27 settembre 2007
Mons. Betori sui presunti preti pedofili: la Chiesa non ha paura della verità
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Il segretario generale della Cei ha presentato ieri il comunicato finale del Consiglio permanente. Caso Beppe Grillo: la Chiesa, ha detto il presule, non cavalca l’antipolitica
Vescovi preoccupati dal Paese «disgregato»
Betori: rigenerare la vita politica. Preti sotto accusa? La Chiesa non teme la verità
La sentenza di Cagliari sulla legge 40 «in netto contrasto non solo con il testo della normativa ma anche con la Corte Costituzionale» Annunciata anche la prossima pubblicazione di un nuovo documento sul Mezzogiorno
Da Roma Mimmo Muolo
La Chiesa «non ha paura della verità». E monsignor Giuseppe Betori si dice certo che «i vescovi oggi sotto accusa sapranno dimostrare l'infondatezza di queste accuse». Risponde così il segretario generale della Cei a chi gli domanda un parere su recenti casi di cronaca che hanno coinvolto alcuni presuli. Il contesto del botta e risposta è la consueta conferenza stampa che segue dopo qualche giorno la chiusura dei lavori del Consiglio permanente. Il vescovo presenta ai giornalisti il comunicato finale dei lavori e non si sottrae alle domande sull'attualità (oltre che sui temi ecclesiali, sui quali riferiamo in altra parte del giornale). I vescovi dice, ad esempio, in risposta ad un quesito sulle iniziative di Beppe Grillo, «non vogliono cavalcare l'onda dell'antipolitica» ma non nascondono la loro forte «preoccupazione» per la realtà sociale del Paese «alquanto disgregata» e per una certa «fragilità dell'ethos condiviso». Richiamano perciò la necessità di «rigenerare» la politica stessa e invitano al rispetto delle leggi. A partire dalla legge 40 sulla fecondazione assistita, messa in forse da una sentenza «in netto contrasto non solo con il testo della normativa, ma anche con l'interpretazione della Corte Costituzionale».
Una politica da rigenerare. Betori riferisce innanzitutto della «percezione diffusa tra i membri del Consiglio permanente di una malattia sociale a riguardo dell'ethos condiviso». Si tratta, spiega il vescovo, «di un problema culturale». E per questo, aggiunge, «noi pensiamo che il Vangelo e la tradizione cattolica in Italia siano risorse da valorizzare e non da demonizzare o emarginare nel dibattito pubblico». Quanto poi ai «fenomeni emergenti nella società di oggi», pur precisando che nei lavori non ne è stata fatta alcuna analisi, il segretario generale della Cei fa notare che «i vescovi non sentono di dover cavalcare un'onda di antipolitica. La Dottrina sociale della Chiesa ritiene infatti la politica uno strumento essenzi ale della vita sociale e perciò viene chiesta sempre maggior partecipazione e coerenza all'interno di una vita politica che va però rigenerata».
La sentenza di Cagliari. Anche alla domanda sulla sentenza del tribunale di Cagliari (che ha consentito la diagnosi preimpianto vietata dalla legge 40) monsignor Betori risponde con molta chiarezza. «Essa appare in netto contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale a riguardo del medesimo argomento. Mi sembra molto strano che un giudice possa giudicare a prescindere da una legge e da un pronunciamento della Consulta. Vorrei capire qual è la logica che sta dietro una decisione che non fa riferimento alle fonti normative. Io pensavo che i tribunali applicassero le leggi o la loro interpretazione più pacifica, in particolare quando questa interpretazione è supportata da una sentenza dell'organo supremo a ciò preposto, che è appunto la Corte Costituzionale». Inoltre, ribadisce il segretario generale della Cei, «la legge 40 l'abbiamo difesa pur nella sua imperfezione e non c'è nessuna intenzione di ritornarci sopra».
Vescovi e preti sotto accusa. Puntuale arriva il quesito anche su questo argomento. «Al momento - risponde, però, Betori - risultano solo accuse e notizie circa apertura di indagini. Non abbiamo ancora ascoltato né la difesa, né c'è stato un giudizio. Emettere delle sentenze mi sembra incauto, a meno che non si voglia far passare nell'opinione pubblica una condanna preventiva senza fondamento».
«Noi abbiamo fiducia nei nostri vescovi - aggiunge il presule - e siamo convinti che hanno tutti gli elementi per dimostrare l'infondatezza delle accuse. La fretta di emettere sentenze fa sorgere un interrogativo: a chi giova non ricercare la verità? La Chiesa non ha paura della verità. Lo ha dimostrato anche nel caso di don Cantini, perché nel momento in cui le accuse sono emerse, subito la Chiesa fiorentina (che oggi sembrerebbe sotto accusa) ha istituito un processo e ha emesso una sentenz a, l'unica finora esistente».
Pd, Sud e Settimane sociali. Sempre in risposta alle domande dei giornalisti, monsignor Betori si sofferma anche sul Partito Democratico. «Mi chiedete se i cattolici possono farne parte? Non è nostra competenza dirlo. Il Pd, come qualsiasi altra formazione politica verrà giudicata sui fatti e sulle scelte concrete». Betori, inoltre, annuncia che i vescovi elaboreranno a breve un nuovo documento sul Mezzogiorno, per aggiornare quello del 1989 ("Il Paese non crescerà se non insieme") e che nel testo dedicheranno ampio spazio al problema della mafia. Sull'ormai prossima Settimana sociale di Pisa e Pistoia nota: «Si parlerà della questione sociale che oggi coincide in gran parte con la questione antropologica». E infine liquida con una battuta la tesi per lo meno singolare avanzata da un medico e ripresa da un periodico secondo cui a Papa Wojtyla sarebbe stata praticata l'eutanasia: «Su questo ha già risposto il medico del Papa, Renato Buzzonetti».
© Copyright Avvenire, 26 settembre 2007
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