16 settembre 2007
L'archiatra Buzzonetti: nessuna eutanasia, nemmeno indiretta, su Papa Wojtyla
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Cari amici, buona domenica :-))
Pubblichiamo, non senza un certo imbarazzo, due articoli che parlano delle cure a cui Papa Giovanni Paolo II venne sottoposto prima di morire. Avevo deciso di non pubblicare nel blog l'articolo di ieri del Corriere della sera perche' mi sembrava una mancanza di rispetto scendere nel dettaglio dei trattamenti medici resisi necessari negli ultimi giorni di vita del Santo Padre. Continuo a pensare che sia una mancanza di rispetto ma, nei giorni scorsi, in modo decisamente avventato, i radicali hanno insinuato che la Chiesa usi due pesi e due misure: da un lato vieta l'eutanasia, dall'altro "chiude un occhio" quando si tratta dei suoi membri. Tutto cio' e' inaccettabile. Ecco, dunque, la ragione per cui ho preso la decisione di rendere noti, in questo blog, due articoli sull'argomento.
Ci tengo, pero', a mettere qualche puntino sulle "i": certi articoli imbarazzanti non sarebbero stati necessari se, all'indomani e nei mesi successivi alla morte di Papa Wojtyla, qualcuno non avesse convocato i media per rendere note le ultime frasi del Santo Padre e se altri non avessero trovato di meglio da fare che scrivere libri su questo argomento.
La mancanza di rispetto per la vita e la morte di Papa Giovanni Paolo II viene da lontano e, questa volta, i media non hanno tutte le responsabilita'. Non era necessario scendere nei minimi particolari della malattia e della cura.
La cosa grave e' che ancora una volta si tenta di usare Papa Wojtyla come "un'arma impropria" contro Papa Benedetto. E chi ha fornito l'arma?
Scusatemi ma questo rospo mi stava in gola da tanto!
Raffaella
Il professor Renato Buzzonetti: disse lasciatemi andare dal Signore, ma era una preghiera
"Così morì Papa Wojtyla"
Il medico del Pontefice: non ci chiese di staccare la spina
ORAZIO LA ROCCA
CITTÀ DEL VATICANO - «Nessun atto di eutanasia. Nemmeno indirettamente. Giovanni Paolo II è stato assistito fino all´ultimo istante della sua vita, anche se poche ore prima di morire confidò a suor Tobiana di "voler andare dal Signore"». La puntualizzazione arriva dal professor Renato Buzzonetti, archiatra pontificio, medico curante personale di papa Wojtyla ed ora di Benedetto XVI. «Le cure e l´alimentazione al Santo Padre – racconta a Repubblica – non furono mai interrotte, anche dopo quella frase, da lui pronunziata come una profonda ascetica preghiera per esprimere il suo forte desiderio di voler essere vicino a Dio Padre».
Papa Giovanni Paolo II è stato assistito fino all´ultimo istante della sua vita, quando alle 21,37 del 2 aprile 2005 spirò. E´ vero che prima aveva detto ai medici ‘Lasciatemi andare dal Signore´. Ma quella fu una frase ascetica, una altissima forma di preghiera finale di un uomo che stava soffrendo tanto e che sentiva il forte desiderio di voler avvicinarsi al Padre Celeste. Non fu, certamente, una manifestazione di rinunzia o una forma di resa anticipata alla vita. E tantomeno un invito rivolto ai medici curanti a staccare la spina o a interrompere l´assistenza, quasi una indiretta scelta di eutanasia come qualcuno vorrebbe adombrare. Chi pensa questo, sbaglia».
Dopo circa 2 anni e mezzo dalla morte di papa Wojtyla, rompe il silenzio il professor Renato Buzzonetti (archiatra pontificio), medico personale di Giovanni Paolo II fin dal 1978 ed ora responsabile della salute di Benedetto XVI. Lo fa per controbattere - puntualizza - quelle voci che si sono recentemente levate per avanzare dubbi e sospetti intorno agli ultimi istanti di vita di Karol Wojtyla.
