Paolo vi ne era ben consapevole. In un colloquio con l'amico Jean Guitton, ricordando di essere stato battezzato il 30 settembre 1897, giorno della morte di santa Teresa del Bambino Gesù, si rifaceva ad un episodio della Storia di un'anima in cui la santa, avendo ascoltato, durante un pellegrinaggio a Roma, alcuni sacerdoti predicare in maniera molto mediocre, si era proposta di compensare le deficienze degli altri con un ulteriore impegno, ponendosi non alla periferia, ma al centro dell'amore: "In corde Ecclesiae ego amor ero et ita ero omnia. Nel cuore della Chiesa io sarò l'amore e così sarò tutto".
C'era davvero bisogno, a trent'anni dalla morte, di una biografia come questa, che ho la gioia di presentare, in cui questo motore della straordinaria esistenza di Giovanni Battista Montini, il suo cuore, venisse adeguatamente riconosciuto e posto all'attenzione di tutti.

(©L'Osservatore Romano - 23-24 giugno 2008)

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