25 settembre 2007
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Le parole di Benedetto XVI sulle logiche del profitto e della condivisione: la riflessione del padre gesuita, Giancarlo Gola, e del prof. Leonardo Becchetti
Le parole di Benedetto XVI pronunciate domenica scorsa nella piazza antistante la Cattedrale di Velletri, dove si era recato in visita pastorale, hanno avuto grande risonanza. Riascoltiamone un passaggio:
“La logica del profitto, se prevalente, incrementa la sproporzione tra poveri e ricchi, come pure un rovinoso sfruttamento del pianeta. Quando invece prevale la logica della condivisione e della solidarietà, è possibile correggere la rotta e orientarla verso uno sviluppo equo, per il bene comune di tutti. In fondo si tratta della decisione tra l’egoismo e l’amore, tra la giustizia e la disonestà, in definitiva tra Dio e Satana”.
Come interpretare, dunque, l’invito del Papa a far prevalere la logica della condivisione e della solidarietà su quella del profitto? Fabio Colagrande lo ha chiesto a padre Giancarlo Gola, gesuita, docente di materie bibliche all’Istituto superiore di scienze religiose della diocesi di Torino:
R. - E’ molto importante capire bene il senso della parola ‘prevalere’, che non è un senso semplicemente quantitativo. Per cui, va bene la logica del profitto e possiamo seguirla, però dobbiamo quantitativamente seguire di più la logica della condivisione. Io credo che vada interpretata in senso qualitativo: il profitto - se intendiamo per profitto la crescita economica, lo sviluppo economico, la ricchezza - ha senso soltanto se attraverso questo noi realizziamo solidarietà, noi realizziamo condivisione. Se invece è ricerca di affermazione di sé, diventa una via di morte, cioè diventa adorare l’idolo "mammona", come giustamente il Papa mette bene in evidenza.
D. - Questa logica della condivisione e della solidarietà, che il Papa ci invita a far prevalere su quella del profitto, quanto è presente oggi nella cultura cattolica?
R. - Credo che nella realtà cattolica e più ampiamente nelle Chiese cristiane questa realtà sia viva. Indubbiamente, però, esistono anche tante resistenze e tante interpretazioni del Vangelo finalizzate a difendere le proprie posizioni, i propri privilegi.
D. - Quale valore, dunque, in generale può assumere il concetto di ricchezza nel Nuovo testamento?
R. - Gesù nel Vangelo di Luca parla di "minimo" in contrasto a "molto", dell’ingiusto "mammona" contrapposto alla "cosa vera", di ciò che è "altrui" contrapposto a ciò che è "vostro". Il minimo, l’ingiusto mammona, ciò che è altrui cosa sono? Sono appunto i beni di questo mondo, la ricchezza. Il punto è che attraverso di essi noi dobbiamo cercare invece il molto, la cosa vera, ciò che è veramente vostro, cioè il nostro diventare figli e fratelli, il nostro costruire il Regno di Dio. Allora, la modalità è quella della condivisione, è quella della solidarietà.
Sul valore delle parole di Benedetto XVI sull’attualità sociale ed economica, Fabio Colagrande ha intervistato il prof. Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’Università di Tor Vergata di Roma e responsabile nazionale del CVX, Comunità di Vita cristiana, di ispirazione ignaziana:
R. - Credo che il richiamo del Santo Padre sia molto importante, perchè il problema di oggi è molto chiaro: c’è il rischio che il profitto diventi il valore in cima alla lista. Purtroppo, quando la creazione di valore per l’azionista viene messa in cima possono nascere molti conflitti, a partire dal conflitto tra gli azionisti e i clienti di una banca, ad esempio. Una banca che è pressata dalla performance a breve può scaricare delle obbligazioni che scottano sui propri clienti. Oppure, nel conflitto tra azionisti e lavoratori, un’impresa per aumentare il rendimento delle azioni peggiora la situazione del lavoro e licenzia i dipendenti. Quindi, bisogna ribadire che creare valore economico è fondamentale. Si vuole, però, mettere nella giusta scala di priorità le diverse cose.
D. - A questo proposito il Papa ha detto: “Il profitto è legittimo e, nella giusta misura, necessario alla sviluppo economico”. Qual è questa giusta misura?
R. - E’ conciliare creazione di valore economico e valore sociale. Dobbiamo superare un mondo dove per creare valore economico allo stesso tempo produciamo danni ambientali, danni sociali. C’è tutta una nuova economia che va proprio in questa direzione. Penso ai pionieri, ai microcrediti, alle banche etiche, all’equo solidale, ma anche a tutta la reazione del sistema delle imprese tradizionali, con la responsabilità sociale d’impresa.
D. - In questo senso, nel mondo cattolico, ci sono diverse iniziative...
R. - Sì, esperienze di microcredito nel mondo, dove i risparmiatori italiani finanziano imprese di microcredito. Il microcredito fatto in Italia per le persone che hanno problemi di liquidità, assieme a Caritas e alle amministrazioni locali. Penso anche ad iniziative interessanti di banca prossima sui prestiti agli studenti, penso al commercio equo e solidale. Credo che il principio fondamentale sia questo: oggi, sono i cittadini che devono cominciare a dare un segnale diverso, prendendo coscienza delle conseguenze delle loro azioni. Non si può comprare un prodotto solo per il prezzo e la qualità, ma bisogna tener conto anche dei riflessi che quel prodotto ha sulla sostenibilità sociale e ambientale.
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