Professor Buzzonetti, papa Ratzinger giovedì scorso, attraverso un nuovo intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ribadito che un ammalato in coma vegetativo permanente deve essere sempre alimentato con cibo ed acqua, anche con l´aiuto di una macchina. Giovanni Paolo II disse, invece, di volersene andare e fu accontentato. Non è un controsenso?
«Assolutamente no. Quella frase, ‘Lasciatemi andare dal Padre´, fu un atto di preghiera altissima, di profondo ascetismo, un esempio originale e quasi unico di attaccamento alla fede di Dio Padre e, nello stesso, tempo, alla vita, che Giovanni Paolo II ha amato profondamente fino all´ultimo istante».
Eppure dopo quella frase pronunziata verso le 15,30 del 2 aprile 2005, le cure furono interrotte e dopo qualche ora il Papa morì. Perché la volontà di Giovanni Paolo II fu rispettata e per altri pazienti nelle stesse condizioni non si potrebbe fare altrettanto?
«Non è vero che le cure al Santo Padre furono interrotte. La sua è stata una lunga Passione. Quando il 30 marzo si affacciò per l´ultima volta alla sua finestra non riuscì nemmeno a parlare. Ma non si arrese. Da quel giorno fu sottoposto a nutrizione enterale mediante il posizionamento permanente di un sondino naso-gastrico, perché non era più nelle condizioni di nutrirsi per via orale. La fleboclisi gli è stata applicata e assicurata fino alla fine, senza nessuna interruzione. Quando giovedì 31 marzo accusò un gravissimo shock settico con collasso cardiocircolatorio a causa di una infezione delle vie urinaria, fu sottoposto a tutti gli appropriati provvedimenti terapeutici e di assistenza cardiorespiraroria».
Perché non fu riportato in ospedale?
«Glielo chiese espressamente il segretario, monsignor Stanislao Dziwisz. Ma il Santo Padre volle restare in Vaticano dove poteva comunque contare sempre su una ininterrotta e qualificata assistenza medico-specialistica, 24 ore su 24, con personale altamente specializzato».
E poi, nel pomeriggio del 2 aprile, pronunziò quella frase...
«Sì, lo confidò con un filo di voce in polacco a suor Tobiana mentre lo stava accudendo vicino al letto. Quando la suora uscì dalla stanza ci disse che il Papa le aveva detto di «voler essere lasciato andare dal Signore». Ripeto, fu un invito mistico, una altissima preghiera recitata da un uomo che sentiva che ormai stava per completare la sua avventura terrena. Ma non fu mai lasciato solo, senza presidi e senza assistenza, come qualcuno erroneamente vorrebbe insinuare. Fu per tutti noi che gli stavamo vicini una ennesima grande lezione di vita. Una preghiera recitata fino alla fine, con un debolissimo filo di voce, impercettibile, sussurrata, ma profonda. La preghiera di un santo che ha amato la vita fino a quando il buon Dio lo ha chiamato a sé».
© Copyright Repubblica, 16 settembre 2007
Non posso non provare una profonda tristezza per il fatto che qualcuno debba raccontare certi particolari. Papa Wojtyla meritava piu' rispetto! Se tutti avessero osservato un dignitoso silenzio, nessuno si sarebbe azzardato ad usare il Santo Padre come un'ennesima prova di incoerenza della Chiesa.
R.
LE CURE A WOJTYLA
Quel sondino che teneva in vita Giovanni Paolo II (ma l'annuncio arrivò molto dopo)
di LUIGI ACCATTOLI
CITTÀ DEL VATICANO — Nell'ultimo numero di «Micromega», il medico anestesista Lina Pavanelli si chiede come mai a Papa Wojtyla fu applicato il sondino nutrizionale solo 24 ore prima della morte, contro i dettami della Chiesa. Ecco la risposta e il retroscena della vicenda.
Ricordate papa Wojtyla con il crocifisso nelle mani, ripreso di spalle il Venerdì Santo del 2005, otto giorni prima della morte? Aveva il sondino nasogastrico e per non mostrarlo con un segno così invasivo i responsabili della «famiglia pontificia» decisero che la telecamera lo riprendesse solo da dietro o di lato.
L'inserimento del sondino per l'alimentazione sarà annunciato il mercoledì seguente, 30 marzo. Ma in verità il Papa lo portava stabilmente dal lunedì della «settimana santa» e a più riprese gli era stato inserito durante gli ultimi giorni del secondo ricovero al Gemelli, che andò dal 24 febbraio al 13 marzo.
Il vero «trattamento medico» delle ultime settimane di Giovanni Paolo II torna d'attualità a seguito della pubblicazione sul numero di «Micromega » che giunge ora in edicola di un saggio del medico anestesista Lina Pavanelli che si chiede come mai i medici che avevano in cura il Papa gli abbiano applicato il sondino nutrizionale solo l'ultimo giorno prima del crollo finale: «Un atto troppo tardivo per essere di utilità al paziente».
La studiosa evidenzia poi una «contraddizione » tra «l'esperienza umana di Karol Wojtyla — in qualità di paziente — e le dottrine del bene oggettivo da lui pubblicate, che sono la questione capitale delle crociate politiche degli organi istituzionali della Chiesa».
Insomma la Pavanelli viene a esprimere «comprensione» per il comportamento dei medici, che — constatando la gravità della situazione del Papa ormai senza prospettive di guarigione — l'avrebbero lasciato «deperire giorno dopo giorno», evitandogli il calvario di trattamenti invasivi — tipo l'alimentazione artificiale — che la dottrina cattolica ritiene invece imprescindibili e doverosi (vedi altro servizio su un pronunciamento venuto ieri in merito ai malati in «stato vegetativo permanente»).
Ebbene senza entrare nella questione medica, né in quella etica, riteniamo che sia possibile una ricostruzione giornalistica dei fatti dai quali — come anticipato sopra — venga a risultare che il sondino era stato applicato molto prima di quando dichiarato.
Abbiamo ricostruito la vicenda del sondino con un'inchiesta tra le persone che accostarono il papa lungo l'ultimo mese, Quella sui tempi del sondino è l'unica discordanza di rilievo che l'indagine ha messo in evidenza rispetto alla narrazione delle ultime settimane pubblicata dagli Acta Apostolicae Sedis il 19 settembre 2005.
«Il 30 marzo — scrivono gli Acta — veniva comunicato che era stata intrapresa la nutrizione enterale mediante il posizionamento permanente di un sondino nasogastrico ». Era stata «intrapresa» infatti, ma non quel giorno!
Alla riga successiva la narrazione ufficiale della morte del Papa così riprende: «Lo stesso giorno, mercoledì, il Santo Padre si presentava alla finestra del suo studio e, senza parlare, benediceva la folla. Fu l'ultima
statio pubblica della sua penosa via crucis ».
Si affacciò — quell'ultima volta — senza sondino, come senza sondino si era già affacciato altre due volte da quando gli era stato inserito con l'intenzione che fosse «permanente». Quando veniva l'ora della finestra gli toglievano il sondino e glielo rimettevano poco dopo. Essendo praticamente annullata la capacità di ingestione di cibi, l'uso del sondino era inevitabile. Ma toglierlo e rimetterlo ogni tre giorni era un tormento che il Papa sopportava male e il medico Renato Buzzonetti ogni volta diceva: «Basta, il Papa non si affaccia più», scontrandosi però con Stanislaw Dziwisz (ora cardinale) che voleva farlo contento: «Il Papa non può essere invisibile».
Si arriva al Venerdì Santo, 25 marzo. Partecipa alla Via crucis dall'appartamento privato. Legge un suo messaggio il cardinale Camillo Ruini: «Offro le mie sofferenze, perché il disegno di Dio si compia e la sua parola cammini fra le genti». Più forte del verbo è l'immagine curva e silenziosa del papa che appare sui maxischermi, ripreso di spalle nella sua cappella, seduto davanti all'inginocchiatoio, che segue la Via crucis attraverso la diretta di Rai 1, guardando verso un grande schermo piatto, collocato davanti l'altare. Molti si chiesero perché quella sera non fosse stato mostrato il volto del Papa. La verità è che non ebbero il coraggio di levargli e rimettergli il sondino. Era a letto, lo vestirono, lo portarono in cappella, dove ebbe la forza di restare inginocchiato e seduto per un'ora e mezza e stabilirono di riprenderlo di spalle mentre teneva quel crocifisso al quale ormai così tanto assomigliava.
© Copyright Corriere della sera, 15 settembre 2007
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3 commenti:
Cara Raffaella io come forse tanti altri hanno ancora il rimorso nel cuore per non aver seguito come si doveva Papa Giovanni Paolo II. Tutto quello che tu hai scritto commentando l'articolo che hai postato, io lo condivido pienamente come condanno senza mezzi termini lo sfruttamento indegno della sofferenza e della morte del Papa. Come hai detto tu giustamente, certi particolari e dettagli dovevano rimanere per una questione di rispetto della persona, nelle mura vaticane ed invece ne sono state riempite pagine di gionali dirette televisive e quant'altro. Non potrò mai dimenticare qull'ultimo Angelus in cui il Papa non riusciva più neanche a respirare messo lì in vetrina lo sfruttamento più ignobile e senza rispetto ne amore verso una persona malata. Ancor più triste vergognoso è l'uso che ne fanno ora certi politici e giornali, per usarlo contro Benedetto XVI e l'ooposizione della chiesa all'eutanasia. Mi domando fino a che punto può arrivare la cattiveria dell'uomo, l'insensibilità ed il disprezzo verso la vita umana e verso colui che la difende perchè è giusto che sia così. Scusa Raffaella per questo sfogo così amaro ma, non potevo più tacere ancora adesso girando per Borgo Pio a Roma, trovi foto a poster di Giovanni Paolo II malato piegato su se stesso buttato in vetrina per richiamare la gente. Non è questo l'amore Per Giovanni Paolo II questo è solo e puro fanatismo meglio una preghiera, meglio una visita alla sua tomba, meglio dei fiori o solo anche un pensiero ma, che sia sincero e non fanatismo ed isterismo portati all'eccesso.
Grazie
E' vergognoso che i giornalisti,dopo la lunga e pubblica malattia di Giovanni Paolo II e dopo tutto il suo lungo magistero,possano usare la frase del Papa in fin di vita per insinuare una sospensione delle cure.Non ci credo che sia sfuggito il senso vero di una tale frase, credo invece che ci sia una volontà vera e propria da parte di certi media per screditare il Vaticano e i cattolici in genere,che tristezza Paola
Purtroppo sono d'accordo con Paola.
Vorrei tanto dissentire, ma non posso. C'è un disperato bisogno, da parte di alcuni, di creare dei casi. E , per fare questo, si è disposti anche a disseppellire i morti. Capito il pelo sullo stomaco?
Sono mesi che Radio radicale, a cadenza regolare, tira fuori questa storia.
C'è un repertorio vero e proprio da tirare fuori all'occorrenza e Micromega, che ha aperto il caso, è in prima fila. E pensare che papa Benedetto da cardinale non ha avuto paura ad andare a parlare anche con loro!!!
E questi salumieri ideologici , senza offesa per i salumieri veri, hanno avuto la faccia tosta di pubblicare il testo della serata cui partecipò senza neanche sottoporgli il testo per la revisione e a distanza di anni.
E hanno venduto un sacco di copie perchè c'era il nome di Ratzinger in copertina, questa è la verità.
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